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Dire la verità o mentire a proprio vantaggio: neuroscienze sociali e neuroimmagini insieme per mostrare i meccanismi cerebrali delle scelte morali
Uno studio condotto presso la Fondazione Santa Lucia IRCCS in collaborazione Sapienza Università di Roma ha approfondito le reazioni del cervello alle scelte morali: non tutti si comportano allo stesso modo.

Pinocchio neuroscienze sociali e neuroimmagini insieme per mostrare i meccanismi cerebrali delle scelte morali
Dire la verità o mentire a proprio vantaggio: neuroscienze sociali e neuroimmagini insieme per mostrare i meccanismi cerebrali delle scelte morali. Foto di Roland Schwerdhöfer

Un nuovo studio condotto presso il Laboratorio di Neuroscienze Sociali e Cognitive della Fondazione Santa Lucia IRCCS in collaborazione con il Dipartimento di Psicologia di Sapienza Università di Roma e con il Laboratorio di Neuroimmagini della Fondazione Santa Lucia IRCCS ha rivelato che le scelte disoneste adottate durante le interazioni sociali coinvolgono determinate aree del cervello, rilevabili attraverso la tecnica della Risonanza Magnetica Funzionale.

Attraverso questa tecnica è stato possibile anche individuare le differenze nell’attivazione cerebrale quando i partecipanti decidevano se mentire o no mentre la loro reputazione poteva essere a rischio.

Lo studio, pubblicato sulla rivista Communications Biology, ha coinvolto 34 persone sane tra i 20 e i 46 anni, e ha utilizzato un semplice gioco associato alla possibilità di guadagnare un premio in denaro con la risonanza magnetica funzionale, una tecnologia non invasiva che analizza l’attività cerebrale in tempo reale misurando l’afflusso di sangue nelle varie aree del cervello.

Il gioco di carte prevedeva l’interazione tra due giocatori: il giocatore fuori dalla risonanza magnetica doveva tentare di pescare la carta vincente tra due possibili senza poter verificare il risultato della sua scelta. Il partecipante all’interno della risonanza magnetica aveva invece il compito di osservare e comunicare l’esito del gioco. Poteva quindi decidere se dire la verità o mentire cambiare l’esito del gioco (ad esempio vincendo la partita quando avrebbe dovuto vincere l’altro- compiendo una bugia egoistica).

Il partecipante nella risonanza magnetica era consapevole del fatto che in metà dei casi il compagno di gioco non avrebbe potuto sapere se avesse mentito oppure no (reputazione non a rischio), mentre nell’altra metà avrebbe potuto aver contezza di eventuali menzogne (reputazione a rischio).

“I risultati della ricerca”, commentano Valerio Santangelo e Lennie Dupont, ricercatori del laboratorio di neuroimmagini della Fondazione Santa Lucia IRCCS “mostrano che le decisioni disoneste sono associate ad un aumento dell’attività in un circuito cortico-sottocorticale che include il cingolato anteriore bilaterale (ACC), l’insula anteriore (AI), il dorsolaterale prefrontale sinistro, l’area motoria supplementare e il nucleo caudato destro.”

Come previsto, le persone tendono a diminuire il numero di bugie egoistiche durante la condizione in cui la loro reputazione è a rischio. Grazie alle neuroimmagini è stato possibile evidenziare che le bugie egoistiche durante la condizione di reputazione a rischio erano collegate all’aumento di connettività tra la corteccia cingolata anteriore bilaterale e l’insula anteriore sinistra, due regioni cerebrali che sono fortemente implicate nell’elaborazione emotiva e nel controllo cognitivo.

Il gruppo di ricerca ha inoltre dimostrato che questa attivazione cerebrale non è la stessa per tutti i partecipanti, ma varia in base ai tratti di personalità.

Maria Serena Panasiti, neuroscienziata clinica coinvolta nello studio e vincitrice di un progetto “Giovani Ricercatori” del Ministero della Salute sulle implicazioni cliniche delle decisioni morali, afferma:

“In particolare, gli individui più manipolativi mostrano un coinvolgimento minore del cingolato anteriore durante le menzogne a proprio vantaggio, ma un coinvolgimento maggiore durante la verità a vantaggio degli altri. Questo evidenzia la necessità di un controllo cognitivo solo quando la decisione contrasta con i propri scopi, in questo caso quello di manipolare gli altri a proprio vantaggio.

Salvatore Maria Aglioti, coordinatore dello studio, ha commentato:

“La nostra ricerca fornisce importanti informazioni sulle basi neurali delle decisioni disoneste durante le interazioni sociali. La comprensione di questi meccanismi potrebbe aiutare a sviluppare strategie per promuovere comportamenti più etici e responsabili in diversi contesti sociali”.

Riferimenti:

Reputation risk during dishonest social decision-making modulates anterior insular and cingulate cortex activity and connectivity – L Dupont, V Santangelo, RT Azevedo, MS Panasiti, SM Aglioti – Communications Biology 2023 https://doi.org/10.1038/s42003-023-04827-w

 

Testo dal Settore Ufficio stampa e comunicazione Sapienza Università di Roma

Ipermemoria: un ricordo per ogni giorno. Nel cervello di “chi non dimentica” svelato il meccanismo che ordina la memoria

Un nuovo studio italiano, pubblicato sulla rivista Cortex, rivela l’esistenza di un’area cerebrale che permette alle persone dotate di ipermemoria autobiografica di “datare” i ricordi

Foto di Alexas_Fotos 

Un nuovo studio interamente italiano e pubblicato sulla rivista Cortex ha rilevato cosa rende il cervello degli individui “ipermemori” capace di ricordare anche i più piccoli dettagli di ogni giorno della loro vita. Grazie all’analisi di questi individui sono state identificate le aree del cervello specificamente deputate a dare una dimensione temporale ai ricordi, organizzando quelle informazioni che nelle persone comuni restano memorie indistinte e sfocate.

La ricerca, condotta presso i laboratori della Fondazione Santa Lucia IRCCS di Roma, è stata coordinata dall’equipe composta dai ricercatori Patrizia Campolongo, Valerio Santangelo, Tiziana Pedale e Simone Macrì, e ha coinvolto la Sapienza Università di Roma, l’Istituto Superiore di Sanità e l’Università di Perugia.

Per realizzare lo studio è stato chiesto a 8 soggetti ipermemori, già protagonisti nel 2018 di un altro lavoro della stessa equipe di ricerca, di ricordare un evento molto lontano nel tempo, di circa 20 anni prima. L’attività neuronale di questi 8 soggetti è stata quindi rilevata in tempo reale attraverso la risonanza magnetica funzionale, una tecnica non invasiva che permette ai ricercatori di osservare il cervello in azione e identificarne le aree più attive durante il ricordo dell’evento passato. Al gruppo di ipermemori è stato affiancato un gruppo di controllo composto da 21 persone senza particolari abilità o deficit della memoria.

I ricercatori hanno poi utilizzato una tecnica molto innovativa, chiamata Multivoxel Pattern Analysis (MVPA) per verificare che la migliore rappresentazione neurale dei ricordi nelle persone ipermemori fosse associata al ruolo funzionale di specifiche aree del cervello.

“I risultati dell’indagine – spiegano gli autori – hanno mostrato che nel discriminare tra ricordi autobiografici vecchi e nuovi, per le persone con ipermemoria si rileva un’elevata specializzazione della porzione ventro-mediale della corteccia prefrontale del cervello, un’area che si ritiene sia deputata all’organizzazione delle funzioni cognitive superiori. Questa stessa regione del cervello sembra essere meno precisa nelle persone con una memoria normale, fino a farci “confondere” la dimensione temporale del ricordo, vecchio o nuovo”.

“La memoria autobiografica permette di rievocare esperienze relative a tutto l’arco della vita consentendoci di conferire una dimensione temporale e narrativa alla nostra esistenza – continuano gli autori – e qui per la prima volta al mondo sono stati studiati i meccanismi neurobiologici associati alla dimensione temporale dei ricordi tramite una metodologia innovativa e, soprattutto, in un gruppo di persone ‘speciali’”.

Il dato che emerge da questo nuovo avanzamento scientifico è cruciale, non solo per l’analisi delle doti speciali di queste persone, ma soprattutto per aprire nuove frontiere di ricerca per la neuroriabilitazione della memoria e per la ricerca sulle funzioni mnesiche, in pazienti con una lesione del sistema nervoso centrale.

“Comprendere i sistemi neurobiologici alla base dell’iper-funzionamento della memoria – concludono i ricercatori – fornisce importanti indicazioni su quali aree è necessario intervenire per stimolare il ripristino di un funzionamento adeguato della memoria in persone con deficit o lesioni neurologiche”.

Riferimenti:

Enhanced cortical specialization to distinguish older and newer memories in highly superior autobiographical memory – Valerio Santangelo, Tiziana Pedale, Simone Macrì, Patrizia Campolongo. – Cortex 2020 https://doi.org/10.1016/j.cortex.2020.04.029

 

Il testo viene congiuntamente da: Ufficio Stampa Sapienza Università di Roma, Ufficio Stampa Fondazione Santa Lucia IRCCS, Ufficio stampa Istituto Superiore di Sanità, Ufficio Comunicazione Istituzionale, Social media e Grafica Università degli Studi di Perugia