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Silvio Giordano

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METIS OSSERVA COME SI PROPAGA LA TURBOLENZA NEL VENTO SOLARE

Grazie alle riprese del coronografo Metis a bordo della missione europea Solar Orbiter, un gruppo internazionale coordinato da ricercatori INAF è riuscito ad osservare la propagazione dei moti turbolenti del vento solare dalle zone più interne della corona del Sole fino allo spazio. La conoscenza dei meccanismi che guidano l’evoluzione e la propagazione di questi fenomeni nel vento solare aiuterà a migliorare le previsioni sul potenziale impatto che esso può avere nel nostro Sistema planetario e soprattutto sulla Terra. Lo studio a cui hanno collaborato anche ricercatori e ricercatrici di ASI, CNR e delle Università di Firenze, Padova, Urbino, Genova, Catania, Palermo e della Calabria, è stato pubblicato oggi sulla rivista The Astrophysical Journal Letters.

Il vento solare è un flusso incessante di particelle cariche provenienti dal Sole, il cui andamento è tutt’altro che costante. Nel loro moto nello spazio, le particelle del vento solare interagiscono con il campo magnetico variabile del Sole, seguendo traiettorie caotiche e fluttuanti, un fenomeno che prende il nome di turbolenza.

Le riprese ottenute dalla missione Solar Orbiter dell’Agenzia Spaziale Europea grazie al coronografo Metis progettato da Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF), Università di Firenze, Università di Padova, CNR-Ifn, e realizzato dall’Agenzia Spaziale Italiana con la collaborazione dell’industria italiana, confermano qualcosa che si sospettava da tempo: il moto turbolento del vento solare inizia molto vicino al Sole, all’interno della porzione di atmosfera solare nota come corona. Piccoli disturbi che influenzano il vento solare nella corona vengono trasportati verso l’esterno e si espandono, generando un flusso turbolento più lontano nello spazio.

“Questo risultato ha aperto una nuova finestra sulla fisica del vento solare grazie a Metis, il coronografo di nuova concezione – tutta italiana – a bordo del Solar Orbiter, che ha permesso acquisizioni ad alta cadenza di immagini coronali con un contrasto senza precedenti tra segnale coronale e background”

commenta Silvano Fineschi dell’INAF e Responsabile Scientifico del contributo italiano alla missione. Bloccando la luce diretta proveniente dal Sole, il coronografo Metis è in grado di catturare la luce visibile e ultravioletta più debole proveniente dalla corona solare. Le sue immagini ad alta risoluzione e ad alta cadenza mostrano la struttura dettagliata e il movimento all’interno della corona, rivelando come il movimento del vento solare diventi già turbolento alle sue radici. Le riprese utilizzate dal team di ricerca per osservare in dettaglio la propagazione della turbolenza sono state ottenute il 12 ottobre 2022 e messe in sequenza per realizzare una animazione video. In particolare, l’anello color rosso nel video mostra le osservazioni di Metis. A quella data, la sonda si trovava a soli 43,4 milioni di km dal Sole, meno di un terzo della distanza Sole-Terra. L’immagine del Sole al centro del video è stata scattata dall’Extreme Ultraviolet Imager (EUI) di Solar Orbiter, lo stesso giorno delle osservazioni di Metis.

“L’elevata risoluzione spaziale e temporale di Metis sta gettando nuova luce sui meccanismi fisici che regolano il vento solare e la sua propagazione, consentendo una migliore comprensione dei processi attraverso i quali il Sole determina le condizioni fisiche dello spazio interplanetario con effetti anche a Terra” dice Marco Stangalini, ricercatore e Responsabile di Programma ASI della missione Solar Orbiter. “Questo significativo risultato è solo l’ultimo di una lunga serie di successi e offre grandi speranze per il futuro. Nei prossimi anni, infatti, Solar Orbiter inclinerà la sua orbita, permettendoci di osservare il Sole da una prospettiva completamente nuova per la prima volta”.

La turbolenza influenza il modo in cui il vento solare viene riscaldato, il modo in cui si muove attraverso il Sistema solare e il modo in cui interagisce con i campi magnetici dei pianeti e delle lune che attraversa. Comprendere la turbolenza del vento solare è fondamentale per prevedere la meteorologia spaziale e i suoi effetti sulla Terra.

L’articolo “Metis observation of the onset of fully developed turbulence in the solar corona” di Daniele Telloni, Luca Sorriso-Valvo, Gary P. Zank, Marco Velli , Vincenzo Andretta, Denise Perrone, Raffaele Marino, Francesco Carbone, Antonio Vecchio, Laxman Adhikari, Lingling Zhao, Sabrina Guastavino, Fabiana Camattari, Chen Shi, Nikos Sioulas, Zesen Huang, Marco Romoli, Ester Antonucci, Vania Da Deppo, Silvano Fineschi, Catia Grimani, Petr Heinzel, John D. Moses, Giampiero Naletto, Gianalfredo Nicolini, Daniele Spadaro, Marco Stangalini, Luca Teriaca, Michela Uslenghi, Lucia Abbo, Frederic Auchere, Regina Aznar Cuadrado, Arkadiusz Berlicki, Roberto Bruno, Aleksandr Burtovoi, Gerardo Capobianco, Chiara Casini, Marta Casti,  Paolo Chioetto, Alain J. Corso, Raffaella D’Amicis, Yara De Leo, Michele Fabi, Federica Frassati, Fabio Frassetto, Silvio Giordano, Salvo L. Guglielmino, Giovanna Jerse, Federico Landini, Alessandro Liberatore, Enrico Magli, Giuseppe Massone, Giuseppe Nisticò, Maurizio Pancrazzi, Maria G. Pelizzo, Hardi Peter, Christina Plainaki, Luca Poletto, Fabio Reale, Paolo Romano, Giuliana Russano, Clementina Sasso, Udo Schuhle, Sami K. Solanki, Leonard Strachan, Thomas Straus, Roberto Susino, Rita Ventura, Cosimo A. Volpicelli, Joachim Woch, Luca Zangrilli, Gaetano Zimbardo e Paola Zuppella è stato pubblicato oggi sulla rivista The Astrophysical Journal Letters.

Immagine satellitare dal Solar Dynamics Observatory - SDO della NASA. Foto di Amy Moran
questa immagine satellitare dal Solar Dynamics Observatory – SDO della NASA mostra la luce ultravioletta in marrone chiaro. Foto NASA di Amy Moran, in pubblico dominio

Testo e immagini dall’Ufficio stampa – Struttura per la Comunicazione di Presidenza dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF).

Inaugurato nel Museo Archeologico nazionale “Domenico Ridola” il nuovo allestimento “Giuliana degli Abissi”

Giuliana degli Abissi
Giuliana degli Abissi

È stato inaugurato oggi nel Museo Archeologico nazionale “Domenico Ridola” il nuovo allestimento “Giuliana degli Abissi”, a cura di Annamaria Mauro e Laura D’Esposito, dedicato al fossile della Balena Giuliana, scoperto nel 2006 sulle sponde del Lago di San Giuliano, a 8 km da Matera. All’inaugurazione hanno preso parte la Direttrice del Museo nazionale di Matera, arch. Annamaria Mauro, il Direttore generale Musei, prof. Massimo Osanna, il sindaco di Matera, Domenico Bennardi.

Il percorso espositivo dedicato alla Balena Giuliana si compone di quattro sale. La prima è dedicata alla scoperta del fossile e alle fasi del difficile recupero. Dopo lo scavo, completato nel 2011, i resti dell’animale furono consolidati, frazionati in blocchi, protetti con camicie di gesso e collocati all’interno di casse lignee costruite su misura e protette da un imballaggio di argilla espansa e schiuma di poliuretano. Tutte le casse furono trasportate presso la sede materana dell’allora Soprintendenza per i Beni Artistici e Storici della Basilicata dove rimasero fino al 2013 quando vennero trasferite al Museo Archeologico nazionale “D. Ridola” di Matera.

Nella seconda sala il visitatore è accompagnato in un viaggio di grande impatto visivo attraverso una videoinstallazione immersiva ideata dal visual artist Silvio Giordano e realizzata da ETT SpA, azienda del Gruppo SCAI. Al fine di creare un flusso emotivo dinamico, le varie sezioni che compongono il filmato sono state realizzate utilizzando tecniche differenti, dall’animazione 2D al 3D fotorealistico, passando per il compositing, le riprese video live e la motion graphic. Alle riprese reali da drone, inoltre, si affiancano parti prevalentemente documentaristiche. La sala è caratterizzata dalla presenza di una proiezione immersiva su due lati che si attiva all’ingresso del visitatore, rendendo l’esperienza coinvolgente grazie anche alla grande parete specchiata. Un ruolo estremamente importante rivestono il suono e le musiche, che accompagnano lo spettatore in una dimensione acquatica. Alla voce del narratore Christian Iansante è affidato il racconto della vita marina, dalla genesi fino alla caccia violenta alla balena che, in tutta la letteratura, da Moby Dick a Giona della Bibbia, rappresenta una tappa verso la salvezza, recando con sé la possibilità del rinnovamento.

La terza sala è dedicata al paleoambiente, con l’esposizione di alcuni reperti riconducibili alla fauna e alle piante acquatiche dell’ecosistema in cui la balena è stata ritrovata. Attraverso un monitor il visitatore può inoltre seguire i lavori di restauro del fossile, eseguiti dalla ditta Lithos s.r.l, in corso nel laboratorio allestito nella Ex Palazzina Fio del Museo “Ridola”. Le notevoli dimensioni e la giacitura sulla spiaggia sommersa in cui l’animale si era arenato prima che fosse ricoperto dal sedimento sabbioso hanno infatti causato la perdita di gran parte dello scheletro; a questi si aggiungono i danni provocati dalle variazioni di temperatura e umidità che hanno interessato il reperto negli anni intercorsi dal suo recupero ad oggi. Pertanto, grazie ad una proficua collaborazione tra diversi enti coinvolti, è stato possibile individuare una metodologia di intervento che prevede, attraverso diversi step, la messa in sicurezza/consolidamento dei reperti osteologici. Tali operazioni, che si svolgeranno con la supervisione del paleontologo, in alcuni casi permetteranno il recupero dei frammenti e, ove possibile, le integrazioni che agevoleranno la lettura morfologica del fossile e il ristabilimento della coesione delle parti superstiti.

restauro

Nella quarta sala sono esposti i primi due reperti ossei integralmente restaurati: la bulla timpanica e l’omero dell’arto destro. Grazie ad un lungo e delicato intervento infatti, è stato possibile recuperare tutte le parti del cetaceo fossile giunte sino a noi: dodici vertebre toraciche, diverse costole, di cui una lunga oltre 3 metri, la pinna pettorale e gran parte del cranio. Proprio il rinvenimento della bulla timpanica ha consentito di attribuire con sicurezza l’animale al genere Balenoptera la cui lunghezza presunta è di 26 metri e che può essere assimilata all’odierna specie della balenottera azzurra. Gli specialisti confermano che la Balena Giuliana, probabilmente il più grande esemplare che abbia mai solcato le acque del mare che oggi chiamiamo Mediterraneo, visse nel Pleistocene inferiore, fra 1,5 e 1,25 milioni di anni fa ed aveva un peso compreso tra 130 e 150 tonnellate, contro le circa 100 tonnellate del più grande fossile dei dinosauri. Il rinvenimento di questa balena, quindi, risulta di grande importanza per l’approfondimento delle conoscenze sulla storia biologica del Mediterraneo.

Il racconto dell’allestimento viene completato dal fumetto d’autore “La Regina degli abissi” (Osanna Edizioni) realizzato dall’illustratore e fumettista Giulio Giordano. La semi dea Talassa, figlia del possente Nettuno, è stata incaricata dal padre di risolvere un enigma nei pressi della diga di San Giuliano. “La Regina degli abissi” riaffiora dagli oceani del tempo. Porta con sé l’eco di un mondo primitivo e selvaggio. Finalmente libera dalla prigione di sabbia che intrappolava i suoi resti, la Balena Giuliana racconterà la sua storia a chi vorrà ascoltarla. L’allestimento “Giuliana degli Abissi” viene introdotto dal nuovo visitor center, che prende spunto dagli scatti di alcuni reperti realizzati dal fotografo Mario Cresci, per offrire un’anticipazione delle principali sezioni archeologiche del rinnovato Museo “Ridola”.

«Il nuovo percorso espositivo “Giuliana degli Abissi” – sottolinea il Direttore generale Musei, prof. Massimo Osanna – è il frutto di un lungo e complesso lavoro che oggi rappresenta un grande traguardo non solo per il museo archeologico “Domenico Ridola” e per il Museo nazionale di Matera, ma per tutto il Sistema museale nazionale, in cui l’allestimento ben si inserisce sia per l’importanza scientifica del rinvenimento del fossile sia per le potenzialità che questo offre nel campo della valorizzazione. Un progetto che si è caratterizzato sin dal primo momento per la multidisciplinarietà che ha composto la squadra e che dimostra come proprio attraverso questa modalità operativa si ottengono risultati straordinari».

«Oggi è una giornata importante per il territorio materano e per l’intera Basilicata, ma credo anche per il mondo scientifico internazionale, perché apriamo al pubblico un esempio virtuoso di percorso espositivo dove si uniscono tutela, conservazione, restauro e valorizzazione insieme – evidenzia la Direttrice Annamaria Mauro -. Il visitatore verrà immerso nel racconto del fossile Giuliana, dal suo ritrovamento fino all’allestimento dei reperti già restaurati, ma potrà visitare anche il cantiere in fieri, ponendo domande ai restauratori e ammirando la grandezza e l’unicità di questo reperto che man mano dalle casse diventa uno scheletro vero. Accompagnerà la vista una videoinstallazione immersiva emozionante che racconta l’identità della Balena nell’immaginario collettivo».

«Come sindaco di Matera, Capitale Europea della Cultura, esprimo soddisfazione e felicità per l’apertura dell’allestimento dedicato alla Balena Giuliana, con la possibilità di vedere il restauro del fossile all’interno del Museo “Ridola” – spiega il sindaco Domenico Bennardi -. Una grande emozione, ricordando i primi mesi di insediamento del mio mandato, quando ho voluto aprire fortemente quelle casse che da tanti anni tenevano relegata la Balena Giuliana, un fossile che è tra i più grandi al mondo mai trovati per massa e che può diventare un potenziale nuovo attrattore culturale e scientifico per la città. Un plauso al Museo nazionale di Matera che ha permesso il restauro, con l’auspicio che si possa avere una collaborazione proficua con l’Amministrazione comunale nella progettazione dei percorsi turistico- culturali».

Testo e foto dall’Ufficio Stampa e Comunicazione Museo Archeologico nazionale “Domenico Ridola” di Matera