News
Ad
Ad
Ad
Tag

elettronica

Browsing
La luce si trasforma in elettricità: da un semiconduttore organico, la molecola P3TTM, le celle solari del futuro
Pubblicata su Nature Materials la ricerca internazionale con la partecipazione dell’Università di Pisa
Un semiconduttore organico è riuscito a fare ciò che finora sembrava impossibile: trasformare quasi tutta la luce che riceve in elettricità. La scoperta, pubblicata sulla rivista Nature Materials e frutto di una collaborazione tra l’Università di Pisa, l’Università di Cambridge (UK) e l’Università di Mons (Belgio), potrebbe rivoluzionare il futuro delle celle solari e dei dispositivi elettronici alimentati dalla luce.
Il protagonista di questa ricerca è il P3TTM, una molecola appartenente alla famiglia dei radicali organici. I radicali sono specie chimiche che hanno almeno un elettrone spaiato, e questo li rende particolarmente reattivi. Finora erano conosciuti soprattutto per la loro capacità di emettere luce (vengono già usati nei moderni schermi OLED), ma non per produrre elettricità in modo efficiente.

La novità è che, illuminando sottilissimi film di P3TTM con luce blu-violetta, le molecole non solo si eccitano ma si scambiano elettroni tra loro, creando coppie di particelle cariche. Quando queste vengono separate da un semplice campo elettrico, la conversione in corrente elettrica è quasi perfetta: un’“efficienza di raccolta” vicina al 100%. In altre parole, quasi tutta l’energia della luce viene trasformata in elettricità utilizzabile.

I vantaggi sono enormi. Nelle celle solari organiche tradizionali — dispositivi elettronici che convertono l’energia della luce solare in elettricità attraverso l’effetto fotovoltaico — una parte consistente della luce va sprecata perché le cariche rimangono intrappolate. Con il P3TTM, invece, la luce diventa corrente in modo semplice e diretto, senza bisogno delle complesse architetture finora utilizzate. Questo apre la strada a celle solari più economiche, leggere e facili da produrre, ma anche a nuovi sensori ottici e magnetici, e a dispositivi elettronici innovativi che sfruttano la luce come fonte diretta di energia.
“Il nostro contributo come Università di Pisa è stato quello di comprendere, attraverso calcoli quantomeccanici, come le molecole di P3TTM interagiscono tra loro dopo essere state colpite dalla luce”, spiega Giacomo Londiricercatore del Dipartimento di Chimica e Chimica Industriale. “Questa analisi computazionale è stata fondamentale per confermare che la separazione di carica non dipende da eterogiunzioni o materiali ausiliari, ma è una proprietà intrinseca del radicale organico. In altre parole, abbiamo dimostrato che il meccanismo alla base di questo processo si deve alla natura stessa della molecola, aprendo la strada a una nuova generazione di celle solari più semplici e sostenibili”.
Riferimenti bibliografici:

Li, B., Murto, P., Chowdhury, R. et al., Intrinsic intermolecular photoinduced charge separation in organic radical semiconductors, Nat. Mater. (2025), DOI: https://doi.org/10.1038/s41563-025-02362-z

Testo dall’Ufficio comunicazione di Ateneo dell’Università di Pisa.

L’altermagnete ioduro di nichel per l’elettronica del futuro: più veloce, efficiente e a basso consumo. Un magnete “invisibile” per computer più green. Lo studio di Milano-Bicocca e Mit pubblicato su Nature

Un nuovo materiale scoperto da Bicocca e MIT potrebbe rivoluzionare l’elettronica del futuro: più veloce, efficiente e a basso consumo. Si chiama ioduro di nichel ed è un altermagnete, una nuova classe di materiali che unisce controllo e stabilità magnetica. La scoperta è stata pubblicata su Nature.

Milano, 1 agosto 2025 – Computer, smartphone e data center del futuro potrebbero diventare più veloci ed efficienti, riducendo allo stesso tempo il consumo energetico. Un passo importante per raggiungere questo obiettivo arriva da una scoperta nel campo del magnetismo alla quale ha contribuito anche l’Università di Milano-Bicocca. Il gruppo del Dipartimento di Scienza dei Materiali, guidato dalla professoressa Silvia Picozzi, ha infatti identificato un nuovo materiale, lo ioduro di nichel (NiI₂), che appartiene a una classe di materiali recentemente scoperta: quella degli altermagneti. Lo studio, svolto in collaborazione con il Massachusetts Institute of Technology (MIT) di Boston, è stato pubblicato su Nature, tra le più autorevoli riviste scientifiche internazionali (link all’articolo).

La teoria classica del magnetismo distingue due principali categorie di materiali: i ferromagneti, come le comuni calamite, e gli antiferromagneti. I primi sono facili da controllare, ma non miniaturizzabili al di sotto di un certo limite; i secondi sono più stabili, veloci e immuni ai cosiddetti “campi magnetici parassiti”, ma difficili da manipolare perché privi di una magnetizzazione netta.

Nel 2022 è stata identificata una terza forma di comportamento magnetico: l’altermagnetismo. Gli altermagneti si comportano in modo inedito, permettendo di superare i limiti di entrambe le classi tradizionali. In questi materiali, pur in assenza di una magnetizzazione complessiva, gli stati elettronici con spin opposto hanno energie differenti. Questa proprietà consente un controllo più efficace e preciso del comportamento magnetico.

Figura - Spin disposti ad elica in NiI2 vengono controllati con un campo elettrico (parte alta e bassa) e, di conseguenza, gli stati elettronici cambiano il carattere di spin (colonna di destra)
Figura – Spin disposti ad elica in NiI2 vengono controllati con un campo elettrico (parte alta e bassa) e, di conseguenza, gli stati elettronici cambiano il carattere di spin (colonna di destra)

Considerata la rilevanza potenziale in ambito tecnologico, l’altermagnetismo è stato incluso dalla rivista Science tra le principali scoperte scientifiche del 2024, unica voce nel settore della fisica. La possibilità di utilizzare questi materiali nella spintronica – un’elettronica che sfrutta lo spin degli elettroni anziché la sola carica – apre scenari concreti per lo sviluppo di dispositivi più precisi, veloci, miniaturizzabili e con consumi energetici molto ridotti. Alcuni prototipi di memorie RAM spintroniche, ad esempio, hanno già dimostrato un risparmio energetico superiore al 95% rispetto ai dispositivi CMOS tradizionali. Un risultato rilevante se si considera che i data center rappresentano oggi oltre il 2% del consumo energetico globale.

Nel progetto, il gruppo dell’Università di Milano-Bicocca ha curato lo sviluppo teorico e le simulazioni numeriche, mentre il team del MIT ha condotto la caratterizzazione fisica del materiale. Lo ioduro di nichel costituisce un importante sistema modello per lo studio degli altermagneti, ma al momento richiede temperature molto basse per esprimere le sue proprietà magnetiche e non è ancora utilizzabile nei dispositivi reali.

Il prossimo passo sarà quindi utilizzare le conoscenze acquisite su NiI₂ per progettare nuovi materiali altermagnetici stabili a temperatura ambiente, con l’obiettivo di rendere possibile la realizzazione di dispositivi elettronici a basso consumo e altissime prestazioni.

Riferimenti bibliografici:

Song, Q., Stavrić, S., Barone, P. et al. Electrical switching of a p-wave magnet, Nature 642, 64–70 (2025), DOI: https://doi.org/10.1038/s41586-025-09034-7

Testo e immagine dall’Ufficio stampa Università di Milano-Bicocca.

Alla Federico II un nuovo algoritmo quantistico grazie al computer ‘Partenope’; per performance senza precedenti nell’esecuzione di un Quantum Gaussian Sampling – QGS

Intervenire contemporaneamente sull’ottimizzazione delle singole operazioni logiche e della configurazione dei processori quantistici per migliorare l’implementazione degli algoritmi. Questo l’approccio che ha consentito al gruppo di ricerca del Centro di Computazione Quantistica Superconduttiva dell’Università degli Studi di Napoli Federico II di ottenere performance senza precedenti nell’esecuzione di un Quantum Gaussian Sampling – QGS (Campionamento Quantistico Gaussiano), una tipologia di algoritmo quantistico utilizzato per simulare distribuzioni di probabilità con applicazioni potenziali in una vasta gamma di settori di frontiera, come il Quantum Machine Learning, la Crittografia e la Finanza Quantistiche. Maturato nell’ambito di una collaborazione tra Università Federico II, Intesa San Paolo e la startup G2Q, il risultato è stato reso possibile grazie all’utilizzo di ‘Partenope’, il computer quantistico superconduttivo a 25 qubit ospitato presso la Federico II e finanziato dall’ICSC – Centro Nazionale di Ricerca in High performance Computing, Big Data and Quantum Computing, piattaforma che mira a promuovere lo sviluppo di soluzioni hardware e software per il calcolo quantistico e la creazione di una filiera italiana dedicata a queste tecnologie.

Insieme a consolidate e riconosciute competenze in elettronica quantistica superconduttiva, il Centro di Computazione Quantistica Superconduttiva della Federico II si avvale oggi di un sistema unico in Italia e competitivo a livello internazionale, di cui fanno parte, oltre a ‘Partenope’, vari criostati ed elettronica di misura per il controllo e la lettura di qubit. Un’infrastruttura interamente progettata sulla base di criteri di modularità e integrabilità, in grado di garantire, a differenza delle soluzioni cloud disponibili sul mercato, una risposta immediata alle esigenze di innovazione attraverso la possibilità di controllo e intervento su ogni componente del calcolatore sia a livello hardware che software.

“L’attuale scenario del calcolo quantistico”, spiega Francesco Tafuri, responsabile del Centro di Computazione Quantistica Superconduttiva della Federico II e ricercatore dello Spoke 10 ‘Quantum Computing’ del Centro Nazionale ICSC, “è contraddistinto da computer ancora soggetti a errori e limiti architetturali. Affidarsi quindi a sistemi chiusi, definiti ‘black box’, può essere estremamente limitante e penalizzante, poiché l’inaccessibilità all’hardware impedisce aggiornamenti flessibili e limita le performance algoritmiche, condizionate dalla configurazione dei processori. La filosofia progettuale adottata dal nostro gruppo per la realizzazione di ‘Partnenope’ fornisce al contrario la possibilità di avere controllo su ogni componente modulare del computer quantistico e quindi di esplorare insieme ad aziende e ricercatori soluzioni algoritmiche che permettono di sfruttare al meglio la macchina quantistica messa a disposizione.”

L’estrema flessibilità, accompagnata all’elevata affidabilità raggiunta da ‘Partenope’ grazie a processi di calibrazione del processore basati su standard internazionali e alla riduzione dei livelli di rumore ottenuta mediante la messa a punto di un complesso sistema di misura, ha perciò determinato la scelta del Centro di Computazione Quantistica Superconduttiva della Federico II come piattaforma per l’implementazione e ottimizzazione dell’algoritmo QGS sviluppato da Intesa Sanpaolo e G2Q. La collaborazione risultante è così riuscita a perfezionare l’implementazione dell’algoritmo da un punto di vista sia hardware che software, aprendo la strada ad esecuzioni più efficaci ed efficienti per questa tipologia di calcoli.

“Il progetto”, specifica Davide Corbelletto, team leader del Quantum Competence Center di Intesa Sanpaolo, “nasce da un’esigenza di Intesa Sanpaolo, che aveva già tentato di eseguire algoritmi analoghi al QGS su altre tipologie di elaboratori quantistici, scontrandosi tuttavia con alcuni vincoli a livello macchina, sulle quali non era fino a oggi stato possibile intervenire direttamente. Un problema che ha trovato soluzione proprio grazie alla profonda comprensione dei meccanismi di funzionamento del processore ‘Partenope’ e alle competenze di ottimizzazione algoritmica dei ricercatori della Federico II e di G2Q Computing, che hanno consentito non solo di generare le distribuzioni normali attese, ma soprattutto di controllarne i parametri caratteristici. Un risultato che assume una particolare rilevanza per la Finanza Quantistica, la quale si propone di affrontare più rapidamente e con maggiore accuratezza problemi potenzialmente molto complessi, quali il credit risk modeling o il derivative pricing, e che dimostra come la collaborazione tra settore pubblico e privato rappresenti un valore aggiunto per l’innovazione e lo sviluppo di soluzioni concrete in ambito quantistico in grado di tradursi in un vantaggio competitivo per gli attori del Sistema Paese.”

Con questo ultimo risultato, il Centro di Computazione Quantistica Superconduttiva dell’Università degli Studi dell’Università Federico II di Napoli si conferma quindi come hub strategico dell’ecosistema quantistico italiano e come esempio di successo del modello d’innovazione perseguito e promosso dal Centro Nazionale ICSC nell’ambito del PNRR. Un modello d’innovazione che, grazie alla disponibilità di una risorsa come ‘Partenope’, poggia sulla collaborazione pubblico-privato e sulla formazione di figure professionali specializzate in grado di contribuire allo sviluppo del calcolo quantistico e alla crescita di una filiera nazionale dedicata a questa tecnologia di frontiera.

I GRUPPI DI RICERCA

Il gruppo Quantum Computing Napoli (QCN) della Federico II è un riconosciuto hub internazionale nello studio dei processi fondamentali di trasporto in sistemi superconduttivi, come l’effetto Josephson, il cuore dei qubit realizzati con questo paradigma ingegneristico. Dal 2019, a seguito delle prime misure di qubit superconduttivi in Italia, il gruppo ha raggiunto risultati notevoli nell’ambito della caratterizzazione di dispositivi superconduttivi quantistici e della creazione di nuove componenti hardware, entrando a pieno titolo nel network europeo di computazione quantistica. Il gruppo di lavoro conta fino a 20 membri coinvolti nelle varie attività di ricerca. Lavorano agli esperimenti su caratterizzazione e implementazione di algoritmi quantistici: i dottorandi Carlo Cosenza, Alessandro Sarno, Viviana Stasino, e personale di staff Halima Giovanna Ahmad, Davide Massarotti e Francesco Tafuri.

G2Q Computing è una startup deep-tech italiana specializzata nello sviluppo di algoritmi innovativi che permettono di sfruttare computer quantistici NISQ per problemi di Ottimizzazione e di Machine Learning. L’azienda progetta anche architetture in grado di parallelizzare il calcolo tra macchine classiche e quantistiche, integrando tecniche di riduzione del rumore.

Coordinato da Davide Corbelletto, il Quantum Competence Center dell’Area di Governo Chief Data, AI and Technology del Gruppo Intesa Sanpaolo è impegnato sin dal 2020 nella ricerca industriale relativa alle possibili applicazioni delle tecnologie quantistiche ai servizi finanziari. In particolare, uno dei principali scopi del centro di competenza è quello di valutare ed esplorare il potenziale vantaggio che il quantum computing promette di offrire tanto in termini di velocità di risoluzione dei problemi, quanto di accuratezza delle soluzioni trovate.

Nel progetto con la Federico II, G2Q Computing e Intesa Sanpaolo hanno contribuito alla progettazione dell’algoritmo QGS, dedicando particolare attenzione alla sua robustezza e affidabilità su hardware reale. Il gruppo di lavoro è composto da 10 membri e a questa attività hanno partecipato Clément Besoin, Mehdi El Bakraoui, Leonardo Chhabra, Valeria Zaffaroni, Francesca Cibrario e Giacomo Ranieri.

 

 

Testo e immagini dall’Ufficio comunicazione di Ateneo dell’Università di Pisa

Elettronica impiantabile e riassorbibile per la medicina di precisione: lo stato dell’arte e sfide future (anche in campo non medico)
Su Nature Reviews Electrical Engineering un articolo del team di microelettronica del Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione dell’Università di Pisa
I sistemi elettronici bioriassorbibili impiantabili, costituiti da dispositivi miniaturizzati che rilevano, elaborano e rispondono a segnali del corpo stanno rivoluzionando la medicina di precisione nella direzione di un approccio sempre più personalizzato, sostenibile, non invasivo ed ecocompatibile.
Su Nature Reviews Electrical Engineering un articolo a firma del gruppo di ricerca del Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione dell’Università di Pisa guidato da Giuseppe Barillaro, da anni impegnato nella ricerca sui sensori per la medicina del futuro, fa il punto sullo stato dell’arte. In particolare, il lavoro traccia gli scenari applicativi di questi sistemi in medicina, sottolineando come potrebbero arrivare a rivoluzionare l’assistenza sanitaria grazie alla combinazione di funzionalità, biocompatibilità e sostenibilità ambientale.
Oltre a Giuseppe Barillaro, sono autori dell’articolo Martina Corsi, Elena Bellotti e Salvatore Surdo.
“Questi sistemi – afferma Barillaro, docente di elettronica al Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione – forniscono un monitoraggio in tempo reale dei parametri vitali, dei marcatori biochimici e degli indicatori specifici di una patologia all’interno del corpo e trasmettono dati in modalità wireless che consentono interventi tempestivi e personalizzati. Realizzati con materiali biodegradabili, i dispositivi si dissolvono in sicurezza dopo aver completato la loro funzione, eliminando la necessità di rimozione chirurgica e riducendo le complicanze. Questi fattori posizionano l’elettronica bioriassorbibile all’avanguardia delle tecnologie sostenibili ed ecocompatibili per la medicina personalizzata”.
“Negli ultimi 15 anni – continua Barillaro – i progressi nella scienza dei materiali, nelle tecnologie di microfabbricazione e nell’ingegneria dei dispositivi hanno notevolmente ampliato la funzionalità e la versatilità dei sistemi elettronici bioriassorbibili impiantabili. Le innovazioni chiave includono lo sviluppo di sensori bioriassorbibili per il monitoraggio di pH, glucosio, lattato e altri biomarcatoristimolatori elettrici transitori che promuovono la guarigione delle ferite e la rigenerazione dei tessuti; fonti di energia in grado di ricavare energia dai movimenti naturali del corpo.”
Nell’articolo, gli autori passano in rassegna le funzioni essenziali dei sistemi elettronici bioriassorbibili, dalla rilevazione e l’elaborazione delle informazioni alla raccolta di energia e alla comunicazione wireless, in termini di componenti, materiali, tecniche di fabbricazione e strategie di integrazione.
“Affrontiamo anche le principali sfide tecnologiche – prosegue Barillaro – come la biocompatibilità dei materiali, la stabilità dei dispositivi, l’affidabilità dei dati, la degradazione controllata e l’efficienza energetica, che rappresentano i principali ostacoli all’applicazione clinica”.
Biocompatibilità e biodegradabilità sono infatti i punti cruciali di questa tecnologia. Sebbene i materiali bioriassorbibili siano progettati per degradarsi senza danneggiare i tessuti circostanti, gli effetti dei sottoprodotti di degradazione sui tessuti devono essere attentamente valutati, soprattutto a lungo termine, così come deve essere valutato l’impatto sull’ambiente dei lettori esterni e unità di trasmissione che interagiscono con i sensori. Da questo punto di vista, nell’immediato futuro, l’utilizzo di sensori con circuiti elettronici alimentati dall’esterno e la realizzazione dei lettori esterni con materiali riciclabili o parzialmente biodegradabili, potrebbero costituire ulteriori passi avanti. Infine, futuri sistemi bioriassorbibili completamente impiantabili potrebbero eliminare i rifiuti medici, poiché tutti i componenti, inclusi sensori, alimentazione e trasmissione dati, verrebbero riassorbiti in modo sicuro all’interno del corpo, segnando un passo importante verso una tecnologia medica sostenibile e senza sprechi.
“È necessario affrontare anche considerazioni etiche – conclude Barillaro – in particolare quelle relative alla riservatezza dei dati e all’autonomia del paziente. La capacità dei dispositivi indossabili e impiantabili di raccogliere dati sanitari in modo continuativo solleva importanti interrogativi su come queste informazioni vengano gestite e protette, e richiede una solida normativa per la protezione dei dati.”
il team di Giuseppe Barillaro
il team di Giuseppe Barillaro, autore del nuovo studio sull’Elettronica impiantabile e riassorbibile
L’articolo si chiude tracciando uno scenario applicativo dei dispositivi bioriassorbibili che va oltre il sistema sanitario, per esempio nei settori del monitoraggio ambientale, della tecnologia indossabile e dell’elettronica di consumo, dove questi sistemi potrebbero contribuire alla riduzione dei rifiuti elettronici e alla creazione di prodotti più sostenibili.
L’elettronica bioriassorbibile, sottolineano gli autori, potrebbe rivoluzionare l’assistenza sanitaria, rendendola più accessibile al paziente e più sostenibile, ma questo richiede una continua collaborazione interdisciplinare, innovazione responsabile, adeguamento normativo e disponibilità di finanziamenti. Affrontare queste sfide potrebbe rendere i sistemi bioriassorbibili una tecnologia chiave dei trattamenti medici di prossima generazione e un modello per la tecnologia sostenibile in altri settori.

Riferimenti bibliografici: 

Corsi, M., Bellotti, E., Surdo, S. et al. Implantable bioresorbable electronic systems for sustainable precision medicine, Nat Rev Electr Eng (2025), DOI: https://doi.org/10.1038/s44287-025-00190-6

 

Testo e foto dall’Ufficio comunicazione di Ateneo dell’Università di Pisa

Circuiti elettrici su foglie, lenti e bucce d’arancia: a Pisa le nuove frontiere della microelettronica

Dagli scienziati del Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione dell’Università di Pisa un dispositivo elettronico flessibile e sottile, che può essere posizionato su ogni superficie

Un dispositivo elettronico ultrasottile, dello spessore di tre micron, può essere applicato a tutti i tipi di superficie, irregolari, curve, delicate e flessibili, come foglie, lenti ottiche o bucce d’arancia.

Realizzato dal team di ingegneri elettronici del Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione (DII) dell’Università di Pisa, rappresenta un grande passo avanti nelle ricerche sull’elettronica conformabile, arrivando a realizzare dispositivi funzionanti su superfici così sottili da poter essere applicate ovunque. 

La ricerca, frutto di una collaborazione tra Università di Pisa, IIT Milano e EPFL, è stata pubblicata sulla prestigiosa rivista Nano Letters.

Adattare l’elettronica perché si conformi perfettamente a superfici curve e irregolari è un obiettivo difficile, ma che al tempo stesso può aprire la strada a una serie infinita di applicazioni, sia a livello industriale che in campo medico”, spiega Gianluca Fiori, docente di elettronica al DII. “Il dispositivo che abbiamo messo a punto ha uno spessore estremamente ridotto, dell’ordine di pochi micron, e ha come substrato un polimero flessibile, che può aderire perfettamente ad ogni tipo di superficie. In un centimetro quadrato possiamo integrare moltissimi transistori e la nostra prossima sfida sarà quella di realizzare circuiti complessi, in grado di essere applicati per esempio al cibo, per monitorarne il deterioramento all’interno della catena di produzione, trasporto e vendita, in modo da ridurre gli sprechi alimentari, oppure al corpo stesso, per monitorare parametri fisiologici in modo non invasivo”.

L’applicazione di nanodispositivi flessibili e conformabili al campo biomedicale è una ricerca di frontiera che Gianluca Fiori sta portando avanti nel progetto SKIN2TRONICS, finanziato di recente dall’Unione Europea con ERC Synergy Grant, i finanziamenti più competitivi e prestigiosi per la ricerca.

“Il lavoro di produzione del dispositivo – aggiunge Federico Parenti, dottorando al DII e primo autore dell’articolo – prevede un processo complesso, e che richiede macchinari all’avanguardia, realizzati dal nostro team. In particolare, abbiamo messo a punto una stampante a getto d’inchiostro in grado di definire strutture con risoluzione micrometrica, superando i limiti delle stampanti attualmente in commercio. Il dispositivo elettronico è il risultato di una combinazione di tecniche microelettroniche standard di deposizione dei materiali e più avanzate, come appunto la deposizione per mezzo di inchiostri”

“I transistori così fabbricati – conclude Elisabetta Dimaggio, ricercatrice in elettronica al DII – riescono a raggiungere ottime prestazioni, e sono quindi perfettamente integrabili in circuiti elettronici più complessi, sia digitali che analogici. Inoltre, la nostra ricerca ha dimostrato che questi dispositivi mantengono i livelli di performance richiesti anche sotto ripetuti stress da piegamento. Questa resilienza è cruciale per l’elettronica conformabile.
Date le enormi potenzialità di sviluppo e applicazione, quella sui dispositivi elettrici flessibili è una delle ricerche di punta dei nostri laboratori dedicati alla transizione digitale delle imprese e all’industria 5.0, dove le ricerche all’avanguardia per i futuri processi industriali vengono condotte in modo integrato e interdisciplinare in diverse aree”.

Riferimenti bibliografici:

Nano Lett. 20244 Novembre, 2024
© 2024 American Chemical Society
DOI: https://doi.org/10.1021/acs.nanolett.4c04930

 

Testo e foto dall’Ufficio Stampa dell’Università di Pisa

Microcircuiti flessibili. L’Europa premia il progetto di frontiera SKIN2DTRONICS dell’Università di Pisa con il prestigioso ERC Synergy Grant
Il riconoscimento a Gianluca Fiori per il progetto SKIN2DTRONICS. Per il professore del Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione è il secondo ERC.

Il progetto SKIN2DTRONICS vince l'ERC Synergy Grant 2024 microcircuiti flessibili tumore al cervello tumori recrudescenza glioblastoma

Gianluca Fiori, docente di Ingegneria Elettronica all’Università di Pisa, è uno dei vincitori del bando ERC Synergy Grant di quest’anno.

Gli ERC sono i finanziamenti europei alla ricerca in assoluto più competitivi, e sono riconosciuti a un piccolo numero di progetti sulla sola base dell’eccellenza scientifica.

Per il 2024 sono stati riconosciuti 56 grant a fronte di 548 progetti presentati, a testimonianza dell’altissima selettività del finanziamento.

Il progetto di Gianluca Fiori si chiama SKIN2DTRONICS, e sarà finanziato con dieci milioni di euro nei prossimi sei anni per sviluppare una tecnologia all’avanguardia che permetta la costruzione di microcircuiti elettronici su materiali deformabili e ultra flessibili. Per il professore è il secondo ERC, dopo quello ottenuto nel 2017 per le sue ricerche sull’elettronica stampabile su carta.

“L’idea alla base di SKIN2DTRONICS – racconta Gianluca Fiori – è che l’elettronica può essere integrata, letteralmente, ovunque. Puntiamo a sviluppare elettronica flessibile spessa meno di un micron, e collocabile su ogni tipo di superficie, indipendentemente da forma, irregolarità e consistenza. Questo può aprire  la strada a una grandissima gamma di applicazioni, incluso  l’ambito medico.
Nello specifico, ci occuperemo dello sviluppo di un dispositivo elettronico flessibile e biocompatibile in grado di monitorare la recrudescenza di tumori molto aggressivi come il glioblastoma, un tumore al cervello che attualmente ha un’altissima percentuale di mortalità, perché i monitoraggi periodici per stabilire la recrudescenza sono molto dilazionati nel tempo, dovendo utilizzare una tecnica molto costosa come la  risonanza magnetica.
Il dispositivo elettronico che metteremo a punto potrà essere inserito direttamente nella cavità lasciata nel cervello dopo la rimozione chirurgica del tumore, e, grazie alla sua flessibilità e adattabilità, potrà aderire perfettamente ai bordi della cavità. Il dispositivo conterrà microsensori di pH, temperatura e pressione in grado di monitorare l’eventuale insorgenza di nuovi tumori in tempo reale.”
“Il progetto – conclude Fiori – è decisamente ambizioso, dovendo affrontare una doppia sfida: riuscire a integrare in pochi centimetri quadri  migliaia di transistori necessari per elaborare i segnali, analizzare i dati e comunicarli all’esterno, e progettare l’elettronica in modo che le sue prestazioni restino stabili anche su superfici curve e irregolari.”
Gianluca Fiori
Gianluca Fiori

II Synergy Grant premia progetti così innovativi e ambiziosi da richiedere, per avere successo, la stretta collaborazione e l’integrazione delle conoscenza di un gruppo di scienziati. Oltre a Gianluca Fiori, il team di SKIN2DTRONICS è composto da Andreas Kis, EPFL Losanna (Scuola Politecnica Federale), Andres Castellano Gomez, CSIC Madrid (Consiglio Superiore per la Ricerca Scientifica) e Kostas Kostarelos, ICN2 Barcellona (Istituto Catalano di Nanoscienza e Nanotecnologia).

“Un riconoscimento come questo – commenta il direttore del Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione Sergio Saponara – testimonia l’eccellenza della ricerca all’interno del nostro dipartimento, e il suo grande impatto sulla società e sul sistema produttivo. Da molti anni i nostri ricercatori sono al lavoro per sviluppare tecnologie per una società sempre più digitale. Tutta l’attività del Dipartimento dedicata al futuro si svolge all’interno del nostro laboratorio FoReLab, in cui una ricerca altamente integrata e interdisciplinare punta a fornire gli strumenti per una società e una industria 5.0, in cui dispositivi e tecnologia sono pensati e ritagliati sui bisogni delle persone. Grazie al finanziamento dell’ERC Synergy Grant potremo mettere a punto una generazione di nuovi dispositivi, in pratica una nuova industria dell’elettronica, con applicazioni centrate sui pazienti, come dispositivi wearable e applicazioni medicali”.

 

Testo e immagini dall’Ufficio Stampa dell’Università di Pisa

Un nuovo approccio fotonico alla manipolazione della casualità nei computer quantistici
Un gruppo di ricercatori guidati dal Quantum Lab group della Sapienza Università di Roma ha sviluppato nuove configurazioni per la manipolazione delle variabili casuali in computer quantistici fotonici. I risultati, contenuti in due paper di recente pubblicazione, sono stati ottenuti nell’ambito di ICSC – Centro Nazionale di Ricerca in High Performance Computing, Big Data e Quantum Computing e dei progetti europei “PHOQUSING – PHotonic QUantum SamplING Machine” e “QU-BOSS”.

Sfruttare le caratteristiche dei computer quantistici, come quella di rappresentare ed elaborare contemporaneamente stati di informazioni diversi grazie ai qubit, per riuscire a generare in maniera più efficace serie di numeri casuali costituisce un requisito fondamentale per avere delle applicazioni vantaggiose nei contesti di simulazione computazionale di sistemi fisici come nella crittografia. Questo è quanto sostenuto in due studi svolti nell’ambito di ICSC – Centro Nazionale di Ricerca in High Performance Computing, Big Data e Quantum Computing e dei progetti europei “PHOQUSING – PHotonic QUantum SamplING Machine” e “QU-BOSS” dal gruppo Quantum Lab della Sapienza Università di Roma, in collaborazione con l’International Iberian Nanotechnology Labs (INL) e l’Istituto di Fotonica e Nanotecnologie – Consiglio Nazionale delle Ricerche (IFN-CNR). I risultati dei due lavori, apparsi di recente sulle prestigiose riviste scientifiche Nature Photonics e Science Advances, dimostrano come una piattaforma quantistica di tipo fotonico adeguatamente progettata e controllata sia in grado di implementare l’algoritmo della Bernoulli Factory. Quest’ultimo è un noto algoritmo utilizzato per la generazione di serie di variabili casuali, definendo così una nuova tecnica per la manipolazione delle variabili aleatorie che utilizza la meccanica quantistica chiamata “quantum-to-quantum Bernoulli Factory”.

Un nuovo approccio fotonico alla manipolazione della casualità nei computer quantistici; due studi su Nature Photonics e Science Advances. Gallery

Facendo ricorso all’esempio della serie di risultati derivanti dal lancio di una moneta, l’algoritmo Bernoulli factory, che svolge un ruolo centrale nell’integrazione numerica e nei metodi Monte Carlo utilizzati nei calcoli probabilistici, consente, a partire da una distribuzione di probabilità di lanci nota utilizzata in input, di generare come output lanci di moneta con una diversa distribuzione.

“Se abbiamo per esempio come obiettivo quello di creare una nuova moneta che mostri testa con una probabilità diversa da quella nota rivelata dai lanci effettuati”, spiega Fabio Sciarrino, responsabile del Quantum Lab group della Sapienza e responsabile della piattaforma fotonica per lo Spoke 10 ‘Quantum Computing’ di ICSC, “ l’algoritmo della Bernoulli factory ci permette astutamente di lanciare la moneta originale più volte e di sfruttare i vari risultati per simulare i lanci di una nuova moneta con la distribuzione di probabilità desiderata. Nel quadro della meccanica quantistica, questo procedimento è stato tradotto codificando le distribuzioni di probabilità come stati quantistici sia in input che in output. Da qui il nome ‘quantum-to-quantum Bernoulli factory’.

Le caratteristiche uniche delle Bernoulli factory hanno quindi spinto la collaborazione tra i gruppi di ricerca autori dei due studi a esplorare vari metodi per implementare queste ‘fabbriche di casualità’ realizzando piattaforme ottiche all’interno delle quali, modificando la configurazione dei circuiti, è stato possibile far evolvere nella maniera voluta la dinamica dei fotoni e degli stati di informazione quantistica di cui sono portatori. Dato il comportamento statistico che li caratterizza, l’evoluzione dei fotoni all’interno di questi dispositivi riesce perciò a generare più efficacemente una distribuzione di risultati casuale rispetto a quanto possa fare una simulazione effettuata da un computer classico.

“Al fine di implementare gli algoritmi Bernoulli factory”, prosegue Sciarrino, “abbiamo sviluppato due piattaforme che manipolano distinti gradi di libertà degli stati a singolo fotone. La prima, sviluppata in collaborazione con INL e IFN-CNR e che ha portato alla pubblicazione dell’articolo su Nature Photonics, lavora con i cosiddetti qubit codificati nel cammino, in cui l’informazione è scritta nel percorso di ciascun fotone. Ciò è stata reso possibile grazie all’elevato controllo e precisione ottenibile nella programmazione dei circuiti fotonici integrati in vetro realizzati da CNR-IFN, la riproducibilità dei quali è garantita dai sistemi automatizzati adottati, che agevolano l’utilizzo di questi dispositivi anche per l’implementazione di algoritmi con complessità maggiori. Nella seconda piattaforma, sviluppata in collaborazione con INL, i qubit sono invece codificati negli stati di polarizzazione di singoli fotoni. Con entrambe le piattaforme siamo stati in grado dimostrare tutti i passaggi necessari per realizzare genuini algoritmi di Bernoulli Factory quantistiche.”

Questi progressi rappresentano passi in avanti significativi nell’ambito di ricerca volto a comprendere come elaborare l’informazione sfruttando le proprietà quantistiche della luce. Le quantum-to-quantum Bernoulli Factories rappresentano inoltre un’ulteriore prova a favore dei vantaggi che i dispositivi quantistici possono garantire rispetto ai loro omologhi classici. Sfruttando le proprietà uniche della luce quantistica, i ricercatori potranno infatti ricercare nuove possibilità per un calcolo efficiente e una sofisticata manipolazione delle variabili casuali, aprendo la strada ad applicazioni innovative in vari campi, dalla crittografia, al calcolo e alla simulazione.

“Da un lato, l’architettura utilizzata per la codifica su percorso dei qubit, che vengono manipolati attraverso dispositivi di ottica integrata, rappresenta la soluzione ideale per l’implementazione delle Bernoulli Factories nel contesto della computazione quantistica, potendo per esempio essere impiegata come componente di un hardware fotonico quantistico più complesso” commenta Francesco Hoch, post-doc e primo autore dell’articolo su Nature Photonics. “Dall’altro lato, la seconda piattaforma che opera sugli stati di polarizzazione dei fotoni, realizzata attraverso elementi ottici che operano sia in aria che in fibra, risulta particolarmente adatta per interfacciare il dispositivo con le reti quantistiche e, più in generale, con i complessi protocolli di comunicazione e crittografia quantistica esistenti”, conclude Giovanni Rodari, dottorando e primo autore dell’articolo su Science Advances.

APPROFONDIMENTI:
Quantum Lab – Dipartimento di Fisica, Sapienza
www.quantumlab.itICSC – Centro Nazionale di Ricerca in High Performance Computing, Big Data e Quantum Computing
https://www.supercomputing-icsc.it/en/icsc-home/F. Hoch, et al., Modular quantum-to-quantum Bernoulli factory in an integrated photonic processor, Nature Photonics (2024).
https://www.nature.com/articles/s41566-024-01526-8G. Rodari, et al. Polarization-encoded photonic quantum-to-quantum Bernoulli factory based on a quantum dot source, Science Advances 10, 30 (2024).
https://www.science.org/doi/10.1126/sciadv.ado6244

Testo e foto dal Settore Ufficio stampa e comunicazione Sapienza Università di Roma e dall’Ufficio Comunicazione ICSC – Centro Nazionale di Ricerca in HPC, Big Data e Quantum Computing

La Gioconda in due millimetri: l’elettronica stampabile non è mai stata così micro – Realizzato all’Università di Pisa un prototipo di stampante per microdispositivi elettronici. La ricerca pubblicata sulla rivista Advanced Materials Technologies.

prototipo di stampante per microdispositivi elettronici La Gioconda di Leonardo da Vinci in due millimetri, il Cherubino dell’Università di Pisa in appena mezzo millimetro. Sono micro “prove di maestria” per testare un nuovo prototipo di stampante ad alta risoluzione dell’Ateneo pisano destinato a fabbricare microdispositivi elettronici su supporti bidimensionali come la carta. Lo strumento è infatti in grado di realizzare stampe a risoluzioni submicrometriche, superando i limiti dei dispositivi attualmente in commercio.

“Questa miniaturizzazione costituisce un ulteriore passo avanti – spiega Elisabetta Dimaggio, ricercatrice dell’Università di Pisa – Il futuro è infatti nell’elettronica flessibile e indossabile, nella creazione di sistemi alternativi rispetto a quelli classici basati su silicio che possano adattarsi a diverse superfici per portare l’elettronica ovunque, proprio lì dove serve. In questo scenario, uno dei campi di applicazione più promettenti è ad esempio quello biomedicale con apparecchi indossabili e capaci di registrare i parametri vitali senza dover necessariamente far ricorso a sistemi ingombranti o invasivi”.

Dal punto di vista tecnico la stampante realizzata è estremamente versatile e integra due diverse tecniche di deposizione additiva di materiali (Inkjet e Dip Pen Nanolithography) e una tecnica sottrattiva (Scratching Lithography). Le diverse modalità possono essere eseguite in sequenza senza dover mai rimuovere il campione dalla stampante, fattore che riduce il rischio di danneggiamento dei substrati e dei materiali.

La stampante è stata messo a punto nel laboratorio di Printable Electronics del dipartimento di Ingegneria dell’Informazione in collaborazione con l’azienda toscana Quantavis srl e NANO-CNR di Pisa. La ricerca, pubblicata sulla rivista Advanced Materials Technologies ha come primo autore Riccardo Sargeni, dottorando UNIPI ed è stata finanziata dalla Commissione europea attraverso due progetti (ERC PEP2D e ERC Proof of Concept PREPRINT) che vedono impegnato il gruppo guidato dal professore Gianluca Fiori dell’Università di Pisa.

Link all’articolo scientifico:

https://onlinelibrary.wiley.com/doi/10.1002/admt.202400610?af=R

Testo e immagini dal Polo Comunicazione CIDIC – Centro per l’innovazione e la diffusione della cultura dell’Università di Pisa.

L’elettronica ricavata dagli scarti della frutta nei laboratori della Libera Università di Bolzano: nuove strategie per il riciclo dei dispositivi

Anche l’elettronica diventa “circolare”, grazie a un progetto che nasce all’intersezione delle competenze di varie Facoltà della Libera Università di Bolzano. Nei laboratori dell’università al NOI Techpark è stata testata una nuova tecnologia sostenibile ed ecologica che utilizza la carta prodotta con gli scarti della frutta (mele, kiwi e uva) come substrato per dispositivi stampati flessibili. Alcune possibili applicazioni: come biosensori per il monitoraggio di funzioni corporee oppure nell’agricoltura di precisione.

elettronica scarti della frutta riciclo Electronics from fruit waste

Il continuo incremento dell’uso di dispositivi elettronici nelle società avanzate, assieme agli ovvi vantaggi, suscita preoccupazioni giustificate anche dal punto di vista ecologico e sociale, sa per quanto riguarda il reperimento dei materiali rari necessari a produrli, che per il loro corretto smaltimento e riciclo. Si pone quindi la necessità di ripensarne la produzione per renderla sostenibile e di riutilizzare i componenti tecnologici in un’ottica circolare.

L’équipe di ricerca del Sensing Technologies Lab, il laboratorio di nanotecnologie e sensoristica di unibz al NOI Techpark di Bolzano, diretta dai proff. Paolo Lugli e Luisa Petti, ha sviluppato assieme a partner interni e internazionali una nuova tecnologia che utilizza la carta realizzata a partire dagli scarti della frutta per produrre circuiti elettronici stampati. Lo spunto iniziale è venuto da un progetto interno di unibz tra i gruppi del prof. Lugli e del prof. Nitzan Cohen, preside della Facoltà di Design e Arti. Ad essi si sono aggiunti altri ricercatori e ricercatrici della Facoltà di Ingegneria (Prof. Niko Münzenrieder) e di quella di Scienze ambientali, agrarie e alimentari (Prof. Stefano Cesco, prof.ssa Tanja Mimmo e il ricercatore Andrea Polo) oltre che delle Università di Trento, Padova e del Sussex. Finanziamenti sono arrivati anche da un progetto bilaterale della Provincia Autonoma di Bolzano nell’ambito della cooperazione tra Sudtirolo e Svizzera, coordinato dal ricercatore Giuseppe Cantarella.

L’équipe transdisciplinare ha spiegato i test effettuati e i risultati ottenuti in laboratorio nell’articolo scientifico Laser-Induced, Green and Biocompatible Paper-Based Devices for Circular Electronics, pubblicato su una delle migliori riviste internazionali nel campo dei materiali innovativi “Advanced Functional Materials (la cui copertina riporta un’immagine ispirata al progetto). Il testo descrive una tecnologia sostenibile e biocompatibile, a rifiuti zero.

elettronica scarti della frutta riciclo Electronics from fruit waste

L’innovazione? Nella produzione e nello smaltimento

Il processo produttivo prevede l’utilizzo della stampa laser per carbonizzare la superficie del substrato di cellulosa ricavata dai processi di lavorazione di mele, kiwi e uva. I substrati di carta sono realizzati con sottoprodotti della lavorazione di mele, uva e kiwi e rimpiazzano l’uso di polpa di legno vergine tipicamente usata per realizzare substrati di carta, riducendo così l’utilizzo di risorse naturali e privilegiando il riutilizzo di prodotti alimentari di scarto. Ottimizzando i parametri del laser, i ricercatori sono stati in grado di realizzare dispositivi elettronici come condensatori, biosensori ed elettrodi per il monitoraggio degli alimenti (es. per il controllo della maturazione della frutta) e per la misurazione della frequenza cardiaca e dell’attività respiratoria. La cellulosa a base di frutta e completamente priva di plastica si è rivelata sicura anche per l’uso sulla pelle umana. L’impiego di sostanze naturali permette infatti ai componenti elettronici di essere biocompatibili con i fibroblasti dermici umani, potenzialmente nei wearables e nei sistemi a contatto con la pelle.

L’elettronica ricavata dagli scarti della frutta: nuove strategie per il riciclo dei dispositivi

L’uso di un substrato naturale consente di attuare due strategie per il riciclo dell’elettronica. Nella prima, i dispositivi possono dissolversi a temperatura ambiente in un arco 40 giorni senza rilasciare residui nocivi: i componenti elettronici a base di carta si dissolvono in succo di limone (acido citrico), una soluzione naturale molto diffusa e a basso costo. Nella seconda, vengono reintrodotti in natura come supporto per la crescita delle piante o per l’ammendamento del suolo. Grazie a queste sue caratteristiche, questa tecnologia elettronica a basso costo può trovare applicazione per applicazioni nel mercato alimentare, nella diagnostica medica e nell’agricoltura intelligente e nell’Internet delle cose, con un impatto nullo o addirittura positivo sull’ecosistema.

“Una tecnologia sostenibile e attenta ai consumi energetici per la fabbricazione di dispositivi elettronici richiede caratteristiche speciali come la lavorabilità su grandi superfici, un consumo energetico limitato e il basso costo di fabbricazione. La tecnica che abbiamo sperimentato è completamente sostenibile, verde e circolare perché utilizza substrati di carta ottenuti dalla lavorazione degli scarti della frutta e una tecnologia di stampa, basata sulla carbonizzazione creata per mezzo di un semplice laser. Potrebbe rappresentare un importante passo avanti per la commercializzazione dell’elettronica”,

spiega il prof. Paolo Lugli, rettore della Libera Università di Bolzano e responsabile del Sensing Technologies Lab.

Paolo Lugli
Paolo Lugli

Il ricercatore Giuseppe Cantarella, ex unibz trasferitosi recentemente alla Università di Modena e Reggio Emilia, primo autore dell’articolo, aggiunge:

“La sostenibilità è un argomento che tocca la nostra società e la nostra vita sotto diversi punti di vista. Anche nel mondo della ricerca, è necessario affrontare questa sfida globale, con nuove tecnologie che possano ridurre il loro impatto ambientale per salvaguardare il nostro pianeta e le risorse naturali a disposizione. I risultati del nostro studio dimostrano una nuova linea di ricerca, nella quale dispositivi elettronici possono essere sviluppati con una drastica riduzione dei rifiuti generati e con l’uso di nuove tecniche di fabbricazione a bassa emissione di carbonio. Auspico che il nostro sia il primo di una lunga serie di studi sullo sviluppo sostenibile di sistemi intelligenti e nuove tecnologie in ambito elettronico”.

 

Testo, video e foto dall’Ufficio Staff stampa e organizzazione eventi Libera Università di Bolzano – Freie Universität Bozen, sull’elettronica ricavata dagli scarti della frutta e nuove strategie per il riciclo dei dispositivi.