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Università degli Studi di Milano-Bicocca

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Invecchiare fa bene al carattere: over 65 più estroversi e umili; lo studio dell’Università di Milano-Bicocca su Nature

La ricerca mostra come la personalità cambi e si riorganizzi dopo i 65 anni, influenzando il benessere. I risultati al centro dell’evento “Come la marginalità influenza le differenze individuali” in programma lunedì 22 settembre presso l’Ateneo.

Milano, 19 settembre 2025 – L’invecchiamento è un processo complesso che comporta trasformazioni fisiche, cognitive e sociali. Ma cosa accade alla personalità? Secondo le teorie tradizionali, i tratti della personalità rimangono stabili dopo la giovane età adulta. Tuttavia, un nuovo studio condotto da Daniele Romano, professore del dipartimento di Psicologia dell’Università di Milano-Bicocca, mette in discussione questa visione, mostrando come la personalità non solo cambi in alcune dimensioni, ma possa anche riorganizzarsi strutturalmente con l’avanzare degli anni.

La ricerca ha coinvolto 376 adulti in pensione over 65 che hanno completato due questionari di personalità e un questionario sul benessere. I risultati evidenziano che, rispetto ai giovani adulti, gli anziani tendono a percepirsi più umili, estroversi e amichevoli, con una maggiore stabilità emotiva, mentre restano invariati rispetto all’apertura mentale.

Questi tratti risultano fondamentali anche per il benessere: estroversione, amicalità e apertura a nuove esperienze, unite a una minore emotività, sono associate a una migliore qualità della vita in età avanzata.

L’elemento più innovativo riguarda la struttura stessa della personalità. Attraverso una tecnica avanzata, che offre una prospettiva nuova sui cambiamenti associati all’invecchiamento, l’Exploratory Graph Analysis (EGA), i ricercatori hanno osservato che i tratti di onestà-umiltà e amicalità tendono a fondersi, riflettendo una maggiore attenzione agli aspetti positivi del carattere e delle relazioni sociali.

«Lo studio – spiega il professor Daniele Romano – mostra che la personalità in età avanzata non è statica, ma dinamica. Le trasformazioni osservate ci aiutano a capire come gli anziani si percepiscano e come alcuni tratti possano sostenere il benessere durante l’invecchiamento. È una prospettiva nuova che sfida l’idea di stabilità della personalità dopo la giovane età adulta».

Questi risultati offrono un contributo importante per la psicologia dell’invecchiamento, aprendo nuove strade per sviluppare interventi e strategie volti a promuovere una terza età più serena, resiliente e soddisfacente.

I risultati dello studio verranno presentati in occasione dell’evento “Come la marginalità influenza le differenze individuali”, in programma il 22 settembre 2025 presso l’Università di Milano-Bicocca (Edificio Agorà U6, Aula Martini). L’incontro, che vedrà la partecipazione di studiosi da diverse università italiane, sarà un momento di confronto sui cambiamenti della personalità e della cognizione legati all’invecchiamento e a condizioni di marginalità sociale, offrendo al pubblico la possibilità di dialogare direttamente con i ricercatori.

Riferimenti bibliografici:

Gobbo, S., Trapattoni, E. & Romano, D., Structural and dimensional analysis of personality in healthy older adults, Sci Rep 15, 23804 (2025), DOI: https://doi.org/10.1038/s41598-025-08607-w

Una signora anziana. Invecchiare fa bene al carattere: over 65 più estroversi e umili, secondo un nuovo studio pubblicato sulla rivista Nature. Foto di Gerd Altmann
Invecchiare fa bene al carattere: over 65 più estroversi e umili, secondo un nuovo studio pubblicato sulla rivista Nature. Foto di Gerd Altmann

Testo dall’Ufficio stampa Università di Milano-Bicocca.

metodo RESOLVE: un nuovo approccio per svelare le origini delle mutazioni nel cancro, conferma la sinergia tra Informatica e Medicina 

Un gruppo di ricerca multidisciplinare e interateneo ha sviluppato un nuovo metodo per affinare prognosi, diagnosi e terapie delle diverse tipologie di cancro. Lo studio computazionale apre a una medicina oncologica sempre più personalizzata ed efficace.

Milano, 7 agosto 2025 – Affinare la nostra comprensione sui meccanismi evolutivi dei diversi tipi di cancro, per raggiungere diagnosi e terapie sempre più mirate. Un importante passo avanti, è costituito dal nuovo metodo RESOLVE, basato sullo studio delle “firme mutazionali”, cioè schemi ricorrenti di mutazioni nel DNA che raccontano la storia dei danni subiti dalle cellule tumorali e aiutano a identificarne l’origine e i meccanismi di sviluppo.

L’analisi delle firme mutazionali è una pratica consolidata nella genomica del cancro ma presenta diverse sfide. Rispetto ai metodi esistenti, RESOLVE (Robust EStimation Of mutationaL signatures Via rEgularization) permette: una rilevazione più precisa delle firme mutazionali, una stima più affidabile della loro rilevanza nei singoli pazienti e la possibilità di distinguere i tumori in sottotipi molecolari, con ricadute promettenti per la medicina personalizzata.

figura esplicativa del metodo RESOLVE
metodo RESOLVE: un nuovo approccio per svelare le origini delle mutazioni nel cancro, conferma la sinergia tra Informatica e Medicina – figura esplicativa

Questo metodo innovativo, illustrato nell’articolo “Comprehensive analysis of mutational processes across 20 000 adult and pediatric tumors ” pubblicato sulla rivista Nucleic Acids Research, è stato sviluppato da un gruppo multidisciplinare dell’Università di Milano-Bicocca, coordinato da Daniele Ramazzotti (Dipartimento di Medicina e Chirurgia e Fondazione IRCCS San Gerardo dei Tintori). Al progetto hanno partecipato anche i ricercatori del Dipartimento di Informatica Marco Antoniotti e Alex Graudenzi, del Dipartimento di Medicina Rocco Piazza e Luca Mologni, e Giulio Caravagna dell’Università di Trieste. Il team comprende inoltre Matteo Villa, Federica Malighetti, Luca De Sano, Alberto Maria Villa, Nicoletta Cordani e Andrea Aroldi.

Lo studio presenta un nuovo strumento computazionale per analizzare i meccanismi mutazionali alla base del cancro. Applicando questo metodo a circa 20.000 genomi tumorali adulti e pediatrici, i ricercatori sono riusciti a identificare in modo accurato un numero ristretto di firme mutazionali dominanti, associate sia a meccanismi biologici noti (come invecchiamento, esposizione al fumo o difetti nella riparazione del DNA) sia a prognosi cliniche differenti.

«Il nostro studio dimostra che, nonostante l’elevata eterogeneità del cancro, è un numero relativamente ristretto di processi mutazionali a generare la maggior parte delle mutazioni osservate.  – dice Daniele Ramazzotti, coordinatore dello studio – Questa scoperta apre nuove prospettive per la diagnosi, la prognosi e lo sviluppo di terapie sempre più mirate in ambito oncologico.»

Foto di gruppo di Medicina: professori Federica Malighetti, Nicoletta Cordani, Daniele Ramazzotti, Luca Mologni, Alberto Maria Villa
Foto di gruppo di Medicina: professori Federica Malighetti, Nicoletta Cordani, Daniele Ramazzotti, Luca Mologni, Alberto Maria Villa

Riferimenti bibliografici:

Matteo Villa, Federica Malighetti, Luca De Sano, Alberto Maria Villa, Nicoletta Cordani, Andrea Aroldi, Marco Antoniotti, Giulio Caravagna, Alex Graudenzi, Rocco Piazza, Luca Mologni, Daniele Ramazzotti, Comprehensive analysis of mutational processes across 20 000 adult and pediatric tumors, Nucleic Acids Research, Volume 53, Issue 13, 22 July 2025, gkaf648, https://doi.org/10.1093/nar/gkaf648

Testo e immagini dall’Ufficio stampa Università di Milano-Bicocca.

L’altermagnete ioduro di nichel per l’elettronica del futuro: più veloce, efficiente e a basso consumo. Un magnete “invisibile” per computer più green. Lo studio di Milano-Bicocca e Mit pubblicato su Nature

Un nuovo materiale scoperto da Bicocca e MIT potrebbe rivoluzionare l’elettronica del futuro: più veloce, efficiente e a basso consumo. Si chiama ioduro di nichel ed è un altermagnete, una nuova classe di materiali che unisce controllo e stabilità magnetica. La scoperta è stata pubblicata su Nature.

Milano, 1 agosto 2025 – Computer, smartphone e data center del futuro potrebbero diventare più veloci ed efficienti, riducendo allo stesso tempo il consumo energetico. Un passo importante per raggiungere questo obiettivo arriva da una scoperta nel campo del magnetismo alla quale ha contribuito anche l’Università di Milano-Bicocca. Il gruppo del Dipartimento di Scienza dei Materiali, guidato dalla professoressa Silvia Picozzi, ha infatti identificato un nuovo materiale, lo ioduro di nichel (NiI₂), che appartiene a una classe di materiali recentemente scoperta: quella degli altermagneti. Lo studio, svolto in collaborazione con il Massachusetts Institute of Technology (MIT) di Boston, è stato pubblicato su Nature, tra le più autorevoli riviste scientifiche internazionali (link all’articolo).

La teoria classica del magnetismo distingue due principali categorie di materiali: i ferromagneti, come le comuni calamite, e gli antiferromagneti. I primi sono facili da controllare, ma non miniaturizzabili al di sotto di un certo limite; i secondi sono più stabili, veloci e immuni ai cosiddetti “campi magnetici parassiti”, ma difficili da manipolare perché privi di una magnetizzazione netta.

Nel 2022 è stata identificata una terza forma di comportamento magnetico: l’altermagnetismo. Gli altermagneti si comportano in modo inedito, permettendo di superare i limiti di entrambe le classi tradizionali. In questi materiali, pur in assenza di una magnetizzazione complessiva, gli stati elettronici con spin opposto hanno energie differenti. Questa proprietà consente un controllo più efficace e preciso del comportamento magnetico.

Figura - Spin disposti ad elica in NiI2 vengono controllati con un campo elettrico (parte alta e bassa) e, di conseguenza, gli stati elettronici cambiano il carattere di spin (colonna di destra)
Figura – Spin disposti ad elica in NiI2 vengono controllati con un campo elettrico (parte alta e bassa) e, di conseguenza, gli stati elettronici cambiano il carattere di spin (colonna di destra)

Considerata la rilevanza potenziale in ambito tecnologico, l’altermagnetismo è stato incluso dalla rivista Science tra le principali scoperte scientifiche del 2024, unica voce nel settore della fisica. La possibilità di utilizzare questi materiali nella spintronica – un’elettronica che sfrutta lo spin degli elettroni anziché la sola carica – apre scenari concreti per lo sviluppo di dispositivi più precisi, veloci, miniaturizzabili e con consumi energetici molto ridotti. Alcuni prototipi di memorie RAM spintroniche, ad esempio, hanno già dimostrato un risparmio energetico superiore al 95% rispetto ai dispositivi CMOS tradizionali. Un risultato rilevante se si considera che i data center rappresentano oggi oltre il 2% del consumo energetico globale.

Nel progetto, il gruppo dell’Università di Milano-Bicocca ha curato lo sviluppo teorico e le simulazioni numeriche, mentre il team del MIT ha condotto la caratterizzazione fisica del materiale. Lo ioduro di nichel costituisce un importante sistema modello per lo studio degli altermagneti, ma al momento richiede temperature molto basse per esprimere le sue proprietà magnetiche e non è ancora utilizzabile nei dispositivi reali.

Il prossimo passo sarà quindi utilizzare le conoscenze acquisite su NiI₂ per progettare nuovi materiali altermagnetici stabili a temperatura ambiente, con l’obiettivo di rendere possibile la realizzazione di dispositivi elettronici a basso consumo e altissime prestazioni.

Riferimenti bibliografici:

Song, Q., Stavrić, S., Barone, P. et al. Electrical switching of a p-wave magnet, Nature 642, 64–70 (2025), DOI: https://doi.org/10.1038/s41586-025-09034-7

Testo e immagine dall’Ufficio stampa Università di Milano-Bicocca.

Salvaguardia dei coralli: una biopasta conduttiva è la nuova frontiera per il restauro; nasce un cerotto per curarli

Dalla collaborazione tra Università di Milano-Bicocca, Istituto Italiano di Tecnologia e Acquario di Genova arrivano soluzioni innovative per la conservazione dei reef: un materiale intelligente per accelerare la crescita dei coralli e uno per curarli da malattie infettive.

Milano/Genova, 30 luglio 2025 – Una biopasta green, completamente biodegradabile, in grado di ancorare i coralli e allo stesso tempo accelerarne la crescita grazie alla tecnologia della mineralizzazione elettrochimica. È la nuova soluzione sviluppata da un gruppo di ricerca congiunto dell’Università di Milano-Bicocca, dell’Istituto Italiano di Tecnologia (IIT) e dell’Acquario di Genova, e descritta in uno studio pubblicato sulla rivista Advanced Materials. Minacciate dai cambiamenti climatici e sempre più vulnerabili, le barriere coralline sono ecosistemi cruciali per la biodiversità marina e la sopravvivenza di molte comunità costiere. Oltre a rappresentare una risorsa fondamentale per pesca e turismo, i reef svolgono un ruolo chiave negli equilibri ecologici globali. Proprio per affrontare la loro progressiva degradazione, la ricerca sta puntando su soluzioni innovative che uniscano ecocompatibilità, efficacia e rapidità d’intervento.

Salvaguardia dei coralli: una biopasta conduttiva è la nuova frontiera per il restauro; nasce un cerotto per curarli. Gallery

Il nuovo materiale, battezzato “Active Biopaste”, è una pasta a base di olio di soia modificato e grafene che, una volta mescolata, indurisce in modo controllabile e diventa un substrato solido e conduttivo per ancorare frammenti di corallo e favorire la Mineral Accretion Technology (MAT), una tecnica che ne stimola la crescita.

«Ciò che rende unica la nostra soluzione è l’integrazione di due funzioni fondamentali in un solo materiale innovativo»,

spiega Gabriele Corigliano, primo autore dello studio e dottorando in Scienze Marine alla Bicocca e nell’unità Smart Materials, coordinata da Athanassia Athanassiou, di IIT.

«Da un lato, questa pasta semplifica il fissaggio dei coralli, rendendolo più sicuro e affidabile sia nei vivai subacquei sia sulla barriera corallina. Dall’altro, grazie alle sue proprietà conduttive, stimola la crescita dei coralli attraverso la Mineral Accretion Technology (MAT), una tecnica che utilizza correnti elettriche a bassa intensità per depositare su strutture metalliche carbonato di calcio, il materiale impiegato dai coralli per costruire i propri scheletri. A differenza della MAT tradizionale, non sono più necessarie strutture permanenti, scongiurando il rischio di corrosione e inquinamento nel tempo. Nel complesso, il nostro approccio favorisce attivamente la crescita dei coralli ed è sicuro per la vita marina».

«Cerchiamo di spingere al massimo le attuali conoscenze nel campo della Scienza dei materiali, al fine di produrre tecnologie che siano efficaci e multifunzionali sott’acqua, ma che lo siano nel rispetto dell’ambiente e in accordo con gli obiettivi di sostenibilità indicati dalle Nazioni Unite», aggiunge Marco Contardi, ricercatore MaRHE center alla Bicocca e nell’unità Smart Materials di IIT. «Questo approccio ci permette di fabbricare materiali con l’idea di essere usati in mare e per il mare, tenendo sempre presente gli effetti durante e dopo il loro utilizzo, per esempio la biodegradazione».

Un risultato importante per la salvaguardia di ecosistemi a rischio estinzione.

«Questo studio rivela il profondo cambiamento che sta coinvolgendo le Scienze marine»,

osserva Simone Montano, professore associato al Dipartimento di Scienze dell’ambiente e della terra e vicedirettore del MaRHE Center dell’Università di Milano-Bicocca.

«La sinergia nata tra i tre gruppi di ricerca ─ il MaRHE Center dell’Università di Milano-Bicocca, il team Smart Materials dell’IIT e l’Acquario di Genova ─ dimostra come lo sviluppo di tecnologie innovative e sostenibili consenta di guadagnare il tempo necessario affinché le politiche di mitigazione producano effetti concreti. Solo con sforzi congiunti come questo potremmo permettere alla natura di tornare al suo equilibrio originale».

Alla stessa collaborazione si deve anche un secondo importante contributo alla tutela dei reef, pubblicato sulla rivista One Earth. Il primo autore di questo articolo è Vincenzo Scribano, dottorando dell’Università di Milano-Bicocca e dell’unità Smart Materials dell’Istituto Italiano di Tecnologia, che ha sviluppato un sistema eco-compatibile per la somministrazione mirata di antibiotici ai coralli malati, una sorta di cerotto che unisce un film idrofilo caricato con antibiotici e realizzato con chitosano (polimero che deriva dai crostacei) a un sigillante naturale idrofobico a base di cera d’api e oli vegetali di girasole e lino, tutti materiali naturali che una volta degradati non danneggiano l’ecosistema marino.

«Questa tecnologia ci permette di curare i coralli da malattie aggressive che tendono a danneggiarne i tessuti e a diffondersi rapidamente nelle barriere coralline», spiega Scribano. «Grazie al doppio strato, gli antibiotici vengono rilasciati esclusivamente sulla zona infetta del corallo e la somministrazione è isolata grazie alla pasta sigillante che ne previene la diffusione nell’ambiente marino. La tecnologia si è dimostrata particolarmente efficace contro una malattia della famiglia delle necrosi tissutali, molto diffusa nelle acquaculture». Nei test in acquario, la terapia ha bloccato la progressione della malattia in oltre il 90 per cento dei casi trattati.

«Con questi studi abbiamo dimostrato il potenziale di un approccio responsabile alla progettazione dei materiali», afferma Athanassia Athanassiou, responsabile dell’unità Smart Materials dell’IIT. «L’obiettivo è sviluppare soluzioni sostenibili per supportare gli organismi viventi, tutelando la biodiversità. Portiamo avanti una ricerca approfondita su materiali sostenibili, valutandone efficacia e fine vita, con un approccio progettuale attento all’impatto ambientale. Oggi, ogni nostra scelta progettuale è guidata da una visione scientifica responsabile e sostenibile».

Questi risultati si inseriscono in un percorso di ricerca avviato da anni dal team congiunto dell’Università di Milano-Bicocca, dell’IIT e dell’Acquario di Genova, diventato un punto di riferimento internazionale nello sviluppo di tecnologie per la tutela dei coralli. Un approccio interdisciplinare che ha già portato in passato a soluzioni innovative come l’impiego della curcumina, una sostanza antiossidante naturale estratta dalla curcuma, nel ridurre lo sbiancamento dei coralli. Materiali e innovazioni sono stati sperimentati presso la sede del MaRHE Center all’interno dell’Acquario di Genova che, grazie al know how consolidato nel settore, l’ambiente controllato, l’attenzione al benessere animale, risulta un luogo ideale per sviluppare soluzioni utili per la conservazione del mondo marino. Questa visione integrata guarda al mare non solo come ecosistema da proteggere, ma anche come laboratorio per immaginare un futuro più sostenibile e in armonia con l’ambiente.

Riferimenti bibliografici:

“Eco-friendly active film and sealant for underwater drug delivery to diseased corals”, One Earth, 18 luglio 2025 https://doi.org/10.1016/j.oneear.2025.101356

“Active Biopaste for Coral Reef Restoration”, Advanced Materials, 4 luglio 2025, https://doi.org/10.1002/adma.202502078

Testo, video e immagini dall’Ufficio stampa Università di Milano-Bicocca.

Una ricerca di Milano-Bicocca rivela che gli sport d’invasione potenziano le capacità d’attenzione

Sono gli sport d’invasione, come il basket, a potenziare le abilità attentive, in particolare quelle basate sulle caratteristiche visive. Una strategia cognitiva che, se opportunamente allenata, può fare la differenza, non solo nello sport.

 

Milano, 21 luglio 2025 – Distinguere rapidamente le maglie degli avversari da quelle dei propri compagni è molto importante negli sport d’invasione, come ad esempio il basket, dove le squadre condividono lo stesso spazio di gioco. Questa è una abilità  cognitiva che si può allenare. A rilevarlo è uno studio, guidato da un team di ricercatori di Milano-Bicocca, che ha dimostrato come l’attenzione selettiva, in particolare basata su caratteristiche visive, sia migliore negli atleti che praticano sport d’invasione.

Queste abilità rappresentano un elemento fondamentale in ogni disciplina sportiva, influenzando le performance e la capacità di adattamento degli atleti. Tuttavia, fino ad ora, pochi studi avevano indagato come la tipologia di sport praticato potesse affinare specifiche componenti dell’attenzione selettiva.

Per colmare questa lacuna, un team di ricercatori – Luisa Girelli, Simona Perrone, Simone Mattavelli e Marco Petilli (Università di Milano-Bicocca), Luca Bovolon (Università di Chieti e Pescara) e Carlotta Lega (Università di Pavia) – ha condotto lo studio dal titolo “Playing sports to shape attention: enhanced feature-based selective attention in invasion sports players”, appena pubblicato sulla rivista “Psychology of Sport and Exercise”.

I ricercatori hanno proposto agli atleti due esperimenti per capire come le richieste cognitive di diversi sport – in particolare gli sport d’invasione rispetto a quelli non d’ invasione (tipicamente quelli dove una rete divide il campo e le squadre non condividono lo spazio di gioco) – influenzano due sottocomponenti dell’attenzione selettiva: l’attenzione basata sulle caratteristiche visive (Feature-based Attention, FBA) e quella spaziale (Spatial-based Attention, SBA)

«Nel primo esperimento, 20 atleti di basket (sport d’invasione) e 20 partecipanti di controllo, equamente suddivisi per sesso, hanno completato due compiti: uno di ricerca visiva per valutare l’FBA e uno per misurare la SBA», spiega Luca Bovolon, uno degli autori dello studio. «I risultati hanno evidenziato che gli atleti di sport di invasione mostrano una maggiore capacità di attenzione basata sulle caratteristiche visive, mentre non sono state riscontrate differenze significative nel compito che valuta l’attenzione spaziale.»

Questi dati suggeriscono che l’allenamento in sport di invasione potenzia specificamente l’FBA, senza influenzare l’attenzione spaziale generale.

Per approfondire se questo effetto fosse strettamente legato al tipo di sport, è stato replicato lo studio con 22 giocatrici di pallavolo (sport non d’invasione) e 23 partecipanti di controllo. I risultati non hanno mostrato differenze di gruppo nelle misure attentive, rafforzando l’ipotesi che le richieste cognitive proprie degli sport di invasione modellano e affinano le capacità di attenzione selettiva, in particolare l’FBA.

«Praticare sport in modo intensivo è uno dei migliori allenamenti per le nostre funzioni cognitive», conclude Luisa Girelli, docente di Neuropsicologia e neuroscienze cognitive dell’Università di Milano-Bicocca e autrice dello studio. «Gli sport d’invasione vincono sugli altri per un effetto specifico sull’attenzione selettiva basata su caratteristiche visive»

il basket, uno degli sport d'invasione
Foto di Schorsch

Testo dall’Ufficio stampa Università di Milano-Bicocca.

Il Metodo Tariffario Rifiuti migliora l’efficienza gestionale del sistema rifiuti

Uno studio del Centro studi in Economia e Regolazione dei Servizi, dell’Industria e del Settore pubblico (CESISP) dell’Università di Milano-Bicocca fa il punto su cosa è cambiato dall’introduzione del nuovo sistema tariffario, sulle disomogeneità territoriali e sulle prospettive di miglioramento. Presente il Ministro Gilberto Pichetto Fratin

 

Milano, lunedì 30 giugno – L’introduzione del Metodo Tariffario Rifiuti (MTR) da parte di ARERA (Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente) ha portato a un aumento medio dell’efficienza gestionale dell’14% nel triennio 2021–2023 rispetto al periodo pre-MTR (2015–2019). A dirlo è lo studio condotto dal Centro studi in Economia e Regolazione dei Servizi, dell’Industria e del Settore pubblico (CESISP) dell’Università di Milano-Bicocca, presentato durante il convegno “Il ciclo integrato dei rifiuti urbani: efficienza ed efficacia del nuovo metodo tariffario”, tenutosi questa mattina nell’auditorium del Bicocca Pavilion (BiM), alla presenza del Ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica Gilberto Pichetto Fratin e del presidente di Arera (Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente), Stefano Besseghini.

A illustrare i risultati della ricerca (che si possono consultare nella sintesi disponibile a questo link) sono stati i professori Massimo Beccarello e Giacomo Di Foggia, che hanno guidato l’analisi condotta su un campione di quasi 5000 comuni italiani nel periodo 2015–2023. La ricerca evidenzia come l’introduzione del Metodo Tariffario Rifiuti abbia portato anche a una riduzione delle disomogeneità territoriali del 13%, a conferma del contributo del MTR nel rendere il sistema più equo e uniforme a livello nazionale.

L’analisi su base territoriale mostra forti differenze regionali: alcune aree, come il triveneto, si attestano tra i best performer, mentre altre regioni registrano margini di miglioramento potenziale significativi. Se tutte e 20 le regioni italiane nell’ambito del ciclo integrato dei rifiuti urbani operassero con lo stesso livello di efficienza delle più virtuose, si potrebbero risparmiare almeno 323 milioni di euro annui, 202 dei quali nella raccolta e trasporto e 121 nel trattamento e smaltimento», spiegano Beccarello e Di Foggia.

Nei capoluoghi di regione, Trento, Venezia e Trieste mostrano i livelli di efficienza più elevati mentre vi sono notevoli spazi di efficientamento a Napoli, Perugia o Bologna.

Lo studio conferma un effetto positivo della raccolta differenziata sulla riduzione dei costi. Il dato è particolarmente evidente nelle gestioni “porta a porta”, che risultano più efficienti rispetto ai modelli misti o stradali.

Un altro aspetto sottolineato dallo studio riguarda la TARI puntuale, che si dimostra efficace nel Nord Italia, dove contribuisce a ridurre i costi e aumentare la raccolta differenziata. Al Centro-Sud l’impatto è meno marcato, soprattutto nei territori con dotazione impiantistica insufficiente. Tuttavia, i ricercatori evidenziano come la tariffazione puntuale possa mitigare gli svantaggi strutturali e agire come leva di riequilibrio territoriale, specialmente nel nuovo contesto normativo.

«Negli ultimi anni il quadro di regolamentazione promosso da Arera ha aumentato l’efficienza del servizio a livello nazionale ma molto deve essere ancora fatto. la tutela dell’ambiente attraverso un maggiore recupero dei materiali di scarto è la via maestra anche per ridurre i costi del servizio», osservano i due professori. Secondo il CESISP, in definitiva, il nuovo assetto regolatorio ARERA rappresenta un passo avanti decisivo verso una gestione più efficiente, trasparente ed equa dei rifiuti urbani in Italia, valorizzando le buone pratiche e riducendo i divari storici tra territori.

Edificio U12 del campus dell'Università degli Studi di Milano-Bicocca. Foto di Facquis, CC BY-SA 4.0
Edificio U12 del campus dell’Università degli Studi di Milano-Bicocca. Foto di Facquis, CC BY-SA 4.0

Testo dall’Ufficio stampa Università di Milano-Bicocca.

Progetto strategico “PsyFuture” dell’Università di Milano-Bicocca: la ricerca psicologica “esce dal laboratorio” per studiare come reagiamo al cambiamento climatico 

Un progetto di ricerca applicata porterà un team del dipartimento di Psicologia dell’Università di Milano-Bicocca in Toscana. Obiettivo: sensibilizzare ai temi ambientali e diffondere una cultura della sostenibilità grazie a un intervento psicoeducativo sul campo

 

Milano, 3 giugno 2025 – Dalla raccolta differenziata allo spreco alimentare, dal cambiamento climatico al benessere psicologico negli ambienti naturali: sono queste le quattro direttrici lungo cui si sviluppa “JustSeparate – Summer 2025”, il progetto del Dipartimento di Psicologia dell’Università di Milano-Bicocca che porta la ricerca scientifica fuori dai laboratori e la unisce a esperienze immersive con la realtà virtuale, attività sul campo e laboratori interattivi per adulti e bambini. 

Ricercatori, dottorandi e assegnisti saranno infatti impegnati per tutta l’estate in progetti di ricerca applicata grazie alla collaborazione con il Camping Village Le Esperidi, a Marina di Bibbona in Toscana. L’obiettivo è indagare in modo rigoroso e innovativo i fattori psicologici, emotivi e sociali che favoriscono l’adozione di comportamenti sostenibili da parte delle persone. Accanto alla componente sperimentale, saranno organizzati attività e laboratori esperienziali, con l’intento di coinvolgere attivamente grandi e piccoli su temi ambientali e di promuovere una cultura della sostenibilità basata su evidenze scientifiche. 

«Questo progetto di ricerca rappresenta un’opportunità preziosa per uscire dai confini del laboratorio e realizzare un intervento psicoeducativo in un contesto unico»,

spiega Alessandro Gabbiadini, professore di Psicologia sociale e responsabile del progetto. Sono quattro le linee di ricerca su cui si svilupperà il lavoro dei ricercatori: la prima riguarda la raccolta differenziata. Grazie a nuovi supporti comunicativi e strategie di nudging digitale (la cosiddetta “spinta gentile”), attraverso dispositivi mobili, saranno forniti consigli pratici e personalizzati su come differenziare correttamente i rifiuti. Un secondo filone si concentrerà sulla prevenzione dello spreco alimentare, utilizzando messaggi persuasivi ispirati alla Teoria del Comportamento Pianificato e ad altri modelli psicologici. Verrà utilizzato dai ricercatori anche un paradigma innovativo in realtà virtuale per visualizzare gli effetti del cambiamento climatico, come erosione costiera e perdita di biodiversità, che hanno interessato le aree costiere del Mediterraneo negli ultimi decenni. Un ulteriore ambito mira a esplorare quanto gli ambienti naturali siano in grado di impattare sul nostro benessere psicologico.

«Si tratta di un’iniziativa in linea con gli obiettivi del progetto che ha portato il Ministero dell’Università e della ricerca a riconoscere, per la seconda volta, il dipartimento di Psicologia dell’Università di Milano-Bicocca come “Dipartimento di Eccellenza”»,

precisa il professor Gabbiadini. Proprio con questa iniziativa il dipartimento rafforza il proprio impegno per una ricerca scientifica ad alto impatto sociale, condotta in contesti reali e quotidiani. Nell’ambito del progetto strategico “PsyFuture”, si stanno sviluppando nuove linee di ricerca per comprendere il comportamento umano nei contesti reali, cercando di anticipare le sfide del prossimo futuro, che derivano per esempio dall’interazione tra esseri umani e nuove tecnologie (come l’intelligenza artificiale e la realtà virtuale) e dalle risposte psicologiche e collettive di fronte al cambiamento climatico. 

Accanto alla raccolta dati, il progetto “JustSeparate” prevede un intenso programma di divulgazione scientifica e anche attività educative per i più piccoli, condotte in collaborazione tra il team di ricerca dell’Ateneo e gli educatori del resort.

«Per noi è un piacere e un onore poter contribuire all’iniziativa dell’Università di Milano-Bicocca, che contraddistinguerà l’estate 2025 presso Le Esperidi», conclude Umberto Mannoni, amministratore unico del resort.

Edificio U12 del campus dell'Università degli Studi di Milano-Bicocca. Foto di Facquis, CC BY-SA 4.0
Edificio U12 del campus dell’Università degli Studi di Milano-Bicocca. Foto di Facquis, CC BY-SA 4.0

Testo dall’Ufficio stampa Università di Milano-Bicocca.

Pianura Padana: l’irrigazione intensiva contribuisce alla stabilità delle falde acquifere

Una collaborazione tra Consiglio nazionale delle ricerche, Università di Milano-Bicocca e Università di Berkeley ha inaspettatamente rivelato che aree soggette a irrigazione intensiva mostrano falde acquifere più stabili, anche in presenza di siccità estive ripetute. Lo studio, pubblicato sulla rivista Nature Water, ha preso in esame zone della Pianura Padana utilizzate a scopo agricolo, analizzando lo stato delle falde sulla base di dati satellitari

 

Milano, 4 giugno 2025 – L’irrigazione agricola intensiva può contribuire in modo significativo alla resilienza delle falde acquifere nella Pianura Padana, anche in presenza di siccità estive intensificate dai cambiamenti climatici: è  quanto rivela uno studio frutto della collaborazione tra il Consiglio nazionale delle ricerche, l’Istituto di ricerca per la protezione idrogeologica (CNR-IRPI), l’Istituto di ricerca sulle acque (CNR-IRSA), l’Università di Milano-Bicocca e l’Università di Berkeley, pubblicato sulla rivista Nature Water.

Lo studio ha preso in esame dati satellitari acquisiti tra il 2002 e il 2022 nell’ambito della missione GRACE della NASA  – oggi terminata, il cui scopo era migliorare la comprensione dei cambiamenti climatici attraverso la misurazione del movimento delle masse d’acqua a livello planetario -, e una rete di oltre 1.000 pozzi di monitoraggio.

Attraverso l’elaborazione di tali dati, il team di ricerca ha tracciato l’evoluzione delle risorse idriche sotterranee rivelando che – nonostante un generale calo dei livelli delle falde – le aree soggette ad irrigazione intensiva mostrano una maggiore stabilità grazie alla ricarica indotta dall’infiltrazione dell’acqua irrigua in eccesso. Questo perché l’irrigazione è generalmente sostenuta da acque superficiali, derivate da fiumi e laghi subalpini (es., Maggiore, Garda, ecc.), che a loro volta sono alimentati dalla fusione nivale.

Lo studio ha infatti dimostrato una correlazione positiva tra la quantità di acqua negli acquiferi di pianura e l’accumulo nivale sulle Alpi. Il risultato dimostra, pertanto, che l’irrigazione, pur essendo una pratica ad alto consumo, può favorire la ricarica delle falde attraverso la percolazione del surplus irriguo.

Il contributo degli Istituti CNR ha riguardato, in modo particolare, l’analisi  idrologica dei dati regionali:

«La ricerca mette in luce l’importanza di comprendere il bilancio idrico in ambito agricolo, soprattutto in una fase in cui  la copertura nevosa alpina diventa sempre meno prevedibile» commenta Christian Massari del CNR-IRPI.

Il contributo dell’Università di Milano-Bicocca ha invece riguardato la stima dei parametri idrogeologici e la costruzione del modello concettuale sul funzionamento del sistema di circolazione idrica:

«In questo quadro, l’elemento critico diventa una possibile siccità invernale, che non permetterebbe di alimentare adeguatamente i fiumi e i laghi e, a sua volta, di praticare un’irrigazione intensiva estiva, che ricarica le falde. Finché ci sarà un’adeguata copertura nivale in inverno, le falde saranno stabilizzate dall’irrigazione, anche in presenza di siccità estive.» chiarisce Marco Rotiroti dell’Università di Milano-Bicocca.

Il lavoro sottolinea l’urgenza di valutare la sostenibilità futura delle pratiche irrigue in un contesto di risorse idriche sempre più limitate, ma anche il potenziale ruolo positivo di alcune pratiche agricole sulla disponibilità idrica locale.

Riferimenti bibliografici:

Carlson, G., Massari, C., Rotiroti, M. et al., Intensive irrigation buffers groundwater declines in key European breadbasket, Nat Water (2025), DOI: https://doi.org/10.1038/s44221-025-00445-4

Via Argine Po, vicino Viadana, provincia di Mantova. Foto di Giorgio Galeotti, CC BY 4.0

Testo dall’Ufficio stampa Università di Milano-Bicocca.

Umanizzare il carcere per promuovere anche il benessere della Polizia penitenziaria: una ricerca dell’Università di Milano-Bicocca

Uno studio dell’Università di Milano-Bicocca rivela come un clima carcerario orientato al supporto e alla rieducazione dei detenuti migliora anche l’equilibrio psico-fisico del personale penitenziario, riducendo il burnout e migliorando la soddisfazione lavorativa.

Milano, 26 maggio 2025 – Trasformare la cultura delle carceri è una questione di diritti dei detenuti, ma anche di benessere psicologico e professionale degli agenti penitenziari. È quanto emerge da una ricerca, pubblicata sulla rivista Journal of Criminal Psychology, condotta da un team di ricercatori del dipartimento di Psicologia dell’Università di Milano-Bicocca, in collaborazione con la Direzione generale della Formazione del dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria del Ministero della Giustizia.

Lo studio, firmato da Marco Marinucci, Iolanda Tortù, Teresa Traversa, Luca Pancani e Paolo Riva, ha coinvolto 1.080 agenti della Polizia penitenziaria italiana. I risultati hanno messo in luce che promuovere norme sociali finalizzate al supporto e alla rieducazione delle persone ristrette aumenta la soddisfazione lavorativa e riduce il rischio di burnout del personale impiegato negli istituti penitenziari.

«Gli agenti che lavorano in carceri orientati alla dignità e alla rieducazione dei detenuti riportano livelli più bassi di esaurimento emotivo», spiega Marco Marinucci, primo autore e assegnista di ricerca a Milano-Bicocca. «Questo indica che promuovere una cultura penitenziaria improntata al supporto e al reinserimento sociale non solo tutela i diritti dei detenuti, ma rappresenta anche una leva fondamentale per proteggere la salute psicologica degli agenti e prevenire fenomeni di abuso».

La ricerca, che combina un’indagine correlazionale e una manipolazione sperimentale, ha evidenziato che il clima organizzativo ha un impatto significativo sulla qualità del lavoro nelle carceri oltre che sull’equilibrio psicologico degli agenti. Una cultura penitenziaria che mira al recupero dei carcerati, attraverso la promozione di un clima relazionale disteso ed empatico, favorisce atteggiamenti e intenzioni comportamentali più supportivi e meno punitivi, contribuendo a ridurre l’ostilità tra agenti e detenuti e, favorendo per gli agenti un coinvolgimento positivo nel lavoro.

Tuttavia, lo studio segnala anche una possibile ambivalenza: un’eccessiva vicinanza emotiva con i detenuti può, in assenza di un’adeguata preparazione, aumentare lo stress emotivo degli agenti di polizia penitenziaria. Per questo motivo, i ricercatori suggeriscono di affiancare al cambiamento culturale percorsi formativi capaci di aiutare gli agenti a gestire l’empatia in modo professionale e contenere i rischi di burnout.

«Oggi più che mai occorre ripensare la formazione e la gestione del personale penitenziario», conclude Marinucci. «Costruire un ambiente orientato al supporto e alla rieducazione non è solo un obbligo etico, ma una strategia concreta per migliorare le condizioni di lavoro, ridurre i rischi psicologici e costruire carceri più sicure e giuste».

Lo studio, realizzato con il sostegno del Ministero della Giustizia, fornisce anche indicazioni operative per promuovere un cambiamento culturale negli istituti penitenziari, a beneficio tanto del personale quanto delle persone detenute.

Umanizzare il carcere per promuovere anche il benessere della Polizia penitenziaria: una ricerca dell’Università di Milano-Bicocca. Foto di Joseph Fulgham

Testo dall’Ufficio stampa Università di Milano-Bicocca.

Salute, grazie a nuovi approcci multidisciplinari sarà possibile ridurre gli interventi chirurgici alla tiroide: al via, nell’ambito del programma di crowdfunding dell’Università di Milano-Bicocca – BiUniCrowd, il progetto “Salviamo una tiroide!” 

 Al via il progetto “Salviamo una tiroide!” che punta su una diagnosi più accurata dei noduli tiroidei attraverso la ricerca di nuovi biomarcatori biologici e l’utilizzo di metodi di AI, per ridurre il numero degli interventi chirurgici alla tiroide.

Milano, 19 maggio 2025 – Migliorare la diagnosi dei noduli tiroidei classificati come “indeterminati per malignità” e ridurre il numero di tiroidectomie inutili, spesso eseguite su pazienti giovani, prevalentemente donne tra i 20 e 40 anni. Ecco il duplice obiettivo di “Salviamo una Tiroide!”, progetto nato nell’ambito del programma di crowdfunding dell’Università di Milano-Bicocca – BiUniCrowd e che ha già ottenuto il supporto di Fondazione Cariplo e Thales Alenia Space.

Le patologie alla tiroide sono molto diffuse e in aumento, si stima che circa metà della popolazione sviluppi almeno un nodulo tiroideo nel corso della vita. Distinguere tra nodulo benigno o maligno, e quindi curare di conseguenza, rimane una sfida. Nel 15-30 per cento  dei noduli, si notano delle alterazioni cosiddette “indeterminate”, che portano a interventi chirurgici spesso evitabili. Grazie a nuovi biomarcatori biologici e all’intelligenza artificiale, il team di ricerca di Milano-Bicocca e non solo punta a ridurre queste incertezze diagnostiche, migliorando la qualità di vita dei pazienti e ottimizzando le risorse sanitarie.

In particolare, è grazie all’uso dell’intelligenza artificiale, che sarà possibile riconoscere automaticamente le diverse entità cellulari all’interno di una biopsia e così aiutare il medico patologo nella valutazione dei prelievi citologici dal nodulo tiroideo, al fine di ridurre la quota di casi “indeterminati”.

Per rendere possibile tutto questo, il progetto cerca sostegno grazie alla raccolta fondi che si avvale dell’aiuto di Ideaginger.it, la piattaforma con il tasso più alto di successo in Italia. Il primo obiettivo è raggiungere 6.000€, necessari per rafforzare le nostre infrastrutture computazionali, sviluppare un’app a supporto dei clinici e creare eventi di divulgazione scientifica.

Il team di “Salviamo una tiroide!” è costituito da anatomopatologi, biotecnologi, statistici e informatici e coordinato da Giulia Capitoli, ricercatrice di statistica medica.

«Il nostro obiettivo è migliorare la qualità della vita dei pazienti, evitando tiroidectomie inutili e riducendo ansia e costi legati a diagnosi incerte», dice Giulia Capitoli, referente del team di ricerca. «Allo stesso tempo vogliamo rendere la ricerca più accessibile, coinvolgendo il pubblico in modo attivo.»

Un tema fondamentale del team è proprio la divulgazione: grazie ad una giornata specifica, organizzata nell’autunno del 2025, si potrà scoprire, attraverso incontri ed attività specifiche, la storia degli sviluppi metodologici realizzati dal gruppo dal 2016 ad oggi. I partecipanti verranno coinvolti in un percorso diagnostico completo attraverso la partecipazione a una escape room. Partendo dall’approccio clinico con i patologi, passando all’estrazione di molecole e biomarcatori con i biochimici, all’analisi delle immagini con gli informatici, fino alla creazione di modelli predittivi per la diagnosi con gli statistici sarà possibile immedesimarsi nel lavoro dei ricercatori.

Il team di “Salviamo una tiroide!”, oltre a Capitoli, è composto da: Vincenzo L’imperio, Giorgio Cazzaniga e Antonio Maria Alviano, medici e ricercatori in anatomia patologica, che si occuperanno della parte clinica del progetto. A supporto, Vanna Denti e Lisa Pagani, biotecnologhe, esperte nell’analisi di campioni biologici per l’identificazione di marcatori di patologie cliniche, come ad esempio patologie renali o tiroidee. Le grandi quantità di dati provenienti dalle analisi biologiche passano poi in mano agli statistici (Giulia Capitoli, Giulia Risca, Francesco Denti e Maria Francesca Marino) che hanno l’obiettivo di studiare le relazioni tra gli aspetti biologici e i risvolti clinici sui pazienti, tramite modelli predittivi. Sarà compito loro integrare i risultati multidisciplinari in una app che supporterà i clinici durante la diagnosi dei noduli tiroidei. Vasco Coelho, informatico, si occupa dello sviluppo di reti neurali a supporto dei clinici per la detezione, segmentazione e classificazione dei campioni di tessuto tiroideo, tramite tecniche di intelligenza artificiale per la manipolazione di immagini, che verranno integrate all’interno dell’app. Infine, Sofia Martinelli, specializzata in comunicazione, si occuperà di guidare il resto del team nella promozione del progetto e nella campagna di crowdfunding.

Testo e immagini dall’Ufficio stampa Università di Milano-Bicocca.