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LA NEURORIABILITAZIONE PER UNA MEDICINA PIÙ “UMANA” – Pubblicato su «The Lancet Neurology» lo studio guidato dall’Università di Padova che propone di adottare l’approccio multidimensionale della neuroriabilitazione come nuovo paradigma per la medicina del futuro, considerando il paziente nella complessità delle interazioni tra corpo, psiche, e ambiente

La neuroriabilitazione (o riabilitazione neurologica) è una branca della medicina che si occupa della valutazione e del recupero di deficit e disabilità derivanti da un danno neurologico.

Di recente, l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha evidenziato la centralità della neuroriabilitazione nei sistemi sanitari, riconoscendone il ruolo chiave nella presa in carico delle persone con condizioni neurologiche e disabilità correlate: due report dell’OMS sottolineano infatti la necessità di servizi di neuroriabilitazione accessibili, con approccio multidimensionale incentrato sul paziente, che consideri i bisogni individuali e il contesto sociale della persona, oltrepassando il tradizionale approccio basato esclusivamente su aspetti biologici.

Uno studio guidato dal Dipartimento di Neuroscienze dell’Università di Padova e pubblicato sulla prestigiosa rivista «The Lancet Neurology» propone un cambio di paradigma radicale, ponendo la neuroriabilitazione come modello per una medicina “dei sistemi”, più vicina alla complessità reale della persona e del suo contesto, che nell’intero percorso di prevenzione, cura e riabilitazione tenga conto anche di fattori non biologici come comportamenti, ambiente, aspetti psicologici e reti sociali.

«Il riconoscimento internazionale della neuroriabilitazione come precursore di una medicina incentrata sulla persona nella sua totalità è un traguardo importante che ribadisce la necessità della riabilitazione nel processo di cura» afferma Alessandra Del Felice, prima autrice dello studio e docente al Dipartimento di Neuroscienze dell’Università di Padova.

Alessandra Del Felice
Alessandra Del Felice, prima autrice dello studio su «The Lancet Neurology» che propone l’approccio multidimensionale della neuroriabilitazione come nuovo paradigma per la medicina

Per i pazienti ricoverati nella Clinica Neurologica e Stroke Unit di Padova, dirette dal prof. Maurizio Corbetta dell’Università di Padova – e presto anche per pazienti ambulatoriali con esiti di traumi cerebrali e ictus – questo modello è già realtà: il paziente è preso in carico con un approccio multidisciplinare e con metodologie innovative, considerando la totalità della persona oltre gli aspetti puramente biologici. Ciò assicura un recupero più completo e soddisfacente per pazienti e famiglie, ottimizzando anche le risorse del sistema sanitario regionale.

Lo studio evidenzia tre elementi distintivi della neuroriabilitazione che stanno influenzando altri campi della medicina e contribuendo a un cambio di paradigma generale:

  • integrazione tra biologia e fattori esterni (come comportamento, ambiente, reti sociali);

  • collaborazione tra discipline diverse (medicina, psicologia, ingegneria biomedica…);

  • adozione di metodologie innovative per valutare interventi complessi e personalizzati.

La neuroriabilitazione può fungere da apripista per la medicina dei sistemi, evolvendo da un modello strettamente biomedico a uno più olistico che riconosca l’importanza dei fattori non biologici come comportamenti, esposizioni ambientali, attitudini psicologiche e reti sociali per rendere più efficaci prevenzione, intervento e riabilitazione.

Nonostante l’efficacia, i servizi di neuroriabilitazione sono spesso trascurati. Proprio per questo «The Lancet Neurology» ha istituito una Commissione per sensibilizzare, identificare priorità di ricerca e promuovere nuovi interventi, incluse innovazioni tecnologiche come interfacce cervello-computer e realtà virtuale. La neuroriabilitazione, con il suo approccio olistico, potrebbe fungere da modello per altri campi medici verso una medicina veramente personalizzata e incentrata sul paziente.

Riferimenti bibliografici:

Alessandra Del Felice, Antonio Luigi Bisogno, Margherita Bertuccelli, Nick S. Ward, Maurizio Corbetta, Neurorehabilitation as a forerunner in the paradigm shift towards systems medicine – «The Lancet Neurology» – 2025, link: https://www.thelancet.com/journals/laneur/article/PIIS1474-4422(25)00281-9/fulltext

 

Testo e foto dall’Ufficio Stampa dell’Università di Padova

UN APPROCCIO INNOVATIVO PER IL TRATTAMENTO DEI TUMORI AL CERVELLO BASATO SULLA CONNETTIVITÀ CEREBRALE

Team padovano multidisciplinare scopre il ruolo delle connessioni cerebrali nella crescita del tumore.

Nonostante tutti gli sforzi della ricerca, i tumori cerebrali sono rimasti gli unici a non aver presentato progressi significativi negli ultimi 30 anni. Perché?

Alessandro Salvalaggio
Alessandro Salvalaggio

A questa domanda ha provato a dare una risposta un team multidisciplinare diretto dal prof. Maurizio Corbetta (del Dipartimento di Neuroscienze dell’Università di Padova e Principal Investigator del VIMM) e composto interamente da ricercatori dell’Università di Padova: Alessandro Salvalaggio (neurologo), Lorenzo Pini (psicologo) e Alessandra Bertoldo (ingegnere).

«Il limite principale dell’approccio tenuto finora è quello di considerare i gliomi (tumori cerebrali) come un qualsiasi altro tumore di qualsiasi altro organo – spiegano gli autori –. Invece, e qui la novità, la crescita di un tumore cerebrale è in parte determinata e regolata dall’attività stessa del cervello».

Alessandra Bertoldo
Alessandra Bertoldo

Il cervello è il nostro organo più complesso, in cui i circa 100 miliardi di neuroni sono organizzati fra loro secondo una struttura complessa (connettoma strutturale) formando specifici network di attività (connettoma funzionale). Le cellule tumorali si integrano nel connettoma e ne sfruttano le connessioni strutturali e funzionali per crescere e diffondersi. Di conseguenza, lo studio della connettività cerebrale assume un nuovo ruolo nel determinare la prognosi di questi pazienti, ma soprattutto fornisce nuove strategie di trattamento.

Ad esempio, in un lavoro recente pubblicato su «Jama Neurology» gli autori hanno mostrato che la sopravvivenza di un paziente può essere predetta sulla base di indici di connettomica calcolati da un’immagine clinica ottenuta con risonanza magnetica. Altre possibili applicazioni future riguardano la radioterapia e la navigazione chirurgica.

«Inoltre nel prossimo futuro, modulando la connettività potremmo rallentare la crescita del tumore fornendo ai pazienti nuovi trattamenti da affiancare a quelli tradizionali (chemioterapia e radioterapia)» dice Maurizio Corbetta.

Maurizio Corbetta fisica neuroscienze  nuovo approccio al trattamento dei tumori al cervello basato sulla connettività cerebrale
Maurizio Corbetta, direttore del team che ha realizzato questo nuovo approccio al trattamento dei tumori al cervello basato sulla connettività cerebrale

Lo studio Glioblastoma and brain connectivity: the need for a paradigm shift è stato pubblicato su «Lancet Neurology», la più importante rivista al mondo di Neurologia.

Lorenzo Pini
Lorenzo Pini

Link allo studio: https://www.thelancet.com/journals/laneur/article/PIIS1474-4422(24)00160-1/fulltext

Titolo: Glioblastoma and brain connectivity: the need for a paradigm shift – «Lancet Neurology» – 2024

 

Testo e foto dall’Ufficio Stampa dell’Università di Padova

TEORIE DELLA FISICA APPLICATE ALLE NEUROSCIENZE

Predizione dei deficit neurologici nell’ictus attraverso modelli biofisici computerizzati dell’attività del cervello

I meccanismi fondamentali alla base delle dinamiche dell’attività cerebrale sono ancora in gran parte sconosciuti. La loro conoscenza potrebbe aiutare a comprendere la risposta del cervello a condizioni patologiche, come le lesioni cerebrali (ictus). Nonostante gli sforzi della comunità scientifica, i meccanismi alla base del recupero funzionale e comportamentale dei pazienti colpiti da ictus sono ancora poco conosciuti. Lo studio Recovery of neural dynamics criticality in personalized whole brain models of stroke pubblicato su «Nature Communications», frutto di una collaborazione internazionale tra fisici, neurologi e psicologi, a cura di Rodrigo Rocha, Loren Koçillari, Samir Suweis, Michele De Grazia, Michel Thiebaut De Schotten, Marco Zorzi e Maurizio Corbettapropone la teoria della criticità cerebrale per spiegare le relazioni fra alterazioni cerebrali e funzione nei pazienti neurologici.

In fisica è noto da tempo che certi sistemi si trovano tra l’ordine e il caos in uno stato così detto “critico”. In un materiale ferromagnetico, per esempio, i dipoli magnetici si allineano con i loro vicini per formare piccoli campi magnetici locali. La disposizione casuale delle loro direzioni impedisce la formazione di campi più grandi. Quando però il materiale viene raffreddato alla temperatura critica, i campi si allineano in domini di dimensioni sempre più grandi. Una volta raffreddato fino a raggiungere una temperatura “critica”, i dipoli si allineano in tutto il materiale formando un campo unico. Le criticità come la transizione di fase ferromagnetica hanno caratteristiche distintive.

Le criticità sono state usate per descrivere molti fenomeni, dai ferromagneti ai terremoti o alla frequenza cardiaca umana ed è stato mostrato che anche il cervello potrebbe operare in prossimità di un punto critico, in cui tutti o buona parte dei neuroni hanno un comportamento collettivo e coordinato, che fornirebbe al sistema delle funzionalità ottimali, legate per esempio all’efficienza nella trasmissione delle informazioni, o alla velocità di risposta a stimoli esterni.

Se la criticità è effettivamente una proprietà fondamentale dei cervelli sani, allora le disfunzioni neurologiche alterano questa configurazione dinamica ottimale. Alcuni studi hanno riportato un’alterazione della criticità durante le crisi epilettiche, il sonno a onde lente, l’anestesia e la malattia di Alzheimer. Tuttavia, un test cruciale di questa ipotesi sarebbe quella di mostrare che alterazioni locali dell’architettura strutturale e funzionale del cervello causano anche una perdita di “criticità’” del sistema. Inoltre, se le alterazioni miglioreranno nel tempo, per esempio per una attività di fisioterapia, allora dovremmo osservare parallelamente il recupero della criticità. Un’altra previsione è che se la criticità è essenziale per il comportamento, allora la sua alterazione dopo una lesione focale deve essere correlata alla disfunzione comportamentale e al recupero della funzione. Infine, i cambiamenti nella criticità dovrebbero anche essere correlati ai meccanismi di plasticità che sono alla base del recupero.

“L’obiettivo del presente lavoro è stato quello di affrontare queste importanti domande attraverso un approccio interdisciplinare che combina neuroimmagini, neuroscienze computazionali, fisica statistica e metodi di scienza dei dati“, spiega Rodrigo Rocha (Dipartimento di Fisica dell’Università Federale di Santa Catarina, Florianópolis, Brasile). “Abbiamo esaminato come le lesioni cerebrali modifichino la criticità utilizzando un nuovo approccio personalizzato di modellizzazione dell’intero cervello. La teoria modellizza le dinamiche cerebrali individuali (cioè di un singolo paziente) sulla base di reti di connettività anatomica del cervello reali. Abbiamo studiato longitudinalmente una coorte di partecipanti sani e colpiti da ictus misurando sia la loro connettività anatomica che l’attività funzionale del cervello (attraverso la risonanza magnetica funzionale, nota come fMRI). Per questi individui, infine, avevamo anche a disposizioni i risultati di test comportamentali. Abbiamo trovato – continua Rocha –  che i pazienti colpiti da ictus presentano, a distanza da tre mesi dall’ictus, livelli ridotti di attività neurale, della sua variabilità, e della forza delle connessioni funzionali. Tutti questi fattori contribuiscono a una perdita complessiva di criticità che però migliora nel tempo con il recupero del paziente. Dimostriamo inoltre che i cambiamenti nella criticità predicono il grado di recupero comportamentale e dipendono in modo rilevante da specifiche connessioni della sostanza bianca. In sintesi, il nostro lavoro descrive un importante progresso nella comprensione dell’alterazione delle dinamiche cerebrali e delle relazioni cervello-comportamento nei pazienti neurologici“.

Rodrigo Rocha

Questi risultati dimostrano che modelli dinamici al computer sull’intero cervello possono essere utilizzati per tracciare e prevedere il recupero dell’ictus a livello di singolo paziente; questo apre la possibilità di utilizzare questi metodo per misurare l’effetto di terapie quali la riabilitazione o la stimolazione non-invasiva” conclude Maurizio Corbetta, Direttore del Padova Neuroscience Center (PNC) dell’Università di Padova e della Clinica Neurologica Azienda Ospedale Università Padova, e ricercatore del Venetian Institute of Molecular Medicine (VIMM).

Maurizio Corbetta fisica neuroscienze
Maurizio Corbetta

Questa ricerca è stata finanziata dal Research, Innovation and Dissemination Center per Neuromathematics (FAPESP) and the National Council for Scientific and Technological Development (CNPq), Brasil; European Research Council (ERC) H2020 (grant# 818521); Italian Ministry of Health (Grant# RF-2013-02359306); M.C. by the Italian Ministry of Research Departments of Excellence (2017-2022), CARIPARO foundation (Grant #55403), Italian Ministry of Health (Grant# RF-2018-12366899; RF-2019-12369300), H2020-SC5-2019-2 (Grant # 869505);  H2020-SC5-2019-2 (Grant # 869505).

Link alla ricerca: https://www.nature.com/articles/s41467-022-30892-6

Titolo: Recovery of neural dynamics criticality in personalized whole brain models of stroke” – «Nature Communications» 2022

Autori: Rodrigo P. Rocha, Loren Koçillari, Samir Suweis, Michele De Filippo De Grazia, Michel Thiebaut de Schotten, Marco Zorzi & Maurizio Corbetta

Teorie della Fisica applicate alle Neuroscienze
Teorie della Fisica applicate alle Neuroscienze. Foto di Gerd Altmann

 

Testo e foto dall’Università degli Studi di Padova sul nuovo studio che applica teorie della Fisica alle Neuroscienze.