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Identificato il meccanismo che consente alle cellule del tumore al pancreas di sopravvivere e proliferare in assenza di nutrienti
Uno studio internazionale pubblicato sulla rivista Nature Signal Transduction and Targeted Therapy, che ha visto la collaborazione multidisciplinare di diversi centri in Italia fra cui la Sapienza Università di Roma, ha svelato per la prima volta il meccanismo di sopravvivenza e progressione neoplastica di questo tumore, aprendo la strada a nuovi approcci terapeutici.

Da un punto di vista biologico, le cellule tumorali sono continuamente sottoposte a stress: il loro microambiente infatti è povero di ossigeno e soprattutto povero di nutrienti. Questo è particolarmente vero per il tumore del pancreas, una delle neoplasie più temibili dei nostri tempi, spesso resistente ai trattamenti. Come il tumore del pancreas sia in grado di mantenere un alto tasso di proliferazione in carenza di nutrienti è ancora ignoto.

Uno studio internazionale pubblicato sulla rivista Nature Signal Transduction and Targeted Therapy, che ha visto la collaborazione multidisciplinare di diversi centri in Italia fra cui la Sapienza Università di Roma, ha svelato per la prima volta il meccanismo di sopravvivenza e progressione di questo tumore, aprendo la strada a nuovi approcci terapeutici.

Secondo i ricercatori, alla base vi è la mancata espressione di una piccola molecola di RNA non codificante (microRNA) denominata miR-15a, la quale è normalmente espressa nel pancreas sano ma viene spesso persa durante le fasi precoci di trasformazione neoplastica. Il miR-15a rappresenta una sorta di freno molecolare che mantiene costantemente bassi i livelli della proteina Fra-2, un fattore di trascrizione di cruciale importanza per la risposta del tumore allo stress.

In assenza di miR-15a, le cellule tumorali sollecitate dalla carenza di nutrienti sono libere di esprimere il fattore di trascrizione Fra-2 che, a cascata, attiva la trascrizione di geni fondamentali per la loro sopravvivenza. Tra i geni targets di Fra-2, vi è il recettore per IGF1 (IGF1-recettore), responsabile dello stimolo proliferativo.

“La scoperta di questo meccanismo – spiega Gian Luca Rampioni Vinciguerra, primo nome dello studio e ricercatore del Dipartimento di Medicina Clinica e Molecolare della Sapienza – accresce la nostra comprensione della malattia e fornisce un razionale utile per l’impostazione delle terapie. Nei nostri modelli, il tumore del pancreas in carenza di nutrienti diventa dipendente dall’attivazione di IGF1-recettore e, quindi, estremamente sensibile alla sua inibizione farmacologica, che diventa un’arma estremamente efficace per contrastare la crescita tumorale”.

Il lavoro è stato concepito dal Professor Carlo Maria Croce (The Ohio State University, USA), lo scienziato italiano più citato al mondo secondo top italian scientists, che nella sua lunga carriera ha compiuto scoperte fondamentali nel campo della genetica dei tumori. La ricerca si è avvalsa inoltre della collaborazione multidisciplinare di diversi centri in Italia, quali l’Università Sapienza di Roma, l’Università di Modena e Reggio Emilia e il Centro di Riferimento Oncologico di Aviano.

Identificato il meccanismo che consente alle cellule del tumore al pancreas di sopravvivere e proliferare in assenza di nutrienti 
Identificato il meccanismo che consente alle cellule del tumore al pancreas di sopravvivere e proliferare in assenza di nutrienti. Rappresentazione grafica

 

Riferimenti bibliografici:

Nutrient restriction-activated Fra-2 promotes tumor progression via IGF1R in miR-15a downmodulated pancreatic ductal adenocarcinoma – Gian Luca Rampioni Vinciguerra, Marina Capece, Luca Reggiani Bonetti, Giovanni Nigita, Federica Calore, Sydney Rentsch, Paolo Magistri, Roberto Ballarin, Fabrizio Di Benedetto, Rosario Distefano, Roberto Cirombella, Andrea Vecchione, Barbara Belletti, Gustavo Baldassarre, Francesca Lovat & Carlo M. Croce – Signal Transduction and Targeted Therapy 2024, DOI: https://doi.org/10.1038/s41392-024-01740-4

 

 

Testo e immagine dal Settore Ufficio stampa e comunicazione Sapienza Università di Roma

GLI ESOSOMI, “MESSAGGERI” CHE FAVORISCONO LA DIFFUSIONE DELLE METASTASI NEI PAZIENTI PEDIATRICI CON UNA FORMA AGGRESSIVA DI LINFOMA, QUELLO ANAPLASTICO A GRANDI CELLULE

Rivelato l’importante ruolo, nella disseminazione delle metastasi, degli esosomi circolanti, individuati nel flusso sanguigno dei piccoli pazienti affetti da linfoma anaplastico a grandi cellule.

esosomi metastasi linfoma anaplastico
Il team UniPD con Lara Mussolin

I linfomi non-Hodgkin (LNH) dell’età pediatrica sono un insieme eterogeneo di malattie che possono presentarsi clinicamente anche in forma acuta e aggressiva. Una di queste è il linfoma anaplastico a grandi cellule (ALCL), in cui una frazione ancora consistente dei pazienti che non risponde alla terapia può avere ricadute e non guarire, nonostante i miglioramenti nei tassi di cura ottenuti negli ultimi anni.

Ricerche recenti condotte su diversi tipi di tumori solidi dell’adulto hanno mostrato che gli esosomi, minuscole vescicole rilasciate dalle cellule tumorali e immesse in circolo nel sangue, contengono proteine e materiale genetico. Questi ultimi possono a loro volta essere trasferiti a cellule sane, anche lontane dal tumore, e avere un ruolo importante nella progressione della malattia.

I risultati dello studio hanno rivelato il ruolo fondamentale che gli esosomi, circolanti nel flusso sanguigno dei piccoli pazienti affetti da linfoma anaplastico, hanno nella disseminazione delle metastasi. I dati sono stati appena pubblicati sulla rivista Cancer Communications in un articolo dal titolo “Plasma small-extracellular vesicles enriched in miR-122-5p promote disease aggressiveness in pediatric anaplastic large-cell lymphoma” da un gruppo di medici e scienziati, coordinato dalla ricercatrice Lara Mussolin del Dipartimento di Salute della Donna e del Bambino dell’Università di PadovaLo studio è stato sostenuto da Fondazione AIRC per la ricerca sul cancro.

«In un gruppo di pazienti, dopo la diagnosi di linfoma anaplastico a grandi cellule e prima dell’inizio delle terapie, abbiamo analizzato, con la tecnica di small-RNA sequencing, il carico di piccole molecole, chiamate microRNA, che si trovavano negli esosomi del plasma – spiega Lara Mussolin».

Lara Mussolin
Lara Mussolin

«Le nostre analisi bioinformatiche – puntualizza la Professoressa Stefania Bortoluzzi, del Dipartimento di Medicina Molecolare dell’Ateneo patavino – hanno evidenziato un profilo di microRNA diverso rispetto ai campioni di controllo. In particolare abbiamo notato un significativo aumento del miR-122-5p negli esosomi plasmatici dei pazienti con stadio avanzato di malattia».

«Esperimenti successivi in cellule in coltura e in animali di laboratorio hanno dimostrato che il miR-122-5p inibisce la glicolisi nelle cellule sane, lasciando più glucosio libero. Ciò può favorire – dice Lara Mussolin – la creazione di una nicchia pre-metastatica ‘accogliente’ per le cellule tumorali, promuovendo sia l’aggressività della malattia sia la disseminazione delle cellule tumorali di linfoma anaplastico a grandi cellule. Abbiamo anche notato che elevati livelli di miR-122-5p negli esosomi sono associati a un aumento delle transaminasi nel plasma dei pazienti all’inizio della malattia, indicando che ci sia anche un danno epatico. Il miR-122-5p non è presente nella biopsia del tumore primario dei pazienti, né nelle linee cellulari di ALCL, mentre si trova in abbondanza nel fegato. Questi dati – conclude Lara Mussolin – ci hanno fatto capire che gli esosomi arricchiti di miR-122-5p, che hanno un ruolo importante nella diffusione delle metastasi, non derivano però direttamente dalle cellule tumorali. Queste scoperte, che ci dicono quanto il processo metastatico sia complesso da capire e decifrare, potranno contribuire allo sviluppo di terapia più precise e mirate contro questo tipo di cancro».

Lo studio è stato condotto a Padova, nei laboratori dell’Istituto di ricerca Pediatrica Città della Speranza dal gruppo della Dr.ssa Mussolin, in particolare dalle dott.sse Carlotta C. Damanti, Lavinia Ferrone e Federica Lovisa, e in sinergia con il gruppo di Genomica Computazionale del Dipartimento di Medicina Molecolare guidato dalla Prof.ssa Stefania Bortoluzzi e dal dott. Enrico Gaffo.

Questo importante risultato è stato reso possibile dal sostegno di Fondazione AIRC per la ricerca sul cancro all’attività scientifica di entrambi i gruppi coinvolti e alla Dr.ssa Mussolin con l’Investigator Grant dal titolo “Identification of new biomarkers of disease progression in Non-Hodgkin Lymphoma of Childhood: the role of liquid biopsy”.

Link all’articolohttps://onlinelibrary.wiley.com/doi/full/10.1002/cac2.12415

Titolo: “Plasma small-extracellular vesicles enriched in miR-122-5p promote disease aggressiveness in pediatric anaplastic large-cell lymphoma” – Cancer Communications (2023).

Autori (in grassetto i ricercatori dell’Università di Padova): Carlotta Caterina Damanti, Università di Padova, Dipartimento di Salute della Donna e del Bambino, Istituto di Ricerca Pediatrico Città della Speranza Lavinia Ferrone, Università di Padova, Dipartimento di Salute della Donna e del Bambino, Istituto di Ricerca Pediatrico Città della Speranza, Enrico Gaffo, Università di Padova, Dipartimento di Medicina Molecolare, Anna Garbin, Università di Padova, Dipartimento di Salute della Donna e del Bambino, Istituto di Ricerca Pediatrico Città della Speranza, Anna Tosato, Università di Padova, Dipartimento di Salute della Donna e del Bambino, Giorgia Contarini, Istituto di Ricerca Pediatrica Città della Speranza, Padova, Ilaria Gallingani, Università di Padova, Dipartimento di Salute della Donna e del Bambino, Istituto di Ricerca Pediatrico Città della Speranza, Roberta Angioni, Università di Padova, Dipartimento di Scienze Biomediche, Barbara Molon, Università di Padova, Dipartimento di Scienze Biomediche, Giulia Borile, Istituto di Ricerca Pediatrica Città della Speranza, Padova, Elisa Carraro, Azienda Ospedaliera Universitaria di Padova, Marta Pillon, Azienda Ospedaliera Universitaria di Padova, Federico Scarmozzino, Università di Padova, Dipartimento di Medicina, Angelo Paolo Dei Tos, Università di Padova, Dipartimento di Medicina, Marco Pizzi, Università di Padova, Dipartimento di Medicina, Francesco Ciscato, Università di Padova, Dipartimento di Scienze Biomediche, Andrea Rasola, Università di Padova, Dipartimento di Scienze Biomediche, Alessandra Biffi, Università di Padova, Dipartimento di Salute della Donna e del Bambino, Stefania Bortoluzzi, Università di Padova, Dipartimento di Medicina Molecolare, Federica Lovisa, Istituto di Ricerca Pediatrica Città della Speranza, Padova, Lara Mussolin, Università di Padova, Dipartimento di Salute della Donna e del Bambino, Istituto di Ricerca Pediatrico Città della Speranza.

Testo e immagini dall’Ufficio Stampa dell’Università di Padova.

Differenziamento dei motoneuroni: il ruolo degli RNA non codificanti

Un nuovo studio, frutto di una collaborazione tra il Dipartimento di Biologia e biotecnologie Charles Darwin della Sapienza, l’Istituto italiano di tecnologia e il Cnr, rivela la sinergia tra RNA codificanti e non codificanti nel regolare la formazione dei motoneuroni e apre la strada a nuovi approcci terapeutici per la cura delle malattie neurodegenerative. I risultati sono stati pubblicati sulla rivista The EMBO Journal.

Differenziamento dei motoneuroni: il ruolo degli RNA non codificanti
Foto di  Gerd Altmann

Il ruolo fondamentale degli RNA non codificanti – che non sono tradotti in proteine – nella regolazione dei programmi di sviluppo e funzionamento dei tessuti, in particolare del sistema nervoso, è emerso soprattutto negli ultimi anni.

Sebbene molte funzioni specifiche siano ancora poco conosciute, gli RNA non codificanti hanno un ruolo biologico cruciale, che li rende di notevole interesse soprattutto nell’ambito della ricerca biomedica.

Un nuovo studio, coordinato da Irene Bozzoni, del Dipartimento di Biologia e biotecnologie Charles Darwin della Sapienza e del Clns dell’Istituto italiano di tecnologia, in collaborazione con Pietro Laneve del Cnr, ha permesso di caratterizzare l’attività di uno specifico gene (MN2) che dirige la produzione di molteplici RNA non codificanti strutturalmente diversi, sia lunghi (lncRNA) che corti (microRNA).

In particolare, tecniche avanzate di biologia molecolare e cellulare hanno permesso ai ricercatori di chiarire il meccanismo attraverso cui il dialogo tra lncRNA e microRNA controlla l’espressione di geni codificanti per proteine fondamentali nel differenziamento dei motoneuroni, ovvero di quei neuroni che veicolano i segnali nervosi dal sistema nervoso centrale ai muscoli.

La ricerca, nata dalla collaborazione tra la Sapienza, l’Istituto italiano di tecnologia e il Cnr, è stata finanziata da ERC-2019-SyG e pubblicata sulla prestigiosa rivista internazionale The EMBO Journal.

“Il lavoro – spiega Irene Bozzoni, coordinatrice del gruppo di ricerca – ci aiuta a capire meglio le funzioni attribuite al genoma non codificante. In particolare, abbiamo evidenziato per la prima volta come un meccanismo basato sul sequestro di microRNA da parte di un lncRNA – detto “spugna molecolare” – contribuisca alla generazione dei motoneuroni.”

 I motoneuroni, oltre a essere mediatori dei segnali nervosi responsabili della contrazione muscolare, sono anche bersagli di gravi patologie degenerative e di lesioni invalidanti.

 “L’auspicio – conclude Irene Bozzoni – è che la comprensione dei processi di formazione dei motoneuroni possa consentire lo sviluppo di nuovi approcci terapeutici in medicina neurodegenerativa”.

Riferimenti:
A multifunctional locus controls motor neuron differentiation through short and long non coding RNAs – Andrea Carvelli, Adriano Setti, Fabio Desideri, Silvia Galfrè, Silvia Biscarini, Tiziana Santini, Alessio Colantoni, Giovanna Peruzzi, Matteo J Marzi, Davide Capauto, Silvia Di Angelantonio, Monica Ballarino, Francesco Nicassio, Pietro Laneve, Irene Bozzoni- The EMBO Journal (2022) https://doi.org/10.15252/embj.2021108918

 

Testo dal Settore Ufficio stampa e comunicazione Sapienza Università di Roma

Un Asteroide colpirà i tumori del seno e della tiroide

Asteroid è l’acronimo di un nuovo studio frutto della collaborazione tra diversi gruppi di ricerca italiani e valutato dal Mur miglior progetto per il suo settore nell’ambito dei Prin 2020

Asteroid tumore tumori seno mammella tiroide ormonosensibili
Il gruppo di lavoro di Elisabetta Ferretti del dipartimento di Medicina sperimentale della Sapienza Università di Roma

Studi recenti hanno documentato una frequente associazione tra l’insorgenza e l’aggressività dei tumori ormonosensibili, quali il tumore al seno e il tumore alla tiroide, e i contaminanti ambientali. E questo rappresenta il punto di partenza di Asteroid, nuovo progetto finanziato dal ministero dell’Università e della ricerca (Mur) nell’ambito del bando Prin 2020 e valutato come miglior progetto (primo classificato nel settore ERC LS3).

Lo studio è condotto da un team di ricercatrici e ricercatori di diverse università con competenze complementari ed interdisciplinari.

Il coordinatore è Michele Milella, responsabile della Sezione di Oncologia medica del dipartimento di Medicina dell’ateneo di Verona che metterà a disposizione le sue competenze negli studi clinici e traslazionali nel carcinoma mammario, in collaborazione con la Fondazione Policlinico Gemelli.

L’università di Siena con Maria Grazia Castagna del dipartimento di Scienze mediche, chirurgiche e neuroscienze contribuirà allo studio clinico dei carcinomi della tiroide.

L’università di Roma Tor Vergata con Roberto Bei del dipartimento di Scienze cliniche e medicina traslazionale svilupperà e caratterizzerà modelli preclinici dei due tumori per l’analisi degli effetti dei contaminanti ambientali e dei loro target molecolari per definire nuove strategie terapeutiche.

Silvia Migliaccio del dipartimento di Scienze motorie umane e della salute dell’università Roma Foro Italico si occuperà dell’impatto dell’ambiente e degli stili di vita, con particolare riguardo agli aspetti nutrizionali e dell’attività fisica.

La Sapienza Università di Roma con Elisabetta Ferretti del dipartimento di Medicina sperimentale – dipartimento che ha ricevuto altri 6 finanziamenti nell’ambito dello stesso bando – coordinerà l’analisi di nuovi biomarcatori circolanti e la caratterizzazione molecolare e cellulare mediante tecnologie “omiche”, sia dei modelli preclinici che dei campioni clinici.

Lo studio intitolato “Gene/environment interactions in breast and thyroid cancers: defining the biological role of and actioning endocrine disruptors and lifestyle to develop rational therapeutic/preventive interventions (Asteroid)” si occuperà di analizzare la complessa interazione tra geni e ambiente in questi due tumori. In particolare, saranno valutati il ruolo degli inquinanti ambientali e dello stile di vita sia nell’insorgenza sia nella modulazione dell’aggressività dei tumori. La ricerca partirà con un’analisi retrospettiva e prospettica in pazienti affette da tali tumori nelle quali saranno messe in evidenza le correlazioni tra gli aspetti genetici di ciascun tumore e lo stile di vita delle pazienti. Inoltre, saranno definiti i meccanismi molecolari di azione degli inquinanti ambientali in modelli preclinici dei diversi tipi di tumore. Sulla base dei risultati ottenuti saranno testati i cambiamenti biologici indotti da un intervento strutturato sullo stile di vita incentrato sulla consulenza nutrizionale e sull’esercizio fisico adattato per le pazienti affette da questi tumori.

Il progetto avrà delle importanti ricadute in quanto fornirà diverse innovazioni, collegando l’esposizione a sostanze inquinanti ambientali a biomarcatori, nuovi bersagli molecolari, stili di vita in due patologie ad elevata incidenza (tumore del seno e della tiroide). I risultati dello studio potranno essere utilizzati in diagnostica, applicazioni terapeutiche, preventive ed economico-sanitarie con ricadute sul Servizio sanitario nazionale.

“Il progetto è di estremo interesse sia scientifico che clinico/applicativo e consentirà di definire nuove strategie di intervento oncologico “di precisione” nei tumori della mammella e della tiroide – spiega il professor Milella –  La proposta progettuale è frutto di una collaborazione già esistente tra ricercatrici e ricercatori di diversi atenei e trae vantaggio dalla costituzione nell’ateneo veronese di un team di ricerca multidisciplinare afferente ai dipartimenti di Medicina e di Neuroscienze, Biomedicina e Movimento (Team Force: Focus on research and care) dedicato a studiare l’impatto di nutrizione, benessere psicologico ed esercizio fisico nelle patologie oncologiche. Il finanziamento ricevuto dal Mur sosterrà questa importante ricerca, condotta in collaborazione con la Breast Unit e la Usd di Chirurgia endocrina dell’Azienda ospedaliera universitaria integrata (Aoui) di Verona, contribuendo a fornire una solida base razionale per azioni di cura e di prevenzione in questi tumori”.

 “Oggi – aggiunge la professoressa Ferretti – nell’era della medicina di precisione, siamo chiamati a sviluppare trattamenti personalizzati nelle patologie oncologiche che vedono al loro interno gruppi eterogenei di pazienti.

In questo contesto il mio laboratorio ha studiato l’uso di Rna non codificanti circolanti, in particolare microRna, come biomarcatori non invasivi in diversi tipi di tumori.

L’implicazione traslazionale del completamento con successo del progetto risiede nell’identificazione di nuovi bersagli patogenetici, diagnostici, terapeutici ed anche di nuovi biomarcatori, quali ad esempio i microRna, derivati da biopsia liquida che rappresentano uno strumento fondamentale per la stratificazione di pazienti costituendo così la base per un approccio terapeutico personalizzato”.

 

Riferimenti:

https://www.mur.gov.it/it/atti-e-normativa/decreto-direttoriale-n-2292-del-01-10-2021

Testo e foto dal Settore Ufficio stampa e comunicazione Sapienza Università di Roma e dall’Area Comunicazione – Ufficio Stampa dell’Università di Verona.

Medicina di precisione: i nuovi nano-trasportatori ingegnerizzati dalla Sapienza per colpire in modo mirato ed eliminare le cellule tumorali

Un gruppo di ricercatori della Sapienza Università di Roma ha sviluppato una nuova nanoparticella ibrida in grado di veicolare in maniera efficace e selettiva gli agenti chemioterapici. I risultati dello studio, che potranno essere applicati per la cura di diversi tipi di tumore, sono stati pubblicati sulla rivista Journal of Nanobiotechnology.

nano-trasportatori cellule tumorali
Medicina di precisione: i nuovi nano-trasportatori ingegnerizzati dalla Sapienza per colpire in modo mirato ed eliminare le cellule tumorali

I nuovi strumenti terapeutici nella lotta contro il cancro, che sfruttano le possibilità derivanti dalle nanotecnologie, sono basati sul rilascio mirato all’interno delle cellule tumorali di piccoli frammenti di RNA, i cosiddetti microRNA. Nonostante però queste molecole possiedano un elevato potenziale per il trattamento del cancro, per garantirne l’efficacia è necessario indirizzarli selettivamente alle cellule neoplastiche.

In uno studio tutto italiano, i ricercatori dei dipartimenti di Scienze biochimiche A. Rossi Fanelli, di Scienze anatomiche istologiche medico legali e dell’apparato locomotore e di Chimica e tecnologia del farmaco della Sapienza hanno creato in laboratorio un nuovo sistema per il rilascio mirato di farmaci chemioterapici che utilizza specifiche molecole, i dendrimeri aminici, che agiscono come una sorta di spugna per i piccoli RNA.

Questi polimeri sono ampiamente studiati in proprio per la capacità “magnetica” che gli permette di legare gli acidi nucleici. Tuttavia, la loro intrinseca tossicità e l’assenza di selettività per specifici tipi cellulari ne ha sempre limitato l’utilizzo.

Nello studio pubblicato sulla rivista Journal of Nanobiotechnlogy, i ricercatori hanno incapsulato i dendrimeri in una nanoparticella di ferritina batterica, ingegnerizzata per riconoscere il recettore umano della transferrina, che risulta essere particolarmente abbondante sulla superficie di molte cellule tumorali come le cellule di leucemia promielocitica acuta, utilizzate per ottenere i risultati di questo lavoro.

“Considerate tali caratteristiche – spiega il Alberto Boffi del Dipartimento di Scienze biochimiche e coordinatore dello studio – la nanoparticella ibrida ha consentito di trasferire con successo, e quindi in maniera mirata ed efficace, un microRNA all’interno delle cellule malate”.

Il vantaggio del nuovo nano-trasportatore risiede nella sua capacità unica di autoassemblarsi e di poter bersagliare selettivamente diversi tipi di cellule tumorali, rilasciando a livello citoplasmatico il microRNA.

“Queste nanoparticelle – conclude Boffi – sono altamente versatili e potranno essere utilizzate in futuro per veicolare piccoli RNA e altre molecole terapeutiche, anche in maniera combinata”.

Riferimenti:

Self-Assembling Ferritin-Dendrimer Nanoparticles for Targeted Delivery of Nucleic Acids to Myeloid Leukemia Cells – Federica Palombarini, Silvia Masciarelli, Alessio Incocciati, Francesca Liccardo, Elisa Di Fabio, Antonia Iazzetti, Giancarlo Fabrizi, Francesco Fazi, Alberto Macone, Alessandra Bonamore, Alberto Boffi – Journal of Nanobiotechnology DOI:10.21203/rs.3.rs-426535/v1

 

Testo e immagine dal Settore Ufficio stampa e comunicazione Sapienza Università di Roma

Scoperta la firma molecolare della SLA

Un nuovo studio condotto dalla Sapienza in collaborazione con il laboratorio dell’Istituto Pasteur-Italia ha identificato i potenziali marcatori della progressione della Sclerosi Laterale Amiotrofica (SLA): sono piccole molecole di RNA non codificante, i microRNA. Lo studio è stato da poco pubblicato su Cell Death Discovery

Foto di Arek Socha 

Sclerosi laterale amiotrofica (SLA). Nota anche come malattia dei motoneuroni perché causa una graduale perdita di queste cellule che impartiscono ai muscoli il comando del movimento. È una malattia degenerativa che porta progressivamente alla paralisi e al decesso del paziente entro pochi anni dalla comparsa dei sintomi.

Il decorso non è però uguale in tutti pazienti, e fino a oggi, le basi molecolari che potessero spiegarlo erano sconosciute: molti biomarcatori sono stati descritti per diverse patologie neurodegenerative, ma per nessuno di loro era stata riscontrata una specifica correlazione con la SLA.

Ora, il lavoro sinergico di diversi centri di ricerca clinica, coordinato da Antonio Musarò e Irene Bozzoni, della Sapienza Università di Roma e del laboratorio dell’Istituto Pasteur-Italia, ha portato a identificare i potenziali biomarcatori prognostici della SLA. Si tratta di molecole di microRNA (miRNA) che non contengono informazioni per la formazione di proteine, ma che spesso risultano alterate in alcune condizioni patologiche e che possono anche essere rilasciate nel sangue.

In questo studio, pubblicato su Cell Death Discovery, sono stati selezionati e analizzati quantitativamente, ogni tre mesi durante la progressione della malattia, cinque miRNA. I risultati hanno mostrato che queste molecole sembrano essere predittive del decorso della malattia. “Il nostro studio è il primo a quantificare i miRNA circolanti nei pazienti con SLA e a farlo durante la progressione della malattia permettendo così di dare un significato prognostico a tre delle cinque molecole studiate – spiega Antonio Musarò – e rappresenta una base da cui partire per mettere a punto dei test sierologici per la valutazione di queste molecole nelle persone affette da SLA”.

“Un’ottima integrazione di competenze tra ricerca e clinica” aggiunge Irene Bozzoni.

“Quantificare i livelli di queste molecole − continua Musarò – potrebbe essere un valido aiuto per la gestione clinica di questi pazienti. I microRNA che abbiamo analizzato sembrano essere la firma molecolare della SLA e l’uso dei loro livelli sierici per suddividere i pazienti secondo aggressività e velocità di progressione della malattia potrà servire ad arruolarli nei trial clinici in modo più preciso, proprio in relazione a una specifica firma molecolare”.

Lo studio è stato parzialmente supportato da Fondazione Roma, ASI, ARiSLA, ERC e dai progetti dei centri di ricerca coinvolti.

 

Riferimenti:

A longitudinal study defined circulating microRNAs as reliable biomarkers for disease prognosis and progression in ALS human patients – Gabriella Dobrowolnyj, Julie Martone, Elisa Lepore, Irene Casola, Antonio Petrucci, Maurizio Inghilleri, Mariangela Morlando, Alessio Colantoni, Bianca Maria Scicchitano, Andrea Calvo, Giulia Bisogni, Adriano Chiò, Mario Sabatelli, Irene Bozzoni & Antonio Musarò – Cell Death Discovery, 2021. https://www.nature.com/articles/s41420-020-00397-6

 

Testo dalla Sapienza Università di Roma sull’identificazione dei potenziali marcatori della progressione della Sclerosi Laterale Amiotrofica (SLA)

Piccoli RNA, grandi speranze: scoperta una nuova molecola per rallentare la crescita tumorale dei linfomi aggressivi

Un nuovo studio pubblicato sulla rivista Clinical Cancer Research, risultato della collaborazione tra il Dipartimento di Medicina Sperimentale e la Harvard Medical School, ha individuato una molecola in grado di rallentare la crescita tumorale dei linfomi. Il test clinico del farmaco, sviluppato con la casa farmaceutica statunitense miRagen Therapeutics, sta entrando nella seconda fase della sperimentazione

Foto di PublicDomainPictures

Un team di ricerca internazionale ha dimostrato che l’uso di un farmaco ad azione anti-miRna-155 rallenta in modo importante la crescita tumorale sia in vitro che in vivo nei linfomi più aggressivi. Lo studio è il risultato della collaborazione tra il gruppo del Dipartimento di Medicina sperimentale della Sapienza (Eleni Anastasiadou, primo autore dello studio, Cinzia Marchese e Pankaj Trivedi) e la Harvard Medical School ed è stato appena pubblicato sulla rivista Clinical Cancer Research.

Alla base della scoperta c’è la possibilità per i ricercatori di spegnere a scelta un gene specifico, come un oncogene oppure un oncomiRna, il motore responsabile della proliferazione delle cellule tumorali. I microRNA (miRNA) sono piccole molecole di RNA che, sebbene non codifichino per nessuna proteina, hanno un ruolo fondamentale nella regolazione di processi biologici fondamentali come sviluppo, differenziazione, proliferazione e morte cellulare. Di queste molecole ne esiste un tipo, i miRna oncogenici, in grado di spegnere i geni che ci proteggono dal cancro. Altamente espressi nelle cellule tumorali, questi miRna sono un bersaglio importante delle nuove terapie contro il cancro.

L’effetto antitumorale della nuova molecola è stato studiato in collaborazione con l’azienda farmaceutica statunitense miRagen Therapeutics, e il suo profilo di efficacia e sicurezza sarà ulteriormente studiato nella fase due della sperimentazione clinica. Gli autori dello studio sono fiduciosi dei risultati ottenuti. “È stato osservato che la riduzione dell’espressione del miR-155 fa sì che la cellula tumorale risponda meglio anche alle chemioterapie tradizionali – dichiara Eleni Anastasiadou − la nostra ricerca rappresenta quindi un punto di partenza per individuare nuovi approcci terapeutici basati su molecole anti-miRna per il trattamento di pazienti con linfomi e leucemie particolarmente aggressivi e resistenti alle terapie convenzionali.”

Riferimenti:

Cobomarsen, an oligonucleotide inhibitor of miR-155, slows DLBCL tumor cell growth in vitro and in vivo – Eleni Anastasiadou, Anita Seto, Xuan Beatty, Melanie Hermreck, Maud-Emmanuelle Gilles, Dina Stroopinsky, Lauren C. Pinter-Brown, Linda Pestano, Cinzia Marchese, David Avigan, Pankaj Trivedi, Diana Escolar, Aimee Jackson and Frank J. Slack – Clinical Cancer Research, 2020. DOI 10.1158/1078-0432.CCR-20-3139

 

Testo dalla Sapienza Università di Roma sull’uso di un farmaco ad azione anti-miRna-155 per rallentare la crescita tumorale dei linfomi più aggressivi (miRNA = micro RNA).