Osservazioni umane e strumentali per comprendere i cambiamenti nei regimi delle precipitazioni
Le comunità di sussistenza stanno già vivendo le conseguenze di diversi cambiamenti nelle precipitazioni. Lo rivela uno studio pubblicato sulla rivista Nature Communications, condotto da un team internazionale di ricercatori, guidato dall’Università Roma Tre.
Roma, 13 novembre 2024 – I cambiamenti climatici ormai sono un fenomeno noto e molto discusso. Quello che invece è meno noto sono i suoi effetti sulle vite di migliaia di comunità indigene e di sussistenza e come queste comunità percepiscono questi cambiamenti. In particolare, i cambiamenti nei regimi pluviometrici sono meno facili da studiare in quanto influenzati da molte più variabili ad andamento incerto rispetto ai cambiamenti nelle temperature e quindi risulta particolarmente utile trovare nuovi modi per meglio delinearne i comportamenti. Nei modelli climatici relativi alle precipitazioni, l’incertezza è infatti un fattore molto rilevante. Gli impatti di questi cambiamenti sono però molto chiari ed evidenti per tante comunità di sussistenza; tuttavia le loro osservazioni sono ancora in gran parte trascurate malgrado il fatto che queste comunità abbiano una comprensione profonda dei complessi equilibri degli ecosistemi da cui dipendono.
In questo lavoro, dal titolo “Using human observations with instrument-based metrics to understand changing rainfall patterns”, pubblicato sulla rivista Nature Communications e condotto da un team internazionale di ricercatori (Università degli Studi Roma Tre, Università Simon Fraser, Center for International Climate Research, Università dell’East Anglia), sono state comparate le osservazioni di 1827 comunità di sussistenza sui regimi pluviometrici con diversi indici climatici relativi a precipitazioni. Lo scopo di questo studio non è stato tanto quello di validare queste osservazioni, quanto piuttosto quello di vedere in che modo questi due diversi tipi di osservazioni, quelle umane e quelle strumentali, potessero complementarsi. Per esempio, è stato possibile individuare diverse aree “calde” dove i cambiamenti nel comportamento delle piogge sono multipli. Inoltre, le comunità di sussistenza spesso associano i cambiamenti ad altri indicatori ambientali (ad esempio, la direzione prevalente del vento): le loro conoscenze ecologiche potrebbero ad esempio aiutarci a progettare indici multifattoriali del comportamento delle precipitazioni. Inoltre, è stato possibile evidenziare delle aree dove le comunità locali stanno osservando trend diversi rispetto a quelli indicati dai modelli globali e che quindi richiedono maggiore studio. Le loro osservazioni ci danno anche informazioni utili in aree dove ci sono pochi dati stazionali disponibili.
Un altro problema emergente evidenziato dalle comunità locali, come anche citato nell’ultimo rapporto dell’IPCC, è che le piogge non sono più prevedibili. In passato, era possibile prevedere se la stagione sarebbe stata piovosa o siccitosa oppure se avrebbe piovuto nell’arco di pochi giorni, invece ora questo non è più possibile. Direzionalità dei venti e formazioni nuvolose all’orizzonte potevano essere interpretate per capire l’eventualità di piogge o tempeste, consentendo ad agricoltori di prevedere un giorno di semina oppure ad un cacciatore dell’Artico di potersi avventurare o meno lontano dal villaggio.
“La ricerca, fortemente interdisciplinare, ha coinvolto molteplici competenze da diverse parti del mondo. È stato difficile trovare modi per combinare dati così diversi, la collaborazione con tanti ricercatori, ma soprattutto ricercatrici di spicco nei loro rispettivi ambiti di ricerca lo ha reso possibile”, ha spiegato Valentina Savo, Ricercatrice dell’Università Roma Tre e leading author dello studio.
Il team di Ricercatori
Valentina Savo, Ricercatrice dell’Università Roma Tre, è la leading author dello studio, si occupa di interazioni uomo ambiente, soprattutto in relazione ai cambiamenti climatici.
Karen Kohfeld è la Direttrice della School of Environmental Science all’Università Simon Fraser (Canada). La sua ricerca riguarda soprattutto il clima e il ciclo del carbonio e ha ricevuto importanti finanziamenti e riconoscimenti.
Jana Sillmann è Professore di Climate extremes all’Università di Amburgo (Germany) e Direttore di Ricerca del Center for International Climate Research (Norway). Il suo lavoro sui cambiamenti climatici è stato incluso in diversi Report dell’IPCC.
Cedar Morton è un System Ecologist presso ESSA, Environmental Consulting (Canada).
Joseph Bailey è Head Data Manager presso BBC Studios (Regno Unito).
Amund Haslerud è Advisor alla Norconsult (Norvegia).
Corinne Le Quéré è una Professoressa Royal Society Research di Scienza del Cambiamento Climatico all’Università dell’East Anglia (Regno Unito). È autrice di diversi Report dell’IPCC, incluso quello che ha ricevuto il Nobel per la pace.
Dana Lepofsky è una Distinguished Professor di Archeologia all’Università Simon Fraser (Canada). La sua ricerca sulle interazioni uomo-ambiente, soprattutto in comunità indigene, le è valsa diversi riconoscimenti.
Il lavoro evidenzia che le comunità di sussistenza stanno già vivendo le conseguenze di diversi cambiamenti nelle precipitazioni e sottolinea la necessità di sviluppare indici climatici che descrivano meglio la stagionalità e l’imprevedibilità delle precipitazioni, fattori che sono di vitale importanza per migliaia di comunità in tutto il mondo.
Savo, V., Kohfeld, K.E., Sillmann, J., Morton C., Bailey J., Haslerud A.S., Le Quéré C., Lepofsky D. Using human observations with instrument-based metrics to understand changing rainfall patterns. Nat Commun 15, 9563 (2024). https://doi.org/10.1038/s41467-024-53861-7
Testo dall’Ufficio Comunicazione dell’Università Roma Tre