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Un biosensore innovativo per la rilevazione rapida dei virus

Università di Pisa e CNR-Nano hanno sviluppato un nuovo biosensore in grado di rilevare con precisione la proteina Spike di SARS-CoV-2 nei fluidi biologici, consentendo una rilevazione virale rapida. La ricerca è pubblicata sulla rivista Nanoscale, il dispositivo è in corso di brevettazione.

Un team di ricerca congiunto, coordinato dall’Istituto nanoscienze del Consiglio nazionale delle ricerche (CNR-Nano) e dall’Università di Pisa (Dipartimento di Farmacia), in collaborazione con l’Università di Modena e Reggio Emilia e la Scuola Normale Superiore, ha sviluppato un biosensore di nuova generazione in grado di rilevare con precisione le proteine dei virus, tra cui la proteina Spike di SARS-CoV-2 nei fluidi biologici.

Questo risultato, descritto in un articolo pubblicato sulla rivista Nanoscale, rappresenta un nuovo approccio alla progettazione di biosensori che ricorda il principio dei mattoncini Lego; utilizza una struttura modulare e flessibile, pensata per essere facilmente adattabile a diversi target molecolari.

Il cuore del sensore è una proteina ingegnerizzata che unisce tre funzioni in una sola sequenza. Una parte della proteina rappresenta il bersaglio da riconoscere, ed è stata costruita basandosi su frammenti della proteina Spike; una parte centrale, ispirata al recettore umano ACE2, è progettata per legarsi alla proteina Spike del virus, se presente. La terza parte, contenente la proteina fluorescente verde (GFP), agisce come una “lampadina” e produce un segnale fluorescente quando il virus è presente. Al contatto con la proteina virale, il biosensore emette quindi un segnale fluorescente facilmente rilevabile, consentendo un’identificazione rapida e precisa.

“Il biosensore è stato realizzato applicando sia le metodologie classiche di produzione di proteine ricombinanti, ma anche l’applicazione di tecnologie di nuova concezione, come per esempio la click-chemistry; grazie a queste conoscenze, derivate da ambiti diversi, abbiamo potuto realizzare un biosensore capace di rilevare quantità minime di proteina virale con una sensibilità fino a livelli sub-nanomolari” spiega Eleonora Da Pozzo dell’Università di Pisa.

“Il vero punto di forza di questo prototipo è la modularità”, spiega Giorgia Brancolini di CNR Nano, “grazie all’integrazione tra ricerca sperimentale, modellizzazione molecolare e simulazioni al computer, è stato possibile selezionare con precisione i componenti e progettare un’architettura modulare, flessibile e facilmente adattabile. Cambiando alcune sequenze, lo stesso sensore potrà essere riprogrammato per riconoscere altri virus o molecole di interesse, aprendo la strada a nuovi strumenti diagnostici rapidi, precisi e personalizzabili”.

A tutela dell’innovatività e delle potenziali applicazioni di questo strumento, è in corso una Domanda di Brevetto per invenzione industriale Nazionale: Sviluppo di un sensore FRET per la rilevazione del coronavirus (Rif. 102022000025416) Data di presentazione: 13/12/2022

La ricerca è stata finanziata grazie a Spark Global con il progetto Proof-of-Concept SPARK PISA 2020-2022, “Fret sensor for the Assessment of Coronavirus Titre (FACT)” (EDP) e dal progetto PRIN2020 “Early Phase Preclinical Development of PACECOR, a Mutation-Independent Anti-SARS-CoV-2 Therapeutic Strategy” (GB).

biosensore virus Nanoscale UniPi
un biosensore di nuova generazione per la rilevazione delle proteine dei virus, tra cui la proteina Spike di SARS-CoV-2

Testo e immagine dall’Ufficio Comunicazione di Ateneo dell’Università di Pisa.

Scoperte due nuove galassie formatesi all’alba dell’universo nascoste dietro la polvere interstellare

Lo svela un team di ricerca internazionale, che in Italia coinvolge cosmologi della Scuola Normale Superiore di Pisa e della Sapienza Università di Roma, che spiegano: «L’attuale censimento della formazione e della crescita delle galassie dopo il Big Bang è ancora incompleto».

due nuove galassie polvere interstellare REBELS
Elaborazione grafica della galassia REBELS-12-2

L’universo primordiale è probabilmente molto più ricco di quanto sembri. La polvere interstellare potrebbe celare intere popolazioni di galassie finora sconosciute. È di queste settimane la scoperta ad opera di un team di ricerca internazionale, che in Italia vede coinvolte la Scuola Normale Superiore di Pisa e la Sapienza di Roma, di due galassie antichissime, risalenti a circa un miliardo di anni dopo il Big Bang, quando l’Universo aveva raggiunto poco meno dell’8% della sua età.

Utilizzando i dati di ALMA (Atacama Large Millimeter/submillimeter Array), un potentissimo radiointerferometro situato a 5000 metri d’altitudine nel deserto di Atacama in Cile, il dottor Yoshinobu Fudamoto, della Waseda University in Giappone, ha notato una forte presenza di polvere e carbonio ionizzato da zone dello spazio che precedentemente si ritenevano vuote. Fudamoto e i colleghi della collaborazione REBELS (in Italia, Andrea Ferrara e Andrea Pallottini della Scuola Normale Superiore, Raffaella Schneider e Luca Graziani della Sapienza Università di Roma, associati all’Istituto Nazionale di Astrofisica, INAF) hanno approfondito le ricerche di questi misteriosi segnali, che provenivano da relativamente vicino – decine di migliaia di anni luce – agli oggetti astronomici che originariamente stavano studiando.

Fig1: rappresentazione schematica dei risultati di questa ricerca. In un’immagine ripresa dal telescopio spaziale Hubble (a sinistra) una regione di spazio sembra completamente vuota. Invece, ALMA ha ora rivelato una galassia precedentemente sconosciuta poiché era sepolta in profondità in nuvole di gas e polvere. A destra è mostrata una elaborazione grafica della galassia. Credito: ALMA (ESO/NAOJ/NRAO), NASA/ESA Hubble Space Telescope

Nel loro ultimo articolo pubblicato oggi su Nature la sorprendente rivelazione: le emissioni inspiegabili appartengono a due galassie precedentemente sconosciute, non visibili nelle lunghezze d’onda dell’ultravioletto in quanto completamente oscurate dalla polvere cosmica.

Fig2: galassie lontane riprese con ALMA, il telescopio spaziale Hubble e il telescopio VISTA dello European Southern Observatory (ESO). I colori verde e arancione rappresentano le radiazioni degli atomi di carbonio ionizzato e delle particelle di polvere, rispettivamente, osservate con ALMA, e il blu rappresenta le radiazioni del vicino infrarosso osservate con i telescopi VISTA e Hubble. Per REBELS-12 e REBELS-29 si è rilevata sia la radiazione nel vicino infrarosso che la radiazione da atomi di carbonio e polvere ionizzati. D’altra parte, REBELS-12-2 e REBELS-29-2 non sono stati rilevati nel vicino infrarosso, il che suggerisce che queste galassie siano profondamente sepolte nella polvere. Credito: ALMA (ESO/NAOJ/NRAO), NASA/ESA Hubble Space Telescope, ESO, Fudamoto et al.

Denominate REBELS-12-2 e REBELS-29-2, le due galassie si sono formate più di 13 miliardi di anni fa e presentano caratteristiche simili a quelle delle galassie della stessa epoca, se si esclude la massiccia oscurazione dovuta alla polvere che esse stesse hanno prodotto, un effetto che tipicamente si osserva solo per oggetti astronomici molto più evoluti. Lo studio rivela come la presenza di questi due oggetti potrebbe essere solo la punta dell’iceberg dell’esistenza di una popolazione di galassie precedentemente sconosciuta agli astronomi.

“La scoperta ci suggerisce che l’attuale censimento della formazione delle prime galassie è molto probabilmente incompleto e richiederà indagini più profonde – spiega Andrea Ferrara -. Le nuove strumentazioni, come il telescopio spaziale James Webb Space Telescope (JWST) che presto sarà lanciato in orbita e che interagirà fortemente con ALMA, ritengo che porteranno a significativi progressi in questo campo nei prossimi anni”.

“La scoperta di galassie così oscurate in un’epoca in cui l’Universo è ancora relativamente giovane apre degli interessanti interrogativi sui meccanismi di formazione della polvere interstellare – spiega Raffaella Schneider -. I modelli teorici e le simulazioni numeriche che stiamo sviluppando ci consentiranno di interpretare questi risultati sorprendenti, preparandoci alle straordinarie osservazioni del JWST”.

due nuove galassie polvere interstellare REBELS
Elaborazione grafica della galassia REBELS-29-2

Il programma REBELS (Reionization-Era Bright Emission Line Survey), ha l’obiettivo di osservare l’origine dell’Universo, miliardi di anni fa, quando giovani galassie avevano appena iniziato a formare le stelle e produrre la polvere cosmica. Studiare questo mondo primordiale è una delle ultime frontiere dell’astronomia, essenziale per la costruzione accurata e coerente di modelli di astrofisica e per la comprensione di come evolve l’Universo.

Riferimenti:

Normal, dust-obscured galaxies in the epoch of reionization – Y. Fudamoto, P. A. Oesch, S. Schouws, M. Stefanon, R. Smit, R. J. Bouwens, R. A. A. Bowler, R. Endsley, V. Gonzalez, H. Inami, I. Labbe, D. Stark, M. Aravena, L. Barrufet, E. da Cunha, P. Dayal, A. Ferrara, L. Graziani, J. Hodge, A. Hutter, Y. Li, I. De Looze, T. Nanayakkara, A. Pallottini, D. Riechers, R. Schneider, G. Ucci, P. van der Werf & C. White – Nature 2021. https://doi.org/10.1038/s41586-021-03846-z

 

Testo e foto dal Settore Ufficio stampa e comunicazione Sapienza Università di Roma