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Bambini con malformazioni dei reni: chiarito il ruolo della profilassi antibiotica

La profilassi antibiotica, pratica comunemente utilizzata nei bambini nati con malformazioni congenite dei reni e delle vie urinarie, riduce da un lato il rischio di infezioni urinarie, ma dall’altro non modifica nel tempo il rischio del danno renale. Anzi, al contrario aumenta le infezioni da germi aggressivi: per diminuire i rischi legati all’antibiotico-resistenza, l’utilizzo di questi farmaci deve essere limitato ai pazienti con infezioni ricorrenti. La pubblicazione dello studio su New England Journal of Medicine.

Milano, 12 settembre 2023 – Qual è il ruolo della profilassi antibiotica nei bambini nati con malformazioni congenite ai reni e alle vie urinarie? È realmente utile oppure rischia solo di sviluppare un rischio di antibiotico-resistenza in pazienti già fragili?

La risposta arriva dai risultati dello studio europeo PREDICT, pubblicati oggi su New England Journal of Medicine, che chiariscono finalmente il ruolo della profilassi antibiotica. La ricerca è stata coordinata dal professor Giovanni Montini, docente di Pediatria dell’Università degli Studi di Milano e direttore della Struttura Complessa di Nefrologia e Dialisi Pediatrica – Trapianti di Rene del Policlinico di Milano, e dal dottor William Morello del suo staff medico.

I bambini nati con malformazioni congenite dei reni e delle vie urinarie sono infatti a elevato rischio di insufficienza renale, dialisi e trapianto di rene rispetto a chi nasce con reni normali. Questi bambini, purtroppo, sviluppano molte infezioni sintomatiche delle vie urinarie (pielonefriti), che potrebbero lasciare cicatrici renali e peggiorare la funzione dei reni nel tempo. Per questo motivo, per molti decenni, sono stati sottoposti a profilassi antibiotica prolungata (piccole dosi di antibiotico quotidiane per anni) per cercare di ridurre le infezioni e preservare la funzione dei reni, ma nessuno studio prima di PREDICT aveva stabilito se questa pratica fosse realmente utile.

Lo studio è stato condotto in 39 centri pediatrici provenienti da 6 Paesi Europei ed è riuscito ad arruolare oltre 290 lattanti nei primi 4 mesi di vita, con una malformazione congenita rara ai reni (reflusso vescico-ureterale). I pazienti sono stati suddivisi in 2 gruppi, di cui solo uno ha eseguito la profilassi antibiotica per 2 anni. Tutti i bambini sono stati strettamente monitorati e trattati per eventuali infezioni urinarie.

I risultati indicano che la profilassi antibiotica riduce il rischio di infezioni delle vie urinarie di circa il 15%, che la maggior parte (2 su 3) dei bambini con reflusso vescico-ureterale non sviluppa infezioni. Tuttavia, allo stesso tempo la profilassi non modifica il rischio di danno renale o di riduzione della funzione renale dopo 2 anni e allo stesso tempo, aumenta le infezioni da germi aggressivi come Pseudomonas aeruginosa e lo sviluppo di resistenze antibiotiche. Lo studio inoltre chiarisce il rapporto tra cicatrici renali e infezioni delle vie urinarie, dimostrando come queste alterazioni dei reni siano spesso congenite e non abbiano una relazione con l’infezione.

“I risultati di questo studio rappresentano il coronamento di un progetto, iniziato molti anni fa, mirato a offrire una risposta definitiva rispetto all’utilità di una pratica molto diffusa come la profilassi antibiotica”, commenta Giovanni Montini. “I nostri dati quantificano per la prima volta il suo effetto e ci fanno capire come possa essere riservata a chi soffre di infezioni ricorrenti, risparmiando lunghe terapie e molte visite ospedaliere in gran parte di questi bambini. Ancora più importante è l’impatto sullo sviluppo di resistenze batteriche. L’uso incontrollato di antibiotici rappresenta una vera emergenza medica della nostra epoca: si stanno, infatti, selezionando batteri sempre più resistenti agli antibiotici attualmente disponibili e per i quali potremmo non avere più terapie efficaci. I dati del nostro studio cambieranno l’approccio gestionale di questi pazienti”, conclude Montini.

Lo studio è stato finanziato dal Ministero della Salute Italiano e da due associazioni non profit, il Sogno di Stefano ONLUS e l’Associazione per il Bambino Nefropatico ONLUS, fondamentali per supporto ai bambini con malattie renali.

Bambini malformazioni reni profilassi antibiotica
Immagine generata dall’IA, di Elf-Moondance

Testo dall’Ufficio Stampa Direzione Comunicazione ed Eventi istituzionali Università Statale di Milano

Fabiana ramulosa: una pianta contro l’antibiotico-resistenza 

Un team multidisciplinare della Sapienza ha individuato in una molecola dell’arbusto originario delle pendici montuose del Cile e dell’Argentina un alleato naturale contro la resistenza agli antibiotici. L’azione antimicrobica della pianta è stata scoperta utilizzando approcci bioinformatici e screening biologici. I risultati del lavoro sono pubblicati sulla rivista Journal of Antimicrobial Chemotherapy

Fabiana densa ramulosa antibiotico-resistenza
Il composto BBN149, estratto da Fabiana ramulosa, inibisce la crescita batterica di batteri resistenti alla colistina. A destra la pianta utilizzata per l’estrazione del BBN149 la cui struttura è riportata al centro. Il grafico a sinistra riporta l’inibizione della crescita (Growth %) di un ceppo di P. aeruginosa resistente alla colistina in presenza di dosi crescenti di BBN149 e colistina (+ colistin). Si può notare che in presenza di colistina il BBN149 inibisce completamente la crescita del ceppo resistente alle concentrazioni comprese tra 125 e 31 mM, mentre non ha alcun effetto in assenza di colistina.

La resistenza agli antibiotici, o antibiotico-resistenza, è un meccanismo che deriva dal naturale sistema di difesa dei batteri nei confronti degli agenti esterni. A livello molecolare si tratta di un processo che normalmente avviene in pochi microrganismi di una popolazione batterica. Tuttavia, quando la popolazione è esposta agli antibiotici, i batteri resistenti per continuare a sopravvivere e a proliferare diffondono velocemente questa capacità a batteri diversi presenti nello stesso ecosistema.

L’antibiotico-resistenza sta compromettendo la possibilità di trattare le più comuni infezioni batteriche, mettendo a rischio anche procedure mediche ordinarie quali gli interventi chirurgici o i trattamenti chemioterapici. La situazione inoltre sta peggiorando con l’emergere di nuovi ceppi batterici capaci di sviluppare resistenza a più antibiotici (multi-resistenza) e persino pan-resistenza a tutti gli antibiotici disponibili. Basti pensare a batteri come Klebsiella pneumoniae, Escherichia coli, Staphlylococcus aureus e Pseudomonas aeruginosa, che sono diffusi in tutti i paesi e mostrano resistenze multiple anche agli antibiotici indicati come ultima risorsa, limitando fortemente le opzioni di cura per i pazienti.

Per il trattamento di infezioni da batteri multi- o pan-resistenti sono stati reimmessi nella terapia vecchi antibiotici che, non essendo stati più stati utilizzati da diversi anni, possono risultare efficaci. Uno di questi è la colistina, una molecola antimicrobica entrata in disuso negli anni ‘50 e recentemente riconsiderata per il trattamento di infezioni da batteri Gram-negativi come la Klebsiella.

Oggi, un nuovo studio coordinato dalla Sapienza Università di Roma, in collaborazione con altre università e enti di ricerca italiani, ha indagato i meccanismi molecolari alla base della resistenza dei batteri alla colistina, giungendo a identificare un composto naturale in grado di disattivare l’azione dei batteri contro il farmaco.

Lo studio, risultato dell’approccio multidisciplinare di un team di chimici, bioinformatici, microbiologi e biochimici, è stato pubblicato sulla rivista Journal of Antimicrobial Chemotherapy e ha visto il supporto del MUR, della Fondazione Fibrosi Cistica e dell’Istituto Pasteur Fondazione Cenci Bolognetti.

In particolare, i ricercatori hanno osservato che la colistina si lega alla parete dei batteri, nello specifico alla loro componente lipideA del lipopolisaccaride, e ne distrugge l’integrità causandone la morte. Nei batteri che sviluppano resistenza alla colistina invece si attiva l’enzima ArnT, che modifica il lipideA rendendolo inattaccabile.

La conoscenza dei meccanismi molecolari alla base della colistina-resistenza, ha permesso quindi di identificare BBN149, un composto di origine naturale estratto dalla pianta Fabiana densa var. ramulosa, un genere di piante originario delle pendici montuose del Cile e dell’Argentina.

“Poiché in alcuni casi la colistina rappresenta l’ultima opportunità terapeutica disponibile è molto importante preservarne l’attività il più a lungo possibile” – spiega Fiorentina Ascenzioni del Dipartimento di Biologia e biotecnologie Charles Darwin della Sapienza. “Il nostro obiettivo è stato quello di trovare un composto capace di inattivare ArnT e lo abbiamo fatto attraverso lo screening di una vasta libreria di composti naturali appartenente al gruppo di Bruno Botta del Dipartimento di Chimica e tecnologia del farmaco del nostro Ateneo”.

Successivamente i ricercatori hanno confermato la funzione di BBN149 con dati microbiologici e biochimici e poi attraverso l’utilizzo di tecniche di molecular modeling, utili a simulare il comportamento della molecola.

I dati sperimentali presentati nel lavoro, da una parte confermano ArnT come target anti-colistina-resistenza, dall’altra aprono la strada allo sviluppo di adiuvanti della colistina nel trattamento di infezioni batteriche da Gram-negativi colistina-resistenti, le quali sono rapidamente aumentate da quando è stato ripristinato l’utilizzo della molecola negli antibiotici.

Fabiana ramulosa antibiotico-resistenza
Fabiana ramulosa, dalla quale è possibile estrarre una molecola, alleato naturale contro l’antibiotico-resistenza. Foto di Penarc, CC BY 3.0

Riferimenti:

A novel colistin adjuvant identified by virtual screening for ArnT inhibitors – Francesca Ghirga, Roberta Stefanelli, Luca Cavinato, Alessandra Lo Sciuto, Silvia Corradi, Deborah Quaglio, Andrea Calcaterra, Bruno Casciaro, Maria Rosa Loffredo, Floriana Cappiello, Patrizia Morelli, Alberto Antonelli, Gian Maria Rossolini, Marialuisa Mangoni, Carmine Mancone, Bruno Botta, Mattia Mori, Fiorentina Ascenzioni, Francesco Imperi – Journal of Antimicrobial Chemotherapy (2020), dkaa200, https://doi.org/10.1093/jac/dkaa200

Le piante del genere Fabiana prendono il loro nome dal vescovo Francisco Fabián y Fuero. Qui in un dipinto di Juan Bautista Suñer, olio su tela (201 x 114 cm), all’Università di Valencia. Immagine UV CC BY-SA 4.0

Testo e immagine dall’Ufficio Stampa Sapienza Università di Roma sulla molecola dalla Fabiana densa var. ramulosa, alleato contro l’antibiotico-resistenza.