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Jet Propulsion Laboratory

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JUICE (Jupiter Icy Moon Explorer): verso il pianeta Giove per svelare i misteri delle sue lune ghiacciate, Ganimede, Europa e Callisto

La sonda lanciata il 14 aprile, arriverà a destinazione dopo otto anni di crociera.

A bordo importanti strumenti finanziati e sviluppati sotto la guida dell’Agenzia Spaziale Italiana con la partecipazione di un team scientifico a cui ha preso parte anche la Sapienza.

Le più grandi lune di Giove. Crediti: ESA – Agenzia Spaziale Europea

Giove e le sue lune ghiacciate – Ganimede, Europa e Callisto – saranno il fulcro dell’indagine della sonda JUICE (Jupiter Icy Moon Explorer), lanciata con successo oggi, 14 aprile alle 14.15 ora italiana, dalla Guyana francese.

JUICE raggiungerà Giove nel 2031, svolgendo la sua missione di studio per tre anni nell’ambiente giovano, molto somigliante a un sistema solare in miniatura. Lì dovrà portare a termine una complessa serie di compiti: dall’osservazione dell’atmosfera e della magnetosfera di Giove, a quella dell’interazione delle lune galileiane con il pianeta.

La sonda visiterà Callisto (il corpo celeste maggiormente ricoperto di crateri nel sistema solare), che potrebbe nascondere un oceano interno, e sonderà gli strati più superficiali della calotta ghiacciata di Europa, identificando siti appropriati per una possibile esplorazione in situ. JUICE terminerà la sua missione a settembre 2035 orbitando per quattro mesi attorno a Ganimede, l’unica luna dotata di un proprio campo magnetico. Sarà la prima volta che una sonda spaziale orbiterà attorno a un satellite diverso dalla nostra Luna. Proprio nella sua fase finale la missione svelerà i risultati più attesi, osservando i dettagli della superficie ghiacciata di Ganimede e fornendo uno spaccato della sua struttura interna.

Lo studio comparato dei tre satelliti gioviani in un’unica missione permetterà di comprendere le cause della loro diversità, dominata dall’influenza di Giove, e di fornire nuovi dati sulla formazione dei sistemi planetari.

Uno dei principali temi scientifici di JUICE riguarda l’eventuale abitabilità degli ambienti dei pianeti giganti e in particolare la possibilità che i satelliti ghiacciati di Giove possano rappresentare un ambiente potenzialmente in grado di supportare attività biotica per tempi lunghi.

La scelta della missione JUICE è il coronamento di un processo iniziato nel 2004, anno in cui l’Agenzia spaziale europea (Esa) ha avviato un’ampia consultazione della comunità scientifica per identificare i traguardi dell’esplorazione planetaria europea nel decennio successivo.

JUICE: ricostruzione artistica
JUICE: ricostruzione artistica. Crediti: ESA – Agenzia Spaziale Europea

La missione dell’Esa, selezionata dallo Space Programme Committee, vede un’importante partecipazione dell’Italia attraverso l’Agenzia spaziale italiana (Asi) e diversi enti e università tra i quali Sapienza Università di Roma, che hanno partecipato alla realizzazione di 3 strumenti: lo strumento di radioscienza e geofisica 3GM, il radar RIME, la camera JANUS.

3GM (Gravity and Geophysics of Jupiter and the Galilean Moons), guidato da Luciano Iess, del Dipartimento di Ingegneria meccanica e aerospaziale della Sapienza, comprende un transponder in banda Ka e un oscillatore ultrastabile (USO), realizzato dall’Agenzia Spaziale Israeliana (ISA). Questo insieme di strumenti sarà utilizzato per misurare il campo di gravità e la struttura profonda delle lune ghiacciate, per determinare l’estensione dell’oceano interno di Ganimede e per studiare l’atmosfera di Giove. La strumentazione di 3GM comprende anche un accelerometro ad alta precisione (HAA), necessario per calibrare i disturbi dinamici interni del satellite, in particolare dovuti al movimento del propellente nei serbatoi.

RIME (Radar for Icy Moon Exploration), radar sottosuperficiale ottimizzato per penetrare la superficie ghiacciata dei satelliti galileiani fin alla profondità di 9 km con una risoluzione verticale fino a 30 m.Il radar RIME è frutto di una collaborazione tra l’Università di Trento e il Jet Propulsion Laboratory (JPL) della NASA.

JANUS (Jovis, Amorum ac Natorum Undique Scrutator) è una camera ottica per studiare la morfologia e i processi globali regionali e locali sulle lune e per eseguire la mappatura delle nubi di Giove.

Importante, inoltre, il coinvolgimento italiano per quanto riguarda la testa ottica dello strumento MAJIS (Moons and Jupiter Imaging Spectrometer), uno spettrometro iper-spettrale a immagine per osservare le caratteristiche e le specie minori della troposfera di Giove nonché per la caratterizzazione dei ghiacci e dei minerali sulle lune ghiacciate.

JUICE: ricostruzione artistica
JUICE: ricostruzione artistica. Crediti: ESA – Agenzia Spaziale Europea

Ai team scientifici dei quattro strumenti finanziati dall’Asi partecipano molte università e istituti di ricerca italiani e stranieri. I Principal Investigator di 3GM, RIME e JANUS appartengono rispettivamente a Sapienza Università di Roma, all’Università di Trento e all’Inaf – Istituto Nazionale di Astrofisica, a cui appartiene anche il Co-Principal Investigator di MAJIS.

Testo e immagini dal Settore Ufficio stampa e comunicazione Sapienza Università di Roma

La Grande macchia rossa di Giove: una tempesta anticiclonica dalla profondità “contenuta”

I nuovi risultati delle misurazioni di gravità del pianeta ottenute dalla sonda Juno rivelano, in uno studio pubblicato su Science, che la grande macchia rossa, pur molto estesa, non è profonda come si immaginava. Questa scoperta potrebbe spiegare i motivi della sua evoluzione e forse della possibile scomparsa.

grande macchia rossa Giove
L’animazione simula il moto delle nuvole della Grande Macchia Rossa di Giove. E’ stata creata applicando il modello del movimento dei venti ad un mosaico di immagini scattate dallo strumento. Credits: NASA/JPL-Caltech/SwRI/MSSS/Gerald Eichstadt/Justin Cowart

Giove è il più grande pianeta del sistema solare, con un raggio equatoriale di 71.492 km, ed è composto principalmente da idrogeno ed elio e per questo viene definito “gigante gassoso”.

La caratteristica forse più iconica del pianeta è la Grande macchia rossa, una tempesta anticiclonica scoperta probabilmente da Giandomenico Cassini nel 1665. Oggi questa assomiglia a un ovale di dimensioni approssimativamente pari a 16000 x 12000 km, che ne fanno la più grande tempesta del sistema solare, seppur negli ultimi 100 anni, per cause ancora ignote, si sia ridotta considerevolmente. La Grande macchia rossa porta con sé ancora molti interrogativi: uno di questi riguarda la profondità con cui questa tempesta si inabissa dentro Giove.

A questo come ad altri quesiti sulla dimensione del nucleo ha risposto la sonda Juno, realizzata dalla NASA con un importante contributo italiano.

Rappresentazione artistica di Juno in orbita attorno a Giove. Crediti: Nasa/JPL-Caltech

Durante due sorvoli ravvicinati di Giove (febbraio e luglio 2019), la missione Juno della NASA (in orbita intorno a Giove dal 5 luglio 2016 per studiare i meccanismi di formazione, la struttura interna, la magnetosfera e l’atmosfera del gigante gassoso) ha osservato per la prima volta da vicino la Grande macchia rossa. Poiché l’interno del pianeta non è direttamente osservabile, per comprenderne la struttura più intima si ricorre a misurazioni accurate del campo gravitazionale, che è espressione della distribuzione della massa all’interno del pianeta.

grande macchia rossa Giove
Geometria delle osservazioni di Juno della Grande Macchia Rossa (GRS). Il campo di velocità della Grande Macchia Rossa (frecce nere) e le tracce a terra di Juno durante PJ18 e PJ21 (linee colorate) sono sovrimposte a una immagine della Grande Macchia Rossa effettuata da JunoCam durante PJ21. La quota della sonda durante il passaggio ravvicinato con la Grande Macchia Rossa (latitudine 20°S) era, rispettivamente per PJ18 e PJ21, di 13,000 km e 19,000 km, con scostamenti longitudinali di 11° e 2° 

Le misure del campo gravitazionale del pianeta avevano mostrato che i forti venti est-ovest (con velocità fino a 360 km/h), visibili tracciando il moto delle nubi, si spingono alla profondità di circa 3000 km.

Gli strati inferiori della Grande Macchia Rossa di Giove sono stati osservati da Juno anche usando i dati del radiometro a microonde (MWR). Ognuno dei sei canali dello strumento osserva diverse profondità sotto le nuvole

Oggi, una nuova ricerca, finanziata in parte dall’Agenzia Spaziale Italiana (ASI) e coordinata da Marzia Parisi, ex-dottoranda della Sapienza, ora post-doc al California Institute of Technology/Jet Propulsion Laboratory, insieme a un gruppo internazionale di cui fanno parte Daniele Durante e Luciano Iess del Dipartimento di Ingegneria meccanica e aerospaziale della Sapienza, mostra come invece i venti della Grande macchina rossa abbiano una profondità di penetrazione verticale piuttosto contenuta, pari a circa 300 km, assai inferiore a quella dei venti che soffiano nelle bande visibili del pianeta. I risultati del lavoro sono stati pubblicati sulla rivista Science.

“I risultati del nostro studio – spiega Daniele Durante del Dipartimento di Ingegneria meccanica e aerospaziale della Sapienza – attestano una massa della tempesta pari a circa la metà dell’intera atmosfera terrestre e poco meno di quella di tutta l’acqua del Mar Mediterraneo, e rappresentano la Grande macchia rossa come un oggetto molto simile a un disco assai esteso (la sua dimensione minore è pari all’incirca al diametro della Terra) ma piuttosto sottile, con caratteristiche che ricordano quelle delle più grandi tempeste terrestri”.

grande macchia rossa Giove
Le dimensioni della Grande macchia rossa a confronto con la Terra. La profondità determinata dalle misure di gravità è di soli 300 km.

Con un’orbita molto eccentrica, la sonda Juno è riuscita ad avvicinarsi molto al gigante gassoso, fino a 4-5000 km al di sopra delle nubi: a queste distanze è possibile avere una elevata sensibilità all’accelerazione gravitazionale esercitata principalmente dalle strutture dell’atmosfera del pianeta. La sonda ha utilizzato lo strumento di radioscienza KaT (Ka-Band Translator, realizzato da Thales Alenia Space-I e finanziato dall’Agenzia spaziale italiana), il cuore dell’esperimento che ha permesso di determinare l’estensione verticale della Grande macchia rossa.

La Grande macchia rossa ha perturbato impercettibilmente l’orbita di Juno, ma l’estrema accuratezza della misura (fino a 0.01 mm/s) ha permesso di catturarne il debolissimo segnale gravitazionale e di stimare così la profondità a circa 300 km.

“Le misure di Juno – conclude Luciano Iess dello stesso Dipartimento – hanno fornito la terza dimensione a quel fenomeno dell’atmosfera di Giove che ha attratto l’attenzione di molti di noi, come anche quella degli astronomi da più di trecento anni, mostrando come sia una tempesta superficiale certamente molto estesa, ma ben poco profonda. Questa nuova misura contribuirà a capirne la natura, l’evoluzione e, forse, la sua possibile scomparsa”.

Riferimenti:

The depth of Jupiter’s Great Red Spot constrained by the Juno gravity overflights – Authors: M. Parisi, Y. Kaspi, E. Galanti, D. Durante, S. J. Bolton, S. M. Levin, D. R. Buccino, L. N. Fletcher, W. M. Folkner, T. Guillot, R. Helled, L. Iess, C. Li, K. Oudrhiri, M. H. Wong. Science 2021 DOI: 10.1126/science.abf1396

Testo e foto dal Settore Ufficio stampa e comunicazione Sapienza Università di Roma

Giove, il pianeta più grande del sistema solare

 

L’anima irrequieta dei pianeti