News
Ad
Ad
Ad
Tag

Michele Cantiello

Browsing

DUE STUDI ATTORNO AGLI AMMASSI GLOBULARI DELLE GALASSIE NGC 3640, NGC 3641, NGC 5018

Nelle osservazioni di gruppi di galassie realizzate con il telescopio italiano VST in Cile, tra cui una nuova immagine del gruppo dominato dalla galassia NGC 3640, gli ammassi globulari tracciano la storia e le dinamiche galattiche. Scoperte anche 17 nuove galassie nane nel gruppo.

Gli ammassi globulari non sono solo semplici agglomerati di stelle: sono vere e proprie macchine del tempo cosmiche che permettono di tuffarsi nella storia di formazione ed evoluzione delle galassie. Con centinaia di migliaia di stelle raccolte in un unico sistema, questi antichissimi agglomerati stellari raccontano storie segrete di fusioni galattiche e di eventi cosmici che hanno scolpito l’Universo come lo conosciamo oggi. Lo ribadiscono le immagini dei gruppi di galassie NGC 3640 e NGC 5018, realizzate con il telescopio italiano VST (VLT Survey Telescope) in Cile e analizzate in due studi guidati da giovani dottorandi dall’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF), pubblicati recentemente su Astronomy & Astrophysics.

Uno dei due lavori si focalizza sul gruppo di galassie NGC 3640, dominato dall’omonima galassia ellittica, a circa 88 milioni di anni luce da noi. Si tratta di una galassia dalla forma curiosa e perturbata, che reca i segni di passate interazioni con le vicine galassie. La nuova immagine ottenuta con il VST e pubblicata oggi svela per la prima volta la distribuzione degli ammassi globulari nella regione, visibili come puntini luminosi nei pressi delle galassie: questi non si limitano a orbitare intorno alle singole galassie, ma si estendono anche nello spazio intergalattico. La loro disposizione è il risultato di una lunga storia di interazioni e fusioni galattiche che hanno “strappato via” non solo singole stelle ma anche interi ammassi stellari dai loro sistemi originali.

“Il nostro studio offre una comprensione più approfondita dell’evoluzione e delle interazioni delle galassie nel corso della loro storia, arricchendo le conoscenze sui processi fondamentali che hanno modellato l’universo”, spiega Marco Mirabile, dottorando presso il Gran Sasso Science Institute (GSSI) con una borsa supportata da INAF d’Abruzzo e primo autore di uno dei due articoli. “Abbiamo studiato per la prima volta le proprietà degli ammassi globulari delle galassie NGC 3640 e NGC 3641 utilizzando immagini a grande campo e multi-banda, identificando un possibile nuovo modello di interazione tra le due galassie e scoprendo inoltre 17 nuove galassie nane che non erano note precedentemente in questo campo”.

Gli ammassi globulari analizzati nel lavoro, contrariamente alle aspettative, mostrano la loro massima concentrazione non intorno a NGC 3640, la galassia più massiccia del gruppo, ma intorno alla sua vicina, NGC 3641, che spicca nella metà inferiore dell’immagine. La distribuzione degli ammassi risulta peraltro allineata con la cosiddetta luce intragruppo (in inglese: intra-group light, IGL). Si tratta di una luminosità diffusa dovuta a stelle che sono state sottratte alle varie galassie durante fenomeni di merging, già studiata in questo sistema proprio grazie ai dati del VST in un lavoro guidato dalla ricercatrice INAF Rossella Ragusa nel 2023. Tutti questi indizi suggeriscono che la fusione tra queste due galassie sia ancora in corso.

Il secondo studio si concentra invece sul gruppo di galassie NGC 5018, anch’esso dominato dalla galassia ellittica che porta lo stesso nome e che si trova a circa 120 milioni di anni luce da noi. Anche NGC 5018 è ricca di segni di interazioni cosmiche: concentrazioni di stelle disposte in forma di gusci concentrici, code mareali e flussi di gas. Nelle immagini del VST, già studiate sin dal 2018, è stato ora possibile identificare, per la prima volta, una popolazione di ammassi globulari distribuita, anche in questo caso, lungo la luce intragruppo: questo evidenzia come la mutua gravità delle galassie abbia scolpito il sistema durante passate fusioni e interazioni.

“Il nostro studio suggerisce che le interazioni gravitazionali tra le galassie del gruppo NGC 5018 abbiano disperso gli ammassi globulari lungo l’asse di interazione”, nota il Pratik Lonare, dottorando presso l’Università di Roma Tor Vergata con una borsa supportata da INAF d’Abruzzo e primo autore del secondo articolo. “Questa ricerca dimostra che gli ammassi globulari non sono solo fossili della formazione iniziale delle galassie, ma vengono rimodellati dinamicamente da interazioni, fusioni e processi di accrescimento nel tempo”.

Inoltre, il team ha individuato una possibile nuova galassia nana ultra-diffusa (in inglese: ultra-diffuse galaxy, UDG) mai osservata prima in questo gruppo galattico.

I due nuovi lavori fanno parte del progetto VEGAS-SSS (VST Early-type GAlaxy Survey – Small Stellar Systems), un censimento di galassie guidato dall’INAF con il VST dedicato ai sistemi stellari più piccoli delle galassie, come ammassi globulari e galassie nane, per esplorare i processi di formazione galattica su scale cosmiche. Il telescopio VST, gestito da INAF presso l’Osservatorio ESO di Paranal, è lo strumento ideale per questo tipo di studi grazie al suo grande campo di vista di un grado quadrato, pari a circa quattro volte l’area della luna piena nel cielo. Questo permette di osservare in dettaglio non solo le galassie ma anche l’ambiente circostante, spianando la strada a progetti futuri come l’Osservatorio Vera C. Rubin, che sarà inaugurato prossimamente, sempre in Cile, per realizzare survey astronomiche con un campo di vista ancora più grande.


 

Per ulteriori informazioni:

Gli articoli “VEGAS-SSS: Tracing Globular Cluster Populations in the Interacting NGC 3640 Galaxy Group“, di Marco Mirabile, Michele Cantiello, Pratik Lonare, Rossella Ragusa, Maurizio Paolillo, Nandini Hazra, Antonio La Marca, Enrichetta Iodice, Marilena Spavone, Steffen Mieske, Marina Rejkuba, Michael Hilker, Gabriele Riccio, Rebecca A. Habas, Enzo Brocato, Pietro Schipani, Aniello Grado e Luca Limatola, e “VEGAS-SSS: An intra-group component in the globular cluster system of NGC 5018 group of galaxies using VST data“, di Pratik Lonare, Michele Cantiello, Marco Mirabile, Marilena Spavone, Marina Rejkuba, Michael Hilker, Rebecca Habas, Enrichetta Iodice, Nandini Hazra e Gabriele Riccio sono stati pubblicati sulla rivista Astronomy & Astrophysics.

17 febbraio 2025

Testo e immagini dall’Ufficio Stampa Istituto Nazionale di Astrofisica – INAF.

CINQUINA DI GALASSIE PER IL VST

Cinque straordinarie galassie nelle nuove, dettagliatissime immagini realizzate dal VST, il telescopio italiano gestito dall’Istituto Nazionale di Astrofisica presso l’Osservatorio ESO di Paranal, in Cile

L’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF) rilascia oggi le immagini di cinque galassie dell’universo locale, riprese con il telescopio italiano VST (VLT Survey Telescope) gestito da INAF in Cile. Le nuove immagini mostrano queste iconiche galassie nei minimi dettagli, immortalandone la forma, i colori e la distribuzione delle stelle fino a grandi distanze dal centro. Due di esse, la galassia irregolare NGC 3109 e la irregolare nana Sestante A, si trovano ai confini del cosiddetto Gruppo Locale, di cui fa parte anche la nostra galassia, la Via Lattea, e si trovano a circa quattro milioni di anni luce da noi. Altre due galassie, la splendida galassia a spirale nota come Girandola del Sud (ma anche NGC 5236 o M 83) e la irregolare NGC 5253, si trovano, rispettivamente, a circa quindici e undici milioni di anni luce dalla nostra, mentre la quinta e più lontana, la galassia a spirale IC 5332, dista circa trenta milioni di anni luce.

Le osservazioni sono state realizzate in tre filtri, o colori, nell’ambito della survey VST-SMASH (VST Survey of Mass Assembly and Structural Hierarchy), un progetto guidato da Crescenzo Tortora, ricercatore dell’INAF a Napoli, per comprendere i meccanismi che portano alla formazione delle tante e diverse galassie che popolano il cosmo. Le cinque galassie di cui oggi vengono diffuse le immagini sono parte di un campione di 27 galassie che il team sta studiando con il VST, telescopio dotato di uno specchio dal diametro di 2,6 metri, costruito in Italia e ospitato dal 2012 presso l’Osservatorio ESO di Cerro Paranal, in Cile. Queste galassie sono state selezionate accuratamente nella porzione di cielo che, nel corso dei prossimi anni, sarà osservata anche dal satellite Euclid dell’Agenzia Spaziale Europea (ESA) per fornire una controparte ottica più dettagliata (fino a lunghezze d’onda corrispondenti al colore blu) ai dati spaziali raccolti dallo strumento VIS (a lunghezze d’onda corrispondenti al colore rosso) e dallo strumento NISP nel vicino infrarosso. Il gruppo ha presentato la survey in un articolo pubblicato sulla rivista The Messenger dell’ESO.

“Cerchiamo di capire come si formano le galassie, in funzione della loro massa e del loro tipo morfologico. Questo significa chiedersi come si formano le stelle in situ, all’interno delle galassie, ma anche come vengono accumulate (ex situ) attraverso processi di merging, cioè di fusione, con altre galassie” spiega Tortora, alla guida di un team internazionale che coinvolge molti ricercatori e ricercatrici di svariate sedi INAF. “Per fare questo, dobbiamo tracciare i colori di queste galassie fino alle regioni periferiche, per poter investigare la presenza di strutture molto deboli appartenenti a queste galassie, e popolazioni di galassie poco brillanti che vi orbitano attorno. Questo è utile per poter tracciare i residui delle interazioni galattiche, e quindi vincolare il processo gerarchico della formazione delle strutture cosmiche”.

L’analisi dei dati raccolti è ancora all’inizio, ma le osservazioni si sono già dimostrate efficaci, permettendo al team di esaminare le galassie fino a brillanze superficiali molto basse, che fino a qualche anno fa erano difficili da osservare. Il telescopio VST, grazie al suo grande campo di vista di un grado quadrato, pari a circa quattro volte l’area della luna piena nel cielo, è stato lo strumento fondamentale che ha permesso di realizzare queste immagini in un tempo relativamente breve – osservando il campo intorno a queste galassie, nei tre filtri, con 10 ore di osservazioni per grado quadrato. In confronto, realizzare una sola di queste immagini con il telescopio spaziale Hubble avrebbe richiesto molti puntamenti consecutivi.

“È la prima volta che tutte queste galassie vengono osservate in maniera così profonda e dettagliata, e con dati omogenei”, aggiunge Tortora. “Negli anni a venire, solo Euclid raggiungerà le nostre profondità ottiche, ma non potrà contare sulla vasta copertura nelle lunghezze ottiche del VST. Il Vera Rubin Observatory, invece, pur osservando in regioni spettrali simili alle nostre, raggiungerà profondità simili solo dopo molti anni di osservazione. Questo rende VST uno strumento che può ancora dire la sua, e dà speranze per interessanti risultati all’interno della nostra survey”, conclude.


Riferimenti bibliografici:

L’articolo “VST-SMASH: the VST survey of Mass Assembly and Structural Hierarchy”, di Crescenzo Tortora, Rossella Ragusa, Massimiliano Gatto, Marilena Spavone, Leslie Hunt, Vincenzo Ripepi, Massimo Dall’Ora, Abdurro’uf, Francesca Annibali, Maarten Baes, Francesco Michel Concetto Belfiore, Nicola Bellucco, Micol Bolzonella, Michele Cantiello, Paola Dimauro, Mathias Kluge, Federico Lelli, Nicola R. Napolitano, Achille Nucita, Mario Radovich, Roberto Scaramella, Eva Schinnerer, Vincenzo Testa e Aiswarya Unni, è stato pubblicato online sulla rivista The Messenger dell’ESO.

Testo e immagini dall’Ufficio Stampa Istituto Nazionale di Astrofisica – INAF

UNA “RAPINA COSMICA” NELL’AMMASSO DI GALASSIE DELL’IDRA

Un team internazionale guidato dall’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF) ha realizzato una nuova immagine dell’ammasso di galassie dell’Idra con il telescopio italiano VST gestito da INAF in Cile, svelando il gas e le stelle “rubate” alle galassie, segno di un’evoluzione ancora in corso.

L'ammasso di galassie dell'Idra immortalato con il telescopio italiano VST (VLT Survey Telescope) in Cile. Nell'immagine spicca la galassia NGC 3312, nella parte inferiore sulla sinistra.
L’ammasso di galassie dell’Idra immortalato con il telescopio italiano VST (VLT Survey Telescope) in Cile. Nell’immagine spicca la galassia NGC 3312, nella parte inferiore sulla sinistra. Crediti: ESO/INAF/M. Spavone, E. Iodice

Gli ammassi galattici, formati da centinaia di galassie oltre a enormi quantità di plasma caldissimo e della invisibile materia oscura, sono le strutture cosmiche più grandi tenute insieme dalla gravità. Si trovano nei nodi più densi della “ragnatela cosmica” che pervade l’Universo e sono luoghi tutt’altro che tranquilli: al loro interno, le galassie si scontrano e interagiscono tra di loro, spesso in maniera turbolenta, regalando immagini spettacolari ai telescopi che scrutano le profondità del cielo.

È il caso dell’ammasso di galassie dell’Idra (Hydra I), a oltre 160 milioni di anni luce da noi, nel quale un team internazionale guidato da ricercatrici e ricercatori dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF) ha svelato deboli strutture mai viste prima nella luce diffusa che permea lo spazio tra le galassie. Questi dettagli permettono di ricostruire la travolgente storia dell’ammasso. Il lavoro è stato possibile grazie a immagini profonde e ad alta risoluzione ottenute con il telescopio italiano VST (VLT Survey Telescope), situato presso l’Osservatorio di Paranal dello European Southern Observatory (ESO) sulle Ande cilene e gestito dal 2022 interamente da INAF.

Dettaglio sulla galassia a spirale NGC 3312, ripresa dal telescopio italiano VST (VLT Survey Telescope) in Cile. La forma della galassia, simile a quella di una medusa, tradisce il fenomeno di ram pressure stripping, attraverso il quale il gas freddo delle regioni periferiche della galassia fuoriesce a causa della frizione con il gas, più caldo, che pervade l'ammasso.
Dettaglio sulla galassia a spirale NGC 3312, ripresa dal telescopio italiano VST (VLT Survey Telescope) in Cile. La forma della galassia, simile a quella di una medusa, tradisce il fenomeno di ram pressure stripping, attraverso il quale il gas freddo delle regioni periferiche della galassia fuoriesce a causa della frizione con il gas, più caldo, che pervade l’ammasso. Crediti: ESO/INAF/M. Spavone, E. Iodice

Nell’immagine realizzata dal VST spicca NGC 3312, la più grande galassia a spirale dell’ammasso dell’Idra, nella parte bassa dell’immagine. La sua forma, che ricorda vagamente quella di una medusa con una serie di tentacoli, segnala un “furto cosmico” in atto: l’ammasso sta letteralmente “rubando” il gas dalle regioni più esterne della galassia. Questo fenomeno avviene quando una galassia attraversa un fluido denso, come il gas caldo sparso tra le galassie di un ammasso: la frizione del gas caldo contro quello più freddo alla periferia della galassia provoca la fuoriuscita di quest’ultimo, che va ad aggiungersi al materiale.

Il nuovo studio ha analizzato in dettaglio le strutture più fioche all’interno dell’ammasso, in particolare nella cosiddetta luce intra-ammasso (in inglese, intracluster light), una componente diffusa che pervade lo spazio intergalattico, prodotta da stelle che sono state anche in questo caso “sottratte” ad alcune delle galassie dell’ammasso mentre interagivano con le loro compagne. I risultati sono in corso di pubblicazione sulla rivista Astronomy and Astrophysics.

“La nostra analisi fotometrica dell’ammasso di galassie dell’Idra permette di ricostruire la sua storia di formazione ed evoluzione e di capire quale dei possibili scenari di formazione abbia formato la luce diffusa in questo particolare ammasso” spiega Marilena Spavone, ricercatrice INAF a Napoli e prima autrice del lavoro. “Le simulazioni forniscono diverse previsioni per spiegare la formazione della luce intra-ammasso negli ambienti densi degli ammassi di galassie, e per collegare la quantità di luce diffusa osservata alla fase evolutiva di un ammasso”.

Per determinare in che fase evolutiva si trova l’ammasso, il team ha analizzato la distribuzione di luce di tutte le sue galassie per poter “isolare” la luce diffusa. In questo modo, è stato possibile stimare la quantità di luce intra-ammasso e studiare le strutture dovute alle interazioni tra galassie, come ad esempio le code mareali o i tentacoli di medusa osservati nella galassia NGC 3312.

“Secondo la nostra analisi, l’ammasso dell’Idra presenta tre diverse regioni che mostrano sovradensità di galassie, e diverse strutture nel mezzo diffuso, oltre a grandi aloni stellari intorno alle galassie più brillanti”, aggiunge la coautrice Enrichetta Iodice, ricercatrice INAF a Napoli e responsabile del Centro italiano di coordinamento per VST. “Tutti questi indizi mostrano che si tratta di un ammasso ancora in fase di evoluzione”.

Le osservazioni dell’ammasso sono state raccolte nell’ambito del progetto VEGAS (VST Early-Type Galaxy Survey), un censimento cosmico ottimizzato per studiare le galassie sfruttando il grande campo di vista e la risoluzione di OmegaCam, la potente fotocamera del VST. Questa fotocamera è un vero e proprio “grandangolo cosmico” in grado di osservare una porzione di cielo di un grado quadrato, pari a circa quattro volte l’area apparente della Luna piena. Questi dati offrono un’anteprima delle osservazioni che saranno realizzate, con profondità e una risoluzione comparabili ma su porzioni del cielo ancora più grandi, dal satellite ESA Euclid, lanciato lo scorso anno, e dalla Legacy Survey of Space and Time (LSST) dell’osservatorio Vera C. Rubin, attualmente in costruzione in Cile.


 

Riferimenti bibliografici:

L’articolo “Galaxy populations in the Hydra I cluster from the VEGAS survey III. The realm of low surface brightness features and intra-cluster light”, di Marilena Spavone, Enrichetta Iodice, Felipe S. Lohmann, Magda Arnaboldi, Michael Hilker, Antonio La Marca, Rosa Calvi, Michele Cantiello, Enrico M. Corsini, Giuseppe D’Ago, Duncan A. Forbes, Marco Mirabile e Marina Rejkuba, è stato pubblicato online sulla rivista Astronomy & Astrophysics.

Testo e immagini dall’Ufficio stampa – Struttura per la Comunicazione di Presidenza dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF).

AMMASSO DELLA VERGINE: DISTANZE GALATTICHE MAI COSÌ PRECISE

Misurate con grande accuratezza le distanze di circa 300 galassie con il metodo cosiddetto delle fluttuazioni di brillanza superficiale

Un nuovo studio, accettato per la pubblicazione sulla rivista The Astrophysical Journal, getta nuova luce sulle caratteristiche delle galassie che costituiscono l’ammasso della Vergine e soprattutto sulla loro distanza dalla Terra, sfruttando il metodo delle fluttuazioni di brillanza superficiale (SBF, dall’acronimo inglese surface brightness fluctuations) delle galassie ospiti. Il team di ricerca, guidato dall’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF) e composto da scienziati di varie istituzioni internazionali, ha condotto un’analisi dettagliata su un campione di circa 300 galassie nell’ambito della Next Generation Virgo Cluster Survey (NGVS). A parte il valore intrinseco della misura di distanze, con l’accuratezza permessa dal metodo SBF, l’analisi della distribuzione 3D delle galassie, anche di quelle più deboli e quindi meno luminose, è la più precisa mai realizzata su questo ammasso di galassie.

NGVS è un programma di osservazioni realizzato con il Canada France Hawaii Telescope (CFHT), guidato da Laura Ferrarese del Centro di Rircerca di Astronomia e Astrofisica Herzberg, di Victoria (Canada), volto a esaminare un’area di 104 gradi quadrati nella regione dell’Ammasso della Vergine, ossia la più grande concentrazione di galassie nell’universo vicino. La survey copre una vasta area dell’ammasso, dalle regioni centrali sino a quelle periferiche, e viene eseguita in cinque bande ottiche a cavallo fra la radiazione ultravioletta e il vicino infrarosso.

“Le fluttuazioni di brillanza superficiale derivano dalle fluttuazioni casuali di stelle non risolte all’interno della galassia osservata”, spiega Michele Cantiello, primo autore dell’articolo e ricercatore presso INAF d’Abruzzo. “Qualitativamente, per la stima delle distanze, l’idea alla base del metodo è piuttosto semplice: una popolazione di stelle più vicina appare più ‘granulosa’ rispetto a una popolazione lontana, il cui profilo di luminosità appare invece relativamente liscio. Questo metodo risulta particolarmente efficace in galassie ellittiche molto massicce, dominate da stelle vecchie ad alta metallicità, dove l’accuratezza del metodo può essere migliore del 2% sulla distanza per singole galassie”.

Attualmente, con questo metodo, è possibile misurare distanze fino a circa 600 milioni di anni luce (potenzialmente oltre un miliardo di anni luce con il James Webb Space Telescope), e non solo per galassie ellittiche, ma anche per galassie nane, nuclei di spirale, galassie peculiari, e altri oggetti celesti.

“La forza di questo metodo risiede nel fatto che le misure di fluttuazioni di brillanza superficiale non richiedono lunghe campagne osservative, ma rivaleggiano per precisione con metodi che utilizzano le stelle variabili di tipo Cefeide e le supernove del tipo Ia”, aggiunge Cantiello.

Il catalogo, pubblicato inizialmente con 89 galassie, fa riferimento adesso a un altro campione di ben 300 oggetti, tutti nell’ammasso della Vergine. Questo agglomerato galattico è caratterizzato dalla presenza di numerose sotto-strutture, oggetto di studio da diversi decenni.

“Attraverso il nostro lavoro, siamo riusciti ad esplorare la struttura tridimensionale dell’ammasso con un livello di precisione mai raggiunto prima su un così ampio campione di galassie. Questo ammasso, il più ricco di galassie entro i 50 milioni di anni luce dal Gruppo Locale, rappresenta un punto di particolare interesse. Il nostro lavoro ha permesso di evidenziare chiaramente, ad esempio, una struttura ‘filamentosa’ che collega il nucleo principale e più vicino dell’ammasso a una struttura più distante, nota come la nube W”, aggiunge il ricercatore.

Durante la fase conclusiva dell’analisi, i ricercatori hanno notato che, esaminando le distanze delle galassie nel gruppo principale dell’ammasso (comunemente noto come sotto-ammasso A e considerato una struttura unica e “rilassata”), si individua per la prima volta un sotto-raggruppamento di galassie posizionato circa il 15% più lontano rispetto all’ammasso principale.

“In pratica, sembra che il sotto-ammasso A ospiti un ulteriore piccolo gruppo lungo la stessa linea di vista, ma leggermente più distante. Per dare un’immagine visiva, potremmo pensare al sotto-ammasso A come ad una forma ‘a pera’, con una parte più larga rivolta verso l’osservatore e una parte più stretta, che ospita questo piccolo gruppo aggiuntivo”, sottolinea Cantiello.

La misura delle distanze è di fondamentale importanza in qualsiasi campo dell’astronomia, sia che si tratti dello studio di pianeti, stelle, galassie o delle costanti del modello cosmologico. Una stima affidabile delle distanze è un prerequisito essenziale per conoscere le caratteristiche fisiche fondamentali dell’oggetto studiato, come le dimensioni fisiche, la luminosità, la massa, e così via.

Lo studio rappresenta un passo significativo verso una comprensione più approfondita della formazione e dell’evoluzione delle galassie e degli ammassi galattici.

“Da questo lavoro seguirà una serie di studi dello stesso tipo realizzati con i dati dal satellite Euclid, dal telescopio LSST e altri, che copriranno però l’intero cielo”.

Cantiello conclude: “Attualmente, la comunità mondiale che si occupa di misure di SBF è numericamente esigua, e le persone coinvolte possono essere contate sulle dita di due mani. Oggi, nella comunità italiana, con il coinvolgimento del gruppo Euclid di Roma e Firenze, insieme alla partecipazione italiana alle attività di LSST, l’interesse e la discussione su questo argomento sono decisamente più ampi”.

una visuale sull'Ammasso della Vergine con alcune delle stelle più brillanti evidenziate. Crediti per l'immagine: Sloan Digital Sky Survey, Canada-France-Hawaii Telescope and the NGVS team
Ammasso della Vergine: distanze galattiche mai così precise grazie al metodo delle fluttuazioni di brillanza superficiale. Una visuale sull’Ammasso della Vergine con alcune delle stelle più brillanti evidenziate. Crediti per l’immagine: Sloan Digital Sky Survey, Canada-France-Hawaii Telescope and the NGVS team

 

Per altre informazioni:

L’articolo “The Next Generation Virgo Cluster Survey (NGVS). XVIII. Measurement and Calibration of Surface Brightness Fluctuation Distances for Bright Galaxies in Virgo (and Beyond)”, di Michele Cantiello, J.P. Blakeslee, L. Ferrarese, P. Cote, J.C. Roediger, G. Raimondo, E.W. Peng, S. Gwyn, P.R. Durrell, J.C. Cuillandre, è stato accettato per la pubblicazione sulla rivista The Astrophysical Journal.

Testo dall’Ufficio stampa dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF). Immagine dal Canada France Hawaii Telescope (CFHT).