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Non è mai morto nessuno – Intervista ad Alessandro Mustazzolu e recensione del suo nuovo libro

Tay mi invia una foto, scrivendomi

Non puoi immaginare cosa mi è successo! Ho comprato il salmone al supermercato e, prima di cucinarlo l’ho ispezionato, come mi hai sempre detto di fare. Qualcosa si muoveva! Incredibile…proprio a me doveva capitare di vedere quel vermetto?!

Tay è una persona consapevole del fatto che le infezioni alimentari sono solo una delle possibili vie di contatto con microrganismi, ma se non fosse stata informata sul genere Anisakis, come avrebbe gestito la situazione? Probabilmente, le avrei suggerito il libroNon è mai morto nessuno” di Alessandro Mustazzolu.

Il testo “Non è mai morto nessuno”, edito da Gribaudo, aiuta a diventare più consapevoli della presenza di un gran numero di microrganismi nel mondo in cui con-viviamo. Il merito del volume è quello di guidarci nella conoscenza dell’invisibile intorno a noi, il quale diventa percepibile, spesso, solo quando si parla di malattie infettive. Le informazioni presenti potrebbero aiutarci anche nelle conversazioni “scomode”, ossia quelle in cui l’interlocutore è in errore, è vittima di un bias cognitivo e non si hanno più strumenti per aprirgli gli occhi.

la copertina del saggio Non è mai morto nessuno, di Alessandro Mustazzolu, pubblicato da Edizioni Gribaudo (2024) nella collana Straordinariamente. Foto di Carmen Troiano
la copertina del saggio Non è mai morto nessuno, di Alessandro Mustazzolu, pubblicato da Edizioni Gribaudo (2024) nella collana Straordinariamente. Foto di Carmen Troiano

I bias cognitivi sono costrutti mentali derivanti da percezioni errate che nutrono pregiudizi e ideologie. I bias cognitivi, utilizzati spesso per prendere decisioni rapide, possono avere forte impatto sulla quotidianità. Ebbene, i bias inerenti i microrganismi sono definiti dall’autore microbias.

Dopo la meravigliosa prefazione di Barbascura X, divertente e provocatoria, gli argomenti sono divisi in tre sezioni: microbias in cucina, microbias fuori dalla cucina, microbias e microbioma. Ogni argomento inizia con una storia di vita quotidiana: una conversazione, il pensare tra se e se, notizie ascoltate in TV, ecc. I paragrafi non sono quasi mai lunghi e affrontano ciascuno una parte in cui è stata segmentata la tematica: passo passo sarete condotti alla fine e avrete una visione d’insieme. Al termine di ogni “capitolo” c’è la bibliografia per risalire alla fonte primaria. Infine, nella parte finale, il lettore è indotto a riflettere sul presente e su un futuro prossimo, soprattutto per quanto riguarda il fenomeno della resistenza antimicrobica agli antibiotici.

Sebbene alcuni passaggi sembrino ostici e difficili per i non addetti ai lavori, basta essere pazienti: sarà tutto chiarito nel paragrafo o nella pagina seguente, in un box di approfondimento (più numerosi nella prima sezione rispetto alle altre due) o da un’immagine schematica. Il libro, infatti, non è solo adatto alle persone che mostrano la volontà di correggere microbias, ma anche a tutte quelle persone interessate ai microrganismi.

Il rigore scientifico lo si vede dall’attenzione per il lessico e la terminologia. Non per essere pedanti, ma al fine di evitare di incorrere in ulteriori incomprensioni ed errori, bisogna usare i termini idonei e appropriati. Il tutto è supportato da aneddoti personali, racconti di storia della scienza, analogie e metafore. Il lettore non deve aspettarsi un manuale di buone pratiche, un archivio di cose da fare o non fare: ripeto, il libro rende consapevoli le persone su numerose pratiche della vita quotidiana in cui o si fa finta di non sapere o si tenta la sorte… perché tanto “non è mai morto nessuno”. Dopo questo libro potreste non cambiare nulla di ciò che facevate in cucina, per esempio, ma almeno sarà una vostra scelta consapevole: non sarebbe ammesso dire “non lo sapevo”.

Il libro, quindi, può essere letto anche per avere la risposta pronta a coloro i quali credono che qualsiasi influencer, TikToker, Instagrammer possa essere chiamato divulgatore scientifico. Il lavoro divulgativo di Alessandro Mustazzolu potrebbe rendere più consapevoli anche gli amici e i parenti più ostinati. La “conversione” non è assicurata.

la copertina del saggio Non è mai morto nessuno, di Alessandro Mustazzolu, pubblicato da Edizioni Gribaudo (2024) nella collana Straordinariamente. Foto di Carmen Troiano
la copertina del saggio Non è mai morto nessuno, di Alessandro Mustazzolu, pubblicato da Edizioni Gribaudo (2024) nella collana Straordinariamente. Foto di Carmen Troiano

Inizierei dalla divulgazione scientifica, attività che svolge sia su Instagram che su YouTube. Piero Angela ha fatto scuola con la sua proverbiale onestà intellettuale e il rigore. Molte persone che si occupano oggi di divulgazione lo hanno preso ad esempio. Come si è approcciato alla divulgazione scientifica?

Piero Angela è stato sicuramente il “papà” di molti divulgatori, i suoi programmi hanno fatto storia e hanno ispirato molti di noi fin da bambini, tuttavia il mio approccio al mondo della divulgazione parte dai vaccini. Nel periodo in cui fu introdotto l’obbligo vaccinale.
Una volta percepita la confusione da parte delle persone sul tema, ho avvertito l’urgenza di spiegare a più gente possibile l’argomento, sfatando alcuni luoghi comuni e spiegando i meccanismi biologici alla base di questo strumento che ogni anno salva milioni di vite.

Come avvicinare le persone non esperte alla scienza?

Credo che la chiave sia nella curiosità. Le persone hanno sete di conoscenza, sta a noi “dissetarle” nella maniera più opportuna. Il problema è che non tutte le sorgenti d’acqua sono pure, esattamente come diceva Piero Angela.

Facciamo un salto alla pandemia causata dal SARS-CoV-2. Essa ha fatto conoscere al grande pubblico la parola zoonosi, cioè il fenomeno biologico secondo il quale un patogeno è trasmesso da un’altra specie animale all’uomo. C’è però anche la possibilità di un fenomeno inverso, cioè che gli umani infettino gli altri animali. Quanto si sa sull’argomento? Può spiegarci brevemente quali sono i meccanismi biologici che favoriscono il passaggio di un virus da una specie ospite all’altra?

Sicuramente la pandemia ha reso “pop” molti termini che prima circolavano solamente tra gli addetti ai lavori. Il fenomeno del spillback si riferisce alla trasmissione di un virus dagli umani agli animali, come avvenuto con SARS-CoV-2 in cani, gatti e visoni. Questo processo avviene quando il virus, originariamente zoonotico, “torna indietro” verso una specie animale.

Meccanismi chiave includono la compatibilità dei recettori, mutazioni che favoriscono l’adattamento virale e il contatto ravvicinato tra umani e animali. Il fenomeno è facilitato anche da ambienti densi, come allevamenti, dove il virus può circolare, creando un rischio di riserve animali che perpetuano la diffusione virale. L’argomento è affascinante e sicuramente in futuro verrà approfondito, spero che gli studi in tal senso si intensifichino presto.

Immagine di Viktor Forgacs

Parliamo di un’altra pandemia che continua da circa quarant’anni: quella causata dal virus dell’immunodeficienza umana (Human immunodeficiency virus, HIV). Tra i metodi per ridurre il rischio di trasmissione sessuale dell’HIV è disponibile la PreP, sigla che significa Profilassi pre-Esposizione. Si tratta di uno strumento farmacologico preventivo efficace per chi ha attività sessuale non protetta. Nel 2023 è stata approvata in Europa la long acting PrEP, somministrazione iniettabile a lunga durata di azione da effettuarsi ogni due mesi. Quali sono i benefici, le difficoltà e le prospettive di tale trattamento?

La prevenzione delle nuove infezioni rappresenta un aspetto cruciale e gli strumenti a disposizione per attuarla sono molteplici e a vari livelli, dall’uso del profilattico (maschile o femminile) alla profilassi pre-esposizione (PrEP). Questa strategia implica l’utilizzo, prima dei rapport sessuali, di farmaci antiretrovirali nelle persone HIV-negative per ridurre il rischio di contrarre l’infezione.

“Prevenzione”, come in molte altre malattie una parola chiave, un termine facile da capire, difficile da applicare, soprattutto se ci si convince che un determinato evento, come il contatto con l’HIV, sia precluso solamente a poche categorie di persone, quando invece, i virus non guardano in faccia a nessuno. La long acting PrEP offre un’alternativa alle pillole giornaliere, richiedendo solo sei iniezioni all’anno, il che potrebbe migliorare significativamente l’aderenza, soprattutto per le persone che hanno difficoltà ad assumere farmaci quotidiani.

Immagine di Bermix Studio

Cambiamo argomento e soffermiamoci sulle fake news riguardanti gli alimenti. Numerose fake news riguardano il presunto cibo contaminato e viaggiano veloci, non solo sui social network. Quali sono, a suo avviso, i meccanismi e le strategie che oggigiorno portano alla diffusione delle fake news? Quali consigli darebbe ai lettori per informarsi sulla sicurezza di ciò che mangiano?

Come spiego nel mio libro, le fake news sugli alimenti riguardano soprattutto modi di fare radicati nel tempo che hanno cementificato le proprie origini nelle tradizioni famigliari. Andarle a toccare significa “rovinare” i ricordi famigliari e mettere in discussione concetti ormai dati per veri. Consiglio di leggere, iniziando dalle etichette.

Che le uova vadano messe in frigo dopo l’acquisto non è una opinione personale di qualcuno ma è una raccomandazione scritta dai produttori per determinati motivi legati al microbiota presente nel guscio. Che i würstel vadano cotti prima del loro consumo non lo dice il divulgatore sui social a cui credere ma c’è scritto sulle confezioni per motivi validi che il produttore conosce benissimo, come il rischio di contrarre batteri pericolosi per la salute umana come la Listeria.

Immagine di Vlad Tchompalov

Inoltre, ritiene sia necessaria la polarizzazione, anche riguardo ai temi scientifici, quando i cittadini vogliono compartecipare alle scelte delle società moderne?

La polarizzazione in ambito scientifico può essere problematica, specialmente quando i cittadini vogliono prendere parte alle decisioni che riguardano la società moderna. Come microbiologo, la mia visione è che il dibattito scientifico dovrebbe basarsi sui dati e non su divisioni ideologiche.

La scienza funziona attraverso il consenso basato sull’evidenza: esperimenti, prove ripetibili e analisi critica. Polarizzare una discussione scientifica, rendendola binaria, distorce questa realtà complessa e può portare a decisioni non informate, rischiando di ostacolare progressi importanti, come la lotta contro le malattie infettive. Un approccio equilibrato e basato sulla conoscenza è essenziale per garantire una compartecipazione responsabile e consapevole.

la copertina del saggio Non è mai morto nessuno, di Alessandro Mustazzolu, pubblicato da Edizioni Gribaudo (2024) nella collana Straordinariamente. Foto di Carmen Troiano
la copertina del saggio Non è mai morto nessuno, di Alessandro Mustazzolu, pubblicato da Edizioni Gribaudo (2024) nella collana Straordinariamente. Foto di Carmen Troiano

Parliamo adesso di un altro tema del suo libro: la farmaco resistenza. Tedros Adhanom Ghebreyesus, direttore generale dell’Organizzazione Mondiale di Sanità (OMS) ha definito la resistenza che molti microrganismi stanno sviluppando ai farmaci antimicrobici “Una delle più gravi minacce sanitarie del nostro tempo”. Come affrontare tale minaccia globale?

Concordo sul fatto che la minaccia sia grave e soprattutto appartenga ai nostri tempi e non a quelli futuri. La minaccia purtroppo non si può affrontare con la speranza di vincerla dal basso, ovvero non si può pensare che un consumo più mirato di queste molecole risolva il problema.

È solamente questione di tempo prima che le molecole attive contro i batteri finiscano, prima cioè che alcuni batteri diventino resistenti praticamente a tutto. La salvezza, come sempre, arriverà dalla scienza, ma un consumo attento e oculato, che ricordo non è responsabilità solamente dei cittadini ma anche dei medici e dei farmacisti, rallenterà il momento in cui verremo proiettati in quella che ormai viene chiamata “era pre-antibiotici”.  

la cover del saggio Non è mai morto nessuno, di Alessandro Mustazzolu, pubblicato da Edizioni Gribaudo (2024) nella collana Straordinariamente
la cover del saggio Non è mai morto nessuno, di Alessandro Mustazzolu, pubblicato da Edizioni Gribaudo (2024) nella collana Straordinariamente

 

Alessandro Mustazzolu è microbiologo e micobatteriologo. Si è occupato, per molto tempo, di sorveglianza e ricerca nei confronti dei micobatteri, in particolare di quello responsabile della tubercolosi. La sua carriera scientifica inizia nell’Azienda Ospedaliera San Camillo Forlanini e si sviluppa rapidamente, prima attraverso collaborazioni con laboratori privati e poi con un’esperienza lavorativa, che a oggi perdura, presso l’Istituto Superiore di Sanità. Oltre al lavoro di microbiologo, si è impegnato come insegnante presso scuole, università, congressi, e come autore di diverse pubblicazioni su riviste internazionali. Da qualche anno si occupa di creare contenuti a carattere microbiologico anche su Instagram e YouTube.

Il libro recensito è stato cortesemente fornito dalla casa editrice.

CONVIVERE CON L’HIV: QUANDO LA REGOLAZIONE DELLE EMOZIONI HA UN PESO SULLA MALATTIA

Una ricerca dell’Università di Torino pubblicata sulla rivista scientifica internazionale AIDS and Behavior ha messo in evidenza il ruolo dell’alessitimia, disturbo che consiste in un deficit della consapevolezza emotiva, in persone che vivono con HIV.

HIV
Convivere con l’HIV: quando la regolazione delle emozioni ha un peso sulla malattia; messo in evidenza il ruolo dell’alessitimia. Diagramma del virus dell’HIV. Immagine US National Institute of Health (ridisegnato da Carl Henderson), in pubblico dominio

L’infezione da HIV danneggia il sistema immunitario distruggendo le cellule CD4, un sottogruppo di globuli bianchi. Da un report del 2021, si stima che nel mondo ci siano 38,4 milioni di persone che vivono con l’HIV, di cui 36,7 milioni di età pari o superiore a 15 anni, il 53% di sesso femminile e 1,5 milioni di nuove diagnosi. Ad oggi, grazie alla terapia antiretrovirale si ottiene un rapido controllo dell’HIV e un parziale ripristino della funzione immunitaria. La terapia, se correttamente e costantemente assunta, rende la persona non più infettabile e permette di prevenire l’insorgenza delle complicanze che definiscono la sindrome da immunodeficienza acquisita (AIDS).

Diversi aspetti psicologici sono stati studiati in termini di fattori di rischio per la non aderenza al trattamento. Tra questi fattori vi è l’alessitimia, una caratteristica psicologica intesa come difficoltà nel riconoscere, descrivere ed esprimere le proprie emozioni e che sembra associata a diverse condizioni sia psicologiche che mediche.

Uno studio condotto dalle ricercatrici Agata Benfante e Annunziata Romeo del gruppo “ReMind the Body” del Dipartimento di Psicologia dell’Università di Torino, pubblicato sulla rivista scientifica internazionale AIDS and Behavior, ha messo in luce un’associazione significativa tra alessitimia e gravità della malattiacomportamento di aderenza al trattamento, disturbi cardiovascolari e deterioramento cognitivo nelle persone che vivono con HIV.

Il campione preso in considerazione da tutti gli studi analizzati (14) ha un’età media tra i 35 e i 47 anni ed è prevalentemente di genere maschile. La prevalenza dell’alessitimia tra le persone che vivono con HIV oscilla tra il 10% e il 25%. Inoltre, da queste ricerche emerge che l’alessitimia sia associata alla gravità della malattia (es. livello di viremia) e all’aderenza alla terapia antiretrovirale. Questa difficoltà nella regolazione delle emozioni sembra essere implicata sia nei disturbi cardiovascolari sia nel deterioramento cognitivo in comorbidità con l’infezione da HIV. Nello specifico, i pazienti con elevate difficoltà nella regolazione delle proprie emozioni tendono ad essere meno aderenti alla terapia, col rischio di una maggiore resistenza farmacologica e una ricaduta negativa sui livelli di viremia.

Questi pazienti tendono ad avere anche maggiori difficoltà nelle relazioni interpersonali, che possono ricadere, ad esempio, nella relazione medico-paziente, e nella maggiore tendenza ad evitare l’uso delle relazioni sociali come risorsa personale per affrontare una condizione medica cronica. Infine, elevati livelli di alessitimia sembrano aumentare il rischio di problemi cardiovascolari (come diabete e ipertensione) e predire alcune disfunzioni neuropsicologiche (peggiore attenzione, memoria di lavoro, organizzazione visuo-spaziale) in pazienti con HIV. Una condizione di vita cronica e stressante come convivere con una diagnosi di HIV insieme a caratteristiche individuali, come l’alessitimia, influenza la qualità di vita ed il benessere psicologico dell’individuo.

La ricerca suggerisce che un’attenta valutazione del processo di regolazione emotiva può fornire informazioni prognostiche rilevanti e utili nell’approccio al paziente. L’identificazione dei diversi processi attraverso i quali l’alessitimia è correlata alla gravità della malattia consente di individuare coloro che presentano maggiore probabilità di sviluppare una condizione clinica peggiore. Trattamenti psicologici incentrati sui processi di regolazione emotiva, in aggiunta alle necessarie terapie antiretrovirali, potrebbero aiutare le persone che vivono con l’HIV a migliorare le loro capacità sociali e cognitive, a mantenere nel tempo l’aderenza farmacologica e a migliorare la loro qualità di vita.

I risultati di questa revisione della letteratura diventano uno spunto di riflessione più ampio e generale, ponendo l’accento sull’importanza di una visione multifattoriale della salute, che stimoli la realizzazione di ulteriori protocolli di ricerca, così come di interventi più mirati.

 

Testo dall’Area Relazioni Esterne e con i Media dell’Università degli Studi di Torino

UN GEL LUBRIFICANTE A BASE DI MUCO ANIMALE EFFICACE CONTRO LE INFEZIONI VIRALI

La scoperta del KTH Royal Institute of Technology di Stoccolma, in collaborazione con l’Università di Torino, potrebbe essere la risposta alle malattie sessualmente trasmissibili come Herpes e HIV

Una ricerca del KTH Royal Institute of Technology di Stoccolma, condotta in collaborazione con Sonia Visentin e Cosmin Stefan Butnarasu del Dipartimento di Biotecnologie Molecolari e Scienze per la Salute dell’Università di Torino, ha sviluppato un gel sintetico a base di muco bovino in grado di ridurre in vitro del 70% la virulenza del virus HIV-1 e dell’80% quella dell’HSV-2.

Una mucca - Un gel lubrificante a base di muco animale efficace contro infezioni virali come HIV-1 e HSV-2, lo studio pubblicato su Advanced Science
Un gel lubrificante a base di muco animale efficace contro infezioni virali come HIV-1 e HSV-2, lo studio pubblicato su Advanced Science. Foto di Ulrike Leone

I risultati sono stati pubblicati il 14 settembre su Advanced Science. Oltre a KTH e UniTo, al progetto hanno contribuito anche ricercatori del Technical University of Munich (TUM) e del Karolinska Institutet (KI). Il gel sviluppato dai ricercatori deriva dalla mucina, la principale glicoproteina del muco che riveste tutte le superfici umide del nostro organismo. Le molecole di mucina possono legarsi e formare un gel tridimensionale in grado di intrappolare le particelle virali, eliminandole successivamente attraverso il naturale ricambio del muco.

“Il gel sviluppato – dichiara Hongji Yan, ricercatore del KTH e leader del progetto – replica la funzione di autorigenerazione, proprietà fondamentale del materiale che consente la lubrificazione e la profilassi del muco contro le infezioni. La ragione per cui il gel sintetico è così efficace nel ridurre la virulenza di HIV e HSV, senza il rischio di effetti collaterali o sviluppo di resistenza come con altri composti antivirali, deriva dalla naturale complessità delle mucine. Tali proprietà sarebbero difficili da ottenere con un tipo di polimero diverso dalle mucine. Inoltre, le mucine utilizzate per sintetizzare il gel riducono anche l’attivazione delle cellule immunitarie, le quali, quando attivate, facilitano la replicazione e la diffusione dell’HIV”.

“Da tempo nei nostri laboratori UniTo ci occupiamo di mucine in ambito farmaceutico. Lo studio, condotto in collaborazione con i ricercatori del KTH, è un’ulteriore prova delle potenzialità che le mucine possono avere in ambito biomedico – aggiunge Sonia Visentin, docente del Dipartimento di Biotecnologie Molecolari e Scienze per la Salute UniTo. Oltre all’applicazione in ambito antivirale, il nostro laboratorio studia anche l’impatto che la mucina esercita sull’attività dei farmaci, ma anche il suo utilizzo come veicolo per principi attivi. Negli ultimi decenni la ricerca globale ha permesso di comprendere meglio la struttura e le funzioni di questa proteina. Solo recentemente però si è capito l’enorme versatilità che la mucina ha in ambito farmaceutico e biotecnologico”.

Dal punto di vista applicativo il gel potrebbe aiutare molte persone a gestire un maggiore controllo sulla propria attività sessuale, salvaguardando la salute ed esponendo a minori rischi. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS)ogni giorno più di 1 milione di malattie sessualmente trasmissibili vengono acquisite in tutto il mondo e la maggior parte di esse sono asintomatiche. L’AIDS, la malattia causata dall’HIV, rimane ad oggi un’epidemia globale contando più di 1.5 milioni di casi nel solo 2021.

 

Testo dall’Area Relazioni Esterne e con i Media dell’Università degli Studi di Torino