“NAPOLI. SECONDA STELLA A DESTRA”: SCIENZA, ASTRONOMIA E RICERCA COME ELEMENTI CHIAVE DELL’IDENTITÀ ITALIANA
Nasce la nuova guida astroturistica INAF – Studio Bleu, presentata nel corso della Conferenza degli Addetti scientifici e spaziali ed Esperti agricoli organizzata dal Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale all’Auditorium Nazionale dell’INAF presso l’Osservatorio Astronomico di Capodimonte.
Napoli/Roma, 19 settembre 2025 – Venerdì scorso 12 settembre 2025 è stata presentata in anteprima “Napoli. Seconda stella a destra”, l’ultima uscita della collana “Seconda Stella a Destra” dedicata alla città in occasione dei 2500 anni dalla sua fondazione. La realizzazione della guida è stata promossa Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale e la presentazione è avvenuta nella cornice della Conferenza degli Addetti scientifici e spaziali e degli Esperti agricoli, ospitata a Napoli dal 10 al 12 settembre, alla presenza del Vice Presidente del Consiglio e Ministro degli Affari Esteri Antonio Tajani e della Ministra dell’Università e della Ricerca Anna Maria Bernini.
“Seconda Stella a Destra” è un progetto dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF) e Studio Bleu, realtà specializzata in progetti di divulgazione scientifica. Dietro le pagine, una rete di competenze: l’INAF garantisce rigore scientifico e selezione dei luoghi con astronomi e storici della scienza, Studio Bleu cura progetto editoriale e grafico, rendendo i contenuti accessibili e visivamente riconoscibili. Musei, Università, Soprintendenze ed enti culturali collaborano su fonti e materiali iconografici.
La guida di Napoli è l’ultima uscita di una collana di guide astronomico-turistiche dedicate alle città d’Italia e vede Mauro Gargano e Francesca M. Aloisio dell’INAF e Valeria Cappelli di Studio Bleu come autori. L’idea è semplice e al tempo stesso ambiziosa: raccontare le città attraverso l’astronomia. Non soltanto il cielo da osservare, ma i segni celesti impressi nella pietra e nella memoria: l’orientamento astronomico di chiese e palazzi, le costellazioni dipinte negli affreschi, gli strumenti scientifici custoditi nei musei, le tracce delle conoscenze antiche nelle tradizioni locali.
“Seconda stella a destra” è insieme progetto editoriale e percorso di divulgazione: astro-turismo nel senso più ampio, capace di intrecciare arte, architettura, storia della scienza e vita quotidiana, con un linguaggio chiaro e coinvolgente. Le guide rientrano nei progetti di divulgazione attraverso cui un ente di ricerca come INAF dissemina il valore dell’astronomia e della ricerca spaziale nella società.
Nella Prefazione, il Vice Presidente del Consiglio e Ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, On. Antonio Tajani, sottolinea come la guida costituisca
“Una chiave di lettura originale e innovativa della città di Napoli, offrendo un percorso unico che fonde la magnificenza del patrimonio culturale alle moderne eccellenze scientifiche italiane. In questo contesto, il connubio tra Arte, Cultura e Scienza è un fattore strategico per il nostro Paese, per valorizzare in un grande gioco di squadra la nostra identità e i nostri valori, e per promuovere crescita, benessere e sviluppo.”
“Con Seconda stella a destra uniamo rigore scientifico e racconto dei luoghi, mostrando come l’astronomia sia parte viva della storia e dell’identità italiana. La guida di Napoli conferma che la diplomazia della scienza può parlare a cittadine e cittadini, a scuola come nei musei, creando ponti tra ricerca, cultura e turismo”, dice Roberto Ragazzoni, Presidente dell’Istituto Nazionale di Astrofisica.
“Lo straordinario patrimonio astronomico di Napoli è un tesoro diffuso, spesso sotto gli occhi di tutti, ma ancora poco riconosciuto. Questa guida propone itinerari pratici per riscoprire nei monumenti, nelle strade e nelle collezioni museali, il dialogo millenario tra cielo e città”, aggiunge Mauro Gargano, Responsabile scientifico per l’INAF della guida dedicata a Napoli.
Dalla Certosa di S.Martino, che custodisce una meridiana bella come un’opera d’arte, alla collina luminosa di Capodimonte, dove ha sede l’Osservatorio Astronomico; dai ‘cieli antichi’ custoditi tra le opere del Museo Archeologico a quelli contemporanei evocati al Museo MADRE, fino al Complesso dei Girolamini, con la sua Biblioteca memorabile, e alle strade di Spaccanapoli, orientate astronomicamente.
La guida dedicata a Napoli rappresenta l’ultima tappa di un percorso lungo dieci anni, partito dalla città di Padova nel 2015 e alla quale sono seguite pubblicazioni dedicate alle città di Firenze (2019), Palermo (2021), Roma (2024) e ora Napoli, in cantiere c’è già la città di Catania.
“La sfida che accogliamo ogni volta è quella di contribuire alla costruzione di una cultura scientifica italiana, dove le città si facciano testimoni di arte, bellezza e anche di scienza. Con questo progetto, arrivato ormai alla sesta città, desideriamo raccontare la meraviglia e lo stupore e guidare turisti e cittadini alla riscoperta di ciò che hanno vicino, magari accorciando quel gap che troppo spesso separa scienza e società”, conclude Chiara Di Benedetto, founder di Studio Bleu, agenzia che per la guida ha curato il progetto editoriale e grafico.
Testo e immagini dall’Ufficio Stampa Istituto Nazionale di Astrofisica – INAF
FONDI FIS2/MUR: ALL’INAF 1,2 MILIONI DI EURO PER STUDIARE L’UNIVERSO OSCURO COL PROGETTO DARKER
Con il sostegno del Fondo Italiano per la Scienza, la ricercatrice INAF Cristiana Spingola guiderà l’ambizioso progetto DARKER per cercare minuscole lenti gravitazionali e sondare i misteri di energia e materia oscura.
Il progetto DARKER – Accurate constraints on dark energy and dark matter using strong lensing in the era of precision cosmology riceve un finanziamento di 1,2 milioni di euro grazie al Fondo Italiano per la Scienza – FIS 2, erogato dal Ministero dell’Università e della Ricerca (MUR). A guidare la ricerca sarà Cristiana Spingola, ricercatrice dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF), con l’obiettivo di sondare alcuni degli enigmi più profondi della cosmologia: energia oscura e materia oscura, che insieme costituiscono circa il 95% dell’intero Universo.
Il progetto DARKER ha l’obiettivo di scoprire nuove lenti gravitazionali molto piccole che, come potentissimi telescopi naturali, permetteranno di indagare in modo ancora più accurato alcuni aspetti dell’Universo lontano. Il fenomeno della lente gravitazionale, o lensing in inglese, è un effetto previsto dalla teoria della relatività generale di Albert Einstein.
“Se un oggetto molto massiccio – come una galassia o un ammasso di galassie – si trova tra noi e una sorgente luminosa lontana – come un quasar – il suo potenziale gravitazionale può deviare la radiazione, producendo immagini multiple della sorgente di sfondo”, spiega Cristiana Spingola.
“Ogni variazione di intensità luminosa avverrà in tempi diversi nelle diverse immagini, ovvero con un ritardo temporale (time delay). È proprio quest’ultima proprietà che DARKER sfrutterà per cercare questi oggetti estremamente rari, finora sfuggiti all’osservazione”.
La particolarità del progetto risiede quindi nel suo approccio innovativo: per la prima volta, la ricerca di lenti gravitazionali verrà condotta nel dominio temporale (time-domain) invece che tramite immagini statiche. Per la conferma delle “candidate lenti” serviranno osservazioni ad altissima risoluzione angolare. In questo contesto osservazioni con i tre radiotelescopi italiani dell’INAF – il Sardinia Radio Telescope (Cagliari) e le parabole gemelle di Medicina (Bologna) e Noto (Siracusa) – in modalità VLBI (Very Long Baseline Interferometry), saranno fondamentali per determinare la natura di queste rarissime lenti gravitazionali di piccolissima massa.
“Sappiamo ancora troppo poco di materia ed energia oscura. Grazie a questo approccio innovativo, potremo identificare simultaneamente lenti gravitazionali molto piccole e sorgenti variabili sullo sfondo, finora invisibili con le tecniche tradizionali”,
commenta Spingola, la quale svolgerà il suo progetto presso l’Istituto di Radioastronomia e in collaborazione con l’Osservatorio di Astrofisica e Scienza dello Spazio, le due sedi bolognesi dell’INAF.
Il progetto punta quindi a identificare centinaia di nuove lenti usando dati raccolti in passato dai telescopi spaziali GAIA e Fermi, cercando in particolare oggetti molto compatti con masse di pochi milioni di masse solari, la cui esistenza – o assenza – potrebbe aiutare a chiarire la vera natura della materia oscura, distinguendo tra modelli ‘freddi’ o ‘caldi’.
Spingola Aggiunge: “La conferma finale della natura di questi oggetti sarà possibile solo usando la tecnica della Very Long Baseline Interferometry, di cui l’INAF vanta un’esperienza storica ed è oggi tra i protagonisti della tecnica VLBI in Europa, con le sue strutture radioastronomiche che rappresentano un’eccellenza riconosciuta a livello internazionale”.
DARKER contribuirà anche alla determinazione precisa della costante di Hubble (H₀), parametro che misura la velocità di espansione dell’Universo.
“Questa misura sarà indipendente da quelle attualmente disponibili e potrà aiutare a risolvere una delle più grandi controversie dell’astrofisica moderna, la cosiddetta ‘tensione di Hubble’, che consiste nel disaccordo tra le stime di H₀ ottenute da osservazioni dell’universo primordiale e quelle basate su misure più vicine a noi. DARKER potrebbe rappresentare, quindi, un passo importante per fare luce sull’Universo oscuro”, conclude la ricercatrice.
La ricercatrice INAF Cristiana Spingola davanti al radiotelescopio Hartebeesthoek in Sudafrica. Crediti: INAF
Originaria di Perugia e laureata in Astrofisica all’Università di Bologna, Cristiana Spingola si è formata scientificamente tra Italia e Paesi Bassi, dove ha conseguito il dottorato all’Università di Groningen. Ricercatrice a tempo indeterminato dal 2023, è esperta di interferometria radio e lensing gravitazionale, e partecipa attivamente alla preparazione scientifica della prossima generazione di interferometri radio, come quelli del progetto SKA.
Il finanziamento complessivo è stato erogato nell’ambito del macrosettore Physical Sciences and Engineering – Universe Sciences del FIS 2. I fondi FIS sostengono ogni anno progetti di ricerca altamente innovativi nei principali settori scientifici, seguendo il modello dell’European Research Council (ERC).
Testo e immagine dall’Ufficio Stampa Istituto Nazionale di Astrofisica – INAF
FONDI FIS2/MUR: 1,3 MILIONI DI EURO AL PROGETTO astrochemIcal Study of Early Embedded DiskS (iSEEDS) PER STUDIARE LA CHIMICA DEI DISCHI PLANETARI
Il progetto iSEEDS partirà il prossimo ottobre sotto la guida di Eleonora Bianchi (INAF). Il finanziamento erogato dal Ministero dell’Università e della Ricerca include un incentivo per il suo rientro in Italia dopo anni di ricerca all’estero
Grazie al Fondo Italiano per la Scienza – FIS 2 erogato dal Ministero dell’Università e della Ricerca (MUR), il progetto astrochemIcal Study of Early Embedded DiskS (iSEEDS) riceve 1,3 milioni di euro per indagare la formazione dei pianeti oltre il Sistema solare. A guidarlo sarà Eleonora Bianchi, ricercatrice dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF), insieme a un team di cinque esperti in astrochimica osservativa, data mining, machine learning e data science.
Il progetto iSEEDS, che partirà a ottobre 2025, “letteralmente significa ‘studio astrochimico di giovani dischi oscurati’”, spiega Bianchi “ed è dedicato all’analisi della fisica e della chimica dei dischi protostellari, l’ambiente in cui prendono forma i sistemi planetari. Per la prima volta, iSEEDS esplorerà dischi giovanissimi ancora immersi nella loro nube molecolare, svelando le prime fasi della formazione di pianeti simili al nostro”.
“Quanta massa è disponibile nel disco per la formazione dei pianeti? Qual è la composizione chimica dei dischi, che verrà ereditata dai pianeti in formazione? Quando e come crescono i grani di polvere nel disco fino a formare i planetesimi? Queste sono alcune delle domande a cui cercheremo di rispondere nei prossimi tre anni”, sottolinea Bianchi. Grazie al finanziamento ottenuto (in totale 1.325.273,40 di euro) e “attraverso il nostro innovativo approccio interdisciplinare, con iSEEDS saremo capaci di sfruttare appieno l’enorme quantità di dati generata dai moderni telescopi”.
Rientrata di recente in Italia dopo un Post-Doc di cinque anni presso l’Institut de Planétologie et d’Astrophysique di Grenoble e un’esperienza di ricerca di due anni presso l’Excellence Cluster ORIGINS di Monaco di Baviera, Eleonora Bianchi si prepara ora ad avviare il progetto in Italia, presso l’INAF-Osservatorio Astrofisico di Arcetri. Il gruppo si occuperà dello sviluppo delle linee di ricerca e delle infrastrutture necessarie per la raccolta e l’analisi dei dati. Il progetto sarà condotto in un Osservatorio storico di INAF,
“che vanta una consolidata tradizione nello studio della chimica delle prime fasi di formazione delle protostelle di tipo solare e nel confronto con le comete e gli oggetti del Sistema Solare”, aggiunge.
Rispetto all’importo inizialmente richiesto, il Ministero ha riconosciuto una quota aggiuntiva del 10% (circa 120 mila euro) al progetto quale riconoscimento per l’inserimento in INAF e il rientro in Italia della ricercatrice. Il finanziamento complessivo è stato erogato nell’ambito del macrosettore Physical Sciences and Engineering – Universe Sciences del FIS 2. I fondi FIS sostengono ogni anno progetti di ricerca altamente innovativi nei principali settori scientifici, seguendo il modello dell’European Research Council (ERC). A livello nazionale, lo stanziamento totale del MUR è stato di 338 milioni di euro.
“Dopo anni di formazione all’estero”, racconta Bianchi “questo progetto rappresenta per me una straordinaria opportunità di rientrare in Italia e nello specifico in INAF, di costruire un gruppo di ricerca in astrochimica e di contribuire alla formazione dei ricercatori di domani. Grazie alle nuove infrastrutture e ai vari progetti europei portati avanti all’INAF di Arcetri, siamo pronti a sviluppare le collaborazioni interdisciplinari necessarie per affrontare le sfide che il campo dell’astrochimica richiede”. “Inoltre, questo è un momento particolarmente stimolante, poiché l’Italia e l’INAF stanno investendo significativamente nei telescopi di nuova generazione, come il radiotelescopio dell’Osservatorio SKA, che apriranno nuove possibilità per sviluppi significativi nell’ambito della formazione planetaria e dell’astrochimica”, conclude.
Eleonora Bianchi. Crediti per la foto: INAF
Testo e immagine dall’Ufficio Stampa Istituto Nazionale di Astrofisica – INAF.
INAF: 25 ANNI DI ECCELLENZA IN VIAGGIO VERSO IL FUTURO – Una celebrazione dell’Istituto Nazionale di Astrofisica, che il 23 e 24 gennaio ripercorrerà i traguardi raggiunti dalla sua istituzione nel 1999, guardando avanti, verso nuove sfide scientifiche e tecnologiche.
Auditorium Nazionale “Ernesto Capocci” dell’INAF. Crediti per la foto: Riccardo Bonuccelli
Cupola storica a Capodimonte. Crediti per la foto: Riccardo Bonuccelli
Osservatorio Astronomico di Capodimonte. Crediti per la foto: Riccardo Bonuccelli
Il 23 e 24 gennaio l’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF) celebra i 25 anni dalla sua fondazione con un workshop dal titolo “INAF +25” presso l’Auditorium Nazionale “Ernesto Capocci” dell’INAF-Osservatorio Astronomico di Capodimonte, una delle sedi storiche di maggior prestigio dell’Ente. La due giorni vuole celebrare i 25 anni della fondazione dell’Istituto e discutere sul futuro scientifico e tecnologico dell’Ente.
Era il 26 agosto 1999 quando sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana veniva pubblicato il decreto n. 296, che sanciva la nascita dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF), ente di ricerca italiano, controllato dal Ministero dell’Università e della Ricerca (MUR), con interessi e attività in campo astronomico, astrofisico e planetologico.
“L’INAF è l’Ente di Ricerca italiano per lo studio dell’Universo, è coinvolto nell’esplorazione del cosmo a tutte le lunghezze d’onda e con tutti i messaggeri celesti, dal nostro Sistema solare, attraverso il tempo e lo spazio, fino alle origini dell’universo. Una comunità di donne e uomini che contribuiscono ogni giorno a rendere più grande la nostra comprensione dell’universo in cui viviamo” dice Roberto Ragazzoni, Presidente dell’Istituto dal 5 aprile 2024, e prosegue: “Ci troviamo a Napoli non solo per celebrare il passato, ma soprattutto per discutere degli scenari nei prossimi 25 anni: un incontro proiettato nel futuro”.
Da 25 anni l’INAF si impegna a studiare l’universo in tutti i suoi aspetti, sviluppa strumentazione all’avanguardia per osservazioni e ricerche sia da Terra sia dallo Spazio, diffonde la cultura in campo astronomico e preserva il patrimonio storico nazionale nel campo.
“Forniamo alla ricerca un contributo che la comunità internazionale riconosce essere di elevata qualità. Utilizziamo prestigiose infrastrutture osservative a terra e nello spazio e metodologie e infrastrutture di calcolo avanzato. Sviluppiamo tecnologie di punta funzionali alla nostra ricerca e che trovano spesso applicazione in altri settori della società civile. Formiamo le nuove generazioni di studiosi a essere pronti per competere sullo scenario internazionale guardando con grande attenzione alle novità di metodi e tecnologie che possono facilitare l’accesso a nuove finestre di conoscenza. Siamo attenti alla valorizzazione e diffusione della conoscenza impegnandoci in iniziative che prevalentemente sono indirizzate a veicolare passione e bellezza verso bambini e ragazzi”, dice Isabella Pagano, Direttrice Scientifica dell’INAF dal 1 novembre 2024.
IL PROGRAMMA – Il pomeriggio del 23 gennaio sarà dedicato a interventi che descrivono l’origine del concetto di INAF, la sua fondazione, la crescita nel corso degli anni e le molte imprese e realizzazioni. Sarà inoltre presentato il volume “INAF25”, ideato e curato da Roberto della Ceca e Giampaolo Vettolani, realizzato grazie al coordinamento editoriale di Cecilia Toso e la direzione artistica di Davide Coero Borga. Un volume pensato e strutturato per raccontare cronologicamente gli eventi principali che hanno dato all’INAF e all’Italia intera la possibilità di avanzare in modo decisivo nell’esplorazione e nella conoscenza del cosmo.
Nella giornata del 24 gennaio sono previsti interventi e una tavola rotonda sul futuro dell’INAF nei prossimi 25 anni dedicata allo sviluppo delle prossime attività scientifiche e tecnologiche dell’Ente. La tavola rotonda vedrà la partecipazione, tra gli altri, di Tom Herbst dell’Istituto Max Planck per l’astronomia (Germania), Antonella Nota dello Space Telescope Science Institute (Stati Uniti), Phil Diamond (direttore generale dell’Osservatorio SKA), Roberta Zanin (project scientist dell’Osservatorio CTA), Monica Colpi (Professore Ordinario in Astrofisica presso l’Università Milano-Bicocca), Ester Antonucci (già direttrice dell’INAF-Osservatorio Astrofisico di Torino).
Per altre informazioni:
L’Istituto Nazionale di Astrofisica è il principale Ente di Ricerca italiano per lo studio dell’Universo. INAF è, inoltre, uno dei pochi enti al mondo a possedere al suo interno le risorse intellettuali e strumentali per osservare l’universo a tutte le lunghezze d’onda, da terra e dallo spazio, coprendo l’intero spettro elettromagnetico (dai raggi gamma alle onde radio). L’INAF promuove, realizza e coordina, anche nell’ambito di programmi dell’Unione Europea e di Organismi internazionali, attività di ricerca nei campi dell’astronomia e dell’astrofisica, sia in collaborazione con le Università che con altri soggetti pubblici e privati, nazionali, internazionali ed esteri. INAF progetta e sviluppa tecnologie innovative e strumentazione d’avanguardia per lo studio e l’esplorazione del Cosmo. Favorisce, infine, la diffusione della cultura scientifica grazie a progetti di didattica e divulgazione dell’Astronomia che si rivolgono alla Scuola e alla Società: workshop, seminari, lezioni di astronomia e partecipazione a festival della scienza su tutto il territorio italiano e all’estero. Tali attività sono promosse o dalla Sede centrale o dalle strutture locali in collaborazione con le organizzazioni educative e gli enti locali.
Testo e immagine dall’Ufficio Stampa Istituto Nazionale di Astrofisica – INAF.
Open-ST: un nuovo metodo per creare mappe accurate dei tessuti in 3D
Uno studio internazionale condotto da ricercatori della Sapienza in collaborazione con l’Istituto MDC di Berlino, l’Università degli Studi di Milano, finanziato dal MUR su fondi PNRR attraverso il Centro Nazionale per la terapia genica e farmaci RNA, ha sviluppato “Open-ST”, un nuovo metodo per generare una mappa tridimensionale delle cellule di un tessuto e per identificare le interazioni molecolari. I risultati dello studio, pubblicato sulla rivista Cell, miglioreranno la comprensione della fisiologia dei tessuti e apporteranno nuove informazioni a supporto della medicina di precisione.
Riuscire a produrre una mappa dei tessuti potendo distinguere le singole cellule nelle tre dimensioni spaziali è un obiettivo di molte ricerche cliniche negli ambiti della patologia e della fisiologia. Per raggiungerlo occorre perfezionare i sistemi di analisi e mappatura dei campioni biologici e dei loro costituenti in modo da renderli sempre più precisi a livello di risoluzione, efficienti ed economici.
È questo lo scopo del nuovo sistema “Open Spatial Transcriptomics (Open-ST)”, sviluppato da una collaborazione scientifica tra ricercatori della Sapienza, dall’Institute for Medical Systems Biology di Berlino e dell’Università degli Studi di Milano – Istituto Fondazione Oncologia Molecolare, grazie anche a un finanziamento del Ministero dell’Università e della Ricerca nell’ambito del Centro Nazionale “Sviluppo di terapia genica e farmaci con tecnologia a RNA” su fondi dell’Unione Europea Next Generation EU – Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR).
Questo nuovo approccio permette l’analisi tridimensionale dei trascritti, cioè delle molecole di RNA che trasmettono all’interno della cellula delle informazioni contenute nei geni.
Fino a pochi anni fa non era possibile compiere analisi molecolari dettagliate poiché le tecniche utilizzate permettevano di ottenere solo valori medi riferiti a un gran numero di molecole. A partire dall’ultimo decennio invece è stato possibile studiare gli aspetti di ciascuna cellula e dunque il loro contributo molecolare specifico all’interno di un campione utilizzando strumenti di “single-cell omics”. Queste analisi hanno enormemente aumentato le informazioni ottenibili ma, tuttavia, non permettono di definire la localizzazione spaziale di ciascuna cellula nell’ambito di un tessuto.
Per tale ragione ulteriori tecnologie sono state più recentemente messe a punto per poter considerare anche la disposizione spaziale delle cellule. Tali tecnologie di analisi dei trascritti caratterizzano molecole trascritte da ciascun gene preservandone la localizzazione, ma hanno dei limiti dovuti ai costi elevati e alla limitata risoluzione per quanto riguarda la sensibilità nel definire le molecole in ogni singola cellula.
In questo contesto è stato messo a punto il nuovo sistema Open-ST che permette lo studio tridimensionale dei componenti cellulari attraverso una precisa sequenza di passaggi sperimentali, tra cui l’analisi dei marcatori molecolari, la divisione della cellula in subunità da analizzare separatamente e infine l’editing e la visualizzazione digitale dei dati attraverso un software sviluppato appositamente.
Per mostrare la bontà e l’efficienza del loro metodo gli scienziati hanno testato il sistema su vari tipi di tessuti. In particolare, sono stati correttamente analizzati tessuti provenienti sia da un carcinoma umano, caratterizzato da un’alta variabilità del codice genetico, sia da un tumore linfatico, per il quale è stato possibile applicare l’approccio Open-ST all’individuazione dei biomarcatori, utili per la caratterizzazione del tessuto tumorale stesso.
“Lo studio – precisa Elisabetta Ferretti del Dipartimento di Medicina Sperimentale – nasce dalla collaborazione con Giuseppe Macino , emerito della Sapienza e presidente della Fondazione Forge di Udine, con Nikolaus Rajewsky, Direttore Laboratorio di Systems Biology of Gene Regulatory Elements del Berlin Institute for Medical Systems Biology del Max Delbrück Center (MDC-BIMSB) e con Massimiliano Pagani dell’Università degli Studi di Milano e Direttore del Laboratorio di Oncologia Molecolare e Immunologia presso IFOM”.
“I trascritti di RNA – commenta Elena Splendiani dell’Università Sapienza di Roma e primo autore dello studio – sono molecole fondamentali per la trasmissione delle informazioni contenute in ciascun gene. Misurare la loro quantità con la nuova tecnologia Open-ST permette non solo di definirli in modo accurato ma anche di conoscere la loro distribuzione nello spazio 3D fino a livello intracellulare in ogni singola cellula permettendo di ricavare nuove informazioni su posizionamento e comunicazione tra cellule. Nello specifico nel lavoro oltre alla messa a punto della nuova tecnologia sono stati analizzati i primi campioni sia di tessuto sano sia tumorali”
“L’alta definizione della tecnica su un campione di tumore ha evidenziato che in un solo tumore ci sono 10 tipi diversi di cellule tumorali, definendo dettagli della eterogeneità dei tumori mai descritti in precedenza” ha aggiunto Giuseppe Macino.
“Questi risultati – concludono Elisabetta Ferretti e Giuseppe Macino – gettano le basi per la conoscenza di nuove molecole di RNA, utili per lo sviluppo della terapia genica e la definizione di biomarcatori per la diagnosi e gestione del paziente nell’ambito della medicina di precisione”.
Riferimenti bibliografici:
Open-ST: High-resolution spatial transcriptomics in 3D – M. Schott, D. Leon-Perignan, E. Splendiani et al.
Robot subacquei a fianco degli operatori umani per la difesa del mare: al via il progetto PANACEA
Gestito dalle Università di Pisa e Firenze, studia la messa a punto di un sistema di robot sottomarini e di superficie per il monitoraggio delle acque ad uso di Agenzie per l’Ambiente e studiosi di ecologia
Monitorare lo stato delle acque, dolci e salate, non è un’attività semplice. Eppure, le ineludibili esigenze di sostenibilità ambientale e le grandi risorse che il mondo sommerso conserva rendono essenziale arrivare a una conoscenza scientifica profonda del “Pianeta Blu”. Per questo scopo, l’uso di robot autonomi sottomarini assume una crescente rilevanza, soprattutto per il monitoraggio di fenomeni legati alla salute delle acque e dei fondali. Di questo si occupa il progetto PANACEA, gestito dalle Università di Pisa e Firenze e orientato a sostituire sempre di più le esplorazioni umane in ambienti sottomarini pericolosi e ostili con quelle condotte da robot. Il progetto ha ricevuto finanziamenti dal Ministero dell’Università e della Ricerca nell’ambito del bando PRIN 2022 (Progetti di Rilevante Interesse Nazionale).
“Nonostante in questi anni i robot sottomarini si siano dimostrati molto efficaci – spiega Riccardo Costanzi, docente di robotica all’Università di Pisa e coordinatore del progetto – siamo ancora lontani da farne uno standard per le attività di monitoraggio, affidate ancora a operatori umani, con tutti i rischi del caso. Nel progetto PANACEA proponiamo un caso emblematico, quello della Posidonia oceanica, considerata un habitat naturale chiave dall’Unione Europea e il cui monitoraggio è essenziale per conoscere lo stato di salute dei nostri mari e per preservarlo”.
Riccardo Costanzi
Scopo di PANACEA è mettere a punto un sistema multi-robot, composto da un robot subacqueo e uno di superficie, in grado di interfacciarsi con gli operatori al sicuro a terra, che ricevono dati in tempo reale.
“Il monitoraggio dei fondali è eseguito con tecniche sia visive che acustiche – aggiunge Alessandro Ridolfi, docente di robotica all’Università di Firenze – e usiamo tecniche di Intelligenza Artificiale per estrarre dati sintetici da tutti quelli acquisiti. La capacità del robot di estrarre e trasmettere solo dati sintetici è fondamentale, visto che in acqua le possibilità di comunicazione sono ridotte”.
Il progetto è stato presentato lo scorso 3 maggio a una platea di studiosi di ecologia e rappresentanti di Agenzie per l’Ambiente, che gli scienziati di Pisa e Firenze considerano gli utilizzatori finali del sistema che stanno mettendo a punto.
“In un’epoca in cui il monitoraggio ambientale è più cruciale che mai, il sistema proposto da PANACEA rappresenta un ulteriore passo avanti significativo nella conservazione della biodiversità marina – afferma Elena Maggi, docente di ecologia all’Università di Pisa – Il monitoraggio delle praterie di Posidonia oceanica, fondamentali per la salute e protezione dei sistemi costieri mediterranei e al contempo estremamente delicate, rappresenta una sfida notevole. PANACEA mira a minimizzare i rischi e le limitazioni dei monitoraggi umani, incrementando la sicurezza e riducendo i tempi per la raccolta di dati su ampie scale spaziali, che possano essere integrati con quelli raccolti dagli operatori subacquei. Di fronte all’accelerazione degli effetti del cambiamento climatico e alla molteplicità dei disturbi causati dalle attività umane, è imperativo che le nostre azioni conservative siano altrettanto rapide ed efficaci per mitigare e contenere gli impatti”.
foto di gruppo del Progetto PANACEA
Testo e foto dall’Unità Comunicazione Istituzionale dell’Università di Pisa.
Università di Pavia: Nasce il nuovo Campus della Salute
Lunedì 18 settembre inaugurazione della nuova sede della Facoltà di Medicina, alla presenza del ministro Bernini e del presidente della Regione Lombardia Fontana
PAVIA. Una tappa storica per l’Università di Pavia. Lunedì 18 settembre, alle 11:30, verrà inaugurata la nuova sede della Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università di Pavia: uno dei corsi di studio con cui ha preso avvio l’ateneo pavese più di 660 anni fa, e che anche quest’anno è stato certificato come il migliore in Italia dalla classifica Censis.
Alla cerimonia, oltre al Rettore Francesco Svelto e alla professoressa Cristina Tassorelli, Presidente della Facoltà, interverranno il Presidente della Regione Lombardia Attilio Fontana e il Ministro dell’Università e della Ricerca Anna Maria Bernini. Saranno presenti anche il Sindaco della città Fabrizio Fracassi e il Presidente della Fondazione IRCCS Policlinico San Matteo Alessandro Venturi.
Il Campus della Salute, che ospiterà dai primi di ottobre più di duemila studenti da tutto il mondo, apre le sue porte in quello che fino a pochi anni fa era il padiglione delle Cliniche Mediche del San Matteo. L’edificio, originario degli inizi degli anni ’30 del secolo scorso, ha una superficie totale di 13.000 metri quadrati ed è stato interamente riqualificato con l’impiego di tecnologie orientante alla sostenibilità e all’efficienza energetica. Tutti gli spazi sono stati riprogettati per essere moderni e confortevoli, per offrire così a studenti e docenti un ambiente ideale dove incontrarsi, condividere esperienze e scambiarsi informazioni e conoscenze.
«Il Campus della Salute – anticipa il Rettore Francesco Svelto – si trova poi in una zona strategica della città: nel cuore del Policlinico San Matteo, vicino agli Istituti Mondino e Maugeri, in stretta connessione con i Dipartimenti scientifici e tecnologici dell’Università, a loro volta in fase di profonda riqualificazione nelle loro strutture edilizie».
Nasce il nuovo Campus della Salute dell’Università di Pavia
I NUMERI
Il nuovo polo dell’Università di Pavia conta 16 aule didattiche (da 36 a 240 posti, per un totale di 2100 posti), 12 sale studio (260 posti complessivi sui due piani), 4 aule informatizzate. Al piano terra si trova la biblioteca da 200.000 volumi e un’ala è interamente destinata al Centro di Didattica Simulata che consentirà agli studenti esercitazioni chirurgiche innovative. Si tratta di una struttura tecnologicamente all’avanguardia in Lombardia e in Italia, costituita da due ambienti attrezzati come vere e proprie sale operatorie, ciascuna con la propria cabina di regia, un locale con postazioni per simulare piccole operazioni e altre sale per il debriefing. In più: una caffetteria, spazi ristoro autonomo e aree verdi all’aperto.
Nell’ultimo anno accademico gli iscritti ai corsi UNIPV di Medicina e Chirurgia, su tutti i sei anni di studio, sono stati complessivamente 2.326: 1.580 al corso “Golgi” in lingua italiana e 746 al corso “Harvey” interamente in lingua inglese. I posti per le nuove matricole per l’a.a. 2023/2024 sono cresciuti a quota 388 nel primo caso e 103 nel secondo.
L’evento di inaugurazione sarà trasmesso in diretta streaming sul canale YouTube ufficiale dell’Università di Pavia.
https://www.youtube.com/watch?v=pBvY9V335uo
Testo e foto dall’Ufficio Stampa dell’Università di Pavia.
RICERCA SUI TUMORI, PREMIATA L’ECCELLENZA DI UNITO: DAL MUR UN FINANZIAMENTO DI 8 MILIONI PER STUDIARE I MECCANISMI DI RESISTENZA AI FARMACI ANTI-NEOPLASTICI
Il Dipartimento di Oncologia dell’Università di Torino riconosciuto Dipartimento di Eccellenza dal Ministero dell’Università e della Ricerca. Martedì 5 settembre presentazione del Progetto “DIORAMA” per combattere la resistenza dei tumori ai farmaci anti-neoplastici con l’obiettivo di aumentare l’aspettativa e migliorare la qualità di vita dei pazienti oncologici.
Il Dipartimento di Oncologia dell’Università di Torino è stato riconosciuto Dipartimento di Eccellenza dal Ministero dell’Università e della Ricerca (MUR) e ha ricevuto un finanziamento straordinario di circa 8 milioni di euro per il quinquennio 2023-2027 con l’obiettivo di rafforzare e valorizzare l’eccellenza della ricerca tramite investimenti in capitale umano, infrastrutture e attività didattiche di alta qualificazione.
Martedì 5 settembre, alle ore 10.00 presso l’Ospedale San Luigi Gonzaga di Orbassano in Aula Pescetti si terrà il kick-off meeting del Progetto Dipartimenti di Eccellenza intitolato “DIORAMA – Dinamiche evolutive in campioni vitali di pazienti Oncologici per Ricerche Avanzate sui Meccanismi di progressione metastatica e di resistenza alle terapie Antineoplastiche”.
Il progetto si propone di studiare i meccanismi di resistenza ai farmaci anti-neoplastici messi in atto dai tumori e in particolarela presenza di lesioni genetiche multiple che si sostituiscono al bersaglio della terapia mirata per sostenere la proliferazione tumorale e l’innesco di segnali adattativi di sopravvivenza che contrastano l’azione del trattamento. Per indagare queste due facce della resistenza alle terapie, il Dipartimentosfrutterà una risorsa caratterizzante: una collezione di centinaia di campioni tumorali da paziente, raccolti in forma vitale e coltivati sotto forma di organoidi tridimensionali che racchiudono tutte le caratteristiche dei tumori originali donati dai pazienti. Come il diorama è una rappresentazione in miniatura di un paesaggio, così l’organoide è una replica fedele, propagabile in laboratorio, di un tumore che cresce e si sviluppa in un essere umano. DIORAMA si concentra su tre tipi di tumore estremamente diffusi: il cancro del colon, il cancro del polmone e il cancro della prostata. Lavorando sugli organoidi, i ricercatori e i medici del Dipartimento di Oncologia esploreranno nuove strade per migliorare la risposta alle terapie esistenti e identificheranno nuove vulnerabilità da bersagliare con farmaci di ultima generazione, con ricadute dirette sulla aspettativa e qualità di vita dei pazientioncologici.
Finanziamento di 8 milioni a UniTo per studiare i meccanismi di resistenza ai farmaci anti-neoplastici messi in atto dai tumori
La giornata sarà aperta dal Direttore del Dipartimento, Prof. Federico Bussolino; proseguirà con interventi dedicati a illustrare il progetto DIORAMA, coordinato dal Prof. Livio Trusolino, e si chiuderà con un dibattito finale a cura dei Proff. Jan Paul Medema, Pasquale Rescigno e Gabriella Sozzi (componenti del comitato scientifico dei revisori) con la partecipazione di Federico Bussolino, Livio Trusolino e Silvia Novello (vice-direttore alla Ricerca del Dipartimento).
Testo e immagini dall’Area Relazioni Esterne e con i Media Università degli Studi di Torino
POTENZIAMENTO TECNOLOGICO DEL SARDINIA RADIO TELESCOPE – SRT: RITORNO AL FUTURO
L’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF) ha completato con successo l’acquisizione di tutta la strumentazione di avanguardia prevista nel progetto PON Ricerca e Innovazione 2014 – 2020. Il progetto, finanziato dal Ministero dell’Università e della Ricerca per un totale di 18,7 milioni di Euro, ha raggiunto l’obiettivo di potenziare tecnologicamente il Sardinia Radio Telescope (SRT). Si apre ora una fase di verifica della nuova dotazione strumentale che porterà il radiotelescopio nella condizione di piena attività e produttività scientifica. La comunità astronomica internazionale potrà affrontare nuovi ambiti di ricerca, prima non esplorabili, grazie alla possibilità di osservare l’Universo nelle onde radio fino alla frequenza di 100 GHz.
Il Sardinia Radio Telescope (SRT), situato a San Basilio in provincia di Cagliari, è una Infrastruttura di ricerca dell’Istituto Nazionale di Astrofisica. È un radiotelescopio di 64 metri di diametro, certamente uno dei più innovativi e performanti d’Europa, nato per studiare le onde radio provenienti dal cosmo. Oltre ad essere uno strumento ideale per le applicazioni astronomiche come “antenna singola”, SRT può osservare anche in modalità interferometrica a lunghissima base, la cosiddetta tecnica VLBI, cioè in rete con le antenne europee e le altre antenne italiane dell’INAF situate a Medicina, in provincia di Bologna, e a Noto, in provincia di Siracusa.
Sebbene SRT sia stato progettato per osservazioni fino ad una frequenza nominale di 100 GHz, nella sua configurazione iniziale, lo strumento era stato equipaggiato con ricevitori che hanno una copertura di frequenza da 0,3 a 26 GHz.
Nell’ambito del Programma Operativo Nazionale (PON) denominato “Potenziamento del Sardinia Radio Telescope per lo studio dell’Universo alle alte frequenze radio”, INAF si è aggiudicato un finanziamento di 18,7 milioni di Euro dal Ministero dell’Università e della Ricerca. Il progetto di potenziamento di SRT è partito il 25 giugno del 2019 e si è concluso il 25 giugno 2023 e ha visto la partecipazione di ricercatori di Sapienza Università di Roma, del CNR-EIIT, dello UK Research and Innovation (UKRI) nel Regno Unito, dell’Università di Manchester sempre nel Regno Unito e del Korea Astronomy and Space Science Institute (KASI) in Corea del Sud.
Per raggiungere gli obiettivi di potenziamento previsti nel progetto, SRT è stato equipaggiato con quattro nuovi ricevitori che permetteranno agli astronomi di osservare l’Universo fino a 100 GHz, avendo così una nuova finestra per studiare fenomeni celesti prima non esplorabili. Per migliorare le capacità di puntamento e la sensibilità del radiotelescopio, SRT è stato dotato anche di un nuovo sistema metrologico. E’ stato acquisito un avanzato sistema di backend e di computer per il trattamento dei dati, sono state potenziate le interfacce meccaniche ed elettroniche dell’infrastruttura che permetteranno al sistema un migliore funzionamento nel suo complesso. Infine, il potenziamento dei laboratori nella sede di Selargius della sede INAF di Cagliari, permetterà di mantenere allo stato dell’arte tutta questa nuova strumentazione capitalizzando il potenziamento per i prossimi 10 anni, almeno. Questi risultati sono stati presentati oggi al Teatro Doglio di Cagliari durante l’evento “Dall’Università all’impresa: la ricerca è innovazione” organizzato dal Ministero dell’Università e della Ricerca.
Potenziamento tecnologico del Sardinia Radio Telescope – SRT. Gallery
Crediti: P. Soletta, INAF
Crediti: P. Soletta, INAF
Crediti: P. Soletta, INAF
Crediti: INAF – Marta Burgay
Sardinia Radio Telescope al crepuscolo. Crediti: INAF – Marta Burgay
Crediti: INAF – Marta Burgay
Il presidente dell’Istituto Nazionale di Astrofisica Marco Tavani commenta: “Con la strumentazione d’avanguardia e gli aggiornamenti infrastrutturali che vanta ora il Sardinia Radio Telescope potremo davvero spingerci molto più avanti nello studio dell’Universo nelle onde radio. Sono davvero orgoglioso di veder completato tutto questo complesso e articolato lavoro nel perfetto rispetto delle tempistiche e dei finanziamenti forniti dal Ministero dell’Università e della Ricerca, anche considerando i gravi problemi legati alla passata pandemia da COVID-19. Un lavoro corale che ha visto tutte le ‘anime’ dell’INAF – scientifiche, tecnico-ingegneristiche e amministrative – collaborare al meglio per raggiungere questo importante traguardo”.
Il progetto è strutturato in nove Obiettivi Realizzativi, ognuno con un responsabile, e le varie attività sono state seguite da un team di circa 60 unità di personale dell’Istituto Nazionale di Astrofisica composto da tecnologi, tecnici, amministrativi e ricercatori distribuiti nelle sedi di Cagliari, Bologna, Firenze e Catania.
L’infrastruttura così potenziata permetterà alla comunità scientifica di espandere l’utilizzo di SRT ad alte frequenze radio sia in modalità a disco singolo che in modalità interferometrica nella rete VLBI. Nel progetto finanziato è inoltre compreso un potenziamento delle antenne INAF di Medicina e Noto che operano, congiuntamente a SRT, nella rete VLBI.
Si apre ora una nuova fase di verifica della nuova dotazione strumentale che porterà il radiotelescopio nella condizione di piena attività e produttività scientifica consentendo al radiotelescopio di operare con grande versatilità ed efficienza, permettendo agli astronomi di esplorare aree scientifiche di frontiera grazie ad una copertura in frequenza da 0.3 a 100 GHz .
Federica Govoni, ricercatrice INAF a Cagliari e responsabile del progetto PON SRT ricorda: “Questo risultato non si sarebbe potuto raggiungere senza la costante presenza del Responsabile Amministrativo del progetto Maria Renata Schirru, del Direttore dell’ INAF di Cagliari Emilio Molinari, del Responsabile Unico del Procedimenti delle gare d’appalto Ignazio Porceddu, del Project Office composto da Davide Fierro, Letizia Caito e Andrea Orlati, del personale che ha curato la rendicontazione e l’archiviazione della documentazione tecnica, ovvero Adina Mascia e Teresa Pulvirenti e dell’intero Team del progetto. Tutti hanno partecipato al raggiungimento degli obiettivi con grande spirito di abnegazione”.
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Approfondimenti sui 9 Obiettivi Realizzativi
O.R.1 – Ricevitore criogenico multi-beam in Banda W per SRT (75 – 116 GHz)
Alessandro Navarrini, INAF Cagliari:“CARUSO (Cryogenic Array Receiver for Users of the Sardinia Observatory) è un ricevitore criogenico multi-beam 4×4 operante in banda W (70-116 GHz) installato al fuoco Gregoriano del Sardinia Radio Telescope (SRT). La realizzazione dello strumento è stata appaltata da INAF ad UKRI (UK Research and Innovation) nell’ambito del contratto PON OR1. CARUSO è tra i principali e più performanti strumenti disponibili in ambito radioastronomico a livello internazionale operanti in banda W. Grazie alla sua installazione, completata nelle scorse settimane, SRT riuscirà ad effettuare osservazioni astronomiche ad alta sensibilità sia di tipo spettro-polarimetrico che di emissione nel continuo, sfruttando al massimo il campo di vista, rendendo il radiotelescopio una facility pressoché unica nel panorama internazionale.”
Alessandro Navarrini, INAF Cagliari
O.R.2– Ricevitore criogenico multi-beam in Banda Q per SRT (33 – 50 GHz)
Alessandro Orfei, INAF Bologna: “L’O.R.2 del progetto PON ha realizzato un ricevitore criogenico a microonde nella banda da 33 a 50 GHz, nella configurazione multifeed: 19 ricevitori identici guarderanno in contemporanea 19 punti del cielo. Sarà possibile ottenere mappe in spettroscopia, in polarimetria o in semplice ampiezza del segnale ricevuto. Sarà possibile osservare il Sole con questa modalità. Lo strumento deriva dal lavoro delle strutture INAF di Bologna, Firenze e Cagliari e si è avvalso della professionalità di IEIIT-CNR e dell’Università di Manchester per lo studio e realizzazione di due dispositivi in guida d’onda.”
Alessandro Orfei, INAF Bologna
O.R.3 – Camera millimetrica per SRT (80 – 116 GHz)
Matteo Murgia, INAF Cagliari: “Lo scopo dell’ O.R.3 era dotare SRT di una camera millimetrica di nuova generazione per osservazioni ad alta sensibilità e risoluzione angolare in banda W (80 – 110 GHz). La realizzazione è stata affidata a Sapienza Università di Roma, che in collaborazione con INAF ha progettato, realizzato e infine installato su SRT il ricevitore denominato MISTRAL: MIllimetric Sardinia radio Telescope Receiver based on Array of Lumped elements kids. Con un campo di vista di 4 minuti d’arco e una risoluzione angolare di 12 secondi d’arco, MISTRAL consentirà di esplorare casi scientifici chiave dalle scale galattiche fino all’Universo ad alto redshift. In particolare, l’avvento della camera MISTRAL aprirà una nuova strada per rivelare i dettagli della formazione e dell’evoluzione delle strutture su larga scala nell’Universo. Ad esempio, attraverso l’osservazione dell’effetto Sunyaev-Zel’dovich (SZ), sarà possibile effettuare indagini sugli ammassi di galassie e i filamenti che li collegano, ottenendo informazioni sulla loro fisica, dinamica e morfologia.”
O.R.4– Sistema ricevente a microonde compatto e simultaneo a tre-bande per i tre radiotelescopi Italiani
Pietro Bolli, INAF Firenze: “Tre nuovi ricevitori tri-band (18-26 GHz, 34-50 GHz e 80-116 GHz) compatti, criogenici e simultanei sono stati sviluppati, all’interno dell’O.R.4 del PON, per i tre radiotelescopi INAF (SRT, Medicina e Noto). Una volta in operazione, essi consentiranno alla comunità scientifica di espandere dai siti Italiani le osservazioni alle alte frequenze sia come antenne singole sia in modalità interferometrica. La simultaneità in frequenza permetterà di migliorare la calibrazione del ricevitore alle alte frequenze (intorno ai 100 GHz) sfruttando calibratori astronomici presenti alle più basse frequenze. I ricevitori sono stati progettati e sviluppati dal Korea Astronomy and Space Science Institute sulla base di un analogo sistema che opera da più di 10 anni al Korea VLBI Network (KVN).”
Pietro Bolli, INAF Firenze
O.R.5– Sistema metrologico per SRT
Sergio Poppi, INAF Cagliari: “Per consentire l’operatività di SRT ad alte frequenze occorre tenere sotto controllo e monitorare le deformazioni della struttura che avvengono sotto l’azione di carichi gravitazionali e termici, oltre che a causa della pressione del vento. A tal fine, O.R.5 si e’ occupato della progettazione e della acquisizione di un complesso sistema di metrologia, costituito da oltre 200 sensori di temperatura, anemometri, inclinometri che forniranno ad un modello basato su reti neurali le informazioni per il calcolo in tempo reale degli errori di puntamento del telescopio; inoltre un laser scanner, un’ antenna per misure olografiche ed un sistema all’avanguardia di misura di posizione verificheranno il profilo delle ottiche principali, oltre che il loro corretto posizionamento nello spazio al fine di fornire al sistema di controllo le correzioni affinché SRT osservi sempre in modo da avere sempre le massime prestazioni possibili.”
Sergio Poppi, INAF Cagliari
O.R.6 – Backend per SRT
Giovanni Comoretto, INAF Firenze: “I nuovi ricevitori multi-beam richiedono sistemi di acquisizione dati in grado di analizzare un numero elevato di segnali indipendenti, su una banda passante elevata, e di supportare una varietà di modalità osservative (quasi-continuo, spettroscopia, spettropolarimetria, analisi di pulsar). Questo richiede l’utilizzo di schede basate su logiche programmabili. Il sistema di acquisizione è composto da due sezioni che consentono di analizzare fino a 40 segnali rispettivamente su una banda più limitata (fino a 1.4 GHz) ma con un numero elevatissimo di canali spettrali (fino a 65mila) oppure bande fino a 2 GHz con minore risoluzione spettrale. Lo sviluppo del firmware di acquisizione deriva dalla collaborazione tra le strutture INAF di Firenze e di Cagliari.”
da sinistra: Giovanni Comoretto (INAF Firenze) e Andrea Melis (INAF Cagliari)
O.R.7– Fornitura delle interfacce elettroniche e meccaniche per l’integrazione dei nuovi sistemi
Andrea Orlati, INAF Bologna: “L’O.R.7 si è occupato del potenziamento dell’infrastruttura tecnica e tecnologica del Sardinia Radio Telescope. Alcune caratteristiche innovative della strumentazione scientifica acquisita con il progetto PON hanno reso necessari alcuni interventi ben mirati, alla meccanica e servomeccanica, agli impianti elettrico, criogenico, termostatazione e distribuzione dei segnali RF, al fine di garantire un’efficace integrazione e un pieno sfruttamento di tutti i ricevitori e dei nuovi backend digitali. Con la nuova configurazione del SRT si avrà, inoltre, una semplificazione delle procedure manutentive e il superamento di alcune carenze strutturali che apriranno il telescopio ad ulteriori miglioramenti tecnologici con chiare ricadute sulla quantità e qualità della produzione scientifica dello strumento.”
Andrea Orlati, INAF Bologna
O.R.8– HPC e sistemi di archiviazione per la raccolta ed uso dati SRT
Andrea Possenti, INAF Cagliari: “Per l’O.R.8, la disponibilità di una infrastruttura di calcolo moderna e prestazionale (circa 500 core CPU, 12 GPU di tipo A40 e oltre 8 PB di spazio su disco) costituisce un tassello fondamentale per permettere al rinnovato SRT di esprimere il suo pieno potenziale scientifico. In particolare, la componente installata presso il sito di SRT fornirà un’analisi in tempi rapidi della qualità dei dati acquisiti dall’antenna e servirà a preservare i dati per un breve periodo, prima del loro trasferimento altrove. La componente installata al sito dell’INAF di Cagliari sarà invece dedicata all’analisi approfondita dei dati.”
Andrea Possenti, INAF Cagliari
O.R.9– Potenziamento dei laboratori per lo sviluppo di tecnologie a microonde
Tonino Pisanu, INAF Cagliari: “L’O.R.9 del PON ha riguardato il potenziamento dei laboratori dell’INAF – Osservatorio Astronomico di Cagliari con la ricerca e l’acquisizione di strumentazione all’avanguardia per i laboratori di microonde, elettronica e meccanica. La strumentazione acquisita permetterà di progettare e sviluppare nuove tipologie di ricevitori e di backend radioastronomici, nuovi circuiti e schede elettroniche per il comando e controllo dei diversi sistemi installati sul Sardinia Radio Telescope e di nuovi sistemi metrologici per misurare e correggere le deformazioni gravitazionali e termiche della struttura del radiotelescopio che pregiudicano le sue prestazioni alle più alte frequenze di utilizzo.”
Tonino Pisanu, INAF Cagliari
Testi, video e immagini dall’Ufficio stampa – Struttura per la Comunicazione di Presidenza Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF)
TORNA A RACCONTARE LA STRAORDINARIA TRADIZIONE CELESTE CITTADINA IL MUSEO ASTRONOMICO COPERNICANO DI ROMA, NEL SEGNO DI COPERNICO
L’evento è inserito nelle iniziative internazionali legate alle celebrazioni per il 550° anniversario della nascita dell’astronomo polacco Niccolò Copernico.
Il Museo Astronomico Copernicano situato sulla collina di Monte Mario a Roma, all’interno di Villa Mellini che ospita la Sede Centrale dell’Istituto Nazionale di Astrofisica, si mostra rinnovato alla Città: il nuovo allestimento è stato ufficialmente presentato oggi pomeriggio, durante la cerimonia di inaugurazione che ha visto la presenza dell’Ambasciatore della Repubblica di Polonia a Roma S.E. Anna Maria Anders, del Presidente dell’INAF Marco Tavani e di rappresentanti del Ministero dell’Università e della Ricerca, del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, del Ministero della Cultura e del Comune di Roma
L’inaugurazione del nuovo allestimento museale, pensato come un ideale viaggio nell’Astronomia, dai suoi albori fino ad oggi e con uno sguardo ai più ambiziosi progetti futuri, è inserita nelle iniziative internazionali legate alle celebrazioni per il 550° anniversario della nascita dell’astronomo polacco Niccolò Copernico.
Tavani commenta: “È una grande gioia inaugurare oggi, alla presenza di prestigiosi esponenti delle istituzioni e dell’Ambasciatore della Polonia, il nuovo allestimento del Museo Copernicano, che abbiamo fortemente voluto per rendere merito al suo valore storico e restituirlo alla cittadinanza. Come ai tempi di Copernico siamo sull’orlo di una nuova rivoluzione nel campo dell’astrofisica e l’Istituto Nazionale di Astrofisica di questa rivoluzione è protagonista, con le sue ricerche di frontiera che porteranno a una conoscenza sempre più profonda dell’Universo in cui viviamo”.
Il Museo Astronomico e Copernicano dell’INAF-Osservatorio Astronomico di Roma possiede un patrimonio che abbraccia un periodo storico che va dall’XI secolo ai nostri giorni. Gli strumenti scientifici, i libri antichi, gli archivi, i documenti originali e i registri di osservazione provengono principalmente dai due osservatori astronomici romani dell’Ottocento, la Specola del Collegio Romano (1787) e la Specola del Campidoglio (1827), nonché dalle celebri collezioni del Museo Kircheriano (1651).
Questo patrimonio si aggiunge alla originale collezione di opere e cimeli copernicani raccolti dallo storico polacco Arturo Wolynski in occasione delle celebrazioni di Niccolò Copernico (1473-1543) nel 400° anniversario della nascita tenutesi a Roma nel 1873, che costituisce il nucleo originale del Museo e ne motiva la dedicazione al grande scienziato polacco, in visita nella Città Eterna nel corso del Giubileo del 1500.
Sua Eccellenza Ambasciatore della Repubblica di Polonia a Roma Anna Maria Anders commenta: “Per noi polacchi il Museo Astronomico Copernicano è un luogo dell’anima, perché parla della nostra Patria, della nostra cultura, della nostra storia. Questo tempio della scienza e della memoria è anche un simbolo dell’amicizia plurisecolare tra Italia e Polonia, che si rinnova qui a Roma proprio nel 550° della nascita di Copernico”.
Il percorso storico si sviluppa attraverso quattro sale – Strumenti pre-galileiani e cannocchiali antichi; Evoluzione dell’ottica; Geodesia, Topografia e computo del Tempo; Globi terrestri e Celesti – che conducono alla più ampia Sala Copernicana riservata ad esposizioni temporanee e a un’ultima stanza che illustra presente e futuro della ricerca astrofisica in cui l’Italia con l’INAF è protagonista a livello globale.
“Il nuovo allestimento inaugurato in occasione dei 550 anni della nascita di Copernico, consentirà ai visitatori di muoversi attraverso un percorso che li accompagnerà dalle origini del pensiero astronomico, alla Rivoluzione Eliocentrica che ha dato l’avvio a quella Scientifica, fino ai giorni nostri, toccando le tappe principali che hanno segnato la comprensione del nostro universo con un occhio alla ricchissima storia della scienza del cielo romana” sottolinea Lucio Angelo Antonelli, direttore dell’INAF-Osservatorio Astronomico di Roma.
Questo percorso condurrà ad una apertura regolare su prenotazione dopo l’estate, in coincidenza con l’avvio del nuovo anno scolastico e un grande congresso Internazionale alla fine di settembre, dedicato proprio alla figura di Copernico e alle sue relazioni con Roma e l’Italia.
Da quel momento il museo sarà visitabile da scuole, gruppi e privati cittadini con modalità che verranno pubblicizzate sul portale dell’INAF e dell’Osservatorio Astronomico di Roma.
Cannocchiale astronomico, Anonimo, Roma (?), I metà XVII secolo. Crediti: G. Masi
Globo Celeste, Greuter, Roma, 1636. Crediti: INAF
Astrolabio Latino: dettaglio della rete, Anonimo, secolo XVI
Astrolabio Latino, Anonimo, secolo XVI
Sala 1 Museo Astronomico e Copernicano: Strumenti pre-galileiani e cannocchiali antichi. Crediti: G. Masi
La collezione di cannocchiali del XVII e XVIII secolo in Sala 1. Crediti: G. Masi
Sala 2 Museo Astronomico e Copernicano: Evoluzione dell’ottica. Crediti: G. Masi
Sala 3 Museo Astronomico e Copernicano: Geodesia, Topografia e computo del Tempo. Crediti: G. Masi
Sala 4 Museo Astronomico e Copernicano: Globi terrestri e Celesti. Crediti: G. Masi
Cannocchiale astronomico, dettaglio della mappa della città di Roma datata 1580 sulla superficie del tubo, Anonimo, Roma (?), I metà XVII secolo. Crediti: G. Masi
Calendario Runico dal Museo Kircheriano: dettaglio del manico, Nord Europa, XIV-XV secolo. Crediti: G. Masi
Teodolite Gambey, Parigi, 1824. Crediti: G. Masi
IL MUSEO ASTRONOMICO E COPERNICANO
L’idea di un museo copernicano nacque in occasione delle celebrazioni del 4° centenario della nascita di Copernico tenutesi a Roma presso l’Università La Sapienza nel 1873.
Il principale promotore di questa iniziativa fu Artur Wolynski, uno storico polacco studioso di Copernico e di Galileo.
La collezione originaria è costituita da cimeli copernicani, volumi antichi, stampe e materiali di archivio ed è stata raccolta da Wolynski attraverso donazioni provenienti dalla Polonia.
Fu arricchita da materiale scientifico proveniente dagli osservatori astronomici italiani e in particolare da tutta la strumentazione ormai in disuso dei due osservatori astronomici romani del XIX secolo, l’Osservatorio del Collegio Romano e l’Osservatorio del Campidoglio.
Il Museo divenne quindi una collezione completa di strumenti astronomici di tutte le epoche, libri antichi e documenti d’archivio, che mostrano l’evoluzione delle conoscenze astronomiche dalle origini fino alla nascita dell’astrofisica e ai giorni nostri.
La prima sala è dedicata agli strumenti pre-galileiani e alla collezione dei cannocchiali antichi.
Nella teca centrale è esposta la collezione di astrolabi e notturnali.
L’astrolabio arabo valenziano di Ibrahim ibn Said al-Sahli è l’oggetto più antico del museo e risale al 1070. Questo astrolabio proviene dal Museo Kircheriano presso il Collegio Romano ed è stato trasferito al Museo Copernicano nel 1886.
Sempre in questa sala c’è la collezione dei cannocchiali più antichi.
I cannocchiali qui esposti sono del XVII e XVIII secolo e sono realizzati in carta, cartone, pelle e legno.
La seconda sala è dedicata all’evoluzione dell’ottica
Qui è presente anche la collezione di telescopi riflettori realizzati secondo gli schemi ottici proposti da Newton e da James Gregory.
Gli specchi venivano realizzati di metallo (una lega di rame e stagno facilmente levigabile) molto ben lucidato per diventare riflettente.
In questa sala sono esposti anche spettroscopi, che venivano utilizzati nella seconda metà del XIX secolo insieme ai telescopi, dagli astronomi Angelo Secchi e Lorenzo Respighi, direttori rispettivamente dell’Oss. Astr. del Collegio Romano e dell’Oss.Astr. del Campidoglio. Essi furono tra I pionieri dell’astrofisica. Furono tra i primi a condurre studi sistematici dello spettro della luce proveniente dal sole e dalle altre stelle per comprendere le caratteristiche chimiche e fisiche dei corpi celesti. Secchi è considerato il padre dell’astrofisica poiché fu il primo a proporre una classificazione spettrale delle stelle basata sullo studio dello spettro di circa 2000 stelle, ponendo così le basi degli studi successivi che hanno portato alla comprensione dei meccanismi evolutivi delle stelle.
La terza sala è dedicata alla geodesia e alla topografia
In questa sala sono esposte le collezioni di circoli moltiplicatori, teodoliti, grafometri, compassi, goniometri, sestanti, ottanti, orologi solari e meccanici, utilizzati per misurare le coordinate terrestri e celesti.
Questa attività era utile non solo per comprendere i movimenti delle stelle e dei pianeti, ma anche per disegnare le mappe geografiche e i confini dei territori ed anche per identificare le rotte delle navi in mare aperto.
La sala dei globi
La collezione dei globi è molto vasta ed è composta da esemplari di autori delle diverse epoche. I più antichi sono i tre globi di Gerardo Mercatore della metà del XV secolo. Il globo posto al centro della sala è stato realizzato da Vincenzo Maria Coronelli nel 1696.