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Patogeni nelle acque potabili: in arrivo il biosensore economico e sostenibile che li rileva

Un nuovo studio del Dipartimento di Scienze e biotecnologie medico-chirurgiche della Sapienza ha messo a punto un dispositivo che individua il batterio Escherichia coli anche a basse concentrazioni e può essere riutilizzato grazie a un processo di disinfezione alimentato dalla luce solare. I risultati sono stati pubblicati sulla rivista Environmental Science: Nano.

Patogeni nelle acque potabili: in arrivo il biosensore economico e sostenibile che li rileva
Patogeni nelle acque potabili: in arrivo il biosensore economico e sostenibile che li rileva. Foto di constantingoldann

La contaminazione di condotte idriche con batteri o virus, oltre a costituire un problema di salute pubblica, rappresenta una questione di biosicurezza particolarmente rilevante per ogni Paese.

Sebbene i sistemi di allerta precoce che monitorano la qualità delle acque potabili siano necessari per tutelare la popolazione, le principali tecniche per il rilevamento dei patogeni richiedono attrezzature costose, personale specializzato e un consumo massiccio di reagenti e attrezzatura da laboratorio monouso.

I biosensori, ovvero dispositivi analitici che combinano componenti biologici e rivelatori fisico-chimici per individuare sostanze chimiche e biologiche, rappresentano dunque un’alternativa valida ed efficace, rispetto alle metodiche di rilevamento attualmente in uso.

Un team di ricerca del Dipartimento di Scienze e biotecnologie medico-chirurgiche della Sapienza ha realizzato un nuovo biosensore capace di rilevare concentrazioni molto basse di Escherichia coli, scelto come patogeno modello.

I risultati dello studio, supportato dal programma NATO Science for peace and security (Sps) (https://www.nato.int/cps/en/natohq/78209.htm) e frutto della collaborazione della Sapienza con il Cnr, la Jeonbuk national university e l’Air force research laboratory, sono stati pubblicati sulla rivista Environmental Science: Nano.

“Il biosensore – spiega Luciano De Sio, coordinatore dello studio – riesce a rilevare il patogeno grazie alle proprietà chimico-fisiche delle nanoparticelle d’oro (gold nanorods, AuNRs) funzionalizzate con un anticorpo diretto contro un recettore specifico e immobilizzate su un substrato di vetro”.

I risultati ottenuti hanno dimostrato l’efficacia dell’anticorpo nel riconoscere in modo selettivo le cellule di E.coli, grazie all’interazione univoca tra antigene e anticorpo.

Questo meccanismo chiave-serratura determina un cambiamento nel mezzo che circonda le AuNRs, a seguito del quale avviene una variazione del colore proporzionale alla concentrazione del batterio.

“Il biosensore realizzato – continua Luciano De Sio – mostra un limite di rilevamento di 8.4 CFU/mL, che è un ordine di grandezza inferiore ad altri tipi di biosensori plasmonici già riportati in letteratura, quindi più sensibile. Inoltre, gli esperimenti di riconoscimento eseguiti con altri ceppi batterici (come Salmonella thyphimurium) confermano la specificità del biosensore”.

Per dare una seconda vita al biosensore e quindi ridurne al minimo l’impatto ambientale ed economico, il gruppo di ricerca ha sfruttato le proprietà degli AuNRs di saper convertire la luce in calore. Così il biosensore può effettuare un processo di disinfezione fototermica con due sorgenti laser (disinfezione multicolore) e, dopo un’opportuna procedura di lavaggio, è pronto per essere riutilizzato in altri esperimenti di riconoscimento.

Questo studio offre dunque l’opportunità di realizzare biosensori di prossima generazione che oltre all’efficacia e alla sensibilità nel biorilevamento siano anche ecologici e sostenibili.

“I prossimi passi – conclude Luciano De Sio – saranno quelli di sfruttare l’enorme versatilità del dispositivo per utilizzarlo in altri campi di applicazione, quali il monitoraggio di marker tumorali, il riconoscimento specifico di anticorpi, come quelli sviluppati a seguito di infezione da SARS-CoV-2, ma anche la realizzazione di biosensori indossabili per il monitoraggio multiplo di analiti di interesse medico, anche in condizioni di microgravità. L’auspicio è quello di sfruttare il processo di disinfezione fototermica indotto dalla luce solare per generare una nuova classe di dispositivi biomedici sostenibili e riutilizzabili”.

Riferimenti:
Label-free and reusable antibody-functionalized gold nanorod arrays for the rapid detection of Escherichia coli cells in a water dispersion – Francesca Petronella, Daniela De Biase, Federica Zaccagnini, Vanessa Verrina, Seok-In Lim, Kwang-Un Jeong, Selenia Miglietta, Vincenzo Petrozza, Viviana Scognamiglio, Nicholas P. Godman, Dean R. Evans, Michael McConney, Luciano De Sio – Environ. Sci.: Nano, 2022,9, 3343 3360 https://doi.org/10.1039/D2EN00564F

 

Testo dal Settore Ufficio stampa e comunicazione Sapienza Università di Roma

La pelle del camaleonte come modello per lo sviluppo di un dispositivo in grado di misurare i livelli di glucosio nelle urine

Il biosensore, progettato da ricercatori della Sapienza, del Cnr e di altri enti internazionali ispirandosi alla naturale organizzazione nanostrutturata della pelle del rettile, potrà avere anche altri campi di applicazione, come il monitoraggio di marker tumorali o il riconoscimento specifico di anticorpi come quelli anti-SARS-CoV-2.

camaleonte glucosio

Il monitoraggio costante e continuo della glicemia è una pratica fondamentale per la corretta sorveglianza e gestione della terapia del diabete. L’autocontrollo della glicemia avviene principalmente mediante l’utilizzo di piccoli apparecchi elettronici (glucometri) che analizzano in breve tempo i valori glicemici su piccoli quantitativi di sangue. Considerando il costante aumento delle persone diabetiche e iperglicemiche, lo sviluppo di sistemi innovativi che possano essere rapidi, compatti, flessibili, indossabili, e capaci di lavorare senza l’analisi di piccoli quantitativi di sangue, è in costante sviluppo.

In questo contesto, si inserisce lo studio pubblicato sulla rivista NPG Asia Materials – Nature da ricercatori del Dipartimento di Scienze e biotecnologie medico-chirurgiche della Sapienza, in collaborazione con il CNR e altri enti internazionali.

Il team di ricerca ha sviluppato un biosensore per la misurazione delle concentrazioni di glucosio nelle urine che utilizza una combinazione vincente di polimeri a più strati (idrogel) e nanoparticelle di argento: questa struttura multistrato (che ospita nano-riflettori con geometria cubica) è stata ispirata dalla naturale organizzazione nanostrutturata che si trova nella pelle del camaleonte.

“Lo studio – spiega Luciano De Sio della Sapienza – ha dimostrato che il biosensore è in grado di monitorare concentrazioni di glucosio molto basse con un limite di rivelabilità più basso rispetto ai dispositivi attualmente disponibili.

Il dispositivo proposto, oltre a essere flessibile, risulta possedere sia proprietà antibatteriche che foto-termiche grazie alle nanoparticelle di argento: l’utilizzo di una radiazione luminosa consente di produrre significative variazioni di temperatura che rendono il dispositivo sterilizzabile e riutilizzabile.

“I prossimi passi – commenta Antonella Calogero – saranno quelli di sfruttare l’enorme versatilità del dispositivo aggiungendo opportune funzionalizzazioni biochimiche che permettano l’utilizzo del biosensore in altri campi di applicazione, quali il monitoraggio di marker tumorali o il riconoscimento specifico di anticorpi come, ad esempio, quelli sviluppati a seguito di infezione da SARS-CoV-2”.

Inoltre, sarà possibile realizzare biosensori indossabili per il monitoraggio multiplo di analiti di interesse medico, anche in condizioni di microgravità.

Riferimenti:

Ziai, F. Petronella, C. Rinoldi, P. Nakielski,A. Zakrzewska, T. A. Kowalewski, W. Augustyniak, X. Li, A. Calogero, I. Sabała, B. Ding, L. De Sio,* and F. Pierini*Chameleon-inspired multifunctional plasmonic nanoplatforms for biosensing applications. NPG Asia Mater 14, 18 (2022). https://doi.org/10.1038/s41427-022-00365-9

Testo e immagine dal Settore Ufficio stampa e comunicazione Sapienza Università di Roma