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Mnemiopsis leidyi

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LAGUNA DI VENEZIA E LA NOCE DI MARE (MNEMIOPSIS LEIDYI), L’INVASORE INVISIBILE PRIMA DEL GRANCHIO BLU

Pubblicata sulla rivista internazionale «Hydrobiologia» la ricerca del team scientifico dell’Università di Padova che ha documentato la massiccia invasione nella Laguna di Venezia da parte di Mnemiopsis leidyi, una specie nota come noce di mare.

Viene dimostrata la connessione con il calo del pescato lagunare, diminuito di quasi il 40%, già negli anni 2014-19, cioè prima dell’invasione del granchio blu.

Mnemiopsis leidyi - Noce di mare
La noce di mare (Mnemiopsis leidyi)

Un importante fattore di rischio per la biodiversità marina, così come per la pesca, è rappresentato dalle invasioni biologiche, cioè il forte aumento negli ambienti costieri di specie “aliene” (non indigene) con la capacità arrecare ingenti danni agli ecosistemi. Tali specie, di cui il granchio blu in Adriatico è un famoso esempio, vengono definite “invasive”.

Le specie invasive sono spesso facilitate dal cambiamento climatico che ne favorisce gli spostamenti geografici e che, assieme agli altri impatti umani, perturba gli ecosistemi costieri diminuendone la capacità di resistere alle invasioni biologiche. La Laguna di Venezia è un ambiente in forte cambiamento, soggetto ad un intenso traffico navale (tipico vettore d’introduzione di specie aliene) e numerose altre attività umane: è quindi particolarmente colpita dalle specie invasive.

Uno studio del Dipartimento di Biologia dell’Università di Padova, in collaborazione con l’istituto Nazionale di Oceanografia e Geofisica Sperimentale di Trieste, dal titolo “Assessing the impact of the invasive ctenophore Mnemiopsis leidyi on artisanal fisheries in the Venice Lagoon: an interdisciplinary approach” e pubblicato sulla rivista internazionale «Hydrobiologia» ha documentato la recente massiccia invasione nella Laguna di Venezia da parte di Mnemiopsis leidyi, una specie nota come noce di mare.

Lo studio chiarisce come l’esplosione di abbondanza della noce di mare a partire dal 2014 sia connessa all’aumento della temperatura delle acque ed evidenzia l’enorme impatto negativo di questa specie sulla piccola pesca tradizionale lagunare svolta coi cogolli.

Nonostante la noce di mare sia gelatinosa, quindi praticamente invisibile, e lunga tipicamente pochi centimetri, essa intasa completamente le reti dei pescatori ed è una vorace predatrice di plancton e di larve di specie pregiate per la pesca.

«Questo progetto – dice Filippo Piccardi, dottorando nel programma europeo PON ricerca e innovazione all’Università di Padova, primo autore dello studio – nasce dalla collaborazione fra i ricercatori della sede di Chioggia dell’Università di Padova e i pescatori lagunari. Sono stati loro i primi a vedere l’intruso in Laguna e a subirne le conseguenze. Lo studio è il primo esempio di quantificazione dell’impatto che una specie invasiva ha avuto e sta purtroppo tutt’ora avendo sulla piccola pesca lagunare. Non c’è solo il granchio blu e il rischio di queste invasioni biologiche è quello della perdita totale di una tradizione di pesca lagunare quasi millenaria che utilizza attrezzi estremamente sostenibili».

«L’approccio interdisciplinare utilizzato in questo lavoro ci ha permesso di indagare a fondo il problema della noce di mare: la conoscenza ecologica locale dei pescatori ci ha permesso di ricostruire le fasi temporali dell’arrivo della specie in Laguna attorno al 2010 e della successiva esplosione demografica dal 2014. Successivamente, la modellazione statistica ha chiarito come tale esplosione demografica coincida con un aumento significativo della temperatura delle acque lagunari. Infine, un’analisi delle serie temporali di sbarcato lagunare e i nostri monitoraggi sul campo in affiancamento ai pescatori hanno permesso di dimostrare la connessione fra l’invasione di questa specie e il calo del pescato lagunare, diminuito di quasi il 40% già negli anni (2014-19) precedenti l’esplosione del granchio blu. Specie invasive come noce di mare e granchio blu – conclude Alberto Barausse dell’Università di Padova che ha coordinato questo studio – sono una tragedia ambientale e sociale che va affrontata cercando strategie di mitigazione e adattamento sostenibili, che rispettino cioè anche gli ecosistemi locali i quali, come mostra chiaramente la ricerca, con la loro capacità di autoregolarsi nel lungo periodo sono la nostra principale protezione contro le specie invasive».

Link alla ricerca: https://doi.org/10.1007/s10750-024-05505-6

Titolo: “Assessing the impact of the invasive ctenophore Mnemiopsis leidyi on artisanal fisheries in the Venice Lagoon: an interdisciplinary approach” – «Hydrobiologia» – 2024

Autori: F. Piccardi, F. Poli, C. Sguotti, V. Tirelli, D. Borme, C. Mazzoldi & A. Barausse

Testo e foto dall’Ufficio Stampa dell’Università di Padova

LAGUNA DI VENEZIA: ONDE SONORE PER SCOPRIRE LA VITA SOMMERSA E IN TRANSITO ALLE BOCCHE DI PORTO

Dal progetto FEAMP Exchange appena concluso approfondimento sull’habitat di transizione e indicazioni sull’importanza del monitoraggio periodico per una migliore gestione della pesca

Laguna Venezia bocche porto
Tressa con bertovelli in secca

VENEZIA – Tra laguna e mare c’è uno scambio continuo di maree e organismi. Uno scambio fondamentale anche per la pesca: diversi pesci, cefalopodi e crostacei migrano a fini riproduttivi e di alimentazione dal mare alla laguna, sfruttando la maggior produttività delle acque di transizione rispetto a quelle costiere. Molte specie a riproduzione marina come l’orata, la spigola, la passera, la sogliola e i cefali, che costituiscono importanti stock sfruttati a fini di pesca, si concentrano allo stadio giovanile proprio negli habitat di basso fondale degli ambienti di transizione.

Inoltre, ci sono le bocche di porto, non più semplici corridoi tra mare e laguna, ma veri e propri habitat scelti da pesci e organismi marini che ne amano le caratteristiche, nonostante la cementificazione. Lo stanno scoprendo gli ecologi e biologi che da anni studiano gli organismi che tra mare e laguna vivono e si spostano. Li seguono perlustrando le bocche di porto con l’aiuto di onde sonore.

Le prime tre campagne con l’ecoscandaglio di precisione realizzate tra estate, autunno e inverno del 2018 hanno dimostrato che non solo è possibile ‘vedere’ il passaggio di banchi di pesci, ma addirittura riconoscere specie di piccolissime dimensioni. È stato possibile grazie al progetto Exchange, appena concluso, finanziato dal Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca (FEAMP 2014-2020).

“Ogni organismo ha una sua ‘impronta’ che l’ecoscandaglio di precisione registra e che noi impariamo a riconoscere – spiega Fabio Pranovi, professore di Ecologia marina al Dipartimento di Scienze Ambientali, Informatica e Statistica dell’Università Ca’ Foscari Venezia e coordinatore del progetto – grazie a questa tecnica di acustica attiva, per la prima volta usata in laguna di Venezia, abbiamo potuto valutare i flussi di organismi attraverso le bocche di porto, anche in relazione a diverse condizioni ambientali (stagione, fase del giorno, marea). Il progetto ha permesso una prima quantificazione degli scambi di organismi marini attraverso la bocca di porto del Lido e di evidenziare la relazione tra flussi e condizioni di marea”.

Laguna Venezia bocche porto

Le campagne di monitoraggio hanno messo in luce inoltre come le tecnologie di rilievo acustico, grazie anche alla loro rapidità, possano essere impiegate come strumento di ‘early warning’, cioè di allerta preventiva. Emblematico il caso della noce di mare (Mnemiopsis leidyi) esploso, soprattutto d’estate, dal 2016. Questo organismo dall’aspetto gelatinoso, erroneamente scambiato per medusa, si nutre di larve e uova.

È responsabile del crollo della pesca di sardina in Mar Nero negli anni Ottanta. In laguna, quindi, è una specie aliena, innocua per l’uomo, ma capace di intasare le reti dei pescatori. La sua presenza, spiegano i ricercatori, segue fluttuazioni profonde e difficilmente prevedibili. L’ecoscandaglio non ne ha rilevato la presenza in Laguna nel 2018, a differenza di quanto segnalato solo l’anno precedente.

“Dato che è un vorace predatore di stadi larvali di molte specie ittiche di interesse commerciale – spiega Pranovi – è evidente come predisporre dei monitoraggi periodici possa avere un’importante valenza in termini gestionali, attivando ad esempio potenziali misure di mitigazione degli effetti nocivi, quali ad esempio campagne di prelievo attivo per mezzo di reti pelagiche all’ingresso delle bocche di porto o la raccolta manuale da parte dei pescatori degli individui che si fissano sulle reti da posta”.

Pranovi sta coordinando il seguito di queste prime campagne, Exchange II, progetto che intende valorizzare i risultati incoraggianti di Exchange, estendendo il campionamento acustico anche alle bocche di porto di Malamocco e Chioggia, per ottenere una visione d’insieme dei flussi di biomassa nectonica in entrata e uscita dalla laguna di Venezia, e svolgendo, in parallelo ai rilevamenti acustici, dei campionamenti con tecniche tradizionali di pesca scientifica per validare i dati raccolti.

Un terzo progetto proseguirà fino al giugno 2021 occupandosi, come spiega il titolo stesso, di “Valutazione e miglioramento della sostenibilità ambientale della pesca artigianale nei siti Natura 2000 della laguna di Venezia”. Coordinato dal professor Piero Franzoi, ha l’obiettivo di promuovere la sostenibilità ambientale della pesca artigianale e tutelare la biodiversità in laguna di Venezia.

Il monitoraggio delle caratteristiche ambientali, delle forme del paesaggio lagunare e delle catture tramite reti fisse (tresse con bertovelli), svolto in collaborazione con i pescatori professionisti, permetterà di mappare la distribuzione delle specie alloctone e dei rifiuti plastici, indagando i fattori ambientali maggiormente coinvolti nella loro diffusione. Saranno inoltre sperimentate modifiche agli attrezzi da pesca, per favorire il rilascio delle specie protette e aumentare la sensibilità dei pescatori in materia di conservazione della biodiversità.

“Studi di questo genere sono indispensabili per riuscire ad avere una visione complessiva della funzionalità ecologica del sistema laguna-area costiera – conclude Franzoi – contribuendo in modo significativo all’implementazione di un approccio gestionale realmente ecosistemico”.

Per saperne di più sui progetti FEAMP finanziati a Ca’ Foscari: https://www.unive.it/pag/40522/

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Testo e immagini dall’Università Ca’ Foscari Venezia