News
Ad
Ad
Ad
Tag

Marche

Browsing

Riscoperta la figura di Carlo Antonio Tortoni, pioniere della microscopia che sviluppò il primo farmaco battericida 

Una ricerca, pubblicata dall’Università di Milano-Bicocca su Internal and Emergency Medicine, riporta alla luce le scoperte pionieristiche del naturalista italiano che nacque a Recanati nel Seicento.

Milano, 29 maggio 2024 – Inventò un microscopio che gli consentì di individuare nel pulviscolo atmosferico quelli che lui chiamava “animalucci”, ovvero microorganismi contro cui sviluppò il primo farmaco battericida della storia. Questi primati appartengono a Carlo Antonio Tortoni la cui figura è stata riscoperta nel recente articolo, Carlo Tortoni (1640–1700) and the Early Use of Microscope in Medical Experimentation, pubblicato sulla rivista internazionale Internal and Emergency Medicine a firma di Michele Augusto Riva, professore di Storia della medicina dell’Università di Milano-Bicocca, e dell’esperto di storia recanatese Vincenzo Buontempo. L’articolo parte proprio dalle ricerche di Buontempo, il primo a scoprire e approfondire la figura del suo conterraneo, finora dimenticata, pur essendo così importante nella storia della scienza. Carlo Antonio Tortoni (1640-1700), nato a Recanati, diede infatti un contributo pionieristico alla microscopia scientifica e alla sperimentazione farmacologica anche se il suo carattere diffidente lo fece rimanere nell’ombra in un’epoca di grandi sviluppi tecnologici.

«Il Seicento segnò l’introduzione del microscopio nella medicina, grazie al contributo di figure rinomate come il bolognese Marcello Malpighi (1628-1694) e l’olandese Antonj van Leeuwenhoek (1632-1723). I primordiali microscopi utilizzati da questi ultimi erano però molto diversi da quelli odierni e il loro impiego era spesso molto complesso», spiega Michele Augusto Riva. «Fu nel 1685 che il naturalista recanatese Tortoni presentò all’Accademia FisicoMatematica di Roma un nuovo modello di microscopio portatile a vite (tipo screw-barrel): si tratta di un microscopio molto simile al modello che viene utilizzato ancora oggi. Questo dispositivo combinava cinque lenti e permetteva osservazioni ad alto ingrandimento anche in condizioni di bassa luminosità. Questa nuova tipologia di microscopio, che rendeva possibili osservazioni più dettagliate, divenne presto noto in tutta Europa, anche se il suo inventore venne dimenticato».

Il progetto del microscopio di Tortoni tratto da Istruzione delle due sorti di MicroscopiiTortoniani nuovamente inventati di Carlo Antonio Tortoni CA (1687, Gio Giacomo Komarek,
Roma)
Il progetto del microscopio di Tortoni tratto da Istruzione delle due sorti di Microscopii
Tortoniani nuovamente inventati di Carlo Antonio Tortoni CA (1687, Gio Giacomo Komarek,
Roma)

Ma quell’innovativo microscopio non fu l’unica scoperta di Tortoni: lo scienziato, che era anche un religioso, fu infatti il primo a osservare nell’aria la presenza di microrganismi, invisibili all’occhio umano, che lui chiamò “animalucci”. Ritenendo che fossero coinvolti nei processi patologici, sviluppò anche un farmaco per eliminarli, da lui definito “Balsamo Tortoriano”: la loro distruzione avrebbe comportato la guarigione della persona dalla malattia. 

Per confermare l’efficacia del suo rimedio, nel corso degli anni Tortoni effettuò numerosi esperimenti con il suo microscopio. Geloso delle sue scoperte e timoroso dei plagi, lo scienziato non rivelò mai la composizione del balsamo terapeutico, rendendo impossibile comprenderne oggi la natura e valutarne l’efficacia e le proprietà battericide. Nonostante ciò, il Balsamo Tortoriano può essere considerato il primo farmaco microbicida sperimentato nella storia.

«Tortoni non era dunque semplicemente uno scienziato tecnico che studiava e perfezionava la forma delle lenti e come dovessero essere posizionate nei microscopi che progettava», continua il professor Michele Augusto Riva. «Egli appare anche come un acuto osservatore, con una apertura culturale verso nuove scoperte. Tortoni potrebbe essere stato il primo scienziato a osservare microrganismi nell’aria con il proprio microscopio e il primo a usare il microscopio per condurre un esperimento sull’efficacia di un farmaco, il balsamo di sua invenzione».

Se la natura diffidente di Tortoni probabilmente portò il suo balsamo a rimanere sconosciuto e quindi non utilizzato in ambito clinico, Vincenzo Buontempo con le sue iniziali ricerche ci ricorda che va al sacerdote recanatese il merito di aver condotto uno dei primi esempi di sperimentazione farmacologica usando un microscopio. Facendo conquistare a Tortoni un posto di rilievo nella storia della medicina e della scienza.

Carlo Antonio Tortoni ritratto in un documento del 1685 (Acta Eruditorum, Apud J.Grossium et J.F. Gletitschium, Leipzig)
Carlo Antonio Tortoni ritratto in un documento del 1685 (Acta Eruditorum, Apud J.
Grossium et J.F. Gletitschium, Leipzig)

Informazioni bibliografiche:

Riva, M.A., Buontempo, V. Carlo Tortoni (1640–1700) and the Early Use of Microscope in Medical Experimentation, Intern Emerg Med (2024), DOI: https://doi.org/10.1007/s11739-024-03642-3

Testo e immagini dall’Ufficio Stampa dell’Università di Milano-Bicocca.

Dopo 500 anni torna il castoro europeo in Italia

Uno studio congiunto dell’Università Statale di Milano e dell’Istituto di ricerca sugli ecosistemi terrestri del Consiglio nazionale delle ricerche, pubblicato su Animal Conservation, sancisce il ritorno del castoro europeo sul territorio italiano dopo 500 anni: un esempio di ritrovata biodiversità, che necessita di strumenti di monitoraggio per ridurre i possibili danni dovuti alle attività di questo animale.

 

Milano, 11 ottobre 2023 – Le attività di reintroduzione e “rewilding” sono alcuni degli strumenti principali usati nel campo della biologia della conservazione per cercare di mitigare gli impatti dell’uomo sull’ambiente e riportare gli ecosistemi ad uno stato più naturale. Queste azioni possono talvolta comportare alcune sfide, in particolare quando le specie coinvolte sono grandi carnivori, grandi erbivori, o “ingegneri ecosistemici”, specie che con le loro attività possono modificare notevolmente gli habitat e il paesaggio.

Fino a pochi anni fa, il castoro europeo (Castor fiber) era totalmente assente dall’Italia, in quanto caccia e perdita di habitat avevano portato all’estinzione tutte le popolazioni presenti sul territorio nazionale. Dopo più di 500 anni di totale assenza, questa specie ha recentemente iniziato la ricolonizzazione dell’Italia a causa di espansione naturale dall’Austria verso Trentino Alto-Adige e Friuli Venezia-Giulia e di reintroduzioni (non autorizzate) in Italia centrale (Toscana, Umbria, Marche).

Nello studio pubblicato su Animal Conservationi ricercatori dell’Università Statale di Milano e dell’Istituto di ricerca sugli ecosistemi terrestri del Consiglio nazionale delle ricerche (CNR-IRET) di Sesto Fiorentino (Firenze)  hanno raccolto tutti i dati di presenza disponibili per il castoro in Europa, tramite l’utilizzo di database di distribuzione delle specie (iNaturalist, GBIF) e tramite ricerche mirate sul campo finanziate dal fondo Beaver Trust (UK).

Castoro europeo
Castoro europeo. Foto © Renato Pontarini

Le attività sono state coordinate dal CNR-IRET, beneficiario italiano del fondo del Beaver Trust per la ricerca sul castoro in Italia:

Abbiamo curato le attività di monitoraggio, raccolta dei campioni per le analisi genetiche, monitoraggio dei punti di presenza, eventuali analisi necroscopiche e determinazione degli effetti sugli ecosistemi forestali”, afferma Emiliano Mori (CNR-IRET), principal investigator del progetto con Andrea Viviano (CNR-IRET).

Sono stati, quindi, utilizzati modelli di distribuzione delle specie per stimare l’idoneità ambientale per il castoro in Europa. Successivamente, tramite l’applicazione di modelli di connettività gli esperti hanno valutato quali fossero le aree d’Italia in cui l’espansione del castoro fosse più probabile nel prossimo futuro. La mappa risultante dal modello di connettività è stata sovrapposta a mappe di coltivazioni arboree e presenza di canali artificiali, per andare ad indentificare le aree in cui le attività di costruzione di tane/dighe dei castori potrebbero causare conflitti con le attività umane.

“Ampie zone d’Italia risultano essere idonee per la stabilizzazione del castoro e, mentre le popolazioni settentrionali sembrano essere più isolate, in centro Italia abbiamo riscontrato un maggiore potenziale di espansione della specie. Le aree di potenziale conflitto con l’uomo sono principalmente distribuite in centro Italia (soprattutto in Toscana, Umbria e Marche), e in Trentino Alto-Adige, dove i castori potrebbero avere accesso ad aree con presenza di piantagioni arboree o infrastrutture sensibili alle attività della specie. I modelli suggeriscono invece aree di potenziale conflitto molto limitate in Friuli Venezia-Giulia” spiega Mattia Falaschi, ricercatore zoologo dell’Università Statale di Milano e primo autore dello studio.

Se da una parte la presenza del castoro può ridurre il rischio idraulico, mitigando l’intensità degli eventi di piena, in altri casi le attività di foraggiamento/rosicchiamento del castoro possono causare danni alle coltivazioni. Inoltre, la costruzione di dighe e tane può talvolta ridirezionare il flusso d’acqua causando danni ad infrastrutture umane come canali artificiali, strade e ponti. È quindi fondamentale una attenta attività di monitoraggio nelle zone più a rischio, in modo da applicare prontamente misure di gestione che possano arginare o mitigare i possibili danni dovuti alle attività del castoro. Tra questi metodi troviamo ad esempio la protezione dei campi agricoli con recinzioni invalicabili al castoro, e il drenaggio di eventuali aree umide derivanti dalle attività di costruzione di dighe, quando queste minacciano infrastrutture umane.

Testo e foto dall’Ufficio Stampa Direzione Comunicazione ed Eventi istituzionali Università Statale di Milano