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Marco Petilli

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Una ricerca di Milano-Bicocca rivela che gli sport d’invasione potenziano le capacità d’attenzione

Sono gli sport d’invasione, come il basket, a potenziare le abilità attentive, in particolare quelle basate sulle caratteristiche visive. Una strategia cognitiva che, se opportunamente allenata, può fare la differenza, non solo nello sport.

 

Milano, 21 luglio 2025 – Distinguere rapidamente le maglie degli avversari da quelle dei propri compagni è molto importante negli sport d’invasione, come ad esempio il basket, dove le squadre condividono lo stesso spazio di gioco. Questa è una abilità  cognitiva che si può allenare. A rilevarlo è uno studio, guidato da un team di ricercatori di Milano-Bicocca, che ha dimostrato come l’attenzione selettiva, in particolare basata su caratteristiche visive, sia migliore negli atleti che praticano sport d’invasione.

Queste abilità rappresentano un elemento fondamentale in ogni disciplina sportiva, influenzando le performance e la capacità di adattamento degli atleti. Tuttavia, fino ad ora, pochi studi avevano indagato come la tipologia di sport praticato potesse affinare specifiche componenti dell’attenzione selettiva.

Per colmare questa lacuna, un team di ricercatori – Luisa Girelli, Simona Perrone, Simone Mattavelli e Marco Petilli (Università di Milano-Bicocca), Luca Bovolon (Università di Chieti e Pescara) e Carlotta Lega (Università di Pavia) – ha condotto lo studio dal titolo “Playing sports to shape attention: enhanced feature-based selective attention in invasion sports players”, appena pubblicato sulla rivista “Psychology of Sport and Exercise”.

I ricercatori hanno proposto agli atleti due esperimenti per capire come le richieste cognitive di diversi sport – in particolare gli sport d’invasione rispetto a quelli non d’ invasione (tipicamente quelli dove una rete divide il campo e le squadre non condividono lo spazio di gioco) – influenzano due sottocomponenti dell’attenzione selettiva: l’attenzione basata sulle caratteristiche visive (Feature-based Attention, FBA) e quella spaziale (Spatial-based Attention, SBA)

«Nel primo esperimento, 20 atleti di basket (sport d’invasione) e 20 partecipanti di controllo, equamente suddivisi per sesso, hanno completato due compiti: uno di ricerca visiva per valutare l’FBA e uno per misurare la SBA», spiega Luca Bovolon, uno degli autori dello studio. «I risultati hanno evidenziato che gli atleti di sport di invasione mostrano una maggiore capacità di attenzione basata sulle caratteristiche visive, mentre non sono state riscontrate differenze significative nel compito che valuta l’attenzione spaziale.»

Questi dati suggeriscono che l’allenamento in sport di invasione potenzia specificamente l’FBA, senza influenzare l’attenzione spaziale generale.

Per approfondire se questo effetto fosse strettamente legato al tipo di sport, è stato replicato lo studio con 22 giocatrici di pallavolo (sport non d’invasione) e 23 partecipanti di controllo. I risultati non hanno mostrato differenze di gruppo nelle misure attentive, rafforzando l’ipotesi che le richieste cognitive proprie degli sport di invasione modellano e affinano le capacità di attenzione selettiva, in particolare l’FBA.

«Praticare sport in modo intensivo è uno dei migliori allenamenti per le nostre funzioni cognitive», conclude Luisa Girelli, docente di Neuropsicologia e neuroscienze cognitive dell’Università di Milano-Bicocca e autrice dello studio. «Gli sport d’invasione vincono sugli altri per un effetto specifico sull’attenzione selettiva basata su caratteristiche visive»

il basket, uno degli sport d'invasione
Foto di Schorsch

Testo dall’Ufficio stampa Università di Milano-Bicocca.

La natura “corporea” delle emozioni, Milano-Bicocca mappa le aree del cervello che si attivano durante la rievocazione emotiva: le aree corticali somatosensoriali e motorie vengono attivate anche da emozioni soggettive

Una ricerca dell’ateneo milanese, pubblicata su iScience, dimostra per la prima volta che le emozioni attivano regioni corticali che tipicamente rispondono a esperienze tattili e motorie.

Milano, 8 luglio 2024 – Una ricerca dell’Università di Milano-Bicocca ha dimostrato che nel cervello le aree corticali somatosensoriali e motorie (ovvero quelle aree della corteccia cerebrale che vengono tipicamente attivate dalla sensazione tattile o dal movimento di una parte del corpo) vengono attivate anche da emozioni soggettive. La natura delle emozioni si può quindi considerare fortemente “corporea”.

Lo studio, dal titolo “Mapping the Emotional Homunculus with fMRI” (“Mappare l’’Homunculus” emotivo tramite Risonanza Magnetica Funzionale”), è stato appena pubblicato sulla rivista scientifica iScience (DOI: 10.1016/j.isci.2024.109985).

«In passato diversi progetti di ricerca avevano dimostrato a livello comportamentale che le emozioni sono associate a specifiche parti del corpo. Tuttavia, rimaneva da capire quanto specifiche aree cerebrali, tipicamente coinvolte nell’elaborazione di sensazioni tattili e motorie partecipassero alla generazione di specifiche emozioni, quali la tristezza, la felicità, la paura.. Noi lo abbiamo dimostrato per la prima volta a livello neurofisiologico»,

spiega Elena Nava, professoressa del dipartimento di Psicologia dell’Università di Milano-Bicocca, che ha firmato lo studio, insieme ai colleghi Michelle Giraud, Laura Zapparoli, Gianpaolo Basso, Marco Petilli ed Eraldo Paulesu, afferenti allo stesso dipartimento.

Grazie all’utilizzo della risonanza magnetica funzionale a 3 Tesla, situato presso l’Ospedale San Gerardo di Monza (grazie alla convenzione stipulata il 1° agosto 2019 con l’allora Asst Monza oggi Fondazione Irccs San Gerardo dei Tintori), su un campione di 26 soggetti sono state mappate le aree specifiche di risposta neuronale nel cervello a stimoli sia di tipo motorio e tattile, sia di tipo emotivo:

  1. I soggetti sono stati stimolati in diverse parti del corpo (mani, tronco, piedi, volto) con i “filamenti di Von Frey”, uno strumento formato da monofilamenti che permettono di stimolare parti del corpo utilizzando esattamente la stessa intensità

  2. I soggetti sono stati indotti a muovere singolarmente le stesse parti del corpo del primo test (es. aprivano chiudevano le mani, muovevano le labbra…)

  3. Recall emotivo: in base ad interviste svolte nei giorni precedenti, ai soggetti veniva chiesto di rivivere episodi autobiografici per loro stessi altamente emotivi, sia positivi, sia negativi (per es. giorno del matrimonio, lutto…)

Attraverso la risonanza magnetica funzionale, i ricercatori hanno registrato quale area del cervello venisse attivata da ogni stimolazione, motoria, tattile o emotiva, ricavando due mappe, tattile-motoria ed emotiva.

Sovrapponendo la mappa delle aree corticali attivate durante la rievocazione delle emozioni alla mappa delle aree corticali attivate durante le stimolazioni tattili e motorie, i ricercatori di Milano-Bicocca hanno scoperto che alcune aree si attivano con entrambe le due tipologie di stimolazione.

Nella figura B compaiono le aree comuni (se in blu si attivano per le emozioni e per le stimolazioni tattili, se in verde si attivano per le emozioni e per le stimolazioni motorie).

Le aree corticali somatosensoriali e motorie vengono attivate anche da emozioni soggettive

L’equipe di ricercatori di Milano-Bicocca ha così rilevato che «la generazione di emozioni si associa ad attività in aree corticali somatosensoriali e motorie, quelle che tipicamente rispondono al tatto o ad azioni motorie. Si dimostra così l’idea di un’esperienza “incarnata” delle emozioni, e quindi la necessità di esperire a livello tattile e motorio le emozioni per poterle generare e sentire consciamente», specifica Nava.

Questa ricerca supporta così l’associazione di emozioni a sensazioni corporee e l’utilizzo di alcune metafore che si utilizzano nel linguaggio comune come “sentire le farfalle nello stomaco” quando si è innamorati o “ribollire di rabbia”.

Le aree corticali somatosensoriali e motorie vengono attivate anche da emozioni soggettive

 

Testo e immagini dall’Ufficio Stampa dell’Università di Milano-Bicocca.