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Matteo Marnati

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PROGETTO CEFALEE: Tecnologia, creatività e innovazione didattica

Pazienti-attori e utilizzo della Camera Immersiva del Centro di simulazione per migliorare le cure ai pazienti

  • Come rendere più efficienti le cure per il paziente affetto da cefalea?
  • Come abbattere i tempi di attesa e i costi della sanità pubblica generati da percorsi non appropriati?

Giovedì 12 Dicembre 2024 – Un progetto di avanguardia di simulazione medica avanzata, nato dalla sinergia tra Corso di Laurea in Medicine and Surgery e l’AOU San Luigi Gonzaga, fornirà risposte innovative a queste domande, avvalendosi di “pazienti simulati”, attori appositamente formati a simulare gli aspetti clinici, comunicativi e psicologici di una malattia in modo realistico e la tecnologia sofisticata della Camera Immersiva del Centro di Simulazione del Polo Didattico Universitario dell’Ospedale San Luigi Gonzaga.

I dati 

La cefalea è un fenomeno che riguarda circa il 50% della popolazione mondiale, ne soffre il 25% degli italianiin particolare la popolazione femminile e il 70% delle persone la sperimenta almeno una volta nella vita, mentre circa il 5% soffre di una forma cronica. Terza causa di disabilità a livello mondiale, la cefalea è stata riconosciuta in Italia nel 2020 una “malattia sociale”.

Per quanto riguarda l’aspetto economicouno studio italiano ha calcolato costi diretti annuali pro capite di 1482 euro, cinque volte maggiori nella forma cronica rispetto a quella episodica.

Da una analisi condotta in collaborazione con il centro di Epidemiologia dell’ASL TO3 si è visto come in Piemonte la cefalea è uno dei primi motivi di accesso in pronto soccorso: il numero di richieste in emergenza per cefalea è di circa 5000 casi all’anno su tutto il territorio piemontese, ma solo per il 6% di questi risulta necessario un ricovero ospedaliero. Il restante 94% è costituito da casi che potrebbero evitare l’accesso in pronto soccorso, alleggerendo gli ospedali e trovando una risposta più efficace e opportuna in altre sedi del Ssn.

Il Progetto Cefalee, il “paziente simulato” e il game nella Camera immersiva

Per ridurre l’accesso in pronto soccorso dei pazienti con cefalea e gestire sul territorio la maggior parte dei casi, diminuendo i tempi di attesa per i pazienti e i costi per la sanità pubblica, è importante che medici e studenti in medicina e infermieristica imparino a conoscere meglio un sintomo che risulta essere il più diffuso in ambito medico.

Il Progetto Cefalee, frutto della collaborazione tra il Corso di Laurea MedInTodell’Università di Torino, il centro di simulazione MedSim San Luigi Center e l’AOU San Luigi Gonzaga, ha come obiettivo principale la formazione del personale sanitario, e degli studenti, sulle cefalee.

Attraverso la simulazione – spiega Marinella ClericoResponsabile Patologie Neurologiche Specialistiche AOU San Luigi e professore associato dell’Università degli Studi di Torino – si potranno affrontare casi semplici e complessi, utilizzando differenti strategie, fra cui il ‘paziente simulato’ e la Camera Immersiva del Centro di Simulazione del Polo Didattico Universitario, per imparare a gestire meglio un sintomo, la cefalea, comune a numerosi contesti patologici: il mal di testa può essere infatti una manifestazione clinica banale, che passa spontaneamente, ma può essere anche spia di una malattia infettiva o di una patologia oncologica”.

Il corso insegna come trattare il sintomo cefalea in tutti i servizi a cui il paziente si può rivolgere e di cui può aver bisogno: il pronto soccorso, l’ambulatorio del medico di medicina generale, l’ambulatorio specialistico, la sala operatoria.

In ciascuno di questi ambienti, i partecipanti dovranno valutare la gravità del sintomo presentato da un paziente simulato, un attore, appositamente formato, che simula gli aspetti clinici, comunicativi e psicologici della malattia in modo realistico per facilitare l’apprendimento delle corrette strategie di intervento, migliorando l’interazione dei partecipanti con l’ambiente scenario rappresentato in ogni situazione.

Si tratta di un ulteriore passo avanti nello sviluppo di percorsi di avanguardia – commenta David Lembo, Presidente del Corso di Laurea in Medicine and Surgery dell’Università degli Studi di Torino– dove tecnologia, innovazione didattica e ricerca scientifica si incontrano per migliorare ulteriormente la formazione di chi opera ogni giorno nei reparti del nostro ospedale e degli studenti dei nostri corsi di laurea, concorrendo a migliorare l’esito delle cure al paziente. Questo è lo spirito di un moderno Ospedale d’insegnamento, quale è il San Luigi”.”

Nella Camera immersiva, ultima tappa del percorso formativo, il corso diventa un game: sulle pareti vengono proiettate tre caselle interattive. A seconda di quella scelta, il corsista inizia a trattare un paziente più o meno grave, stimolato dalle opzioni possibili che compaiono sulle pareti della stanza. Fra queste, video o audio interviste ai “pazienti simulati” aiutano nell’anamnesi e immagini diagnostiche (tac, encefalogramma e liquor), anche queste proiettate, conducono i corsisti a prendere decisioni e arrivare a una diagnosi. Al termine del percorso si ottiene un punteggio. Se questo non è sufficiente si ripete il percorso, con l’ovvio vantaggio di poter tentare soluzioni senza mettere a rischio l’esito delle cure su un paziente vero.

Con questo progetto – sottolinea Davide Minniti, Direttore Generale AOU San Luigi Gonzaga – si consolida ulteriormente la collaborazione fra università e ospedale, grazie a un percorso formativo di altissima qualità a disposizione non solo degli studenti ma anche dell’aggiornamento professionale continuo dei clinici del San Luigi Gonzaga. Sì tratta di una concreta occasione di arricchimento professionale che fa crescere l’orgoglio e il senso di appartenenza a questa Azienda sanitaria”.

Il nostro Servizio sanitario nazionale – commenta Matteo Marnati, Assessore all’Innovazione e Ricerca della Regione Piemonte– è fra i più inclusivi e fra i miglior al mondo dal punto di vista delle competenze professionali che offre. La sua universalità è una complessità che abbiamo la responsabilità di gestire e di conservare. Su questo molto può fare l’innovazione tecnologica: sono sotto gli occhi di tutti le conquiste più recenti della medicina grazie all’intelligenza artificiale, ed è solo l’inizio. Il modello formativo innovativo che si presenta oggi qui al Polo didattico universitario internazionale del San Luigi Gonzaga si può considerare una delle eccellenze a livello europeo, e il nostro orizzonte deve necessariamente essere europeo. Stiamo costruendo dopo il covid un nuovo sistema in cui l’innovazione è centrale, e su questo il Piemonte insieme alla Lombardia è all’avanguardia in Italia”.

Avviare un corso per studenti e operatori sanitari che siano in grado di utilizzare pazienti ‘simulati’ all’interno della Camera Immersiva del Centro di Simulazione del Polo Didattico Universitario dell’AOU è particolarmente importante – ha dichiarato Federico Riboldi, Assessore alla Sanità della Regione Piemonte – perché dà il via a innovative azioni che, ne sono certo, sapranno migliorare la gestione, il trattamento e i percorsi clinici dei pazienti affetti da cefalea. Inoltre la Regione Piemonte ha ottenuto un finanziamento di oltre 800 mila euro dal Ministero della Salute per il progetto “Validazione di un nuovo percorso di salute per pazienti affetti da cefalea primaria cronica in Regione Piemonte” che vede la partecipazione di ben dodici Aziende Sanitarie Regionali, tra cui proprio il San Luigi di Orbassano. Un progetto che vedrà il momento finale con la presentazione del prossimo 19 dicembre a Torino”.

La Camera Immersiva è un ambiente di simulazione avanzata, in grado di trasformare lo spazio in un’altra realtà, reale o immaginaria, con cui si può interagire grazie a speciali proiettori laser che trasformano le sue pareti in schermi touch interattivi. La camera immersiva del Polo Didattico universitario dell’AOU San Luigi Gonzaga può ricreare scenari molto vari e diversi fra loro perché è dotata di tecnologie come Rumble Floor per generare vibrazioni nel pavimento, erogatori di oltre 400 odori diversi e di fumi, simulatori di eventi atmosferici come il vento, e un raffinato sistema sonoro che permette di riprodurre rumori ambientali. 

Testo e foto dall’Ufficio Stampa Area Relazioni Esterne e con i Media Università degli Studi di Torino

TRASMISSIONE AEREA DEL COVID – LA SCOPERTA DI ARPA E UNITO

Lo studio frutto della collaborazione tra i due enti è stato pubblicato sul prestigioso Journal of Hazardous Materials. Il modello sperimentale messo a punto può fornire indicazioni essenziali per la gestione del rischio di infezione negli ambienti chiusi. Attraverso lo sviluppo di un nuovo metodo per il campionamento e l’analisi del SARS-CoV-2 nell’aria è stato dimostrato che il virus può essere trasmesso per via aerea in ambienti chiusi non solo tramite le goccioline respiratorie di più grandi dimensioni. Lo studio per la parte sperimentale ha visto impegnati l’Arpa Piemonte e l’Università di Torino e per la parte teorica e modellistica l’Università di Cassino e la Queensland University of Tecnology.

trasmissione aerea COVID-19
Trasmissione aerea del COVID-19

Il Centro regionale di Biologia molecolare di Arpa Piemonte, in collaborazione con il Laboratorio di Virologia Molecolare e Ricerca Antivirale diretto dal professor David Lembo del Polo Universitario San Luigi Gonzaga di Orbassano dell’Università di Torino, ha sviluppato, sperimentato e validato un metodo per il campionamento e l’analisi del SARS-CoV-2 nell’aria. E, grazie a questo metodo, l’Arpa ha fornito dimostrazione diretta del collegamento tra emissione di una carica virale nota di un soggetto infetto e le relative concentrazioni di SARS-CoV-2 nell’aria in condizioni controllate, dimostrazione non ancora presente in letteratura scientifica.

Gli esperimenti condotti, oltre a stabilire che il virus SARS-CoV-2 si trasmette tramite aerosol ben oltre le distanze a lungo ritenute “di sicurezza” (1-1.5 m), hanno confermato anche l’influenza esercitata dalla tipologia di attività respiratoria rispetto all’emissione di aerosol virale e alla conseguente diffusione nell’ambiente: come già anticipato da studi precedenti, le emissioni durante la fonazione (la produzione di suoni o rumori per mezzo degli organi vocali) risultano essere di un ordine di grandezza superiori rispetto alla semplice attività di respirazione.

E, proprio in questi giorni, viene pubblicato dal prestigioso Journal of Hazardous Materials, editore Elsevier, lo studio dal titolo Link Between SARS-CoV-2 Emissions and Airborne Concentrations: Closing the Gap in Understanding, frutto della collaborazione tra l’Arpa Piemonte e l’Università di Torino da una parte e l’Università di Cassino e del Lazio Meridionale e la Queensland University of Technology di Brisbane, Australia, dall’altra, rappresentate dal Prof. Giorgio Buonanno e dalla Prof.ssa Lidia Morawska, ricercatori leader nella scienza dell’aerosol e nella gestione dei rischi di infezione.

I risultati sperimentali forniti da Arpa Piemonte hanno, inoltre, validato un nuovo approccio teorico predittivo finalizzato a calcolare modellisticamente la concentrazione del virus in un ambiente indoor partendo dalle emissioni delle persone infette e dalle caratteristiche di ventilazione dell’ambiente. Sulla base di tale strumento modellistico è possibile costruire politiche coerenti nella gestione degli ambienti interni e nella determinazione di misure di controllo per ridurre il rischio di infezione (ad esempio calcolando la massima occupazione degli ambienti indoor e la durata massima dell’occupazione).

Questa scoperta con la prestigiosa pubblicazione su una autorevole rivista scientifica internazionale, per noi è una grande soddisfazione in quanto certifica che gli investimenti fatti per la realizzazione del dipartimento di Virologia ambientale in Regione Piemonte sta portando importanti risultati scientifici – commenta l’assessore regionale alla Ricerca applicata Covid, Matteo Marnati – La scoperta di questa nuova metodologia permetterà di studiare e ridurre lo sviluppo del virus negli gli ambienti chiusi. Questo risultato conferma ancora una volta lo sforzo che il “sistema Piemonte” mette in atto per conoscere la pandemia e fornire risposte efficaci. La ricerca e la conoscenza sono l’unica arma che abbiamo per combattere il Covid 19 e per poter formulare strategie sanitarie, basate su analisi dei dati e modelli matematici sicuri”.

Questo studio colma finalmente una lacuna di conoscenza circa la trasmissione di SARS-CoV-2 con una solida evidenza sperimentale che risolve un tema controverso – sottolinea Il Direttore del Laboratorio di Virologia Molecolare dell’Università di Torino, Prof. David Lembo – Possiamo ora affermare che il virus può essere trasmesso per via aerea in ambienti chiusi e non solo attraverso le droplets. Un successo della ricerca italiana che permetterà di applicare i metodi sviluppati anche allo studio degli altri virus respiratori noti e a quelli che si potrebbero presentare in futuro“.

La migliore ricerca scaturisce dall’incontro di competenze differenti, complementari e sinergiche – precisa il direttore generale di Arpa Piemonte, Angelo Robotto – Arpa Piemonte è parte di un prestigioso pool internazionale di scienziati che fa del metodo scientifico il proprio driver nella gestione del rischio di infezione da patogeni a trasmissione aerea negli spazi chiusi. Non c’è dubbio che un adeguamento tecnologico radicale deve essere introdotto per mettere in sicurezza gli ambienti indoor attraverso la ventilazione ed il trattamento dell’aria. L’ambiente e le matrici ambientali sono fondamentali come sentinelle per le ricadute sanitarie”.

Lo ripetiamo da tempo e ora ne abbiamo anche la dimostrazione. Il virus si trasmette per via aerea negli ambienti chiusi – conclude il Prof. Giorgio Buonanno dell’Università di Cassino e del Lazio Meridionale – E qui mascherine chirurgiche, distanziamento e vaccini non sono sufficienti ad evitare il diffondersi dell’infezione, come la variante Omicron ha ulteriormente dimostrato. Ma ci sono valide contromisure, di tipo tecnico-ingegneristico: ventilazione, riduzione dell’emissione, gestione dei tempi di esposizione e affollamento possono mitigare il rischio di infezione. Siamo in grado di mettere in sicurezza l’aria, a prescindere dalle varianti, come già è stato fatto con l’acqua”.

 

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Testo e immagine dall’Ufficio Stampa dell’Università degli Studi di Torino, sulle nuove scoperte riguardo la trasmissione aerea del COVID-19.