News
Ad
Ad
Ad
Tag

precipitazioni

Browsing

Mediterraneo: precipitazioni stabili dalla fine dell’Ottocento, ma in futuro è prevista una diminuzione

Un team di ricercatori di cui fa parte l’Università Statale di Milano ha tracciato l’evoluzione delle precipitazioni nel Mediterraneo a partire dalla fine del diciannovesimo secolo. I dati mostrano una sostanziale stabilità nel passato e confermano l’affidabilità delle recenti simulazioni modellistiche nel prevedere una diminuzione nel XXI secolo. Lo studio è stato pubblicato su Nature.

Milano, 21 marzo 2025 – L’evoluzione delle precipitazioni ha importanti implicazioni per le politiche sociali, economiche e ambientali nella regione del Mediterraneo.

Ora uno studio, condotto da un gruppo internazionale di ricercatori, coordinato da Sergio Vicente Serrano del Pyrenean Institute of Ecology e Yves Tramblay dell’Istituto Francese di Ricerca e Sviluppo (French Institute of Research for Development) e con un importante contributo dell’Università Statale di Milano, dell’Università del Salento e del CNR-ISAC (Consiglio Nazionale Delle Ricerche, Istituto di Scienze dell’Atmosfera e del Clima), ha rilevato che dal 1871 al 2020 le precipitazioni in quest’area sono rimaste sostanzialmente stabili anche se distribuite irregolarmente; tuttavia nel XXI secolo si prevede una diminuzione.

La ricerca, pubblicata su Nature, si basa su dati provenienti da 23.000 stazioni in 27 Paesi e colma una lacuna di conoscenza causata dalla mancanza di dati meteo completi, dovuta a politiche di alcuni Paesi del Mediterraneo non favorevoli a mettere in comune le serie osservative del passato. Questo problema è stato risolto sviluppando un metodo di lavoro innovativo che ha permesso elaborazioni svolte in modo distribuito, ma basate su un unico pacchetto di codici di analisi dati, senza che i singoli Paesi coinvolti dovessero condividere i dati originali.

Lo studio mostra che nel passato le precipitazioni nella regione sono state caratterizzate da una forte variabilità spaziale e temporale, ma sono rimaste fino ad ora in gran parte stabili nel lungo termine. Secondo i ricercatori, le tendenze che possono essere identificate per alcune aree e periodi sono attribuibili alle dinamiche collegate alla variabilità interna del clima. Inoltre evidenziano come le più recenti simulazioni modellistiche (prodotte nel Progetto internazionale CMIP 6) trovino conferma nelle osservazioni. Pertanto, i risultati del progetto attestano l’affidabilità dei modelli e dell’attesa futura diminuzione delle precipitazioni per la regione mediterranea.

“Questo accordo tra le simulazioni modellistiche e le osservazioni sulla stabilità delle precipitazioni nel passato rafforza l’affidabilità delle previsioni di una futura riduzione delle piogge. Questa riduzione è molto preoccupante perché la regione del Mediterraneo sta già attraversando un periodo di crescente aridità climatica, causata dall’aumento dell’evaporazione dovuto al forte incremento delle temperature. Temiamo quindi che nei prossimi decenni si aggraverà la scarsità delle risorse idriche e l’aridità nella regione”,

conclude Maurizio Maugeri, docente del Dipartimento di Scienze e Politiche Ambientali dell’Università Statale di Milano e tra i primi firmatari dello studio insieme al professor Piero Lionello del Dipartimento di Scienze e Tecnologie Biologiche ed Ambientali dell’Università del Salento.

Riferimenti bibliografici:

Vicente-Serrano, S.M., Tramblay, Y., Reig, F. et al. High temporal variability not trend dominates Mediterranean precipitation, Nature 639, 658–666 (2025), DOI: https://doi.org/10.1038/s41586-024-08576-6

Immagine NASA World Wind ritoccata da Eric Gaba, in pubblico dominio
Immagine NASA World Wind (2007) ritoccata da Eric Gaba, in pubblico dominio

Testo dall’Ufficio Stampa Direzione Comunicazione ed Eventi istituzionali Università Statale di Milano

Osservazioni umane e strumentali per comprendere i cambiamenti nei regimi delle precipitazioni

Le comunità di sussistenza stanno già vivendo le conseguenze di diversi cambiamenti nelle precipitazioni. Lo rivela uno studio pubblicato sulla rivista Nature Communications, condotto da un team internazionale di ricercatori, guidato dall’Università Roma Tre.

 

Roma, 13 novembre 2024 – I cambiamenti climatici ormai sono un fenomeno noto e molto discusso. Quello che invece è meno noto sono i suoi effetti sulle vite di migliaia di comunità indigene e di sussistenza e come queste comunità percepiscono questi cambiamenti. In particolare, i cambiamenti nei regimi pluviometrici sono meno facili da studiare in quanto influenzati da molte più variabili ad andamento incerto rispetto ai cambiamenti nelle temperature e quindi risulta particolarmente utile trovare nuovi modi per meglio delinearne i comportamenti. Nei modelli climatici relativi alle precipitazioni, l’incertezza è infatti un fattore molto rilevante. Gli impatti di questi cambiamenti sono però molto chiari ed evidenti per tante comunità di sussistenza; tuttavia le loro osservazioni sono ancora in gran parte trascurate malgrado il fatto che queste comunità abbiano una comprensione profonda dei complessi equilibri degli ecosistemi da cui dipendono.

In questo lavoro, dal titolo “Using human observations with instrument-based metrics to understand changing rainfall patterns”, pubblicato sulla rivista Nature Communications e condotto da un team internazionale di ricercatori (Università degli Studi Roma Tre, Università Simon Fraser, Center for International Climate Research, Università dell’East Anglia), sono state comparate le osservazioni di 1827 comunità di sussistenza sui regimi pluviometrici con diversi indici climatici relativi a precipitazioni. Lo scopo di questo studio non è stato tanto quello di validare queste osservazioni, quanto piuttosto quello di vedere in che modo questi due diversi tipi di osservazioni, quelle umane e quelle strumentali, potessero complementarsi. Per esempio, è stato possibile individuare diverse aree “calde” dove i cambiamenti nel comportamento delle piogge sono multipli. Inoltre, le comunità di sussistenza spesso associano i cambiamenti ad altri indicatori ambientali (ad esempio, la direzione prevalente del vento): le loro conoscenze ecologiche potrebbero ad esempio aiutarci a progettare indici multifattoriali del comportamento delle precipitazioni. Inoltre, è stato possibile evidenziare delle aree dove le comunità locali stanno osservando trend diversi rispetto a quelli indicati dai modelli globali e che quindi richiedono maggiore studio. Le loro osservazioni ci danno anche informazioni utili in aree dove ci sono pochi dati stazionali disponibili.

Un altro problema emergente evidenziato dalle comunità locali, come anche citato nell’ultimo rapporto dell’IPCC, è che le piogge non sono più prevedibili.  In passato, era possibile prevedere se la stagione sarebbe stata piovosa o siccitosa oppure se avrebbe piovuto nell’arco di pochi giorni, invece ora questo non è più possibile. Direzionalità dei venti e formazioni nuvolose all’orizzonte potevano essere interpretate per capire l’eventualità di piogge o tempeste, consentendo ad agricoltori di prevedere un giorno di semina oppure ad un cacciatore dell’Artico di potersi avventurare o meno lontano dal villaggio.

“La ricerca, fortemente interdisciplinare, ha coinvolto molteplici competenze da diverse parti del mondo. È stato difficile trovare modi per combinare dati così diversi, la collaborazione con tanti ricercatori, ma soprattutto ricercatrici di spicco nei loro rispettivi ambiti di ricerca lo ha reso possibile”, ha spiegato Valentina Savo, Ricercatrice dell’Università Roma Tre e leading author dello studio.

Il team di Ricercatori

Valentina Savo, Ricercatrice dell’Università Roma Tre, è la leading author dello studio, si occupa di interazioni uomo ambiente, soprattutto in relazione ai cambiamenti climatici.

Karen Kohfeld è la Direttrice della School of Environmental Science all’Università Simon Fraser (Canada). La sua ricerca riguarda soprattutto il clima e il ciclo del carbonio e ha ricevuto importanti finanziamenti e riconoscimenti.

Jana Sillmann è Professore di Climate extremes all’Università di Amburgo (Germany) e Direttore di Ricerca del Center for International Climate Research (Norway). Il suo lavoro sui cambiamenti climatici è stato incluso in diversi Report dell’IPCC.

Cedar Morton è un System Ecologist presso ESSA, Environmental Consulting (Canada).

Joseph Bailey è Head Data Manager presso BBC Studios (Regno Unito).

Amund Haslerud è Advisor alla Norconsult (Norvegia).

Corinne Le Quéré è una Professoressa Royal Society Research di Scienza del Cambiamento Climatico all’Università dell’East Anglia (Regno Unito). È autrice di diversi Report dell’IPCC, incluso quello che ha ricevuto il Nobel per la pace.

Dana Lepofsky è una Distinguished Professor di Archeologia all’Università Simon Fraser (Canada). La sua ricerca sulle interazioni uomo-ambiente, soprattutto in comunità indigene, le è valsa diversi riconoscimenti.

Il lavoro evidenzia che le comunità di sussistenza stanno già vivendo le conseguenze di diversi cambiamenti nelle precipitazioni e sottolinea la necessità di sviluppare indici climatici che descrivano meglio la stagionalità e l’imprevedibilità delle precipitazioni, fattori che sono di vitale importanza per migliaia di comunità in tutto il mondo. 

Savo, V., Kohfeld, K.E., Sillmann, J., Morton C., Bailey J., Haslerud A.S., Le Quéré C., Lepofsky D. Using human observations with instrument-based metrics to understand changing rainfall patterns. Nat Commun 15, 9563 (2024). https://doi.org/10.1038/s41467-024-53861-7

precipitazioni
Osservazioni umane e strumentali per comprendere i cambiamenti nei regimi delle precipitazioni; lo studio è stato pubblicato su Nature Communications. Foto di  Hello, Its Me…..

Testo dall’Ufficio Comunicazione dell’Università Roma Tre

Progetto Cli-DaRe@School: grazie al lavoro di 350 studenti recuperate oltre 4.000 pagine di antichi dati meteorologici italiani

Nell’ambito dei percorsi per le competenze trasversali e l’orientamento, 350 studenti e studentesse delle scuole superiori hanno partecipato al progetto Cli-DaRe@School di AISAM, coordinato da un team interdisciplinare di scienziati, volto a recuperare tramite digitalizzazione l’immenso patrimonio storico italiano di dati pluviometrici e termometrici. Oltre 4.000 le pagine recuperate durante il primo anno.

 Milano, 13 luglio 2023 – Coinvolgere gli studenti per recuperare, analizzare e digitalizzare antichi dati metereologici che altrimenti potrebbero andare perduti: ecco l’obiettivo Cli-DaRe@School, un progetto formativo promosso dall’Associazione Italiana di Scienze dell’Atmosfera e Meteorologia (www.aisam.eu) all’interno di Cli-DaReattività di Citizen Science.

Cli-DaRe@School è stato sviluppato da un team di ricercatori e ricercatrici dell’Università Statale di Milano, dell’Università di Trento, del Politecnico di Milano, dell’Istituto di Scienze dell’Atmosfera e del Clima ISAC/CNR, di Eurac Research e della Società Meteorologica ItalianaHa coinvolto 350 studenti e studentesse di 10 scuole superiori italiane, nell’ambito delle ore di PCTO (percorsi per le competenze trasversali e l’orientamento– ex alternanza scuola-lavoro), volta alla digitalizzazione dei dati delle pubblicazioni sui dati mensili di precipitazione e di temperatura: sono stati coinvolti 350 studenti di 10 scuole superiori italiane.

L’Italia dispone infatti di un patrimonio di antichi dati meteorologici di eccezionale valore. Il recupero di questo enorme patrimonio di dati osservativi è in corso da lungo tempo, ma, ancora oggi, una parte consistenze è disponibile solamente su supporto cartaceo: registri osservativi di singoli osservatori, raccolte di dati pubblicate su annali o antichi lavori monografici che avevano l’obiettivo di censire e raccogliere i dati esistenti al momento della loro pubblicazione. Queste ultime fonti, in particolare, sono ricche e importanti per i dati di precipitazione (pioggia, neve, grandine, …). Per questa variabile esistono pubblicazioni che presentano i dati mensili di migliaia di stazioni, raccolti in Italia al 1915; dal 1916 al 1920 e dal 1921 al 1950. Per i dati mensili della temperatura dell’aria invece è disponibile una pubblicazione con i dati del periodo 1926-1955.

I ricercatori e le ricercatrici si sono occupati innanzitutto di individuare, regione per regione, quali fossero i dati da digitalizzare, assegnando poi alle singole classi un set di pagine da digitalizzare (mediamente una dozzina per studente), sotto monitoraggio dei docenti. I dati digitalizzati restituiti sono infine stati sottoposti a minuziosi controlli di qualità, anche grazie al lavoro di tesi di diversi laureandi e laureande dell’Università degli Studi di Milano e dell’Università di Milano-Bicocca. Ogni scuola è stata seguita da un membro del gruppo di lavoro che ha supportato il lavoro dei ragazzi durante l’intera durata del progetto.

Inoltre, per sensibilizzare gli studenti e le studentesse al problema del cambiamento climatico e per avvicinarli alle discipline della scienza dell’atmosfera sono stati organizzati dei seminari a tema. Infine, una volta ultimata l’attività di digitalizzazione, per alcuni studenti che volevano proseguire l’attività formativa sui dati digitalizzati sono stati preparati dei pacchetti di attività, come un tool per il controllo della correttezza delle coordinate di ogni stazione digitalizzata e uno per la verifica della qualità dei dati recuperati.

Il progetto si è chiuso con un evento conclusivo aperto con i saluti del presidente AISAM, Dino Zardi, e del Direttore dell’Agenzia Nazionale per la Meteorologia e la Climatologia Italia Meteo, Carlo Cacciamani. Durante l’evento, alcuni ragazzi e ragazze hanno presentato i loro risultati e mostrato brevi video di loro realizzazione. Nella stessa occasione il gruppo di lavoro ha presentato alcuni risultati del progetto e gli esiti dei questionari di gradimento, rivolti sia ai docenti sia ai ragazzi.

Durante l’evento si sono anche discussi gli aspetti positivi e le potenziali criticità di questo primo anno di progetto, cercando di capire come migliorare per i prossimi anni, perché Cli-DaRe@School verrà riproposto anche nel prossimo anno scolastico con nuove proposte” conclude Maurizio Maugeri, climatologo e referente dell’Università Statale di Milano per il progetto.

Dolomiti Sud Tirolo recuperati antichi dati meteorologici italiani
Progetto Cli-DaRe@School: recuperati antichi dati meteorologici italiani. Dolomiti, Sud Tirolo, nella foto di 🌼Christel🌼(ChiemSeherin)

Testo dall’Ufficio Stampa dell’Università Statale di Milano sul Progetto Cli-DaRe@School di recupero di antichi dati meteorologici italiani