News
Ad
Ad
Ad
Tag

Physical Review Letter

Browsing

Buchi neri: quale destino dopo la loro evaporazione?

Uno studio congiunto Sapienza-INFN ipotizza, attraverso complesse simulazioni numeriche, i possibili effetti del fenomeno di evaporazione dei buchi neri, la cui esistenza è stata prevista da Stephen Hawking. La ricerca è pubblicata sulla rivista Physical Review Letter.

instabilità per superradianza Paolo Pani buchi neri materia oscura
Il buco nero supermassiccio nel nucleo della galassia ellittica Messier 87 nella costellazione della Vergine. Si tratta della prima foto diretta di un buco nero, realizzata dal progetto internazionale Event Horizon Telescope. Foto modificata Event Horizon TelescopeCC BY 4.0

Il destino dei buchi neri potrebbe essere quello di evaporare fino a dischiudere le singolarità gravitazionali altrimenti celate dall’inviolabile barriera rappresentata dall’orizzonte degli eventi, oppure assumere una forma stabile e paragonabile ai più suggestivi oggetti previsti dalla Relatività Generale di Einstein, i wormholes. È questa una delle conclusioni a cui è giunto uno studio condotto da un gruppo di ricercatori del Dipartimento di Fisica della Sapienza e dell’Istituto nazionale di fisica nucleare (INFN), in collaborazione con una collega del Niels Bohr Institute danese, che, attraverso complesse simulazioni numeriche, ha esplorato per la prima volta, nell’ambito di una teoria della relatività generale modificata, i possibili esiti finali dell’evaporazione dei buchi neri, fenomeno previsto dal celebre fisico teorico Stephen Hawking. Il risultato, pubblicato sulla rivista Physical Review Letter, mette in evidenza l’importanza delle simulazioni numeriche (numerical relativity) per fornire nuove spiegazioni sul destino dei buchi neri, suggerendo al tempo stesso la possibilità di nuovi candidati di materia oscura formatisi alla fine della loro evaporazione nei primi istanti dell’universo.

Sebbene il regime di campo gravitazionale forte che li contraddistingue non consenta né alla materia, né alla luce, di liberarsi dalla loro oscura morsa, i buchi neri, a causa di effetti quantistici, evaporano emettendo radiazione termica in maniera continua. Descritta nel 1974 da Stephen Hawking, questa evaporazione comporterebbe il restringimento dell’orizzonte degli eventi di un buco nero, un processo non ancora osservato, il cui stadio finale rappresenta a sua volta uno dei grandi misteri della fisica teorica. La dissoluzione del buco nero potrebbe infatti non costituire l’unico esito possibile dell’evaporazione, che potrebbe cambiare drasticamente a seconda delle condizioni gravitazionali durante il processo.

“La riduzione di un buco nero”, spiega Fabrizio Corelli, ricercatore del Dipartimento di Fisica della Sapienza associato INFN e primo autore dello studio, “potrebbe comportare l’avvicinarsi dell’orizzonte degli eventi verso la singolarità gravitazionale presente al suo interno, e quindi verso regioni dello spaziotempo di curvatura sempre maggiore. È quindi inevitabile che, durante l’evaporazione di Hawking, effetti gravitazionali legati all’alta curvatura dello spaziotempo diverrebbero via via sempre più rilevanti, al punto da modificare lo stadio finale dell’evaporazione. Proprio per questo è particolarmente interessante studiare questi fenomeni in una teoria di gravità modificata come quella da noi considerata.”

Imponendo le opportune correzioni alla Relatività Generale e facendo ricorso a complesse simulazioni numeriche, i ricercatori sono stati perciò in grado di ottenere per la prima volta alcuni possibili stati finali per il processo di evaporazione dei buchi neri. Tra i risultati discussi nell’articolo apparso su Physical Review Letter, c’è quello che suggerisce la comparsa di singolarità al di fuori dei loro orizzonti degli eventi. Scenario che si pone tuttavia in contrasto con il cosiddetto principio di “censura cosmica” di Roger Penrose, il quale ipotizza come la singolarità debba essere relegata all’interno del buco nero e non possa essere in comunicazione diretta con l’esterno. Una seconda alternativa riguarda invece la trasformazione dei buchi neri in wormholes, strutture capaci di collegare punti diversi dello spaziotempo, previste sulla base di alcune soluzioni esotiche delle equazioni della Relatività Generale, ma finora mai osservate, le cui caratteristiche potrebbero consentire di spiegare l’ancora sfuggente natura della materia oscura.

“I risultati di questo studio – conclude Paolo Pani del Dipartimento di Fisica della Sapienza e ricercatore INFN – mostrano che l’evaporazione di un buco nero in teorie con correzioni ad alta curvatura alla Relatività Generale potrebbe violare la censura cosmica. Le simulazioni evidenziano infatti come durante il processo di evaporazione le singolarità potrebbero uscire dal buco nero. Se confermato, questo implicherebbe la necessità di una teoria quantistica della gravitazione per spiegare il destino dei buchi neri. È comunque possibile che il destino dell’evaporazione di Hawking sia la formazione di un wormhole, un oggetto senza singolarità e senza orizzonte degli eventi che non evapora ulteriormente, rispettando così la congettura di Penrose. Se confermato, in questo scenario i buchi neri primordiali, formati nei primi istanti dell’universo, evaporerebbero fino a raggiungere una configurazione stabile, diventando così dei perfetti candidati per spiegare la materia oscura”.

Riferimenti:

What is the fate of Hawking evaporation in gravity theories with higher curvature terms? – Fabrizio Corelli, Marina De Amicis, Taishi Ikeda, Paolo Pani – Physical Review Letter  https://doi.org/10.1103/PhysRevLett.130.091501

 

Testo dal Settore Ufficio stampa e comunicazione Sapienza Università di Roma

Possibili indizi di nuova fisica nei primi risultati di Muon g-2

muon new physics muon nuova fisica

Una nuova e precisa misura delle proprietà magnetiche del muone – particella elementare appartenente alla famiglia dei leptoni, molto simile all’elettrone, ma con una massa circa 200 volte maggiore – fornisce nuova evidenza a favore dell’esistenza di fenomeni fisici non descritti dal Modello Standard, la teoria di riferimento per la spiegazione dei processi subatomici. L’atteso risultato, ottenuto al temine della prima campagna di analisi dei dati acquisiti dall’esperimento Muon g-2, è stato annunciato oggi, mercoledì 7 aprile, nel corso di una presentazione svoltasi presso il Fermi National Accelerator Laboratory (FermiLab) di Batavia, vicino Chicago, il centro statunitense per le ricerche in fisica delle particelle, che ospita l’esperimento. La collaborazione internazionale responsabile di Muon g-2, di cui l’INFN è uno dei principali membri sin dalla sua nascita, è riuscita a ottenere una misura del cosiddetto momento magnetico anomalo del muone con una precisione senza precedenti, confermando le discrepanze con le previsioni del Modello Standard già evidenziate in un precedente esperimento condotto al Brookhaven National Laboratory, vicino New York, e conclusosi nel 2001.

La presente misura di Muon g-2 raggiunge una significatività statistica di 3.3 sigma, o deviazioni standard, e la sua combinazione con il risultato dell’esperimento predecessore porta la significatività della discrepanza a 4,2 sigma, poco meno delle 5 sigma considerate la soglia per poter annunciare una scoperta. Questo risultato fondamentale rappresenta un importante ed entusiasmante indizio della possibile presenza di forze o particelle ancora sconosciute, questione che da decenni alimenta discussioni tra i ricercatori.

“La misura di altissima precisione che abbiamo ottenuto con il nostro esperimento era da lungo tempo attesa da tutta la comunità internazionale della fisica delle particelle. In attesa dei risultati delle analisi sui vari set di dati acquisiti recentemente dall’esperimento e su quelli che verranno raccolti nel prossimo futuro, ci offre già un possibile spiraglio verso una nuova fisica”, afferma Graziano Venanzoni co-portavoce dell’esperimento Muon g-2 e ricercatore della Sezione INFN di Pisa. “L’INFN può ritenersi orgoglioso di questa impresa, avendo svolto un ruolo determinate in tutto l’esperimento. Un successo in buona parte merito dei giovani ricercatori i quali, con il loro talento, idee ed entusiasmo, hanno consentito di ottenere questo primo importante risultato”.

I muoni, che sono generati naturalmente nell’interazione dei raggi cosmici con l’atmosfera terrestre, possono essere prodotti in gran numero dall’acceleratore del Fermilab e iniettati all’interno dell’anello di accumulazione magnetico di Muon g-2, del diametro di 15 metri, dove vengono fatti circolare migliaia di volte con velocità prossima a quella della luce. Come gli elettroni, anche i muoni sono dotati di spin e possiedono un momento magnetico, ovvero producono un campo magnetico del tutto analogo a quello di un ago di bussola. All’interno dell’anello di Muon g-2, il momento magnetico dei muoni acquista un moto di precessione attorno alla direzione del campo magnetico, analogo a quello di una trottola in rotazione. L’esperimento misura con altissima precisione la frequenza di questo moto di precessione dei muoni. Il Modello Standard prevede che per ogni particella il valore del momento magnetico sia proporzionale a un certo numero, detto ‘fattore giromagnetico g’, e che il suo valore sia leggermente diverso da 2, da qui il nome ‘g-2’ o ‘anomalia giromagnetica’ dato a questo tipo di misura. Il risultato di Muon g-2 evidenzia una differenza tra il valore misurato di ‘g-2’ per i muoni e quello previsto dal Modello Standard, la cui previsione si basa sul calcolo delle interazioni dei muoni con particelle “virtuali” che si formano e si annichilano continuamente nel vuoto che li circonda. La discrepanza tra il risultato sperimentale e il calcolo teorico potrebbe quindi essere dovuta a particelle e interazioni sconosciute di cui il Modello Standard non tiene conto. Con il risultato presentato oggi, ottenuto grazie al primo set di dati raccolti da Muon g-2 (Run 1), l’esperimento ha quindi compiuto un importante passo verso la conferma dell’esistenza di fenomeni di nuova fisica.

Per misurare con precisione il fattore giromagnetico del muone c’è bisogno di acquisire dati altrettanto precisi sulla precessione dello spin di questa particella. Il muone decade molto rapidamente producendo un neutrino, un antineutrino e un elettrone, che viene emesso preferibilmente lungo la direzione dello spin del muone. L’esperimento Muon g-2, utilizzando i 24 calorimetri di cui è dotato, misura energia e tempo di arrivo degli elettroni di decadimento e da questi dati estrae la frequenza di precessione dello spin. “La misura di precisione richiede una sofisticata, continua calibrazione dei calorimetri, ovvero l’iniezione di brevi impulsi laser che ne garantiscano la stabilità della risposta, fino a 1 parte su 10.000”, spiega Michele Iacovacci, ricercatore della collaborazione Muon g-2 e della Sezione INFN di Napoli.

Realizzato in Italia, in collaborazione con l’Istituto Nazionale di Ottica del CNR, e finanziato dall’INFN, l’innovativo sistema di calibrazione laser ha rappresentato un notevole passo in avanti rispetto a quelli precedentemente in uso ed è stato uno degli ingredienti fondamentali per ottenere il risultato oggi pubblicato su Physical Review Letter.

Oltre allo sviluppo e alla realizzazione di questo sistema l’INFN, tra i fondatori della collaborazione, ha svolto e continua a svolgere un ruolo centrale all’interno dell’esperimento Muon g-2, composta da 200 scienziati provenienti da 35 istituzioni di 7 diversi paesi.

“Possiamo essere fieri del contributo che l’INFN ha saputo offrire a questa importante scoperta, sia nella fase di ideazione e costruzione dell’apparato, che ha visto attive le strutture dell’INFN di Napoli, Pisa, Roma Tor Vergata, Trieste, Udine, e dei Laboratori Nazionali di Frascati, sia in quella successiva di analisi, con contributi originali da parte di validissimi giovani ricercatori”, afferma Marco Incagli, della sezione INFN di Pisa, responsabile nazionale di Muon g-2.

 

Approfondimenti:

Precisamente anomalo
La misura del momento magnetico del muone
di Luca Trentadue
in Asimmetrie 23 Muone

Una vita da mediano
Storia della più elegante, eclettica e robusta tra le particelle
di Filippo Ceradini
in Asimmetrie 23 Muone

Un mare di antimateria
L’equazione di Dirac, dalla meccanica quantistica al modello standard
di Graziano Venanzoni
in Asimmetrie 19 Equazioni

 

Comunicato Stampa dall’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare