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Elettronica impiantabile e riassorbibile per la medicina di precisione: lo stato dell’arte e sfide future (anche in campo non medico)
Su Nature Reviews Electrical Engineering un articolo del team di microelettronica del Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione dell’Università di Pisa
I sistemi elettronici bioriassorbibili impiantabili, costituiti da dispositivi miniaturizzati che rilevano, elaborano e rispondono a segnali del corpo stanno rivoluzionando la medicina di precisione nella direzione di un approccio sempre più personalizzato, sostenibile, non invasivo ed ecocompatibile.
Su Nature Reviews Electrical Engineering un articolo a firma del gruppo di ricerca del Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione dell’Università di Pisa guidato da Giuseppe Barillaro, da anni impegnato nella ricerca sui sensori per la medicina del futuro, fa il punto sullo stato dell’arte. In particolare, il lavoro traccia gli scenari applicativi di questi sistemi in medicina, sottolineando come potrebbero arrivare a rivoluzionare l’assistenza sanitaria grazie alla combinazione di funzionalità, biocompatibilità e sostenibilità ambientale.
Oltre a Giuseppe Barillaro, sono autori dell’articolo Martina Corsi, Elena Bellotti e Salvatore Surdo.
“Questi sistemi – afferma Barillaro, docente di elettronica al Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione – forniscono un monitoraggio in tempo reale dei parametri vitali, dei marcatori biochimici e degli indicatori specifici di una patologia all’interno del corpo e trasmettono dati in modalità wireless che consentono interventi tempestivi e personalizzati. Realizzati con materiali biodegradabili, i dispositivi si dissolvono in sicurezza dopo aver completato la loro funzione, eliminando la necessità di rimozione chirurgica e riducendo le complicanze. Questi fattori posizionano l’elettronica bioriassorbibile all’avanguardia delle tecnologie sostenibili ed ecocompatibili per la medicina personalizzata”.
“Negli ultimi 15 anni – continua Barillaro – i progressi nella scienza dei materiali, nelle tecnologie di microfabbricazione e nell’ingegneria dei dispositivi hanno notevolmente ampliato la funzionalità e la versatilità dei sistemi elettronici bioriassorbibili impiantabili. Le innovazioni chiave includono lo sviluppo di sensori bioriassorbibili per il monitoraggio di pH, glucosio, lattato e altri biomarcatoristimolatori elettrici transitori che promuovono la guarigione delle ferite e la rigenerazione dei tessuti; fonti di energia in grado di ricavare energia dai movimenti naturali del corpo.”
Nell’articolo, gli autori passano in rassegna le funzioni essenziali dei sistemi elettronici bioriassorbibili, dalla rilevazione e l’elaborazione delle informazioni alla raccolta di energia e alla comunicazione wireless, in termini di componenti, materiali, tecniche di fabbricazione e strategie di integrazione.
“Affrontiamo anche le principali sfide tecnologiche – prosegue Barillaro – come la biocompatibilità dei materiali, la stabilità dei dispositivi, l’affidabilità dei dati, la degradazione controllata e l’efficienza energetica, che rappresentano i principali ostacoli all’applicazione clinica”.
Biocompatibilità e biodegradabilità sono infatti i punti cruciali di questa tecnologia. Sebbene i materiali bioriassorbibili siano progettati per degradarsi senza danneggiare i tessuti circostanti, gli effetti dei sottoprodotti di degradazione sui tessuti devono essere attentamente valutati, soprattutto a lungo termine, così come deve essere valutato l’impatto sull’ambiente dei lettori esterni e unità di trasmissione che interagiscono con i sensori. Da questo punto di vista, nell’immediato futuro, l’utilizzo di sensori con circuiti elettronici alimentati dall’esterno e la realizzazione dei lettori esterni con materiali riciclabili o parzialmente biodegradabili, potrebbero costituire ulteriori passi avanti. Infine, futuri sistemi bioriassorbibili completamente impiantabili potrebbero eliminare i rifiuti medici, poiché tutti i componenti, inclusi sensori, alimentazione e trasmissione dati, verrebbero riassorbiti in modo sicuro all’interno del corpo, segnando un passo importante verso una tecnologia medica sostenibile e senza sprechi.
“È necessario affrontare anche considerazioni etiche – conclude Barillaro – in particolare quelle relative alla riservatezza dei dati e all’autonomia del paziente. La capacità dei dispositivi indossabili e impiantabili di raccogliere dati sanitari in modo continuativo solleva importanti interrogativi su come queste informazioni vengano gestite e protette, e richiede una solida normativa per la protezione dei dati.”
il team di Giuseppe Barillaro
il team di Giuseppe Barillaro, autore del nuovo studio sull’Elettronica impiantabile e riassorbibile
L’articolo si chiude tracciando uno scenario applicativo dei dispositivi bioriassorbibili che va oltre il sistema sanitario, per esempio nei settori del monitoraggio ambientale, della tecnologia indossabile e dell’elettronica di consumo, dove questi sistemi potrebbero contribuire alla riduzione dei rifiuti elettronici e alla creazione di prodotti più sostenibili.
L’elettronica bioriassorbibile, sottolineano gli autori, potrebbe rivoluzionare l’assistenza sanitaria, rendendola più accessibile al paziente e più sostenibile, ma questo richiede una continua collaborazione interdisciplinare, innovazione responsabile, adeguamento normativo e disponibilità di finanziamenti. Affrontare queste sfide potrebbe rendere i sistemi bioriassorbibili una tecnologia chiave dei trattamenti medici di prossima generazione e un modello per la tecnologia sostenibile in altri settori.

Riferimenti bibliografici: 

Corsi, M., Bellotti, E., Surdo, S. et al. Implantable bioresorbable electronic systems for sustainable precision medicine, Nat Rev Electr Eng (2025), DOI: https://doi.org/10.1038/s44287-025-00190-6

 

Testo e foto dall’Ufficio comunicazione di Ateneo dell’Università di Pisa

Medicina di precisione: individuati nuovi biomarcatori per migliorare e personalizzare la diagnosi del carcinoma midollare della tiroide

Un nuovo studio coordinato dalla Sapienza Università di Roma ha utilizzato una tecnologia innovativa, non invasiva ed economica per identificare caratteristiche molecolari peculiari di questa neoplasia. I risultati dello studio, pubblicati su Biomarker Research, possono migliorare la diagnosi e la prognosi dei pazienti.

 

Il carcinoma midollare della tiroide è un tumore la cui diagnosi, a oggi, si basa sul riscontro di alti livelli di calcitonina, ormone prodotto dalle cellule C della tiroide da cui origina il tumore, in pazienti con nodulo tiroideo rilevato mediante esame ecografico.

Tuttavia, alti livelli di calcitonina non sono specifici di tale neoplasia e possono essere dunque riscontrati anche in pazienti non affetti da questo tipo di tumore. Inoltre, i livelli di tale ormone, in presenza di neoplasia, non sempre correlano con l’estensione del tumore stesso. Pertanto, la ricerca biomedica sta facendo grossi sforzi per migliorare la diagnosi e di conseguenza la prognosi dei pazienti.

In questo contesto, il gruppo di ricerca coordinato da Elisabetta Ferretti e Agnese Po della Sapienza di Roma ha utilizzato una tecnologia innovativa e al tempo stesso relativamente economica per identificare nuove caratteristiche molecolari nel DNA circolante presente nel sangue di pazienti affetti da carcinoma midollare della tiroide. Lo studio, nato dalla collaborazione di tre dipartimenti della Sapienza e importanti enti nazionali come l’Università di Siena, l’Università di Pisa, l’Università di Cagliari e l’Istituto Pascale di Napoli, è stato pubblicato sulla rivista Biomarker Research del gruppo Nature.

“Da alcuni anni il DNA circolante nel sangue dei pazienti oncologici viene analizzato alla ricerca di mutazioni presenti nelle cellule tumorali. Tuttavia, il numero di diverse mutazioni che possono essere presenti è molto elevato e le indagini possono mancare la diagnosi poiché cercano la molecola sbagliata – spiega Agnese Po. Ci sono altre caratteristiche del DNA circolante che possono essere sfruttate per identificare una patologia, e tra queste abbiamo analizzato la metilazione e la frammentazione, che sono legate al fenotipo e al comportamento delle cellule”.

Raccogliendo campioni di biopsia liquida di pazienti affetti da carcinoma midollare della tiroide al momento della diagnosi per estrarre il DNA circolante (o cell-free DNA) è infatti possibile integrare le indagini che già si eseguono, migliorando il livello di caratterizzazione del paziente.

“Per queste analisi abbiamo utilizzato una tecnologia altamente specifica come la PCR digitale o droplet digital PCR – afferma Elisabetta Ferretti – che permette una risoluzione fino alla singola molecola di DNA”.

“Questi risultati – concludono Anna Citarella e Zein Mersini Besharat, prime autrici dello studio e ricercatrici presso il Dipartimento di Medicina sperimentale della Sapienza – gettano le basi per l’aggiunta di nuovi biomarcatori non invasivi, utili per la diagnosi e gestione del paziente affetto da carcinoma midollare della tiroide nell’ambito della medicina di precisione”.

Inoltre questi risultati aprono la strada alla ricerca di nuovi biomarcatori circolanti anche per altre tipologie di tumore, dove la ricerca di biomarcatori diagnostici e prognostici specifici e sensibili è un’importante esigenza medica.

Riferimenti:

Circulating cell-free DNA (cfDNA) in patients with medullary thyroid carcinoma is characterized by specific fragmentation and methylation changes with diagnostic value – Citarella A, Besharat ZM, Trocchianesi S, Autilio TM, Verrienti A, Catanzaro G, Splendiani E, Spinello Z, Cantara S, Zavattari P, Loi E, Romei C, Ciampi R, Pezzullo L, Castagna MG, Angeloni A, Elisei R, Durante C, Po A and Ferretti E – Biomarker Research (2023) https://doi.org/10.1186/s40364-023-00522-4

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Medicina di precisione: individuati nuovi biomarcatori per migliorare e personalizzare la diagnosi del carcinoma midollare della tiroide. Foto di Konstantin Kolosov

Testo dal Settore Ufficio stampa e comunicazione Sapienza Università di Roma

NanoCosPha, innovazione e sostenibilità al servizio dell’industria cosmetica e farmaceutica

Da un’intesa tra l’Università di Milano-Bicocca e Regione Lombardia nasce la piattaforma tecnologica dedicata allo sviluppo di prodotti per il benessere e la cura della persona. Quattro milioni di euro il valore complessivo del progetto.

Milano, 14 febbraio 2022 – Sviluppare prodotti per la medicina di precisione e personalizzata, trattamenti anti-age, antiossidanti e antinfiammatori, innovativi e a basso impatto ambientale. Con questo obiettivo nasce NanoCosPha, il progetto coordinato dall’Università di Milano-Bicocca e cofinanziato da Regione Lombardia per la creazione di una filiera tecnologica a supporto delle aziende cosmetiche e farmaceutiche.

NanoCosPha
Milano – NanoCosPha. Intervento della rettrice Giovanna Iannantuoni

L’iniziativa è stata annunciata questa mattina nel corso dell’evento che si è tenuto a Palazzo Lombardia alla presenza della rettrice di Milano-Bicocca, Giovanna Iannantuoni, dell’assessore per l’Istruzione, università, ricerca, innovazione e semplificazione di Regione Lombardia, Fabrizio Sala e di esponenti dei settori farmaceutico, cosmetico, scientifico e accademico.

“Le Università sono un partner fondamentale per lo sviluppo economico di Regione Lombardia – ha dichiarato l’assessore regionale Fabrizio Sala – Con accordi come questo vogliamo supportare gli atenei e legare sempre più il mondo universitario con quello produttivo. In questo caso abbiamo supportato Università Bicocca con 2 milioni di euro per la realizzazione di una infrastruttura importante, favorendo di fatto un’attività di ricerca sempre più importante anche per studenti e professori” ha concluso Sala.

Il progetto, coordinato dal prorettore alla Ricerca di Milano-Bicocca, Guido Cavaletti, coinvolge i dipartimenti di Biotecnologie e bioscienze e Medicina e chirurgia dell’Ateneo Milanese e si occuperà dei vari stadi di sviluppo di nano-bioformulati, nanofarmaci e prodotti cosmetici di nuova generazione.

«Con questo progetto intendiamo affrontare in modo olistico il tema del benessere promuovendo l’innovazione e il trasferimento tecnologico – afferma Guido Cavaletti, prorettore alla ricerca di Milano-Bicocca – ma anche la ricerca di base e l’alta formazione dei giovani e manager d’azienda attraverso dottorati industriali, stage e scambi bilaterali tra l’università e l’azienda».

NanoCosPha
Milano – NanoCosPha: Da sinistra: Fabrizio Sala, Miriam Colombo, Guido Cavaletti, Davide Prosperi

NanoCosPha potrà contare su una piattaforma tecnologica costituita da sei laboratori innovativi e altamente specializzati per un valore complessivo di oltre 4 milioni di euro, finanziato per metà da Regione Lombardia.

La ricerca si concentrerà sulla creazione di nuove molecole attive, in grado di sfruttare i vantaggi della dimensione nano. Utilizzando le nanoparticelle come vettori è possibile trasportare molecole e principi attivi proprio là dove servono, in modo preciso e veloce, favorendone l’assorbimento e scongiurando la comparsa di effetti avversi. In campo cosmetico, dunque, sarà possibile osservare il beneficio locale, evitando effetti inattesi; nel caso dei farmaci, vi sarà una minore degradazione a livello dello stomaco a seguito della somministrazione orale.

NanoCosPha lavorerà allo sviluppo di nuovi processi a basso impatto ambientale. Uno degli obiettivi principali sarà la sostituzione di microplastiche con molecole di origine naturale compatibili sia per l’uomo, sia per la natura che lo circonda. Ma non solo. L’automazione dei processi e l’utilizzo di sistemi di machine learning nella preparazione e nella validazione dei preparati consentirà di ottimizzare la resa e di ridurre gli scarti.

Lo sviluppo di prodotti green ben si coniuga con la ricerca di prodotti sostenibili anche per l’equilibrio della pelle. Per questo un passo fondamentale sarà l’analisi del loro effetto sul microbioma – l’insieme dei microrganismi che interagiscono con la nostra pelle – anche attraverso lo sviluppo di disegni sperimentali specifici basati sull’analisi bioinformatica e su approcci di intelligenza artificiale.

Nei laboratori di NanoCosPha, inoltre, verranno effettuati test analitici su prodotti cosmetici finiti come anti-aging e anticellulite grazie al lavoro in sinergia con l’industria cosmetica, con la finalità di migliorare la comunicazione al consumatore.

La possibilità di customizzare prodotti e procedure preparative all’interno della filiera dei processi automatizzati aprirà la strada alla cosmetica e alla medicina personalizzata e all’applicazione dei derivati al trattamento delle malattie rare.
Testo e foto dall’Ufficio Stampa Università di Milano-Bicocca