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Marta Cimatti

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Le aree importanti per la biodiversità, dove gli NCP aumentano maggiormente, contribuiscono al benessere dell’umanità
Una nuova ricerca, che coinvolge il Dipartimento di Biologia e biotecnologie Charles Darwin della Sapienza, rivela il contributo sostanziale della biodiversità nella regolazione del clima, della qualità dell’aria, e della quantità di acqua. Lo studio pubblicato sulla rivista Nature Sustainability apre nuove prospettive per delineare politiche di conservazione efficaci.

Le crescenti pressioni umane sull’ambiente e l’utilizzo intensivo delle risorse stanno determinando una perdita globale di biodiversità e la conseguente alterazione degli ecosistemi naturali. Questi processi inducono anche il declino dei cosiddetti “contributi della natura alle persone” (NCP o servizi ecosistemici), cioè tutti quei contributi della natura – sia positivi che negativi – alla qualità della vita degli esseri umani.

Negli ultimi 50 anni è stato osservato che la perdita di biodiversità e la tendenza al declino di diversi NCP, come la regolazione del clima e l’impollinazione (definiti regolatori) o le esperienze culturali e psicologiche (NCP non materiali) stanno progredendo in parallelo. È diventato quindi cruciale comprendere la relazione spaziale tra la biodiversità e questi servizi ecosistemici per garantire i sistemi di supporto vitale della Terra.

Un nuovo studio del Dipartimento di Biologia e biotecnologie Charles Darwin della Sapienza, realizzato in collaborazione con l’Università di Stanford, stima l’importanza delle regioni ad alta biodiversità nel mantenere l’erogazione di alcuni NCP, considerando quattro diversi scenari di cambiamento climatico e di sviluppo socio-economico. La ricerca pubblicata sulla rivista Nature Sustainability si concentra in particolare su tre NCP regolatori fondamentali e ad oggi in declino, ovvero la regolazione della qualità dell’aria, del clima e della quantità di acqua dolce.

“Il nostro lavoro – spiega Marta Cimatti del laboratorio di ricerca Biodiversity and Global Change della Sapienza, prima autrice dello studio – ha permesso di misurare il valore attuale e futuro degli NCP utilizzando una serie di indicatori ambientali derivati da modelli climatici d’avanguardia, e di valutare se il rischio derivante dal cambiamento ambientale è maggiore o minore nelle regioni ad alta biodiversità rispetto alle regioni di controllo”.

Dai risultati della ricerca emerge che sono presenti livelli più elevati di NCP nelle regioni ad alta biodiversità per tutti gli indicatori, sia nel presente che nei diversi scenari futuri, evidenziando la congruenza spaziale tra la biodiversità e gli NCP. Inoltre, gli indicatori della qualità dell’aria e della regolazione del clima mostrano livelli in rapido aumento nelle regioni importanti per la biodiversità, specialmente negli scenari che prevedono alte emissioni, mentre gli indicatori della regolazione della quantità di acqua sono leggermente in calo.

“Aver dimostrato che gli NCP aumentano maggiormente nelle aree importanti per la biodiversità – continua Marta Cimatti – è fondamentale per definire le politiche di conservazione, e consente di individuare possibili sinergie tra il raggiungimento degli obiettivi prefissati nell’ambito di diverse convenzioni internazionali e diversi obiettivi di sviluppo sostenibile. Infatti, la conservazione di queste aree proteggerebbe la vita sulla Terra attraverso la conservazione della biodiversità, ma garantirebbe anche la salute e il benessere degli esseri umani, la fornitura di acqua pulita e servizi igienico-sanitari e la mitigazione del clima”.

“I temi dello sviluppo sostenibile e della conservazione della biodiversità sono diventati ormai prioritari, ma non sempre è chiaro a tutti il legame stretto tra questi obiettivi globali – conclude Moreno Di Marco, a capo del laboratorio Biodiversity and Global Change e autore senior dello studio. Questo lavoro dimostra come la conservazione della biodiversità sia fondamentale per il mantenimento dei contributi della natura alle persone e conseguentemente per il raggiungimento degli obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell’Agenda 2030.”

Rio delle Amazzoni biodiversità aree importanti benessere
Le aree importanti per la biodiversità, dove gli NCP aumentano maggiormente, contribuiscono al benessere dell’umanità. Foto di Turiano L P Neto

Riferimenti:
The role of high-biodiversity regions in preserving Nature’s contributions to People – Marta Cimatti, Rebecca Chaplin-Kramer, Moreno Di Marco – Nature Sustainability (2023)  https://doi.org/10.1038/s41893-023-01179-5

 

Testo e foto dal Settore Ufficio stampa e comunicazione Sapienza Università di Roma

I grandi carnivori riconquistano il territorio

In un nuovo studio, frutto della collaborazione fra la Sapienza Università di Roma e il Consiglio nazionale delle ricerche, è stato indagato il fenomeno di ricolonizzazione da parte di linci, lupi e orsi che sta interessando diverse aree in Europa. I risultati del lavoro, pubblicati sulla rivista Diversity and Distributions, identificano come fattori determinanti i cambiamenti della copertura del suolo, della densità della popolazione umana e l’incremento di politiche di tutela delle specie.

lupo grigio appenninico (Canis lupus italicus).Foto Flickr di Gilles PRETET, CC BY 2.0

Imbattersi in una lince, sentire l’ululato di un lupo, osservare un orso. Forse potrebbe non essere più tanto difficile e insolito in alcune aree, non ora che queste specie stanno ricolonizzando gran parte della loro storica area di distribuzione in Europa.

Dopo essere stati spinti sull’orlo dell’estinzione nel secolo scorso, negli ultimi decenni linci, lupi e orsi stanno ricolonizzando l’Europa, complici il cambiamento nell’uso del suolo e la diversa densità di popolazione, ma non la graduale espansione delle aree protette. È quanto emerge dal recente studio condotto da un gruppo internazionale di 11 Paesi coordinato da ricercatori del Dipartimento di Biologia e biotecnologie della Sapienza Università di Roma e del Consiglio nazionale delle ricerche (CNR). Questi fattori sembravano aver influenzato il ritorno dei grandi carnivori in Europa negli ultimi 24 anni, ma fino a oggi l’effettivo ruolo svolto era stato poco chiaro. I risultati del lavoro, pubblicati sulla rivista Diversity and Distributions, indicano che tra il 1992 e il 2015 la combinazione di questi elementi abbia contribuito all’aumento della presenza di queste tre specie nell’Europa orientale, nei Balcani, nella penisola iberica nord-occidentale e nella Scandinavia settentrionale, mentre tendenze contrastanti sono emerse per l’Europa occidentale e meridionale.

“È molto probabile che la coesistenza dei grandi carnivori con gli esseri umani in Europa non sia legata solo alla disponibilità di un habitat idoneo, ma anche a fattori come la tolleranza da parte dell’uomo e le politiche per diminuire la caccia di queste specie” – spiega Marta Cimatti della Sapienza, primo autore del lavoro − “e questo permette di avere nuove opportunità per riconciliare la conservazione e la gestione di queste specie con lo sviluppo socioeconomico nelle aree rurali”.

Luca Santini, ricercatore della Sapienza e del Cnr e senior author dello studio, sottolinea “sfruttare i cambiamenti socioeconomici e paesaggistici per creare nuove opportunità di recupero per le specie sarà una sfida per l’Europa, cui si dovranno affiancare una corretta educazione ambientale, norme legislative e una gestione mirata a mitigare i conflitti fra uomo e fauna selvatica nelle aree recentemente ricolonizzate dai questi grandi carnivori”.

“L’associazione tra il diverso uso del suolo, l’abbandono delle aree rurali, l’aumento delle aree protette e l’espansione dei grandi carnivori in Europa sarà importante anche nei prossimi decenni” − conclude Luigi Boitani della Sapienza, coautore e presidente della Large Carnivore Initiative for Europe − “e suggerisce che la ricolonizzazione di vaste aree europee continuerà e che dunque saranno necessari maggiori sforzi per far coesistere l’uomo e questi grandi carnivori”.

Riferimenti:

Large carnivore expansion in Europe is associated with human population density and land cover changes – Cimatti M., Ranc N., Benítez-López A., Maiorano L., Boitani L., Cagnacci F., Čengić M., Ciucci P., Huijbregts M.A.J., Krofel M., López Bao J., Selva N., Andren H., Bautista C., Cirovic D., Hemmingmoore H., Reinhardt I., Marenče M., Mertzanis Y., Pedrotti L., Trbojević I., Zetterberg A., Zwijacz-Kozica T., Santini L – Diversity and Distributions, 2021. DOI 10.1111/ddi.13219

 

Testo dalla Sapienza Università di Roma