Antibiotico resistenza: ecco gli anticorpi monoclonali contro il superbatterio Klebsiella pneumoniae NDM
Lo studio dell’Università di Pisa e dell’Aoup pubblicato su Nature apre nuove prospettive di prevenzione e cura delle infezioni da Klebsiella pneumoniae NDM, tra le più pericolose minacce alla salute pubblica secondo l’OMS.
Dalla Toscana e da Pisa un risultato che potrebbe segnare una svolta nella lotta contro i batteri resistenti agli antibiotici. Su Nature è stato pubblicato uno studio innovativo sull’efficacia degli anticorpi monoclonali (cioè copie identiche prodotte in laboratorio di un anticorpo naturale) nel contrastare il superbatterioKlebsiella pneumoniaeNDM considerato dall’Organizzazione mondiale della sanità una minaccia prioritaria per la salute pubblica.
Il lavoro nasce dall’attività clinica e di ricerca dell’Unità operativa di Malattie infettive dell’Azienda ospedaliero-universitaria pisana, diretta da Marco Falcone, professore di malattie infettive dell’Università di Pisa, con la partecipazione delle infettivologhe Giusy Tiseo e Valentina Galfo, in collaborazione con la Sezione di Microbiologia batteriologica guidata da Simona Barnini. Analizzando i campioni di sangue di pazienti ricoverati e guariti da infezione da Klebsiella pneumoniaeNDM i ricercatori hanno identificato anticorpi naturali capaci di neutralizzare il batterio. Questi anticorpi sono stati successivamente ingegnerizzati in laboratorio dal team di Rino Rappuoli, direttore scientifico della Fondazione Biotecnopolo di Siena e figura di spicco mondiale nell’immunologia, già protagonista nello sviluppo degli anticorpi monoclonali anti-COVID.
Come emerge dallo studio, gli anticorpi isolati si sono dimostrati particolarmente efficaci contro il clone ST147 della Klebsiella pneumoniaeNDM, responsabile di casi clinici endemici in Toscana e diffuso anche in altre aree. Nei test di laboratorio e negli studi condotti in modelli animali presso l’Università di Hartford (USA), questi anticorpi monoclonali hanno mostrato un’azione battericida potente.
“Questo risultato – sottolinea Marco Falcone – conferma l’eccellenza della ricerca toscana sulle infezioni da patogeni multiresistenti e apre scenari concreti per nuove strategie terapeutiche. In futuro questi anticorpi potrebbero essere utilizzati sia per la profilassi dei pazienti fragili colonizzati dal batterio, sia come supporto terapeutico nelle infezioni gravi”.
L’Italia è tra i Paesi europei con i più alti livelli di resistenza antimicrobica e la diffusione di enterobatteri multiresistenti, come la Klebsiella NDM, è ormai un problema endemico, in particolare in Toscana. Questo batterio, resistente ai carbapenemi – antibiotici di ultima generazione – può causare infezioni gravi alle vie respiratorie, urinarie, al sangue e alle ferite, con un rischio elevato per anziani, neonati prematuri, pazienti ospedalizzati e persone immunocompromesse.
Riferimenti bibliografici:
Roscioli, E., Zucconi Galli Fonseca, V., Bosch, S.S. et al., Monoclonal antibodies protect against pandrug-resistant Klebsiella pneumoniae, Nature (2025), DOI: https://doi.org/10.1038/s41586-025-09391-3
Antibiotico resistenza: ecco gli anticorpi monoclonali contro il superbatterio Klebsiella pneumoniae NDM; lo studio pubblicato su Nature. Foto di Konstantin Kolosov
Testo dall’Ufficio comunicazione di Ateneo dell’Università di Pisa.
Combattere le metastasi del tumore al colon-retto: dimostrato il ruolo dell’alleanza tra macrofagi e le cellule “natural killer”
In uno studio condotto alla Sapienza Università di Roma, un gruppo di ricercatori ha dimostrato il ruolo chiave dell’alleanza tra macrofagi e cellule “natural killer” per contrastare la crescita delle metastasi. I risultati, pubblicati sul “Journal of Clinical Investigation” aprono la strada a nuove terapie per il tumore al colon-retto
Il cancro del colon-retto (CRC) è la seconda causa di morte per tumore al mondo. Nonostante sia divenuto molto più curabile negli ultimi anni, le terapie non sono ancora efficaci in tutti i pazienti. L’ancora elevato tasso di mortalità per questo tipo di tumore è dovuto soprattutto alla capacità di diffondersi in altre parti del corpo, facendo insorgere metastasi in una rilevante frazione di pazienti.
In questo contesto, le cellule “natural killer” (NK) sono un tipo di globuli bianchi appartenenti al sistema immunitario innato, che possono aiutare a contrastare la diffusione del tumore. Il loro nome deriva proprio dalla capacità di riconoscere e distruggere spontaneamente le cellule tumorali e inibire la formazione di metastasi. Nonostante ciò, rimane ancora poco chiaro il comportamento delle cellule “natural killer” a metastasi già formate, in particolare nel fegato.
In una ricerca sostenuta dalla Fondazione AIRC per la ricerca sul cancro, l’immunologo Giovanni Bernardini e colleghi hanno studiato il ruolo specifico delle cellule NK nell’ambiente metastatico, per comprendere come proteggerne e preservarne meglio le capacità anti-tumorali. Coordinata dal Dipartimento di Medicina Molecolare della “Sapienza”, la ricerca è avvenuta in collaborazione con diversi gruppi nazionali e internazionali. I risultati, pubblicati sul Journal of Clinical Investigation, hanno mostrato un meccanismo naturale di difesa che può aiutare a rallentare la crescita delle metastasi epatiche.
In particolare il gruppo guidato da Bernardini, professore di Immunologia presso “Sapienza”, ha dimostrato che non tutte le metastasi al fegato sono uguali. Alcuni tipi formano dei microambienti in cui l’attività delle cellule NK è potenziata, grazie alla presenza di molecole in grado di promuovere la persistenza di queste cellule e la loro capacità di attaccare il tumore.
Nello studio i ricercatori hanno analizzato metastasi epatiche ottenute sia da topi sia da biopsie di pazienti, trovando in entrambi i casi che un tipo specifico di macrofagi, i cosiddetti “spazzini” del sistema immunitario, è in grado di insegnare alle cellule “natural killer” come attivarsi correttamente e attaccare le cellule tumorali.
“Per fare ciò – spiega Giovanni Bernardini – i macrofagi producono due chemochine. Si tratta di particolari proteine, chiamate CXCL9 e CXCL10, che, come dei messaggeri chimici, attirano le cellule NK all’interno delle metastasi e creano un ambiente che permette a queste cellule di attivarsi”.
Alcuni risultati raccolti evidenziano la notevole importanza delle chemochine CXCL9 e CXCL10. In particolare, in topi con un deficit del recettore CXCR3, che permette di “sentire” gli effetti di queste due proteine, si osserva una inibizione delle cellule “natural killer” e la successiva accelerazione della crescita delle metastasi.
Combattere le metastasi del tumore al colon-retto: dimostrato il ruolo dell’alleanza tra macrofagi e le cellule “natural killer”. Nell’immagine, come CXCR3 rende possibile l’attivazione delle proteine e delle cellule NK nelle metastasi
Nel complesso i dati pubblicati dimostrano che una corretta cooperazione tra macrofagi e cellule “natural killer” è fondamentale per attivare una risposta immunitaria in grado di limitare la diffusione del tumore del colon-retto, aprendo nuove prospettive terapeutiche basate sul potenziamento di questo network.
Riferimenti bibliografici:
Russo, C. D’Aquino, C. Di Censo, M. Laffranchi, L. Tomaipitinca, V. Licursi, S. Garofalo, J. Promeuschel, G. Peruzzi, F. Sozio, A. Kaffke, C. Garlanda, U. Panzer, C. Limatola, C.A.J. Vosshenrich, S. Sozzani, G. Sciumè, A. Santoni, G. Bernardini, Cxcr3 promotes protection from colorectal cancer liver metastasis by driving NK cell infiltration and plasticity, Journal of Clinical Investigation, 2025;135(11):e184036, DOI: https://doi.org/10.1172/JCI184036
Testo e immagine dal Settore Ufficio stampa e comunicazione Sapienza Università di Roma
IMPORTANTE FINANZIAMENTO PNRR PER IL VACCINO 2.0 PER LA CURA DEL TUMORE DEL PANCREAS ALL’OSPEDALE MOLINETTE DI TORINO
Il progetto è coordinato da Francesco Novelli, Professore Ordinario di Immunologia e Direttore del Dipartimento di Biotecnologie Molecolari e Scienze per la Salute dell’Università di Torino.
Un importante finanziamento PNRR di 950.000 euro per il nuovissimo vaccino 2.0 a DNA per la cura del tumore del pancreas all’ospedale Molinette della Città della Salute di Torino. Il progetto finanziato ha lo scopo di validare ENO3PEP come vaccino di seconda generazione somministrabile virtualmente a tutti i pazienti con tumore pancreatico, dopo avere ottenuto l’autorizzazione dall’AIFA per il primo studio clinico sui pazienti di tumore pancreatico.
Anatomia del pancreas. Immagine BruceBlaus, Blausen.com staff. “Blausen gallery 2014”. Wikiversity Journal of Medicine. DOI:10.15347/wjm/2014.010. ISSN 20018762. – CC BY-SA 3.0
Il Ministero della Salute, nell’ambito del finanziamento PNRR M6C2 INVESTIMENTO 2.1 VALORIZZAZIONE E POTENZIAMENTO DELLA RICERCA BIOMEDICA DEL SSN, ha approvato l’ammissione al finanziamento del bando Proof of concept (PoC), che supporta l’attività di valorizzazione di un brevetto depositato intitolato:
“Un vaccino a DNA di seconda generazione codificante per le sequenze immunodominanti di alfa-enolasi per la cura del tumore del pancreas”.
Si tratta di un progetto coordinato dal professor Francesco Novelli (responsabile del Laboratorio di Immunologia dei Tumori del Centro di Ricerca in Medicina Sperimentale (CeRMS) dell’ospedale Molinette, Professore Ordinario di Immunologia e Direttore del Dipartimento di Biotecnologie Molecolari e Scienze per la Salute dell’Università di Torino), sviluppato con il sostegno della FONDAZIONE RICERCA MOLINETTE ONLUS. Il Progetto sarà condotto in collaborazione con l’Unità del Policlinico P. Giaccone di Palermo, guidato da Serena Meraviglia (Professore Associato di Immunologia Università di Palermo).
Il Progetto, che disporrà di un importo complessivo di 950.000 euro e che prevede l’assunzione di tre ricercatrici under 40, ha come obiettivo il completamento degli studi preclinici, di tossicità e bio- distribuzione e la raccolta di tutte le informazioni necessarie per ottenere l’autorizzazione da parte dell’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) della sperimentazione clinica di un vaccino anti-alfa-enolasi di seconda generazione (ENO3PEP).
Da anni il Laboratorio del professor Novelli studia la relazione tra il sistema immunitario ed il tumore pancreatico, uno tra i tumori più aggressivi e letali. Questi studi hanno portato all’identificazione di una proteina iper-espressa nel tumore del pancreas, l’alfa-enolasi, capace di scatenare nei pazienti con tumore pancreatico sia una risposta anticorpale sia l’attivazione di linfociti T anti-tumore. Questa proprietà immunostimolante ha suggerito lo sviluppo di un vaccino a DNA, codificante l’intera sequenza di alfa-enolasi che si è rivelato efficace, ed in maggior misura in combinazione con la chemioterapia, nel ritardare la progressione del tumore pancreatico in modelli animali, senza tuttavia eradicarlo del tutto.
Allo scopo di aumentare l’efficacia terapeutica del vaccino, il gruppo del professor Novelli ha sviluppato un vaccino a DNA di seconda generazione, selezionando solo alcune sequenze dell’intera alfa-enolasi aventi la capacità di stimolare una più forte e sostenuta risposta
anti-tumore (ENO3PEP). In modelli animali il vaccino ENO3PEP si è rivelato più efficace e potente rispetto a quello di prima generazione nel bloccare la progressione del tumore e nello scatenare una risposta immunitaria anti-tumore.
Nel settembre 2021, il professor Novelli, insieme a tre ricercatrici del suo gruppo di ricerca (la Prof. Paola Cappello, la Dr.ssa Claudia Curcio e la Dr.ssa Silvia Brugiapaglia) ha depositato, a nome dell’Università di Torino, la domanda di brevetto italiano e nel settembre 2022 è stata richiesta l’estensione europea del brevetto di ENO3PEP.
Il progetto finanziato ha lo scopo di validare ENO3PEP come vaccino di seconda generazione somministrabile virtualmente a tutti i pazienti con tumore pancreatico. Questo sarà ottenuto attraverso l’integrazione degli studi finalizzati a definire i meccanismi immunologici con cui ENO3PEP attiva l’immunità anti-tumore insieme a quelli di tossicologia e bio-distribuzione, per garantirne la sicurezza. Il completamento di questo programma permetterà di raccogliere tutti i dati per la richiesta di autorizzazione all’AIFA per il primo studio clinico sui pazienti di tumore pancreatico.
Come è ben noto, il passaggio dalla fase di ricerca pre-clinica di un potenziale nuovo prodotto terapeutico come ENO3PEP all’approvazione dello studio clinico da parte di AIFA è purtroppo il più difficile a causa dei costi molto elevati della ricerca tossicologica e per la produzione e la preparazione del vaccino in condizioni cosiddette di Good Manifacturing Practice (GMP) per la sua somministrazione ai pazienti.
Questo finanziamento metterà il Consorzio di Ricerca in condizione di completare un percorso di ricerca traslazionale svolto presso l’ospedale Molinette, anche grazie al supporto costante della Fondazione Ricerca Molinette ONLUS, e potere ottenere l’autorizzazione ministeriale per lo studio clinico del vaccino ENO3PEP e renderlo così sicuramente più appetibile per molti investitori dell’industria farmaceutica e biotech.
Testo dall’Area Relazioni Esterne e con i Media dell’Università degli Studi di Torino