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Il professor Emidio Albertini premiato per uno studio sul ruolo svolto dalla variazione del numero di cromosomi nell’evoluzione delle piante 

Emidio Albertini cromosomi piante
Emidio Albertini

Il Prof. Emidio Albertini, del Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Ambientali (DSA3) dell’Università degli Studi di Perugia, è risultato vincitore di un progetto per il trasferimento di conoscenze di Ricerca e Innovazione Tecnologica nell’ambito dell’H2020-Marie Sklodowska-Curie.

Il Prof. Albertini, che negli ultimi 5 anni è stato responsabile di 4 ‘azioni’ Marie Sklodowska-Curie, ha ottenuto il prestigioso riconoscimento con il progetto dal “The polyploidy paradigm and its role in plant breeding”; è il secondo che lo vede coordinatore ed è volto a comprendere il ruolo giocato dalla variazione del numero cromosomico nella evoluzione delle piante.

 Il progetto ha avuto una delle maggiori valutazioni (90.2 su 100) tra quelli finanziati dalla EU confermando il gruppo di Genetica del Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Ambientali dell’Università degli Studi di Perugia ai vertici Europei.  

Partner dello studio sono, oltre alle Università di Milano e di Napoli, la University of California, Davis (USA), la Lincoln University (Nuova Zelanda), il CONICET (Argentina), la Galway University (Irlanda) e due industrie, la Sequentia Biotech (Spagna) e la Keygene (Olanda).

“Organismi come l’uomo e gli animali hanno normalmente due set completi di cromosomi (46 cromosomi nel caso dell’uomo) e mal sopportano la presenza di qualche cromosoma soprannumerario che molto spesso porta alla morte dell’organismo – spiega il Prof. Albertini -. Nel corso dei millenni, invece, le piante hanno sviluppato un complesso sistema genetico che ha permesso loro di avere numeri multipli di assetti cromosomici che hanno conferito caratteristiche uniche. Si pensi, ad esempio, ai frumenti, che derivano tutti dalla moltiplicazione di un assetto cromosomico di base. Così dal farro monococco, che ha due assetti cromosomici, nel corso dei millenni si è sviluppato il frumento duro (quello della nostra pasta), che di assetti ne ha 4 e, molti decenni dopo, il frumento tenero (quello del nostro pane) che di set completi di cromosomi ne ha ben 6”.

La notevole superiorità dei poliploidi è stata dunque utilizzata da decenni dai genetisti vegetali per ottenere varietà sempre migliori e più produttive. Nonostante questo, poco si sa su come le piante poliploidi si siano formate in natura. E l’obiettivo di questo progetto è proprio quello di far luce su questo affascinante aspetto evolutivo.

“Siamo molto soddisfatti che il progetto che ci vede coordinatori sia stato finanziato a solo un anno di distanza dalla conclusione del precedente – conclude il Prof. Albertini –: dimostrazione che il lavoro che da anni svolgiamo sullo studio dell’evoluzione delle piante e del loro sistema riproduttivo è apprezzato e riconosciuto a livello internazionale”.

Emidio Albertini

 

Perugia, 4 settembre 2020

Testo e foto dall’Ufficio Stampa dell’Università degli Studi di Perugia sulla premiazione del professor Emidio Albertini per uno studio sul ruolo svolto dalla variazione del numero di cromosomi nell’evoluzione delle piante.

L’inquinamento atmosferico è un problema che occupa spesso le prime pagine dei giornali nel periodo autunno-inverno, quando nelle grandi città i livelli di polveri sottili salgono sopra i limiti di legge e scattano le consuete (e insufficienti) misure di blocco del traffico per cercare di ridurlo.

D’estate non se ne parla più, e sembra quasi che il problema scompaia. E invece no, cambia solo termini. L’osservato speciale dei mesi estivi è un altro, l’ozono. Vediamo quindi di che si tratta, come si forma e quali sono i limiti di legge.

L’ozono stratosferico

Conosciamo l’ozono (O3) come composto fondamentale per la vita sulla Terra, in quanto, in stratosfera, filtra le radiazioni UV del Sole dannose per la vita. Queste radiazioni possono causare tumori della pelle o incidere sul sistema immunitario, così come possono causare alterazione di alcuni ecosistemi, in particolare quelli acquatici, e influire così su catene alimentari e cicli biogeochimici.

ozono stratosferico
L’ozono nella stratosfera è fondamentale per la vita sulla Terra. (Foto di Arek Socha da Pixabay)

L’assottigliamento dello strato di ozono stratosferico (o “ozonosfera”), causato in particolare da composti clorurati e fluorurati derivanti da attività umana (applicazioni industriali e prodotti di consumo come frigoriferi, condizionatori d’aria ed estintori), è stata grande fonte di preoccupazione a livello globale in particolare dalla seconda metà degli anni ’80 e ha portato al bando quasi totale di CFC e di altre sostanze alogenate.

L’ozono troposferico

Lo stesso composto, fondamenta negli strati alti dell’atmosfera, risulta invece dannoso se presente in elevate quantità a livello di troposfera, ovvero, se presente nella parte di atmosfera in cui viviamo e respiriamo.

La molecola di ozono
Struttura della molecola di ozono. Immagine di Ben Mills, generata in Accelrys DS Visualizer, in pubblico dominio

L’ozono è un inquinante secondario, che si forma in presenza di inquinanti precursori (ossidi di azoto NOx e composti organici volatili – COV) e forte radiazione luminosa. Per questo motivo è un inquinante tipicamente estivo, a causa della maggiore luce solare è in questo periodo dell’anno che si forma in quantità maggiori, insieme ad altri inquinanti atmosferici dannosi (formaldeide, nitrato di periossiacetile acido nitrico), e viene spesso chiamato anche “smog fotochimico”. 

I precursori dell’ozono possono essere di origine naturale (come eruzioni vulcaniche o incendi spontanei), ma in modo più prevalente sono di origine antropogenica (traffico veicolare e attività industriali).

L’esposizione ad alte concentrazioni di ozono è potenzialmente pericolosa per la salute umana, in quanto è altamente irritante per le vie respiratorie e può causare malattie polmonari, insufficienza respiratoria e tumori. Sulla vegetazione, provoca effetti visibili alle foglie, e conseguente alterazione della fotosintesi e della crescita della pianta.

Il monitoraggio

L’ozono è uno dei composti principali monitorati costantemente per valutare la qualità dell’aria, insieme a polveri sottili (PM10 e PM2,5) e biossido di azoto. I limiti di concentrazione sono stabiliti dal D.Lgs 155/2010.

Limiti di legge dell'ozono troposferico
Fonte: elaborazione da D. Lgs. 155/2010

Per capire meglio questi valori, ecco le definizioni, così come riportate dal D.Lgs. 155/2010: 

  • soglia di informazione: livello oltre il quale sussiste un rischio per la salute umana in caso di esposizione di breve durata per alcuni gruppi particolarmente sensibili della popolazione nel suo complesso ed il cui raggiungimento impone di assicurare informazioni adeguate e tempestive; 
  • soglia di allarme: livello oltre il quale sussiste un rischio per la salute umana in caso di esposizione di breve durata per la popolazione nel suo complesso e il cui raggiungimento impone di adottare provvedimenti immediati;
  • obiettivo a lungo termine: livello da raggiungere nel lungo periodo mediante misure proporzionate, al fine di assicurare un’efficace protezione della salute umana e dell’ambiente.

Tra questi, il parametro principale da prendere in considerazione è l’obiettivo a lungo termine.  Secondo i dati più recenti forniti dall’ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale), nel 2018 sulle 312 centraline di monitoraggio sparse sul territorio nazionale, in ben 291 (il 92%) è stato superato il valore limite per questo parametro, e i valori più elevati sono stati riscontrati nel Nord Italia.

Il monitoraggio degli inquinanti atmosferici spetta alle Arpa, ovvero alle Agenzie regionali per la protezione ambientale, che quotidianamente pubblicano sui loro siti Internet i valori riscontrati e emanano così dei bollettini sulla qualità dell’aria. Per esempio, l’Arpa Lombardia riporta i dati in una mappa e consente la ricerca per composto e per comune. Se volete quindi conoscere la situazione dalle vostre parti, sapete dove cercare.  

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Foto di Albrecht Fietz da Pixabay