News
Ad
Ad
Ad
Tag

Lago Maggiore

Browsing

Pianura Padana: l’irrigazione intensiva contribuisce alla stabilità delle falde acquifere

Una collaborazione tra Consiglio nazionale delle ricerche, Università di Milano-Bicocca e Università di Berkeley ha inaspettatamente rivelato che aree soggette a irrigazione intensiva mostrano falde acquifere più stabili, anche in presenza di siccità estive ripetute. Lo studio, pubblicato sulla rivista Nature Water, ha preso in esame zone della Pianura Padana utilizzate a scopo agricolo, analizzando lo stato delle falde sulla base di dati satellitari

 

Milano, 4 giugno 2025 – L’irrigazione agricola intensiva può contribuire in modo significativo alla resilienza delle falde acquifere nella Pianura Padana, anche in presenza di siccità estive intensificate dai cambiamenti climatici: è  quanto rivela uno studio frutto della collaborazione tra il Consiglio nazionale delle ricerche, l’Istituto di ricerca per la protezione idrogeologica (CNR-IRPI), l’Istituto di ricerca sulle acque (CNR-IRSA), l’Università di Milano-Bicocca e l’Università di Berkeley, pubblicato sulla rivista Nature Water.

Lo studio ha preso in esame dati satellitari acquisiti tra il 2002 e il 2022 nell’ambito della missione GRACE della NASA  – oggi terminata, il cui scopo era migliorare la comprensione dei cambiamenti climatici attraverso la misurazione del movimento delle masse d’acqua a livello planetario -, e una rete di oltre 1.000 pozzi di monitoraggio.

Attraverso l’elaborazione di tali dati, il team di ricerca ha tracciato l’evoluzione delle risorse idriche sotterranee rivelando che – nonostante un generale calo dei livelli delle falde – le aree soggette ad irrigazione intensiva mostrano una maggiore stabilità grazie alla ricarica indotta dall’infiltrazione dell’acqua irrigua in eccesso. Questo perché l’irrigazione è generalmente sostenuta da acque superficiali, derivate da fiumi e laghi subalpini (es., Maggiore, Garda, ecc.), che a loro volta sono alimentati dalla fusione nivale.

Lo studio ha infatti dimostrato una correlazione positiva tra la quantità di acqua negli acquiferi di pianura e l’accumulo nivale sulle Alpi. Il risultato dimostra, pertanto, che l’irrigazione, pur essendo una pratica ad alto consumo, può favorire la ricarica delle falde attraverso la percolazione del surplus irriguo.

Il contributo degli Istituti CNR ha riguardato, in modo particolare, l’analisi  idrologica dei dati regionali:

«La ricerca mette in luce l’importanza di comprendere il bilancio idrico in ambito agricolo, soprattutto in una fase in cui  la copertura nevosa alpina diventa sempre meno prevedibile» commenta Christian Massari del CNR-IRPI.

Il contributo dell’Università di Milano-Bicocca ha invece riguardato la stima dei parametri idrogeologici e la costruzione del modello concettuale sul funzionamento del sistema di circolazione idrica:

«In questo quadro, l’elemento critico diventa una possibile siccità invernale, che non permetterebbe di alimentare adeguatamente i fiumi e i laghi e, a sua volta, di praticare un’irrigazione intensiva estiva, che ricarica le falde. Finché ci sarà un’adeguata copertura nivale in inverno, le falde saranno stabilizzate dall’irrigazione, anche in presenza di siccità estive.» chiarisce Marco Rotiroti dell’Università di Milano-Bicocca.

Il lavoro sottolinea l’urgenza di valutare la sostenibilità futura delle pratiche irrigue in un contesto di risorse idriche sempre più limitate, ma anche il potenziale ruolo positivo di alcune pratiche agricole sulla disponibilità idrica locale.

Riferimenti bibliografici:

Carlson, G., Massari, C., Rotiroti, M. et al., Intensive irrigation buffers groundwater declines in key European breadbasket, Nat Water (2025), DOI: https://doi.org/10.1038/s44221-025-00445-4

Via Argine Po, vicino Viadana, provincia di Mantova. Foto di Giorgio Galeotti, CC BY 4.0

Testo dall’Ufficio stampa Università di Milano-Bicocca.

Inquinamento da plastica: alcuni laghi soffrono più degli oceani

In alcuni casi, le concentrazioni di plastiche e microplastiche negli ambienti d’acqua dolce sono maggiori di quelle riscontrate nelle aree oceaniche. A rivelarlo uno studio internazionale guidato da Milano-Bicocca, pubblicato su Nature.

Milano, 12 luglio 2023 – Frammenti di rifiuti plastici, fibre derivanti dal lavaggio di indumenti, residui di imballaggi. Plastiche e microplastiche hanno invaso laghi e bacini idrici artificiali su scala globale. L’inquinamento causato da questi detriti non risparmia neppure i luoghi più remoti, dove l’impatto dell’uomo è minimo. Inoltre, per la prima volta emerge che in alcuni casi le concentrazioni di plastica presenti negli ambienti d’acqua dolce sono più elevate di quelle rinvenute nelle isole di plastica oceaniche, le cosiddette “Garbage patches”.

A fare luce sui fattori che causano questa contaminazione è lo studio guidato dalla giovane ricercatrice Veronica Nava, assegnista  del dipartimento di Scienze dell’ambiente e della terra dell’Università di Milano-Bicocca, sotto la supervisione della professoressa Barbara Leoni, coordinatrice del gruppo di ricerca di Ecologia e gestione delle acque interne che nello stesso dipartimento si occupa di laghi e fiumi. La ricerca è stata pubblicata sulla rivista scientifica Nature col titolo “Plastic debris in lakes and reservoirs” (DOI:10.1038/s41586-023-06168-4).

Il progetto ha coinvolto 79 ricercatori appartenenti al network internazionale Global Lake Ecological Observatory Network (GLEON), attivo nella ricerca scientifica su scala globale su processi e fenomeni che avvengono negli ambienti di acqua dolce.
Grazie a questo gruppo di scienziati è stato possibile prelevare campioni di acqua superficiale, usando dei retini da plancton, da 38 laghi collocati in 23 diversi Paesi, distribuiti in 6 continenti, rappresentativi di diverse condizioni ambientali.

I campioni prelevati sono poi arrivati all’Università di Milano-Bicocca, dove sono stati analizzati grazie alla strumentazione tecnologicamente avanzata messa a disposizione dalla rete interdipartimentale di spettroscopie di ateneo.
Fiore all’occhiello di questa dotazione,  la micro-spettroscopia Raman (Spettrometro Raman Horiba Jobin Yvon LabRAM HR Evolution), presente nel laboratorio guidato dalla professoressa Maria Luce Frezzotti, che con estrema accuratezza è stata in grado di confermare la composizione polimerica delle microplastiche, evidenziando la presenza specialmente di poliestere, polipropilene e polietilene.

Tra i laghi in cui è stata evidenziata la maggior contaminazione da detriti di plastica, si trovano alcune fra le principali fonti d’acqua potabile per le popolazioni locali come i laghi Maggiore (CH-IT), Lugano (CH-IT), Tahoe (USA) e Neagh (UK), fondamentali inoltre per la loro centralità nelle rispettive economie ricreative.

Inquinamento da plastica: alcuni laghi soffrono più degli oceani. Gallery

Oltre ad impattare negativamente sull’uso potabile delle acque, l’inquinamento da plastica ha effetti dannosi sugli organismi acquatici e sul funzionamento dell’ecosistema.

“La plastica che si accumula sulla superficie dei sistemi acquatici – spiega Veronica Nava – può favorire il rilascio di metano e altri gas serra. Le materie plastiche possono arrivare oltre l’idrosfera e interagire con l’atmosfera, la biosfera e la litosfera, influenzando potenzialmente i cicli biogeochimici, ossia la circolazione tra i vari comparti della terra degli elementi chimici che passano dalla materia vivente a quella inorganica grazie a trasformazioni e reazioni chimiche, attraverso meccanismi che devono essere ancora compresi e che richiedono una valutazione olistica dell’inquinamento da plastica nei sistemi lentici”.

Data la concentrazione relativamente alta di microplastiche nei laghi e nei bacini idrici di grandi dimensioni, questi ambienti possono essere considerati “sentinelle dell’inquinamento” in quanto agiscono come collettori e integratori di diverse fonti di plastica provenienti dai bacini idrici e dall’atmosfera.

“Inoltre questi ambienti possono trattenere, modificare e trasportare i detriti plastici attraverso i bacini idrici fino agli oceani.  Questi risultati – conclude Barbara Leoni – dimostrano la portata globale dell’inquinamento da plastica: nessun lago, neppure quelli più lontani dall’attività antropiche, può essere considerato realmente incontaminato: questo deve spingerci a rivedere le strategie di riduzione dell’inquinamento e i processi di gestione dei rifiuti”.

Testo, video e immagini dall’Ufficio stampa Università di Milano-Bicocca.