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Salvatore Maria Aglioti

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Le emozioni, non solo nel cuore ma anche nello stomaco

Una ricerca condotta da Sapienza, Istituto Italiano di Tecnologia e Fondazione Santa Lucia, esamina le influenze reciproche tra l’attività gastrointestinale e un range di emozioni generate attraverso la visione di filmati. Grazie a pillole ingeribili dotate di sensori, lo studio è stato in grado di dimostrare lo stretto rapporto tra stati d’animo percepiti e condizioni dello stomaco, con particolare riferimento al suo PH. La ricerca è stata pubblicata sulla rivista internazionale eLife.

Che le emozioni forti siano in grado di farci battere il cuore più velocemente è cosa risaputa, ma quanto gli stati d’animo influiscano su altri organi o quale sia l’effetto di particolari condizioni fisiologiche sulle emozioni umane, non era stato ancora dimostrato.

Una nuova ricerca in uscita sue eLife, coordinata da Sapienza in collaborazione con l’IIT-Istituto Italiano di Tecnologia e Fondazione Santa Lucia IRCCS di Roma e sostenuta dal finanziamento europeo ERC Advanced Grant eHonesty, si è concentrata sull’apparato digerente e in particolare sullo stomaco. Attraverso l’uso di pillole ingeribili dotate di sensori è stato rilevato che il PH dello stomaco è fortemente legato alla percezione dei vari tipi di emozioni, aprendo la strada a future ricerche sul tema.

A ognuno dei 31 partecipanti, tutti uomini tra i 20 e i 30 anni (per ridurre la variabilità del campione), è stata fatta ingerire una capsula di dimensioni millimetriche dotata di sensori in grado di misurare PH, temperatura e pressione all’interno degli organi digerenti. L’utilizzo di questo tipo di tecnologia, sviluppata per la medicina gastrointestinale, è un’assoluta novità negli studi di tipo psicologico e si dimostra promettente per le future ricerche in tale ambito. Contemporaneamente i partecipanti sono stati monitorati anche all’esterno, attraverso la misurazione delle pulsazioni cardiache, dell’attività elettrica (e dunque nervosa) dello stomaco e osservando i battiti delle ciglia.

Successivamente sono stati mostrati loro cinque tipi di video in grado di scatenare emozioni diverse: paura, disgusto, felicità, tristezza e uno stato neutrale non specifico.

Da un questionario compilato dai volontari è emerso che gli effetti prodotti non si concentrano solo nel cuore o nei polmoni ma coinvolgono, già a un livello percepibile, direttamente lo stomaco, soprattutto nei casi di disgusto e paura.

Utilizzando i sensori delle pillole, è stato possibile acquisire in tempo reale i dati del PH. Ciò che i ricercatori hanno notato è che ai partecipanti con un PH più basso (e quindi lo stomaco più acido) si associavano valori più alti di disgusto e paura, mentre a quelli con un PH più alto, valori più alti di felicità. Questo succedeva soprattutto quando osservavano video disgustosi.  Tuttavia, è stato anche apprezzato come lo stomaco dei volontari fosse in generale più acido quando osservavano filmati disgustosi rispetto a quelli paurosi, felici e neutri e meno acido quando osservavano filmati felici.

Riguardo ai segnali elettrici dello stomaco rilevabili esternamente, non è stata individuata nessuna correlazione con l’emozione provata, a parte un incremento nella velocità del ciclo gastrico quando i partecipanti osservavano video felici.

Neanche la temperatura e la pressione misurate dalle pillole hanno fornito particolari indicazioni, ma sono state utili per chiarire la posizione del dispositivo all’interno dell’apparato digerente.

L’analisi del battito cardiaco ha mostrato invece una grande influenza delle sensazioni prodotte dai video e lo stesso vale per i battiti di ciglia, che diminuiscono per gli scenari sia positivi che negativi rispetto a quelli neutri, con l’eccezione dei filmati tristi. Questo rivela il legame dell’atto di sbattere le ciglia con l’attenzione, la necessità di rimanere vigili e l’acquisizione di informazioni.

Questa ricerca, rilevando la complessa rete di relazioni tra le funzioni gastriche e le emozioni, apre la strada a future indagini e approfondimenti sia su pazienti affetti da patologie gastrointestinali che hanno un’alterata fisiologia gastrica, sia su quelli affetti da disturbi depressivi e dello spettro autistico che mostrano invece alterazioni nella sfera emozionale. Anche l’innovativa tecnologia utilizzata, che impiega sensori inseriti in pillole ingeribili, può essere applicata in nuove ricerche sul rapporto tra gli organi interni e i vari stati d’animo.

 

Riferimenti bibliografici:

Ingestible pills reveal gastric correlates of emotions

Giuseppina Porciello, Alessandro Monti, Maria Serena Panasiti, Salvatore Maria Aglioti

eLife – doi: 10.7554/eLife.85567

https://elifesciences.org/articles/85567

Le emozioni, non solo nel cuore ma anche nello stomaco eLife
Le emozioni, non solo nel cuore ma anche nello stomaco: una nuova ricerca pubblicata sulla rivista internazionale eLife

Testo e immagini dal Settore Ufficio stampa e comunicazione Sapienza Università di Roma

Dire la verità o mentire a proprio vantaggio: neuroscienze sociali e neuroimmagini insieme per mostrare i meccanismi cerebrali delle scelte morali
Uno studio condotto presso la Fondazione Santa Lucia IRCCS in collaborazione Sapienza Università di Roma ha approfondito le reazioni del cervello alle scelte morali: non tutti si comportano allo stesso modo.

Pinocchio neuroscienze sociali e neuroimmagini insieme per mostrare i meccanismi cerebrali delle scelte morali
Dire la verità o mentire a proprio vantaggio: neuroscienze sociali e neuroimmagini insieme per mostrare i meccanismi cerebrali delle scelte morali. Foto di Roland Schwerdhöfer

Un nuovo studio condotto presso il Laboratorio di Neuroscienze Sociali e Cognitive della Fondazione Santa Lucia IRCCS in collaborazione con il Dipartimento di Psicologia di Sapienza Università di Roma e con il Laboratorio di Neuroimmagini della Fondazione Santa Lucia IRCCS ha rivelato che le scelte disoneste adottate durante le interazioni sociali coinvolgono determinate aree del cervello, rilevabili attraverso la tecnica della Risonanza Magnetica Funzionale.

Attraverso questa tecnica è stato possibile anche individuare le differenze nell’attivazione cerebrale quando i partecipanti decidevano se mentire o no mentre la loro reputazione poteva essere a rischio.

Lo studio, pubblicato sulla rivista Communications Biology, ha coinvolto 34 persone sane tra i 20 e i 46 anni, e ha utilizzato un semplice gioco associato alla possibilità di guadagnare un premio in denaro con la risonanza magnetica funzionale, una tecnologia non invasiva che analizza l’attività cerebrale in tempo reale misurando l’afflusso di sangue nelle varie aree del cervello.

Il gioco di carte prevedeva l’interazione tra due giocatori: il giocatore fuori dalla risonanza magnetica doveva tentare di pescare la carta vincente tra due possibili senza poter verificare il risultato della sua scelta. Il partecipante all’interno della risonanza magnetica aveva invece il compito di osservare e comunicare l’esito del gioco. Poteva quindi decidere se dire la verità o mentire cambiare l’esito del gioco (ad esempio vincendo la partita quando avrebbe dovuto vincere l’altro- compiendo una bugia egoistica).

Il partecipante nella risonanza magnetica era consapevole del fatto che in metà dei casi il compagno di gioco non avrebbe potuto sapere se avesse mentito oppure no (reputazione non a rischio), mentre nell’altra metà avrebbe potuto aver contezza di eventuali menzogne (reputazione a rischio).

“I risultati della ricerca”, commentano Valerio Santangelo e Lennie Dupont, ricercatori del laboratorio di neuroimmagini della Fondazione Santa Lucia IRCCS “mostrano che le decisioni disoneste sono associate ad un aumento dell’attività in un circuito cortico-sottocorticale che include il cingolato anteriore bilaterale (ACC), l’insula anteriore (AI), il dorsolaterale prefrontale sinistro, l’area motoria supplementare e il nucleo caudato destro.”

Come previsto, le persone tendono a diminuire il numero di bugie egoistiche durante la condizione in cui la loro reputazione è a rischio. Grazie alle neuroimmagini è stato possibile evidenziare che le bugie egoistiche durante la condizione di reputazione a rischio erano collegate all’aumento di connettività tra la corteccia cingolata anteriore bilaterale e l’insula anteriore sinistra, due regioni cerebrali che sono fortemente implicate nell’elaborazione emotiva e nel controllo cognitivo.

Il gruppo di ricerca ha inoltre dimostrato che questa attivazione cerebrale non è la stessa per tutti i partecipanti, ma varia in base ai tratti di personalità.

Maria Serena Panasiti, neuroscienziata clinica coinvolta nello studio e vincitrice di un progetto “Giovani Ricercatori” del Ministero della Salute sulle implicazioni cliniche delle decisioni morali, afferma:

“In particolare, gli individui più manipolativi mostrano un coinvolgimento minore del cingolato anteriore durante le menzogne a proprio vantaggio, ma un coinvolgimento maggiore durante la verità a vantaggio degli altri. Questo evidenzia la necessità di un controllo cognitivo solo quando la decisione contrasta con i propri scopi, in questo caso quello di manipolare gli altri a proprio vantaggio.

Salvatore Maria Aglioti, coordinatore dello studio, ha commentato:

“La nostra ricerca fornisce importanti informazioni sulle basi neurali delle decisioni disoneste durante le interazioni sociali. La comprensione di questi meccanismi potrebbe aiutare a sviluppare strategie per promuovere comportamenti più etici e responsabili in diversi contesti sociali”.

Riferimenti:

Reputation risk during dishonest social decision-making modulates anterior insular and cingulate cortex activity and connectivity – L Dupont, V Santangelo, RT Azevedo, MS Panasiti, SM Aglioti – Communications Biology 2023 https://doi.org/10.1038/s42003-023-04827-w

 

Testo dal Settore Ufficio stampa e comunicazione Sapienza Università di Roma

“Ho le farfalle nello stomaco” non è solo una metafora: a dircelo sono le pillole furbe
Un nuovo studio italiano, coordinato dal Dipartimento di Psicologia della Sapienza e dal laboratorio IIT Neuroscience and Society, ha dimostrato, attraverso pillole intelligenti dotate di un termometro, un manometro e un sensore di acidità miniaturizzati e ingerite come normali compresse, l’esistenza di una correlazione tra lo stato fisiologico dell’apparato gastrointestinale e la consapevolezza del proprio corpo. La ricerca è pubblicata sulla rivista iScience.

farfalle nello stomaco pillole furbe intestino
Monti, Aglioti et al., iScience

Un nuovo studio interamente italiano pubblicato su iScience ha rilevato come la consapevolezza di avere un corpo e risiedere all’interno di esso, sia una sensazione fortemente correlata a parametri fisiologici del nostro corpo come temperatura, pressione arteriosa e acidità dello stomaco e dell’intestino.

Lo studio è stato sviluppato nei laboratori del Dipartimento di Psicologia della Sapienza in collaborazione con il laboratorio Neuroscience and Society del centro dell’Istituto Italiano di Tecnologia di Roma, CLN2S@Sapienza. La ricerca ha evidenziato che gli organi più profondi del nostro corpo, come quelli appartenenti al tratto gastro intestinale, sono gli unici in grado, attraverso segnali mandati ai nervi periferici, di captare sempre tutto ciò che ci circonda.

“Il problema – afferma Salvatore Maria Aglioti, Professore alla Sapienza e Ricercatore Senior presso IIT – è che una cosa è studiare il ruolo dell’attività cardiaca o respiratoria nella consapevolezza corporea, come abbiamo fatto in precedenza, una cosa è studiare l’attività del tratto gastrointestinale. Stomaco e intestino sono organi profondi e contorti, che normalmente vengono indagati per mezzo di sonde molto invasive: chiunque abbia fatto una gastroscopia o una colonscopia lo sa per esperienza”.

Per superare questo ostacolo, i ricercatori e le ricercatrici hanno esplorato il collegamento tra stomaco, intestino e percezione del proprio corpo per mezzo di una tecnologia altamente progredita e mai impiegata prima nel campo delle neuroscienze cognitive: le pillole furbe, dotate di un termometro, un manometro e un sensore di acidità miniaturizzati e ingerite come normali compresse.

Attraverso questi dispositivi sono stati in grado di registrare a intervalli regolari, temperatura, pressione e acidità gastrointestinale. I dati una volta raccolti venivano trasmessi a una ricetrasmittente esterna, il tutto collegato senza fili.

Per capire se veramente ci fosse una correlazione tra lo stato fisiologico dell’apparato gastrointestinale e la consapevolezza del proprio corpo, i partecipanti dovevano ingerire una di queste pillole intelligenti e mediante un visore 3D osservare un corpo virtuale.

Questo avatar poteva presentarsi in due situazioni differenti: la prima in cui tale personaggio aveva un aspetto simile al paziente, si trovava nella sua stessa posizione e respirava come lui; la seconda situazione in cui il personaggio era differente dal partecipante. Alla fine di questa esperienza il paziente doveva descrivere quanto si sentiva “incorporato” al corpo virtuale appena mostrato. Tale procedura doveva essere ripetuta tre volte, a seconda della posizione della pillola furba: la prima in prossimità dello stomaco, la seconda dell’intestino tenue e l’ultima nell’intestino crasso.

Si tratta di uno studio all’avanguardia – chiosa Alessandro Monti, primo autore dello studio- che ha permesso ai ricercatori di capire come consapevolezza e attività del tratto gastrointestinale siano collegate tra di loro, infatti, quando presentiamo una forte consapevolezza del nostro corpo i nostri organi interni si presentano più attivi rispetto a quando questa sensazione viene a mancare.

Giuseppina Porciello e Maria Serena Panasiti, neuroscienziate cliniche e co-autrici dello studio, fanno notare che la nuova scoperta ha implicazioni per una serie di condizioni patologiche. Potrà ad esempio servire ai ricercatori per capire se è vero che i segnali del tratto gastrointestinale hanno un ruolo cruciale nei disturbi alimentari e nei disturbi di depersonalizzazione e derealizzazione. Non solo, tramite la metodologia delle pillole ‘furbe’ si potrà capire se la fisiologia del tratto gastrointestinale possa interferire sulle emozioni e il ragionamento morale dell’individuo.

“Ho le farfalle nello stomaco” non è solo una metafora: a dircelo sono le pillole furbe. Bozzetto, autore Alessandro Monti

Riferimenti:

Monti, A., Porciello, G., Panasiti, M.S., Aglioti, S.M. (2022). Gut markers of bodily self-consciousness in men. iScience, in press.doi: https://doi.org/10.1016/j.isci.2022.105061

 

Testo e immagini dal Settore Ufficio stampa e comunicazione Sapienza Università di Roma

Mentire o dire la verità: il ruolo della dopamina nelle scelte di persone colpite da malattia di Parkinson
Un’analisi della rassegna scientifica pubblicata da NPJ Parkinson’s Disease, parte del gruppo Nature, ha valutato il ruolo della dopamina nella modulazione delle scelte morali di pazienti colpiti da malattia di Parkinson, in particolare sul mentire o dire la verità.

Parkinson dopamina
Foto di Pete Linforth

La malattia di Parkinson è un disturbo neurodegenerativo progressivo caratterizzato dalla perdita di neuroni dopaminergici nei gangli della base e nel circuito talamo-corticale, che provocano alterazioni nel controllo motorio. Una mole crescente di evidenze indica inoltre come i gangli della base sottendano anche funzioni di alto livello, come la cognizione, l’emozione e la motivazione.

Un gruppo di ricercatori coordinati da Salvatore Maria Aglioti, e che ha visto il coinvolgimento di Sapienza Università di Roma, Istituto Italiano di Tecnologia, Fondazione Santa Lucia IRCCS, ha pubblicato una rassegna della letteratura volta ad indagare la cognizione morale, e in particolare i processi decisionali di tipo morale, come il mentire o il dire la verità, in pazienti colpiti da malattia di Parkinson.

L’analisi della letteratura scientifica ha evidenziato la presenza di due diverse tendenze comportamentali: l’iper-onestà, ossia la minor propensione a mentire rispetto ai gruppi di controllo, anche quando la menzogna comportava un guadagno economico, e l’ipo-onestà, quindi la maggior propensione a mentire rispetto ai gruppi di controllo. In particolare, la tendenza a mentire si è rivelata essere spesso associata alle ulteriori diagnosi di disturbo del controllo degli impulsi e di sindrome da dis-regolazione dopaminergica.

“I pazienti che oltre alla malattia di Parkinson presentano un disturbo del controllo degli impulsi” spiega la dott.ssa Giorgia Ponsi, psicologa,  e prima autrice dello studio, “Mostrano una ridotta quantità di trasportatore della dopamina nello striato dorsale, che è la regione del cervello coinvolta negli aspetti motori e cognitivi delle decisioni. A questo si associa un maggior rilascio presinaptico di dopamina nello striato ventrale, ossia quella regione del cervello che fa parte del circuito della ricompensa ed è coinvolta negli aspetti motivazionali della decisione in risposta a ricompense esterne. Questo implica che, ad esempio, la prospettiva di una vincita economica abbia un valore motivazionale più elevato per una persona con malattia di Parkinson e disturbo del controllo degli impulsi.”

“Lo studio di questi comportamenti in persone con malattia di Parkinson, permette di comprendere attraverso le neuroscienze quella complessa catena di eventi che ci guidano nelle nostre scelte quotidiane” ha commentato Salvatore Maria Aglioti, “L’obiettivo ultimo è quello di riuscire ad individuare strategie terapeutiche che, attraverso l’utilizzo di farmaci o la neuroriabilitazione, possano aiutare a ripristinare l’equilibrio interrotto dalla patologia”.

Secondo gli autori dello studio, la principale ipotesi derivata da questa analisi, è che le disfunzioni a carico del sistema motivazionale, in particolare lo squilibrio dopaminergico tra striato dorsale e striato ventrale, possano aumentare o diminuire la salienza delle ricompense esterne(ad esempio, denaro o cibo) e spiegare, di conseguenza, entrambe le tendenze comportamentali (iper-onestà e ipo-onestà) riportate in letteratura.

Riferimenti:

Ponsi, G., Scattolin, M., Villa, R., Aglioti, S. M. Human moral decision-making through the lens of Parkinson’s disease. npj Parkinsons Dis. 7, 18 (2021). https://doi.org/10.1038/s41531-021-00167-w

 

Testo dal Settore Ufficio stampa e comunicazione Sapienza Università di Roma.

Uno studio della Sapienza mostra la capacità della realtà virtuale di suscitare, in zone del corpo cosiddette “proibite”, reazioni reali a tocchi virtuali

La ricerca, coordinata da Salvatore Maria Aglioti, è stata condotta su due gruppi di uomini e di donne con diverso orientamento sessuale valutando le reazioni indotte da una carezza virtuale da parte dei differenti gruppi

realtà virtuale reazioni
Foto di Gerd Altmann

 I ricercatori, coordinati da Salvatore Maria Aglioti (Sapienza Università di Roma, Istituto Italiano di Tecnologia, IRCCS Fondazione Santa Lucia) hanno utilizzato la realtà virtuale immersiva inducendo nei partecipanti la sensazione che il corpo virtuale che essi stavano osservando in prima persona fosse il proprio corpo. Una volta indotta questa sensazione, i partecipanti osservavano un avatar uomo e un avatar donna toccare il loro corpo virtuale in diversi punti, comprese le parti più intime, come la zona genitale (il tocco non veniva erogato sul corpo reale).

Dopo ogni carezza, il partecipante doveva valutare se il tocco fosse stato piacevole o spiacevole, quanto fosse stato erogeno, opportuno o attivante. In aggiunta alle sensazioni soggettive, veniva registrata la reattività fisiologica alla carezza virtuale, indice implicito e non controllabile di quanto il corpo reagisce a quello che sta esperendo.

Martina Fusaro e Matteo Lisi, autori principali dello studio affermano che: “I partecipanti riportavano l’illusione di incorporare l’avatar osservato in prima persona e quanto il tocco virtuale evocasse sensazioni simili a quelle suscitate da stimolazioni tattili nella vita reale.”

È emerso, infatti, che tutti i partecipanti riportavano come erogeno il tocco virtuale sulle zone intime, rispetto ai tocchi ricevuti sulle altre aree del corpo (zone più sociali, come la mano e zone più neutre, come il ginocchio). L’erogeneità veniva modulata in base al sesso dell’avatar che stava toccando: partecipanti eterosessuali trovavano più erogeno il tocco dell’avatar di sesso opposto, mentre i partecipanti gay e lesbiche quello dell’avatar dello stesso sesso.

Il tocco, inoltre, veniva considerato più appropriato per gli uomini eterosessuali quando proveniente dall’avatar donna, mentre per le donne eterosessuali non vi era differenza rispetto all’appropriatezza se proveniente da avatar donna o uomo. In modo speculare, gli uomini gay consideravano ugualmente appropriato il tocco di uomo e di donna, mentre per le donne lesbiche il tocco nelle zone intime era più appropriato quando proveniente da donna (mentre nelle aree più sociali e neutre non vi era differenza se a toccare era un uomo o una donna).

I risultati della reattività fisiologica (nello specifico, la conduttanza cutanea), indicavano che i tocchi sul corpo dei partecipanti inducevano sensazioni diverse: in particolare, il tocco proveniente dall’avatar donna induceva un innalzamento della reattività quando erogato sulle zone intime.

Matteo Lisi aggiunge: “Mentre la maggioranza degli studi presenti in letteratura si è focalizzata sulle differenze di sesso nelle reazioni ai tocchi, abbiamo voluto evidenziare che l’orientamento sessuale svolge un ruolo altrettanto rilevante e dovrebbe essere sempre preso in considerazione”.

 “I risultati di questo studio” conclude Fusaro “sono importanti poiché evidenziano come sia possibile, mediante la realtà virtuale immersiva, indurre sensazioni vicarie molto simili a quelle in indotte da situazioni della vita reale. Il paradigma sviluppato, e applicato per la prima volta in questo studio, potrebbe essere utile per indagare la sfera intima in alcune persone che per diversi motivi preferiscono non essere toccate (per esempio, alcune persone con disturbo dello spettro dell’autismo o persone che hanno subito violenze fisiche o sessuali)”.

Riferimenti:

Fusaro, M., Lisi, M.P., Tieri, G., Aglioti, S.M. Heterosexual, gay, and lesbian people’s reactivity to virtual caresses on their embodied avatars’ taboo zones. Sci Rep 11, 2221 (2021). https://www.nature.com/articles/s41598-021-81168-w

 

Testo dal Settore Ufficio stampa e comunicazione Sapienza Università di Roma sullo studio relativo alle reazioni reali determinate da tocchi nella realtà virtuale.

Te lo leggo negli occhi! Come stimoli politici influenzano la decisione di mentire agli altri

Un nuovo studio italiano, coordinato da un team di ricerca del Dipartimento di Psicologia della Sapienza, ha osservato l’influenza che volti e parole della politica possono avere sul comportamento morale degli elettori “indecisi”. I risultati del lavoro, pubblicati sulla rivista Scientific Reports, sono stati ottenuti attraverso l’analisi del comportamento oculomotorio di un campione di persone prive di una convinzione ideologica precisa

occhi politici mentire
Gli stimoli politici influenzano la decisione di mentire agli altri, ma gli occhi non mentono

Gli occhi non mentono perchè secondo alcuni sono lo specchio dell’anima.

Dal movimento oculare è possibile capire se una persona mentirà o dirà la verità e ottenere anche informazioni utili sulle ragioni e sulle modalità dell’uno o dell’altro comportamento e sulle relative conseguenze.

È quanto ha dimostrato il team di ricerca composto da Michael Schepisi, Giuseppina Porciello, Salvatore Maria Aglioti e Maria Serena Panasiti del Dipartimento di Psicologia della Sapienza in un nuovo lavoro pubblicato sulla rivista Scientific Reports.

L’obiettivo generale dello studio è stato quello di indagare se la presentazione di stimoli politici di diversa natura (volti di politici vs. parole ideologiche) e associati a diverse ideologie (sinistra vs. destra) potesse influenzare la tendenza di persone politicamente indecise a mentire. Inoltre, attraverso la registrazione dei movimenti oculari dei partecipanti è stato possibile avere un indice attentivo in grado di predire il processo decisionale che porta a tale comportamento.

Nello specifico, i risultati mostrano come alcune parole ideologiche (es. “condivisione”, “tolleranza”) possano essere utilizzate più efficacemente per veicolare messaggi che influiscono sul comportamento morale dei partecipanti, portandoli a mentire di più per l’interesse altrui e meno per quello personale.

A queste conclusioni si è arrivati attraverso un esperimento nel quale ai partecipanti è stato chiesto di cimentarsi in un gioco di carte contro avversari dal differente status socioeconomico. In palio una ricompensa monetaria per ottenere la quale i giocatori potevano decidere se mentire o dire la verità ai loro avversari riguardo all’esito del gioco.

“L’analisi dei movimenti oculari dei partecipanti – spiega Michael Schepisi della Sapienza, primo autore del lavoro – ha inoltre evidenziato come gli stimoli ideologici avessero influenzato le loro decisioni durante il gioco spostandone il focus attentivo: in seguito all’esposizione di stimoli di sinistra i partecipanti tendevano a prestare più attenzione alle informazioni relative allo status dei propri avversari che al risultato del gioco, condizionando i successivi comportamenti e il contatto oculare a seconda della posizione socioeconomica degli avversari stessi”.

I ricercatori hanno visto che i partecipanti modellavano il loro comportamento mentendo meno agli avversari di basso status, ossia quelli percepiti come probabilmente più “deboli”. Inoltre, dopo aver mentito, i partecipanti tendevano a distogliere lo sguardo dagli avversari di alto status e a mantenerlo verso quelli di basso status.

“I risultati del nostro studio, che rientra nel progetto ERC Advanced Grant eHONESTY, – conclude Salvatore Maria Aglioti – offrono nuove evidenze circa il modo in cui un priming ideologico puo’ influenzare il processo decisionale di tipo morale e suggeriscono come il comportamento oculomotorio possa fornire informazioni cruciali su come questo processo abbia luogo”.

 

Riferimenti:

Oculomotor behavior tracks the effect of ideological priming on deception – Michael Schepisi, Giuseppina Porciello, Salvatore Maria Aglioti & Maria Serena Panasiti – Sci Rep 10, 9555 (2020) https://doi.org/10.1038/s41598-020-66151-1

 

Testo e immagine dal Settore Ufficio stampa e comunicazione Sapienza Università di Roma.