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Pannelli solari in plastica riciclata: a Pisa nasce il fotovoltaico urbano e colorato che rispetta l’ambiente
L’Università di Pisa sviluppa concentratori solari fluorescenti con materiale acrilico rigenerato: meno emissioni, più sostenibilità e un’energia solare su misura per le città. Lo studio premiato dalla Royal Society of Chemistry tra i migliori contributi agli obiettivi dell’ONU.
Pannelli solari realizzati non con silicio o vetro, ma con plastica riciclata: è questa l’idea alla base del nuovo progetto dell’Università di Pisa, che ha sviluppato e testato una tecnologia innovativa per produrre elettricità dal sole in modo più sostenibile. Si tratta di concentratori solari luminescenti: lastre trasparenti e colorate in materiale acrilico (PMMA) ottenuto da rifiuti plastici rigenerati, capaci di catturare la luce solare e convogliarla verso piccoli moduli fotovoltaici installati sui bordi.
Questa tecnologia, pensata per essere integrata in vetrate, pensiline, serre e facciate trasparenti, unisce prestazioni elevate e ridotto impatto ambientale.
“Abbiamo dimostrato che è possibile ottenere concentratori solari per pannelli fotovoltaici efficienti utilizzando plastica rigenerata invece di materie prime fossili – spiega il professor Andrea Pucci, coordinatore della ricerca – il nostro obiettivo è portare il solare dentro le città, in modo colorato e sostenibile”.
La ricerca ha confrontato per la prima volta, in modo sistematico, le prestazioni di pannelli realizzati con plastica acrilica vergine e con quella ottenuta da processi di riciclo chimico. I risultati hanno mostrato che, a parità di prestazioni ottiche ed elettriche, i pannelli in plastica riciclata permettono una riduzione delle emissioni di CO₂ fino al 75%. I test di laboratorio e in condizioni reali (su tetti e facciate esposte al sole) hanno confermato la validità dei materiali e la loro durata nel tempo. Una prima applicazione di questa tecnologia intanto è già visibile nella pensilina fotovoltaica installata a Livorno nel 2023, nata da un progetto dell’Università di Pisa finanziato dalla Regione Toscana, in cui però erano state utilizzate un lastre di acrilico da sintesi, non riciclate.
Lo studio è stato pubblicato sulla rivista RSC Applied Polymers ed è stato selezionato dalla Royal Society of Chemistry per una collezione dedicata agli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite. Il lavoro si è svolto nell’ambito LUCE, un progetto PRIN finanziato dall’Unione Europea- Next Generation EU, Missione 4 Componente 1 CUP I53D23004190006.
Per l’Università di Pisa, insieme al professor Pucci, lavorano a LUCE il dottor Marco Carlotti, e i giovani ricercatori Alberto Picchi e Hanna Pryshchepa, in collaborazione con il CNR-ICCOM di Firenze e l’Università di Napoli Federico II.
Testo e immagini dall’Ufficio comunicazione di Ateneo dell’Università di Pisa

Il libro “Tùttu-cià” è un archivio di risorse didattiche, ma non solo. Si tratta di un testo “sonoro”, “vedibile”, partecipativo. Le informazioni presenti nel lavoro sono adatte a tutte le persone interessate al modo in cui abitiamo il mondo. Lo stile è gioioso e ironico, ma non manca del rigore scientifico necessario ad approcciarsi alle complesse tematiche ambientali e della convivenza civile. Il lettore deve mostrarsi paziente nella lettura del libro perché non si tratta solo di un volume nozionistico, ma di uno stile comunicativo personale. Notevole spazio è dedicato alla scuola e… al rap.

Tùttu-cià Greenopoli Giovanni De Feo
Il professor Giovanni De Feo con il libro Tùttu-cià (2024). Foto Giovanni De Feo

Il metodo Greenopoli, su cui si basa il libro, parla per farsi capire, è adatto ai bambini e alle persone con qualche anno di più. Parlare in modo nuovo per vedere le cose in modo nuovo. A tratti leggermente prolisso o ripetitivo (1), il contenuto si impara ad apprezzarlo per l’originalità e la creatività con cui l’autore presenta tematiche scomode alle studentesse e agli studenti delle scuole primarie, suscitando interesse e partecipazione. Il libro fa riflettere sulle scelte quotidiane di ciascuno di noi e sulle ricadute sociali di quelle stesse scelte.

Cosa troviamo nel libro? Non ci sono solo contenuti scientifici, ma è descritto anche il processo di realizzazione dei testi, strofa per strofa, parola per parola: la scelta dei vocaboli non è mai banale, ma prevede uno studio dedicato per conciliare il ritmo tipico delle canzoni rap e la correttezza dei contenuti.

Metafore, esempi, canzoni, consigli e “spiegoni” relativi ai processi di presa in carico e gestione dei rifiuti, per esempio. Il libro è un viaggio nel mondo di oggi, ma mira a un mondo sostenibile di un futuro prossimo. Probabilmente, molti consigli forniti già si conoscono, ma gli adulti faticano a recepirli. Ecco, quindi, che l’azione educativa del metodo Greenopoli cerca di correggere gli adulti grazie (alla scuola) alle bambine e ai bambini.

Sebbene all’inizio si faccia leggermente fatica a entrare nel ritmo del libro, poi ci si “ambienta” e gli argomenti sono spiegati in un’ottica didattica con l’ausilio di codici QR (tranne pochissimi che non funzionano, essi riportano a video e audio). Ogni argomento inizia con un rap, una filastrocca o un racconto. Il libro, quindi, si può leggere “a caso”: siete autorizzati a non seguire un ordine e rileggere il libro “all’occorrenza”.

Sarebbe stato possibile migliorare ulteriormente il lavoro inserendo immagini o grafici; intervallare il testo con i codici QR e non relegarli spesso alla fine del capitolo. Un altro suggerimento riguarda le fonti e i riferimenti bibliografici: sarebbe stato apprezzabile avere le “classiche” note a piè di pagina per consentire al lettore di soffermarsi subito sull’approfondimento proposto. Invece, sparsi nel testo, sono più difficili da ritrovare (2).

Il libro ha tutte le caratteristiche per essere un valido strumento per la comunità e vi chiarirà definitivamente come gestire il cartone della pizza!


Immagine di Nareeta Martin

Il consorzio nazionale imballaggi (CONAI) fornisce una guida per imparare a leggere l’etichettatura ambientale e un elenco degli errori più comuni che si fanno con la raccolta differenziata. Gli strumenti ci sono, eppure ancora si fatica con la raccolta differenziata dei rifiuti. Perché?

Non sempre si presta la giusta attenzione ai gesti che si compiono. Si è spesso distratti, soprattutto quando siamo in gruppo intenti a parlare d’altro. Un esempio classico, che mi è familiare, è quello degli studenti universitari intenti a consumare bevande e merendine alle vending machines. Non sempre prestano attenzione a come conferire correttamente l’imballaggio divenuto rifiuto e non di rado lo depositano nel più vicino contenitore o in un qualunque contenitore. In generale, c’è chi sbaglia in buona fede, ma anche chi sbaglia perché non educato alla raccolta differenziata. Ecco perché non bisogna lesinare risorse nel fare informazione, sensibilizzazione e nell’organizzare iniziative di coinvolgimento. Su questo il Conai sta facendo molti sforzi. A tal proposito posso citare il progetto “Cambia Menti” che stiamo attuando proprio insieme presso l’Università di Salerno, grazie al preziosissimo supporto della dott.ssa Maria Concetta Dragonetto e del dott. Fabio Costarella, neo Vicedirettore Conai, nonché la redazione delle “LINEE GUIDA per la raccolta differenziata, dei rifiuti da imballaggio e degli altri rifiuti urbani, nelle Università” in collaborazione anche con la RUS, Rete delle Università per lo Sviluppo Sostenibile.

La raccolta dei rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE) domestici effettuata in Italia nel 2023 ha registrato un andamento negativo rispetto al 2022 (-3,1%). Siamo lontani dal target di raccolta stabilito dall’Unione Europea. Con percentuali differenti, la riduzione tocca il Nord (- 1,3%), il Centro (- 1,1%), il Sud (- 8,3%). Fanalino di coda rimane la Campania (3 kg/ab). Quali suggerimenti darebbe al lettore-consumatore per conferire correttamente questi particolari rifiuti? E quali alle amministrazioni locali per invertire l’andamento negativo?

Bisogna ragionare in un’ottica di “miniera urbana” per cui le nostre case sono degli autentici “depositi aurei” contenenti tanti minerali preziosi a materiali critici, oro compreso. Un esempio da cui partire è l’abbandono di vecchi telefonini e più recenti smartphone in fondo a cassetti senza fondo. Occorre far presente ai cittadini che esistono due importanti possibilità. La prima è nota come regola del “1 a 1” che consiste nel ritiro gratuito del vecchio elettrodomestico a fronte dell’acquisto di un nuovo elettrodomestico equivalente. La seconda, invece, è nota come regola del “1 a 0”: vale per tutti i “piccoli RAEE”, cioè le apparecchiature con dimensioni inferiori ai 25 cm. Per beneficiare di questo servizio, è necessario restituire il prodotto presso i punti vendita che dispongono di apposite aree dedicate alla vendita di apparecchiature tecnologiche con una superficie superiore a 400 metri quadrati. Le amministrazioni locali potrebbero organizzare campagne di informazione e sensibilizzazione al riguardo, partendo dalle scuole, dagli uffici pubblici, dagli studi medici, dagli amministratori di condominio, etc. Molto importante, inoltre, il ruolo dei centri di raccolta comunali dei rifiuti, da vedere, in una nuova ottica, come dei centri commerciali alla rovescia e, quindi, dove si va per portare i propri materiali giunti alla fine di un loro ciclo di vita o ancora in buone condizioni e, quindi, da avviare allo scambio, alla donazione e al riuso.


Immagine di Johannes Plenio

Quest’anno la Paper Week, una grande campagna corale di formazione e informazione su carta e cartone e sul loro riciclo, tenutasi dall’8 al 14 aprile e promossa da Comieco (Consorzio Nazionale per il Recupero e il Riciclo degli imballaggi cellulosici), ha come capitale Salerno. Il riciclo della carta in Italia si conferma un’eccellenza europea. Potrebbe riassumerci i passi condotti per raggiungere questo importante traguardo-punto di ripartenza?

Da sempre sono legato al mondo della carta e il mio legame si è rafforzato negli anni Novanta quando ho avuto modo di svolgere la parte pratica della mia tesi di laurea in ingegneria presso la Cartesar di Pellezzano, un autentico gioiello del riciclo della carta da macero. Salerno è al centro del “ciclo del riciclo” di Comieco proprio grazie alle sue cartiere e alle sue cartotecniche. Grazie all’ufficio sud di Comieco, diretto dalla dott.ssa Giacinta Liguori, ho iniziato a collaborare con Comieco nazionale in tanti progetti e ho avuto modo di apprezzare quanta attenzione e quante risorse stiano dedicando al “Piano per il Sud”, sotto la spinta dell’instancabile Direttore Generale Carlo Montalbetti e del suo Vice Roberto Di Molfetta. La differenza la fanno sempre le persone. In questi anni ho potuto apprezzare il grande lavoro che fanno in Comieco persone come Eleonora Finetto, Elisa Belicchi e Claudia Rossi. Un gran bel lavoro di squadra, questo è ciò che fa la differenza. In occasione della Paper Week a Salerno, il giorno 11 aprile mi hanno dato la possibilità di far cantare e ballare i rap di Greenopoli a più di cinquecento allievi e allieve delle scuole di Salerno, che per un mese sono stati coinvolti in attività di educazione ambientale grazie al prezioso contributo di Comieco e all’attività svolta dalla mia ex allieva Valentina Iannone, ambientologa e cantante. Occorre fare le cose con passione, organizzazione ed entusiasmo, e i risultati arrivano sempre!

Tùttu-cià Greenopoli Giovanni De Feo Paper Week
Giovanni De Feo a Salerno in occasione dell’incontro Gioca la tua carta del giorno 11 aprile 2024. Crediti per la foto: Comieco

La strategia per l’economia circolare mira a una crescita sostenibile che coinvolge tutti gli anelli delle varie filiere produttive: produzione, distribuzione, consumo e fine vita dei beni. Quale fase, a suo avviso, ha fatto i maggiori passi verso la giusta direzione?

Io insegno ecologia industriale e mi occupo di Life Cycle Assessment, cioè di valutazione del ciclo di vita dei prodotti, partendo dall’estrazione delle materie prime, passando per la produzione del bene e degli imballaggi, per la distribuzione, l’uso e il fine vita. Le fasi che hanno fatto maggiori passi avanti sono proprio la produzione degli imballaggi e il fine vita, sotto la spinta propulsiva delle direttive europee di settore. Occorre, tuttavia, ricordare che l’economia non potrà mai essere perfettamente circolare, poiché il trattamento dei rifiuti genera altri rifiuti ed emissioni in una catena senza fine. L’economia può essere “quasi circolare”. Ciò che devono imparare i protagonisti delle diverse filiere, compresi i consumatori, che con le loro scelte mettono in moto e orientano il processo, è acquisire sempre maggiore consapevolezza e imparare a “essere leggeri”. Tra più alternative dobbiamo sempre scegliere quella più sostenibile.

In occasione della Giornata mondiale dell’acqua 2024, istituita dall’Onu nel 1992, l’l’Istituto Nazionale di Statistica (Istat) ha realizzato cinque infografiche per riflettere sull’importanza vitale dell’acqua e promuovere la gestione sostenibile delle risorse idriche. Le chiedo un commento sui seguenti dati emersi: il 42,4% dell’acqua potabile è dispersa per inefficienza delle reti comunali di distribuzione; il 28,8% delle famiglie non si fida a bere acqua di rubinetto; quasi il 70% delle persone over 14 fa attenzione a non sprecare acqua.

Purtroppo, è ben noto che le nostre reti di distribuzione dell’acqua siano delle autentiche “reti colabrodo” a causa della loro vetustà e della scarsa e insufficiente manutenzione. Bisogna investire di più nei programmi di controllo periodico e di manutenzione della rete, in un’ottica di prevenzione e di protezione della rete idrica. L’Italia è seconda solo al Messico per consumo pro-capite di acqua in bottiglia, ma questo non è spiegabile in considerazione dell’elevata qualità delle nostre acque di falda, mentre in Messico hanno problemi serissimi in fatto di risorse idriche. Già venticinque anni fa andavo in giro a fare test di assaggio dell’acqua con i quali invitavo a trovare la differenza nel sapore tra acqua di rubinetto e acqua in bottiglia. Le persone non erano in grado di distinguerle. Per cui è tutto un fatto di pregiudizi e di scarsa fiducia. A tal proposito, anche su questo tema bisogna investire in campagne di informazione e sensibilizzazione sulla qualità delle acque delle reti idriche a suon di analisi, da fare, perché no, anche al rubinetto delle nostre abitazioni. In fatto di lotta agli sprechi e di risparmio idrico abbiamo fatto passi da gigante anche grazie all’educazione ambientale che si fa nelle scuole e che poi i bambini e le bambine riportano in famiglia. I nostri figli sono delle splendide guardie ambientali, come le “PGA” di Greenopoli!

Immagine di Imani

Ha incontrato migliaia di studentesse e studenti dal 2014, è un accademico, ma si occupa anche di comunicare la scienza degli ambienti e l’educazione ambientale. Scienza e società sono sempre più interconnessi e oggi la comunicazione della scienza coinvolge tutti i cittadini. Come e perché è nato Greenopoli?

L’idea del metodo/progetto di educazione ambientale Greenopoli nasce nel 2006 in un mio periodo di crisi/cambiamento. In quell’epoca decisi di “cambiare rotta” e di iniziare un percorso che in diciotto anni mi ha portato a fare divulgazione ambientale prima nella mia provincia, poi nella regione Campania, quindi in Italia e ora praticamente ovunque ci sia l’opportunità. Lo scorso anno sono arrivato in Bangladesh, il paese con la più alta densità di popolazione al mondo e con drammatici problemi sociali e ambientali. Ho incontrato centinaia di meravigliosi sorrisi di bambini e giovani desiderosi di un futuro migliore e più sostenibile, che è identico a quelli che incontro settimanalmente nei miei “giri in giro” per le scuole, per le biblioteche e le sale consiliari per provare a far “guardare il mondo con occhi diversi” verso una società che non contrapponga più il “sapere umanistico”, da una parte, e il “sapere scientifico”, dall’altra. Tutti i saperi servono per dare sapore alla nostra vita e per affrontare i problemi con un approccio olistico e perché no divertente: io ci provo con Greenopoli, al ritmo del Tùttu-cià!

Tùttu-cià Giovanni De Feo Paper Week
l’evento Gioca la tua carta del giorno 11 aprile 2024 a Salerno. Crediti per la foto: Comieco

Giovanni De Feo è professore associato di Ingegneria Sanitaria-Ambientale presso il Dipartimento di Ingegneria Industriale dell’Università di Salerno. Relatore, correlatore e tutor in circa 500 tesi di laurea; è editor e referee di riviste internazionali. Ha partecipato, in qualità di relatore, a numerosi seminari, convegni, master e corsi di aggiornamento. È autore e coautore di circa 200 pubblicazioni tecnico-scientifiche e monografie.

Da giugno 2017, è responsabile del tavolo tematico “Rifiuti” del Gruppo di Lavoro per la “Sostenibilità di ateneo” dell’Università di Salerno e la rappresenta anche in diversi gruppi di lavoro della Rete delle Università per lo Sviluppo sostenibile.

Svolge la sua attività di ricerca su Life Cycle Assessment (LCA); gestione, trattamento e smaltimento dei rifiuti solidi e delle acque reflue.

È ideatore e promotore del progetto di educazione ambientale Greenopoli che da dicembre 2014 ha coinvolto più di 600 scuole e circa ottantamila studenti.

Numerosissimi i premi a partire dal 2018: Vesuvio Verde, Anfiteatro d’argento, Premio Internazionale Prata, Premio Ambientalista dell’Anno “Luisa Minazzi”; premi Pabulum e “Eccellenza per i giovani campani 2019”; Premio PA sostenibile e resiliente 2021.

Infine, nel 2023 è stato invitato a tenere incontri di educazione ambientale in Spagna e in Bangladesh e ha vinto il premio Giovanni Bozzini Award – Best Italian paper award” al convegno internazionale Sardinia Symposium.

Tùttu-cià Greenopoli Giovanni De Feo
Foto Giovanni De Feo

Note:

(1) Ci spiega il prof. De Feo che si tratta di un effetto voluto: è lo stile dello “spiegone”, ed è anche il suo stile di insegnamento: ripetere le cose più volte per essere certo che ascolta, possa capire. Anche nel leggere può essere utile ripetere le cose, perché chi legge non è detto che rilegga.

(2) Ci informa il prof. De Feo che si è trattato di scelte editoriali ben precise.

 

Si ringrazia il professor Giovanni De Feo per le immagini di Greenopoli e nelle quali compare.

L’elettronica ricavata dagli scarti della frutta nei laboratori della Libera Università di Bolzano: nuove strategie per il riciclo dei dispositivi

Anche l’elettronica diventa “circolare”, grazie a un progetto che nasce all’intersezione delle competenze di varie Facoltà della Libera Università di Bolzano. Nei laboratori dell’università al NOI Techpark è stata testata una nuova tecnologia sostenibile ed ecologica che utilizza la carta prodotta con gli scarti della frutta (mele, kiwi e uva) come substrato per dispositivi stampati flessibili. Alcune possibili applicazioni: come biosensori per il monitoraggio di funzioni corporee oppure nell’agricoltura di precisione.

elettronica scarti della frutta riciclo Electronics from fruit waste

Il continuo incremento dell’uso di dispositivi elettronici nelle società avanzate, assieme agli ovvi vantaggi, suscita preoccupazioni giustificate anche dal punto di vista ecologico e sociale, sa per quanto riguarda il reperimento dei materiali rari necessari a produrli, che per il loro corretto smaltimento e riciclo. Si pone quindi la necessità di ripensarne la produzione per renderla sostenibile e di riutilizzare i componenti tecnologici in un’ottica circolare.

L’équipe di ricerca del Sensing Technologies Lab, il laboratorio di nanotecnologie e sensoristica di unibz al NOI Techpark di Bolzano, diretta dai proff. Paolo Lugli e Luisa Petti, ha sviluppato assieme a partner interni e internazionali una nuova tecnologia che utilizza la carta realizzata a partire dagli scarti della frutta per produrre circuiti elettronici stampati. Lo spunto iniziale è venuto da un progetto interno di unibz tra i gruppi del prof. Lugli e del prof. Nitzan Cohen, preside della Facoltà di Design e Arti. Ad essi si sono aggiunti altri ricercatori e ricercatrici della Facoltà di Ingegneria (Prof. Niko Münzenrieder) e di quella di Scienze ambientali, agrarie e alimentari (Prof. Stefano Cesco, prof.ssa Tanja Mimmo e il ricercatore Andrea Polo) oltre che delle Università di Trento, Padova e del Sussex. Finanziamenti sono arrivati anche da un progetto bilaterale della Provincia Autonoma di Bolzano nell’ambito della cooperazione tra Sudtirolo e Svizzera, coordinato dal ricercatore Giuseppe Cantarella.

L’équipe transdisciplinare ha spiegato i test effettuati e i risultati ottenuti in laboratorio nell’articolo scientifico Laser-Induced, Green and Biocompatible Paper-Based Devices for Circular Electronics, pubblicato su una delle migliori riviste internazionali nel campo dei materiali innovativi “Advanced Functional Materials (la cui copertina riporta un’immagine ispirata al progetto). Il testo descrive una tecnologia sostenibile e biocompatibile, a rifiuti zero.

elettronica scarti della frutta riciclo Electronics from fruit waste

L’innovazione? Nella produzione e nello smaltimento

Il processo produttivo prevede l’utilizzo della stampa laser per carbonizzare la superficie del substrato di cellulosa ricavata dai processi di lavorazione di mele, kiwi e uva. I substrati di carta sono realizzati con sottoprodotti della lavorazione di mele, uva e kiwi e rimpiazzano l’uso di polpa di legno vergine tipicamente usata per realizzare substrati di carta, riducendo così l’utilizzo di risorse naturali e privilegiando il riutilizzo di prodotti alimentari di scarto. Ottimizzando i parametri del laser, i ricercatori sono stati in grado di realizzare dispositivi elettronici come condensatori, biosensori ed elettrodi per il monitoraggio degli alimenti (es. per il controllo della maturazione della frutta) e per la misurazione della frequenza cardiaca e dell’attività respiratoria. La cellulosa a base di frutta e completamente priva di plastica si è rivelata sicura anche per l’uso sulla pelle umana. L’impiego di sostanze naturali permette infatti ai componenti elettronici di essere biocompatibili con i fibroblasti dermici umani, potenzialmente nei wearables e nei sistemi a contatto con la pelle.

L’elettronica ricavata dagli scarti della frutta: nuove strategie per il riciclo dei dispositivi

L’uso di un substrato naturale consente di attuare due strategie per il riciclo dell’elettronica. Nella prima, i dispositivi possono dissolversi a temperatura ambiente in un arco 40 giorni senza rilasciare residui nocivi: i componenti elettronici a base di carta si dissolvono in succo di limone (acido citrico), una soluzione naturale molto diffusa e a basso costo. Nella seconda, vengono reintrodotti in natura come supporto per la crescita delle piante o per l’ammendamento del suolo. Grazie a queste sue caratteristiche, questa tecnologia elettronica a basso costo può trovare applicazione per applicazioni nel mercato alimentare, nella diagnostica medica e nell’agricoltura intelligente e nell’Internet delle cose, con un impatto nullo o addirittura positivo sull’ecosistema.

“Una tecnologia sostenibile e attenta ai consumi energetici per la fabbricazione di dispositivi elettronici richiede caratteristiche speciali come la lavorabilità su grandi superfici, un consumo energetico limitato e il basso costo di fabbricazione. La tecnica che abbiamo sperimentato è completamente sostenibile, verde e circolare perché utilizza substrati di carta ottenuti dalla lavorazione degli scarti della frutta e una tecnologia di stampa, basata sulla carbonizzazione creata per mezzo di un semplice laser. Potrebbe rappresentare un importante passo avanti per la commercializzazione dell’elettronica”,

spiega il prof. Paolo Lugli, rettore della Libera Università di Bolzano e responsabile del Sensing Technologies Lab.

Paolo Lugli
Paolo Lugli

Il ricercatore Giuseppe Cantarella, ex unibz trasferitosi recentemente alla Università di Modena e Reggio Emilia, primo autore dell’articolo, aggiunge:

“La sostenibilità è un argomento che tocca la nostra società e la nostra vita sotto diversi punti di vista. Anche nel mondo della ricerca, è necessario affrontare questa sfida globale, con nuove tecnologie che possano ridurre il loro impatto ambientale per salvaguardare il nostro pianeta e le risorse naturali a disposizione. I risultati del nostro studio dimostrano una nuova linea di ricerca, nella quale dispositivi elettronici possono essere sviluppati con una drastica riduzione dei rifiuti generati e con l’uso di nuove tecniche di fabbricazione a bassa emissione di carbonio. Auspico che il nostro sia il primo di una lunga serie di studi sullo sviluppo sostenibile di sistemi intelligenti e nuove tecnologie in ambito elettronico”.

 

Testo, video e foto dall’Ufficio Staff stampa e organizzazione eventi Libera Università di Bolzano – Freie Universität Bozen, sull’elettronica ricavata dagli scarti della frutta e nuove strategie per il riciclo dei dispositivi.