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UNA NUOVA SPERANZA PER LA CURA DEL NEUROBLASTOMA INFANTILE: I RISULTATI DELLO STUDIO DELL’UNIVERSITÀ DI TORINO ASSIEME AD HARVARD

I dati della ricerca sostenuta dalla Fondazione AIRC, pubblicati sulla prestigiosa rivista “Cancer Cell”, promettono nuovi sviluppi nella lotta contro il neuroblastoma, un tumore pediatrico ancora difficile da curare.

 

Il neuroblastoma rappresenta una sfida complessa per la pediatria oncologica, il tasso di sopravvivenza a cinque anni per questo tumore si aggira intorno al 50% per i bambini con forme ad alto rischio. Tuttavia, i risultati di uno studio, condotto dal gruppo di ricerca guidato dal Prof. Roberto Chiarle del Dipartimento di Biotecnologie Molecolari e Scienze per la Salute dell’Università di Torino, e professore presso il Boston Children’s Hospital e la Harvard Medical School, ha delineato una nuova strategia terapeutica che potrebbe migliorare l’efficacia delle cure per questo tipo di tumore.

I ricercatori hanno in particolare dimostrato che l’utilizzo di cellule CAR T contro il recettore ALK, in combinazione con inibitori di ALK stesso, può portare a risultati promettenti nella cura del neuroblastoma. Le cellule CAR T sono cellule del paziente stesso, modificate in laboratorio in modo che in superficie abbiano un recettore chimerico in grado di riconoscere, in questo caso, il recettore ALK.

I risultati dello studio, sostenuto da Fondazione AIRC per la ricerca sul cancro, sono stati pubblicati sulla rivista Cancer Cell (https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/38039964/).

La terapia con cellule CAR T è una potente arma emergente contro il cancro, che modifica le cellule T dei pazienti in modo che possano riconoscere e attaccare le cellule tumorali in modo più preciso e mirato. Ma le attuali terapie a base di CAR T sono solo parzialmente efficaci contro la maggior parte di tumori solidi, compreso il neuroblastoma, un tumore che in genere inizia nel tessuto nervoso dei bambini e può dare origine a metastasi in diverse aree del corpo.

Roberto Chiarle e colleghi hanno creato in laboratorio una nuova terapia cellulare di tipo CAR T per il neuroblastoma e sperano di iniziare presto a sperimentarla clinicamente nei bambini ad alto rischio. Queste CAR T mirano specificamente al recettore ALK, il cui gene è un noto oncogene implicato in molti altri tipi di tumore. Tuttavia, non tutti i pazienti affetti da neuroblastoma presentano livelli sufficientemente elevati di recettori ALK sulle cellule tumorali per attirare un forte attacco da parte delle cellule CAR T.

Guidato dalla ricercatrice Elisa Bergaggio, il gruppo di Chiarle ha provato ad aggiungere al trattamento con cellule CAR T un farmaco inibitore di ALK. Si è scoperto che l’inibitore non solo silenzia la segnalazione oncogenica da parte dei recettori ALK, ma aumenta anche il numero di questi recettori sulla superficie cellulare, offrendo più bersagli per le cellule CAR T nei pazienti con bassa espressione di ALK.

I risultati preclinici, pubblicati su Cancer Cell, hanno dimostrato l’efficacia di questa combinazione terapeutica in animali con neuroblastoma metastatico, con una significativa riduzione della crescita tumorale e un miglioramento nella sopravvivenza nei topi trattati.

A seguito di queste scoperte, il Dana-Farber/Boston Children’s Hospital sta preparando la richiesta di autorizzazione alla Food and Drug Administration (FDA) americana per avviare uno studio clinico su questa terapia combinata nei bambini affetti da neuroblastoma refrattario alle cure o da una recidiva della malattia. Tale studio clinico si svilupperà a Boston e sarà in parte sostenuto anche dal contributo di filantropi torinesi e piemontesi guidati da Lucio Zanon di Valgiurata.

tumori infantili RNA
Una ricerca per la cura del neuroblastoma infantile aggiunge al trattamento con cellule CAR T un farmaco inibitore di ALK. Foto di RyanMcGuire

Testo dall’Ufficio Stampa Area Relazioni Esterne e con i Media Università degli Studi di Torino

Tumori pediatrici, identificati i fattori genetici che predispongono al neuroblastoma

Colpisce bambini e adolescenti fino ai 15 anni. Circa 15.000 ogni anno nel mondo, 130 in Italia. Il Neuroblastoma è un tumore maligno che ha origine dai neuroblasti, cellule presenti nel sistema nervoso simpatico ed è considerato la prima causa di morte e la terza neoplasia per frequenza dopo le leucemie e i tumori cerebrali dell’infanzia.

Tumori pediatrici: identificati i fattori genetici che predispongono al neuroblastoma
Tumori pediatrici: identificati i fattori genetici che predispongono al neuroblastoma che colpisce bambini e adolescenti fino ai 15 anni. Da sinistra, Ferdinando Bonfiglio, Achille Iolascon e Mario Capasso

Oggi, grazie ad una promettente scoperta dei ricercatori napoletani, c’è una speranza in più per la diagnosi precoce e la cura di una delle malattie rare più temibili. Gli studiosi, guidati da Mario Capasso e Achille Iolascon, Principal Investigator del CEINGE e rispettivamente, professore associato e ordinario di Genetica Medica dell’Università degli Studi di Napoli Federico II, hanno infatti identificato i fattori genetici che predispongono al neuroblastoma. E lo hanno fatto investigando su un bagaglio di dati tra i più ampi mai utilizzati al mondo.

«Abbiamo analizzato il DNA di quasi 700 bambini affetti da neuroblastoma e più di 800 controlli mediante sequenziamento avanzato, una tecnica innovativa che riesce a decodificare tutti i geni finora conosciuti in modo affidabile e veloce -spiega il professor Capasso – Questa è la più alta casistica mai studiata fin ad oggi grazie alla quale abbiamo scoperto che il 12% dei bambini con neuroblastoma ha almeno una mutazione genetica ereditata che aumenta il rischio di sviluppare un tumore».

La realizzazione di questo lavoro scientifico è stata resa possibile grazie ad analisi computazionali avanzate del team di esperti del prof. Capasso che lavorano nella facility di Bioinformatica per Next Generation Sequencing del CEINGE. In particolare, si tratta di indagini condotte dall’esperto bioinformatico Ferdinando Bonfiglio, primo autore del lavoro.

«Con predisposizione genetica ci si riferisce alla maggiore probabilità, rispetto alla media, che un bambino ha di sviluppare un tumore – chiarisce Iolascon –. Quindi i risultati di questa ricerca hanno rilevanti implicazioni cliniche; infatti sono utili a migliorare la diagnosi redendola sempre più precoce e certa e a migliorare la gestione clinica del paziente indirizzando il medico verso l’utilizzo di trattamenti personalizzati».

I risultati della ricerca, finanziata dalla OPEN Onlus, Fondazione Italiana per la Lotta al Neuroblastoma e Fondazione AIRC per la Ricerca sul Cancro, sono stati pubblicati su una autorevole rivista scientifica, eBioMedicine del gruppo editoriale “The Lancet”. Inoltre, tutti i dati genetici sono stati resi disponibili in un database online che altri studiosi potranno liberamente consultare per sviluppare nuove ricerche.

E non è tutto. Lo studio ha investito anche altre patologie, come l’autismo. «Un altro dato interessante che emerso da questa ricerca è che alcune delle mutazioni trovate in questi bambini sono associate anche allo sviluppo di malattie del neurosviluppo, ad esempio i disturbi dello spettro autistico. I risultati raggiunti sono utili anche a meglio comprendere i meccanismi molecolari che sono alla base dello sviluppo di malattie non oncologiche», conclude Mario Capasso.

https://www.thelancet.com/journals/ebiom/article/PIIS2352-3964(22)00577-1/fulltext

Da sinistra, Ferdinando Bonfiglio, Mario Capasso e Achille Iolascon

Testo e foto dall’Ufficio Stampa Università Federico II di Napoli

Neuroblastoma: scoperte nel DNA “non codificante” le regioni che attivano i geni responsabili della malattia grave

Per questo studio i ricercatori hanno utilizzato tecniche avanzate di ingegneria genetica, sequenziamento e bioinformatica. I risultati aiuteranno a capire le cause dei tumori più aggressivi.

neuroblastoma DNA non codificante malattia grave
Neuroblastoma: scoperte nel DNA “non codificante” le regioni che attivano i geni responsabili della malattia grave. Foto 1. Da sinistra Annalaura Montella, Vito Alessandro Lasorsa, Achille Iolascon, Mario Capasso, Matilde Tirelli, Sueva Cantalupo

Un altro traguardo verso la comprensione del neuroblastoma è stato raggiunto al CEINGE-Biotecnologie avanzate di Napoli. Grazie a tecniche avanzatissime di ingegneria genetica, di sequenziamento e di bioinformatica, i ricercatori hanno individuato le regioni regolatrici che indirizzano i geni la cui funzionalità alterata è responsabile della maggiore aggressività di uno dei tumori del sistema nervoso dei bambini.

Foto 2. Servizio Bioinformatica per NGS, da sinistra V. Aievola, F. Bonfiglio, Mario Capasso, Vito Alessandro Lasorsa, G. D’Alterio

Gli studiosi, guidati da Mario Capasso e Achille Iolascon, professori di Genetica Medica del Dipartimento di Medicina Molecolare e Biotecnologie Mediche – Università degli Studi di Napoli Federico II e Principal Investigator del CEINGE, si sono soffermati questa volta sul cosiddetto DNA “non codificante”, in passato indicato erroneamente con lo sprezzante soprannome di “DNA spazzatura”: è una porzione enorme del genoma (circa il 99% del totale) contenente particolari sequenze il cui ruolo nel determinare le malattie rimane da ancora scoprire.

«Abbiamo studiato in particolare le regioni del DNA che regolano la trascrizione dei geni, in gergo detti “intensificatori” o “enhancer” – spiega Capasso – che possono essere immaginati come la manopola del volume di una radio con la quale possiamo aumentare o diminuire l’intensità di produzione di specifici geni. Abbiamo analizzato 25 linee cellulari di neuroblastoma mediante la tecnica di sequenziamento ChiP-seq e abbiamo scovato le regioni regolatrici del genoma di questo tumore pediatrico che per molti bambini rimane incurabile. Una volta individuate e localizzate, siamo andati a vedere se in esse erano presenti mutazioni, stavolta analizzando oltre 200 campioni, un numero importante trattandosi di una malattia rara. Ed effettivamente ne abbiamo trovate, in quantità superiore rispetto al restante parte del DNA».

Foto 3. Mario Capasso

I ricercatori hanno anche dimostrato che l’insieme di questi intensificatori del genoma del neuroblastoma, quando mutati, sono tra le cause di una prognosi sfavorevole per i piccoli pazienti.

neuroblastoma DNA non codificante malattia grave
Foto 4. Interazioni tra intensificatori e restanti regioni del DNA mediante HIC Seq

Il viaggio attraverso il DNA non codificante non è terminato qui. Utilizzando un’ulteriore tecnica di sequenziamento integrata con analisi bioinformatiche avanzate (HiC data analysis), eseguite dal dott. Alessandro Vito Lasorsa (esperto bioinformatico del CEINGE), i ricercatori hanno valutato tutte le possibili interazioni delle regioni regolatrici individuate con tutti i geni fin ad oggi conosciuti e hanno scoperto che esse interagiscono proprio con tre geni noti avere un ruolo chiave nello sviluppo dei tumori. E lo hanno dimostrato con studi in-vitro, creando in laboratorio una linea cellulare ingegnerizzata:

«Grazie a una tecnica di genome editing di ultima generazione detta CRISPR-Cas9 –, chiarisce Achille Iolascon – abbiamo confermato che le mutazioni che colpiscono le regioni intensificatrici individuate regolano proprio i tre geni che insieme ad altri sono coinvolti nello sviluppo embrionale e nella risposta del sistema immunitario. Molti di questi geni inoltre sono classificati o come bersagli terapeutici del cancro o come marcatori di una prognosi nefasta della malattia».

neuroblastoma DNA non codificante malattia grave
Neuroblastoma: scoperte nel DNA “non codificante” le regioni che attivano i geni responsabili della malattia grave. Foto 1. Da sinistra Da sinistra Annalaura Montella, Vito Alessandro Lasorsa, Achille Iolascon, Mario Capasso, Matilde Tirelli, Sueva Cantalupo

La ricerca è stata finanziata dalla Fondazione AIRC per la Ricerca sul Cancro, OPEN Onlus, Fondazione Italiana per la Lotta al Neuroblastoma ed è stata pubblicata sulla rivista internazionale di alto impatto Cancer Research*.

*Cancer Research  – Somatic mutations enriched in cis-regulatory elements affect genes involved in embryonic development and immune system response in neuroblastoma – Vito Alessandro Lasorsa, Annalaura Montella, Sueva Cantalupo, Matilde Tirelli, Carmen de Torres, Sanja Aveic, Gian Paolo Tonini, Achille Iolascon and Mario Capasso

Testo e foto dall’Ufficio Stampa Università Federico II di Napoli.

Trattamento dei tumori infantili: nuove possibilità di cura grazie ai meccanismi di regolazione basati sull’RNA

Un gruppo di ricercatori della Sapienza Università di Roma, in collaborazione con l’Istituto italiano di tecnologia (IIT), ha scoperto come l’interazione tra due specifiche molecole di RNA favorisca in laboratorio la crescita di cellule di rabdomiosarcoma, uno dei tumori maligni più ricorrenti in età pediatrica. I risultati dello studio sostenuto da Fondazione AIRC sono stati pubblicati sulla rivista Molecular Cell e aprono nuove strade al trattamento di tumori maligni infantili.

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Trattamento dei tumori infantili: nuove possibilità di cura grazie ai meccanismi di regolazione basati sull’RNA. Foto di RyanMcGuire

L’interesse della scienza per gli RNA circolari (circRNA) è in crescita per le caratteristiche peculiari di questa classe emergente di molecole e per il loro ruolo in diverse condizioni patologiche tra cui il cancro.

In uno studio del Dipartimento di Biologia e biotecnologie Charles Darwin della Sapienza Università  di Roma e dell’Istituto italiano di tecnologia (IIT), i ricercatori hanno individuato un inedito meccanismo molecolare alla base della regolazione dell’espressione di diverse proteine. Si tratta dell’interazione tra molecole di RNA (in particolare tra un RNA circolare, circZNF609, e alcuni RNA messaggeri). In esperimenti di laboratorio i ricercatori hanno scoperto che, in un caso specifico, l’interazione con l’mRNA che contiene le istruzioni per la proteina CKAP5, a sua volta coinvolta nel controllo della duplicazione cellulare, regola la capacità proliferativa delle cellule di rabdomiosarcoma, un tumore maligno pediatrico.

I risultati dello studio sostenuto dalla Fondazione AIRC per la ricerca sul cancro sono stati pubblicati sulla rivista Molecular Cell e rappresentano un ulteriore progresso nella comprensione delle diverse funzioni che l’RNA svolge nelle cellule. In particolare, è stata così chiarita una nuova rilevante funzione delle molecole di RNA circolari.

Nello specifico, i ricercatori hanno dimostrato come questo meccanismo di regolazione genica sia capace di regolare la crescita delle cellule di rabdomiosarcoma, uno dei tumori maligni più ricorrenti in età pediatrica e che fa parte dei cosiddetti sarcomi dei tessuti molli, tumori che si sviluppano nei muscoli, nel grasso e nel tessuto connettivo.

Spiega Irene Bozzoni della Sapienza, coordinatrice dello studio: “Impedendo l’interazione tra le due molecole di RNA, siamo riusciti a rendere le cellule tumorali in coltura più sensibili a diversi trattamenti chemioterapici generalmente usati nella cura del rabdomiosarcoma, ma spesso inefficaci nei casi più gravi”.

Si è inoltre evidenziato che questo meccanismo è presente anche in altri tipi di tumore, come la leucemia mieloide cronica e il neuroblastoma, rendendo questo circuito molecolare un interessante candidato per nuove terapie mediche basate sull’RNA.

Tali risultati sottolineano l’importanza dello studio delle interazioni tra RNA non codificanti e mRNA per l’identificazione di nuovi meccanismi di regolazione di importanti processi cellulari.

Riferimenti:

Circular RNA ZNF609/CKAP5 mRNA interaction regulates microtubule dynamics and tumorigenicity – Francesca Rossi, Manuel Beltran, Michela Damizia, Chiara Grelloni, Alessio Colantoni, Adriano Setti, Gaia Di Timoteo, Dario Dattilo, Alvaro Centrón-Broco, Carmine Nicoletti, Maurizio Fanciulli, Patrizia Lavia, Irene Bozzoni – Mol. Cell 2021 https://doi.org/10.1016/j.molcel.2021.11.032

Testo dal Settore Ufficio stampa e comunicazione Sapienza Università di Roma