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Riccardo Castiglia

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Resistenza ai pesticidi dei roditori delle isole italiane: un fenomeno diffuso e dannoso per l’ambiente e la biodiversità

Un nuovo studio coordinato dalla Sapienza, in collaborazione con l’Istituto di ricerca sugli ecosistemi terrestri del CNR, ha indagato la resistenza genetica ai rodenticidi nei topi domestici in 11 piccole isole italiane. I risultati del lavoro, che sensibilizzano su un uso più consapevole di tali sostanze, sono stati pubblicati sulla rivista Science of the Total Environment.

La presenza di roditori invasivi come ratti o topi sulle isole del Mediterraneo, ricche di biodiversità e con una cospicua presenza umana, rappresenta una grave minaccia per questi delicati ecosistemi, oltre a causare gravi danni alle attività umane.

In questi ambienti il controllo dei roditori avviene frequentemente attraverso l’impiego di sostanze rodenticide basate su principi attivi anticoagulanti e che , se usate senza seguire le opportune linee guida, possono avere gravi impatti ambientali per il possibile avvelenamento diretto o secondario di altre specie. Inoltre, esiste anche la possibilità che si sviluppi una resistenza genetica a tali sostanze. Questo rende difficile il controllo delle popolazioni di roditori e aumenta conseguentemente la quantità di rodenticidi rilasciati nell’ambiente.

In un nuovo studio pubblicato sulla rivista Science of the Total Environment, frutto della collaborazione fra il Dipartimento di Biologia e biotecnologie Charles Darwin della Sapienza e l’Istituto di ricerca sugli ecosistemi terrestri del Consiglio nazionale delle ricerche (CNR), è stata indagato il fenomeno della resistenza genetica ai rodenticidi nelle isole italiane confermando una presenza piuttosto diffusa di topi resistenti su 7 delle 11 isole studiate.

“In questo lavoro, che rappresenta la prima indagine sulla resistenza ai rodenticidi anticoagulanti effettuata su più isole del Mediterraneo – spiega Francesco Gallozzi della Sapienza – abbiamo analizzato particolari mutazioni del gene VKORC1, coinvolto nei fenomeni di resistenza, nei topi domestici (Mus domesticus) e identificato 6 nuove mutazioni mai trovate nel topo domestico e 4 nuove mutazioni mai identificate nei roditori”.

Per il reperimento dei campioni dalle diverse isole è stata fondamentale la collaborazione tra più enti, tra i quali NEMO srl, che si occupa direttamente della gestione dei roditori sulle isole italiane ed è stata protagonista delle attività di eradicazione di roditori invasivi in molte di esse.

Lo studio, effettuato nell’ambito delle attività del National Biodiversity Future Center e in particolare dello Spoke 5 sulla biodiversità urbana a cui partecipa la Sapienza, ha portato alla luce la necessità di un utilizzo più consapevole dei rodenticidi per permettere una gestione efficace dei roditori invasivi e per minimizzare gli impatti di tali sostanze sulle specie non-target.

“In presenza di resistenza ai rodenticidi vanno considerati metodi alternativi per il loro controllo – commenta Riccardo Castiglia, coordinatore dello studio. “Altrimenti, il rischio è quello di arrecare un danno irreparabile ad ambiente e biodiversità”.

Topo dall'isola di Ventotene. Crediti per la foto: Davide Giuliani
Resistenza ai pesticidi dei roditori delle isole italiane: un fenomeno diffuso e dannoso per l’ambiente e la biodiversità. Topo dall’isola di Ventotene. Crediti per la foto: Davide Giuliani

Riferimenti bibliografici:

A survey of VKORC1 missense mutations in eleven Italian islands reveals widespread rodenticide resistance in house mice – Francesco Gallozzi, Lorenzo Attili, Paolo Colangelo, Davide Giuliani, Dario Capizzi, Paolo Sposimo, Filippo Dell’Agnello, Rita Lorenzini, Emanuela Solano, Riccardo Castiglia – Science of The Total Environment 2024, DOI: https://doi.org/10.1016/j.scitotenv.2024.176090

Testo e foto dal Settore Ufficio stampa e comunicazione Sapienza Università di Roma

Scoperta in Messico una specie unica di lucertola spinosa, Sceloporus geminus 

Una ricerca, pubblicata sulla rivista Amphibia-Reptilia e frutto della collaborazione tra il Dipartimento di Biologia e biotecnologie della Sapienza e l’Università nazionale autonoma del Messico, ha individuato nella lucertola Sceloporus geminus una nuova specie caratterizzata da una combinazione unica di diversi caratteri tra i quali un particolare pattern cromatico del collare di squame presente alla base della testa.

Sceloporus geminus Paratype
Crediti della foto: Gustavo Campillo-García

Una ricerca nata dalla collaborazione tra la Sapienza e l’Università nazionale autonoma del Messico ha individuato una nuova specie di lucertola spinosa denominata Sceloporus geminus caratterizzata da una combinazione unica di diversi caratteri, tra i quali un particolare pattern cromatico del collare di squame presente alla base della testa. Questa specie, che in passato era stata confusa con altre, è stata scoperta nella regione più meridionale della catena montuosa Sierra Madre Orientale in Messico.

Lo studio, pubblicato sulla rivista Amphibia-Reptilia è il frutto della collaborazione tra il Dipartimento di Biologia e biotecnologie della Sapienza e l’Università nazionale autonoma del Messico.

Il team di ricerca, che ha portato avanti per 15 anni missioni sul campo finalizzate a studi sulla biologia sistematica dei rettili messicani negli stati di Chiapas e Jalisco, ha confrontato gli individui oggetto dello studio con oltre 160 esemplari di altre specie del genere Sceloporus conservati in 15 diversi musei, analizzandone le caratteristiche genetiche e morfologiche.

“Lo studio morfologico – spiega Riccardo Castiglia della Sapienza – si è basato su 30 diverse caratteristiche e su una analisi filogenetica che ha incluso l’esame di marcatori genetici mitocondriali e nucleari evidenziando l’unicità della nuova specie rispetto alle altre specie affini. La sua accesa colorazione ventrale invece è presente anche in altre specie del genere Sceloporus e ha la funzione di comunicare lo stato di salute individuale essendo indicativa della forza fisica e della capacità competitiva dei maschi. In questo modo le femmine possono scegliere un maschio in migliori condizioni fisiche”.

Come anche altre specie affini, Sceloporus geminus è una specie vivipara, in quanto la femmina non depone uova ma partorisce piccoli già formati. Questa particolare strategia sembra essere vantaggiosa per prevenire un aumento della mortalità delle uova a causa delle basse temperature.

Grazie a questo studio si aggiunge una nuova specie di vertebrato alla fauna messicana confermando la ricca e ancora in parte inesplorata biodiversità di questa regione.

 

Riferimenti bibliografici:

More cryptic diversity among spiny lizards of the Sceloporus torquatus complex discovered through a multilocus approach – Gustavo Campillo-García, Oscar Alberto Flores-Villela, Brett Oliver Butler, Miriam Benabib, and Riccardo Castiglia – Amphibia-Reptilia 2023 DOI:10.1163/15685381-bja10163

Sceloporus geminus
Crediti della foto: Gustavo Campillo-García

Testo e foto dal Settore Ufficio stampa e comunicazione Sapienza Università di Roma

Le zanne “high-tech” dei cobra sputatori

Un nuovo studio condotto da un team internazionale di ricercatori di varie università, tra cui la Sapienza Università di Roma, ha indagato la capacità di questi serpenti di difendersi dagli aggressori spruzzando veleno dalle proprie zanne fino a più di tre metri di distanza: la ricerca, pubblicata su Journal of Experimental Biology, ha dimostrato che tale abilità è dovuta alle peculiari caratteristiche morfologiche delle zanne più che alle proprietà fisiche del veleno.

Un rinkhals (Hemachatus haemachatus), serpente elapide imparentato con i “veri” cobra (genere Naja), nell’atto di sputare veleno. Photo credit: The Trustees of the Natural History Museum of London e Callum Mair

I cobra sono serpenti del genere Naja, che iniettano veleno altamente tossico nel corpo delle loro prede attraverso zanne specializzate, provviste di una scanalatura interna, che funzionano esattamente come una siringa ipodermica. Fra questi, ci sono i cobra “sputatori”, capaci di utilizzare il veleno non solo per predazione ma anche per difesa, spruzzandolo dalle loro zanne negli occhi dei loro aggressori, fino a più di 3 metri di distanza. L’effetto del veleno a contatto con gli occhi è devastante, causando dolore intenso e, nei casi più gravi, cecità.

Si pensava che questo comportamento unico avesse portato i cobra sputatori a evolvere un veleno con proprietà fluidodinamiche più adatte per essere proiettato a distanza. Oggi un nuovo studio a cui hanno collaborato ricercatori della Sapienza Università di Roma, pubblicato sulla rivista Journal of Experimental Biology, ha dimostrato invece che sono le caratteristiche morfologiche peculiari delle zanne dei cobra sputatori, come lo sbocco esterno del canale rivolto più anteriormente rispetto ai cobra non sputatori, a favorire il getto direzionabile del veleno.

La scoperta è di un giovane laureato del Dipartimento di Biologia e biotecnologie Charles Darwin della Sapienza, Ignazio Avella, vincitore di una borsa di studio del Journal of Experimental Biology e primo nome del lavoro condotto in collaborazione con Riccardo Castiglia, dello stesso Dipartimento, e ricercatori delle università di Porto (Portogallo), Sheffield (Inghilterra) e Bangor (Galles), e della Liverpool School of Tropical Medicine (Inghilterra).

cobra sputatori zanne
Cobra sputatore del Mozambico (Naja mossambica). Photo credit: Wolfgang Wüster

In particolare, per indagare le proprietà del flusso del veleno lungo le zanne, il team ha confrontato la viscosità dei veleni prodotti da 13 specie di cobra, sputatori e non sputatori, provenienti da tutto il mondo. Sorprendentemente, sebbene le zanne dei cobra sputatori siano risultate modificate per permettere al veleno di scorrere attraverso il canale interno più velocemente e con una pressione inferiore rispetto ai cobra non sputatori, non sembrano esserci differenze significative nelle proprietà fisiche dei veleni prodotti dalle due tipologie di cobra.

I ricercatori sono giunti anche ad altri risultati inaspettati. Rispetto a studi precedenti condotti su scala minore, che avevano ipotizzato che il veleno modificasse le sue proprietà in base ad altri fattori, come la velocità (comportandosi come un fluido pseudoplastico non Newtoniano), in questo lavoro è stato visto che i veleni si comportano invece come l’acqua, vale a dire come un normale fluido Newtoniano che non modifica le proprie proprietà, mettendo in discussione quanto riportato nei lavori precedenti.

Escluso quindi il ruolo del veleno, i risultati dello studio suggeriscono che la morfologia particolare delle zanne dei cobra sputatori contribuisce all’eiezione aerea del veleno più che le proprietà fisiche dello stesso.

Riferimenti:

Unexpected lack of specialisation in the flow properties of spitting cobra venom – Avella I., Barajas-Ledesma E., Casewell N. R., Harrison R. A., Rowley P. D., Crittenden E., Wüster W., Castiglia R., Holland C., van der Meijden A. (2021). Journal of Experimental Biology. doi:10.1242/jeb.229229

Testo dal Settore Ufficio stampa e comunicazione Sapienza Università di Roma

 

Il topolino domestico delle Isole Eolie: uno straordinario modello evolutivo risultato di una amicizia millenaria con l’uomo 

Lo studio firmato Sapienza identifica nel patrimonio genetico del piccolo animale il segreto per la comprensione degli intricati meccanismi legati alla comparsa di nuove specie I risultati sono stati pubblicati sulla rivista Molecular Biology and Evolution

topolino domestico delle Isole Eolie
Vista di Vulcano dall’osservatorio di Lipari. Foto Flickr di Andrea Pacelli, CC BY-SA 2.0

Secondo il calendario cinese, il 2020 è l’anno del Topo e la rivista Molecular Biology and Evolution ha voluto celebrare questo avvenimento dedicando una particolare attenzione scientifica agli studi sulla genetica evolutiva di ratti e topi.

Fra questi, è stato selezionato e pubblicato il lavoro del gruppo di ricerca coordinato da Riccardo Castiglia del Dipartimento di Biologia e biotecnologie Charles Darwin della Sapienza, riguardante l’evoluzione in Mus domesticus, anche detto topolino delle case o topo domestico, nell’arcipelago delle Isole Eolie (Sicilia).

Lo studio, per mezzo di tecniche di sequenziamento genetico di ultima generazione (Next Generation Sequencing, NGS), ha analizzato da un nuovo punto di vista la straordinaria diversità cromosomica delle popolazioni del topolino delle case che vivono nell’arcipelago. La particolarità genetica di questo animale è il risultato di una millenaria convivenza con l’uomo che avrebbe avuto quindi un ruolo determinate nel suo processo evolutivo.

Il topolino domestico ha origine nel corso del Neolitico in Medio Oriente, come commensale dell’uomo che, a quel tempo, iniziava a vivere in comunità stanziali. Da lì, insieme al suo compagno di viaggio si è spostato arrivando nel Mediterraneo centrale circa 3.000 anni fa, durante l’Età del Ferro. Le Isole Eolie rappresentavano in quel periodo storico un crocevia di passaggio delle navi mercantili, una delle principali vie commerciali dell’ossidiana, il prezioso vetro nero vulcanico.

“Le isole – commenta Emanuela Solano, autrice dello studio – sono una fabbrica di variabilità genetica e rappresentano un vero paradiso per il biologo evoluzionista. Grazie alla collaborazione con l’Università di Konstanz, nel nostro lavoro abbiamo affiancato per la prima volta all’analisi dell’evoluzione cromosomica in Mus domesticus, che è il nostro ambito di ricerca da svariati anni, un approccio genome wide, basato sull’indagine dell’intero genoma”.

Così i ricercatori hanno osservato come il Mus domesticus abbia sviluppato, nel tempo e in molte delle aree che ha “colonizzato”, diverse mutazioni cromosomiche (dette traslocazioni Robertsoniane) da cui sono derivate le cosiddette razze cromosomiche, ovvero numerose popolazioni con numero cromosomico variabile. Nello specifico è stato evidenziato che tale diversità cromosomica si è originata all’interno dell’arcipelago e non deriva da colonizzazioni multiple da aree limitrofe, come invece si riteneva in precedenza.

Inoltre, sono stati dimostrati complessi meccanismi di ibridazione che hanno “rimescolato” le razze cromosomiche presenti sulle diverse isole per arrivare a nuove combinazioni cromosomiche.

“La presenza di razze cromosomiche – aggiunge Solano – rende il topolino un modello per gli studi volti a comprendere i meccanismi legati all’origine di nuove specie (la speciazione) e il ruolo delle mutazioni cromosomiche nella fertilità degli ibridi”.

“La risoluzione di questo complesso modello di evoluzione cromosomica – conclude Riccardo Castiglia – ha dimostrato che il topolino ha grandi “capacità evolutive” e che nella sua veste selvatica può rappresentare un occhio sull’evoluzione in tempi brevi, evidenziando, ogni volta che si va a fondo su questo argomento, aspetti sorprendenti. Rappresenta, quindi, un validissimo strumento per la comprensione degli intricati meccanismi che portano alla comparsa di nuove specie rappresentando un proxy per lo studio della biodiversità del pianeta”.

Riferimenti:

Reconstructing the evolutionary history of chromosomal races on islands: a genome-wide analysis of natural house mouse populations – Paolo Franchini,  Andreas F Kautt,  Alexander Nater,  Gloria Antonini,  Riccardo Castiglia, Axel Meyer,  Emanuela Solano – Molecular Biology and Evolution https://doi.org/10.1093/molbev/msaa118

 

Testo sul topolino domestico delle Isole Eolie (Sicilia) dal Settore Ufficio stampa e comunicazione dell’Università Sapienza di Roma