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LA COMPLESSITÀ, LE BIFORCAZIONI SALIENTI, IL SENSO. IL PENSIERO LATERALE NELL’ERA DELL’INTELLIGENZA ARTIFICIALE

Ore otto del mattino: suona la campanella e siamo tutti nel microsistema classe (Bronfenbrenner, 1979). 

Le voci impazzano, i bambini accorrono in file maldestramente assestate dalle maestre che, con amorevole cura, accompagnano le anime (e i cervelli!) dei piccoli studenti curiosi.

Obiettivo giornaliero: scoprire, svelare, abbracciare qualche novità del mondo. Almeno una, si spera. 

Ma la domanda martellante del docente è sempre la stessa: come faccio a raggiungere tutti in un’ora di lezione?

La maestra assennata e cordiale decide di percorrere la via più tortuosa e meno battuta indossando, orgogliosa, i panni del professor John Keating ne “L’attimo fuggente”. Impara anch’ella a guardare da altre prospettive, al di là di desuete cattedre pullulanti di libri e sportine raccattate da viaggi avventurosi e formazioni dense di senso. 

Inizia l’avvincente sessione mattutina con un pensiero solo: personalizzare in base alle peculiarità di ciascuno studente. Decide, pertanto, di dare libera espressione a quel che Edward De Bono magistralmente descrive nel suo libro intitolato Il pensiero laterale (Lateral Thinking) che ha cambiato radicalmente il modo di fare scuola e la sinergia ecologica tra insegnamento e apprendimento. 

la copertina del saggio di Edward De Bono, Il pensiero laterale, edito da BUR (2000). Foto di Federica Illuzzi
la copertina del saggio di Edward De Bono, Il pensiero laterale, edito da BUR (2000). Foto di Federica Illuzzi

Il pensiero laterale, sviluppato alla fine degli anni ‘60, rappresenta un approccio innovativo al problem solving e si basa su metodologie non convenzionali. A differenza del pensiero logico-lineare, che segue sequenze precostituite, il pensiero creativo incoraggia l’esplorazione di opzioni alternative, facilitando l’emergere di esiti davvero inediti. Questa forma di approccio stimola la creatività, offrendo nuove prospettive per raggiungere il medesimo obiettivo. 

Spesso, i nostri studenti impugnano la penna in modo insolito, tuttavia riescono a scrivere benissimo, nonostante ci sembri bislacco.

Siamo soliti dire: “Occorrerebbero degli elastici e potenziare la motricità fine!”
Ma delle volte è meglio lasciare che sia, poiché il risultato potrebbe essere sorprendente.

Come ci rammenta la neuroscienziata Daniela Lucangeli, in un contesto educativo che cambia “in millesimi di secondo”, il pensiero “imprevisto” per gestire situazioni nuove e complesse è di fondamentale importanza. 

Gli studenti (insieme agli insegnanti) allenano la flessibilità mentale per reinterpretare la realtà circostante, attribuendole nuovi significati. Ogni strada, anche la più tortuosa, può portare a scoperte inattese e sorprendenti: durante il processo di codifica e transcodifica delle evidenze contestuali, i bambini non solo raggiungono l’obiettivo finale ma, durante la scarpinata accidentata, colgono panorami e “raccolgono” oggetti inaspettati da portare con sé per raggiungere quelle che  la Commissione Europea  ha ribattezzato come “Life Skills”. 

A scuola oggi non basta più imparare a leggere, scrivere e far di conto, come ci raccomandava il documento programmatico gentiliano nel 1925. L’Europa ci chiede un upgrade di sistema: imparare a esistere, per giunta nel mondo della complessità e dei Big Data. E John Dewey, nel suo saggio Esperienza e Educazione, edito poco più di dieci anni dopo, già lo preannunciava.

Attraverso il cooperative learning, lo storytelling interattivo e le sfide di problem solving, questa metodologia prepara i giovani ad affrontare le sfide contemporanee con una mentalità aperta e accogliente.

In aula, gli insegnanti possono promuovere la serendipity, ossia la scoperta fortuita di soluzioni, creando un ambiente che valorizzi la sperimentazione e l’innovazione. Incoraggiando a vedere i problemi da angolazioni  nuove e inaspettate, si favorisce lo sviluppo di una comprensione più profonda della realtà. Questo approccio trasforma ogni situazione complessa in un terreno fertile per idee innovative, rendendo i nostri alunni dei pensatori critici e acuti, in grado di navigare in un mondo in rapido cambiamento e non meri esecutori. Perché lo svolgimento pedissequo di un compito è della macchina, l’elaborazione saliente è dell’ Homo sapiens (o cogitans?).

Come sottolinea la scrittrice e matematica Chiara Valerio, la techné dei tempi moderni (IA Conversazionale) deve servirci a eliminare o, almeno, a ridurre il carico meccanico, ripetitivo e burocratico del nostro lavoro quotidiano per restituirci il tempo di pensare bene.

Il pensiero laterale, così, acquisisce un’evidente importanza nell’era delle reti generative probabilistiche, poiché offre un approccio complementare e necessario per affrontare le sfide e le opportunità che questa tecnologia presenta.

In un contesto in cui l’Intelligenza Artificiale è in grado di analizzare enormi quantità di dati e generare soluzioni basate su algoritmi predittivi, il pensiero critico permette di esplorare idee che potrebbero sfuggire a un’analisi puramente logica. Mentre l’IA può fornire risposte rapide e precise a problemi ben definiti, il pensiero divergente umano incoraggia gli individui a considerare variabili emozionali e contestuali che possono influenzare i risultati. Questo è fondamentale  in situazioni in cui le domande sono complesse e le risposte non hanno soluzioni binarie.

Percorrere selciati, a volte, dissestati per arrivare a esiti imprevedibili  è centrale nel pensiero di De Bono. Se stimoliamo i nostri ragazzi con brainstorming che fungano da attivatori cognitivi, prima dell’inizio di una lezione, la generazione di idee avrà una portata virale. In questo modo, saranno motivati a pensare “fuori dagli schemi”, esplorando soluzioni che potrebbero inizialmente sembrare inusuali o non pertinenti. Questo processo comporterà la combinazione di diverse soluzioni possibili o l’analisi di problemi da prospettive culturali, sociali o scientifiche diverse.

Ma l’adozione di tale approccio  non si limita alla generazione di ipotesi: esso si estende anche alla fase di implementazione. Le soluzioni derivanti da percorsi diversi ma complementari, tendono a essere più resilienti e adattivi, poiché sono state testate attraverso diverse lenti e contesti. Questo approccio permette di anticipare e affrontare le sfide che possono sorgere durante il deployment, rendendo le strategie più robuste (il deployment, in ambito tecnologico, si riferisce al processo con cui un software o un sistema viene distribuito e reso operativo in un ambiente reale. Fuor di metafora, il termine specifico in ambito educativo può descrivere l’implementazione pratica di un progetto formativo o didattico).

L’esplorazione di cammini distinti non solo arricchisce il processo creativo, ma porta anche a strategie più complete e sistemiche. Questo metodo incoraggia non solo l’innovazione, ma anche un atteggiamento positivo nei confronti dell’incertezza e della complessità, aspetti fondamentali nel mondo attuale.

Insegnare a pensare in modo originale è fondamentale per preparare i cittadini del domani  ad affrontare le sfide di una società complessa e interconnessa. Come educatori, è importante riconoscere che il vero apprendimento va oltre l’acquisizione di competenze meccaniche; si tratta di sviluppare la capacità di adattarsi e reinventarsi di fronte a nuove situazioni. Dobbiamo accogliere la complessità come una fonte di crescita e vedere le difficoltà come opportunità per affinare la capacità di analisi del reale.

Nell’era dell’Intelligenza Artificiale, mentre gli algoritmi possono gestire i dati, il ruolo umano rimane essenziale per interpretare le sfumature e dare significato alle soluzioni. La nostra missione è coltivare menti curiose, aperte e resilienti, pronte a esplorare non solo per trovare risposte, ma per comprendere meglio il mondo. In un contesto in cui le macchine “intelligenti” sono sempre più presenti, è nostro compito guidare con saggezza e immaginazione verso una conoscenza che sia, prima di tutto, profondamente umana e sensibile poiché, come disse J. Dewey, imparare significa, in prima istanza, “apprendere a vivere“. 

BIBLIOGRAFIA 

Bronfenbrenner, U. (1979). Ecologia dello sviluppo umano: Esperimenti in natura e progettazione. Il Mulino.

De Bono, E. (1970). Il pensiero laterale: Creatività passo dopo passo. Rizzoli.

Dewey, J. (1938). Esperienza e educazione. Rizzoli.

European Commission. (2023). Anno europeo delle Competenze 2023. https://commission.europa.eu/strategy-and-policy/priorities-2019-2024/europe-fit-digital-age/european-year-skills-2023_en

Lucangeli, D. (2021). La mente che sente: A tu per tu: dialogando in vicinanza, nonostante tutto. Erickson.

Valerio, C. (2023). La tecnologia è religione. Einaudi.

la copertina del saggio di Edward De Bono, Il pensiero laterale, edito da BUR (2000)
la copertina del saggio di Edward De Bono, Il pensiero laterale, edito da BUR (2000)

“Nel presente articolo, per ragioni di economia linguistica e coerenza stilistica, si è scelto di utilizzare il maschile sovraesteso come forma inclusiva, riferendosi indistintamente a soggetti di genere maschile e femminile.”