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Gaetano Valenza

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Come batte il nostro cuore: una collaborazione tra ingegneri e matematici dell’Università di Pisa risolve un problema aperto da anni; un metodo matematico applicato alla serie dalle misure della frequenza cardiaca per stabilire se la dinamica del sistema cardiovascolare è regolare

Lo studio è stato riconosciuto con il Best Student Paper Award alla Conferenza della Società Internazionale di Ingegneria biomedica

Una collaborazione tra studiosi del Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione e del Dipartimento di Matematica dell’Università di Pisa ha risolto un problema ancora aperto nella comunità scientifica medica e della bioingegneria sin dagli anni novanta. La scoperta porta a una maggior comprensione della dinamica del sistema cardiovascolare aprendo la strada alla definzione di nuovi biomarcatori in grado di quantificare il rischio di sviluppare malattie cardiovascolari.

Lo studio applica infatti un metodo matematico innovativo alla serie ricavata dalle misure della frequenza cardiaca e ha stabilito che la dinamica del sistema cardiovascolare è regolare e non caotica.
Al centro Martina Bianco, alla sua sinistra Riccardo Valenza
Un metodo matematico applicato alla serie ricavata dalle misure della frequenza cardiaca e ha stabilito che la dinamica del sistema cardiovascolare è regolare. Al centro Martina Bianco, alla sua sinistra Riccardo Valenza

Lo scorso 16 luglio, durante l’International Conference of the IEEE Engineering in Medicine and Biology Society (EMBC), la principale conferenza internazionale di ingegneria biomedica, il lavoro ha ricevuto il “Best Student Paper Award”. Gli autori sono Martina Bianco, dottoranda al Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione e prima autrice dell’articolo, Andrea Scarciglia e Gaetano Valenza (Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione ) e Claudio Bonanno (Dipartimento di Matematica). La conferenza ha visto la partecipazione di studiosi da oltre 70 paesi, e l’articolo premiato ha superato la concorrenza di lavori di ricercatori da Cina, Giappone, Australia, Messico, Stati Uniti, Emirati Arabi e diversi stati europei.

“Gli intervalli di tempo tra battiti cardiaci consecutivi – spiega Martina Bianco, dottoranda in ingegneria biomedica e con una laurea in matematica alle spalle –  formano una serie chiamata serie della Variabilità della Frequenza Cardiaca (HRV). Questa serie, composta da intervalli successivi ottenuti dell’elettrocardiogramma deriva da molteplici input fisiologici, come quelli del  sistema nervoso centrale, simpatico e parasimpatico, la respirazione, la pressione sanguigna e l’attività ormonale”.

Martina Bianco
Martina Bianco

“Durante il mio lavoro di tesi al dipartimento di matematica – continua Bianco – avevo messo a punto un metodo per capire se una serie di dati può essere interpretata come output di un sistema regolare, il cui stato cioè è determinabile in ogni momento, oppure caotico, cioè dipendente in modo essenziale dalle condizioni iniziali, e che quindi si evolve in modo non predicibile se tali condizioni cambiano anche di poco. E’ stata per me una bellissima sfida applicare un metodo matematico elaborato in astratto a dati numerici reali, come sono le serie derivanti dagli elettrocardiogrammi. Questo perché nei dati reali spesso è presente una componente casuale ”di disturbo” ,il cosiddetto “rumore fisiologico”. che non dipende solo dall’errore di misurazione, ma soprattutto da interazioni e fluttuazioni  interne al sistema in esame. Il risultato che abbiamo ottenuto è abbastanza netto: la dinamica del sistema cardiovascolare è regolare, e non caotica”.

“Sono molto contento di questa collaborazione tra due dipartimenti di eccellenza dell’Università di Pisa – aggiunge Gaetano Valenza, docente di bioingegneria all’Università di Pisa – Il metodo sviluppato consente di avere una conoscenza più approfondita del sistema cardiovascolare e, più in generale, delle dinamiche neurofisiologiche. Questa maggiore conoscenza ci potrebbe consentire, per esempio, di definire nuovi biomarcatori in grado di quantificare il rischio di sviluppare malattie cardiovascolari, che ancora oggi rimangono una delle principali cause di morte a livello mondiale.”

“Questo riconoscimento – conclude Claudio Bonanno, docente di fisica matematica all’Università di Pisa –   premia innanzitutto il lavoro di tesi di Martina, ma anche quello di Andrea, anche lui laureato in matematica e con la cui tesi è iniziata la collaborazione con il Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione.  Premia anche il coraggio di Martina e Andrea nel decidere di spendere le loro competenze matematiche nelle applicazioni alla bioingegneria. Mi auguro che questo riconoscimento, che nasce da una fruttuosa collaborazione tra due dipartimenti del nostro ateneo, serva a ribadire l’importanza del portare avanti, in contemporanea, la ricerca di base e la ricerca applicata.”

Testo e immagini dall’Ufficio comunicazione di Ateneo dell’Università di Pisa.

Il mistero della connessione cuore-cervello in uno studio pubblicato su Nature Reviews Cardiology

Uno studio dell’Università di Pisa fornisce per la prima volta una caratterizzazione ampia del funzionamento dell’asse cuore-cervello.

Un’immagine scientifica dello studio sulla connessione cuore-cervello, pubblicato sulla rivista Nature Reviews Cardiology
Un’immagine scientifica dello studio sulla connessione cuore-cervello, pubblicato sulla rivista Nature Reviews Cardiology

Uno studio tutto pisano fornisce per la prima volta una descrizione d’insieme dei componenti fondamentali del misterioso asse “cuore-cervello”, ovvero l’insieme delle connessioni anatomiche e funzionali tra il sistema cardiovascolare e il sistema nervoso centrale. L’articolo è a firma di un team di bioingegneri del Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione, Gaetano ValenzaZoran Matić e Vincenzo Catrambone, ed è stato pubblicato su Nature Reviews Cardiology, la rivista internazionale più importante nel settore della cardiologia.

“Che cuore e cervello siano strettamente connessi – spiega Gaetano Valenza, docente di bioingegneria all’Università di Pisa – è un’ipotesi che, a partire dai primi anni duemila, si è fatta sempre più strada, e che si basa sull’osservazione che malattie cardiologiche e neurologiche sono spesso associate. Per esempio, i soggetti con patologie neurologiche sono maggiormente a rischio di malattie cardiovascolari mentre, viceversa, pazienti che hanno subito un infarto hanno un rischio di depressione aumentato di oltre il 50%. Queste osservazioni hanno portato la convergenza di molti sforzi da parte di cardiologi, neurologi, neuroscienziati e ingegneri biomedici per comprendere il funzionamento di quello che è considerato un vero e proprio “organo virtuale”, chiamato “asse cuore-cervello”.

I meccanismi e i componenti fisiologici di questo asse erano sconosciuti nel dettaglio, perché ogni campo del sapere ha operato separatamente, dando le proprie caratterizzazioni specifiche, che però non arrivano a una descrizione completa.

In questo articolo, e per la prima volta, i ricercatori hanno messo insieme tutta la conoscenza prodotta fino ad ora sull’argomento e messo in luce che è possibile caratterizzare le tre componenti fondamentali dell’asse cuore-cervello: la parte di tessuto neurale, collegata a regioni specifiche del cervello, che rende possibile l’interazione tra sistema nervoso autonomo e sistema nervoso centrale; la parte meccanica, cioè le pulsazioni nelle arterie cerebrali indotte dal battito cardiaco, che abbiamo constatato essere una parte essenziale nella trasmissione dell’informazione lungo l’asse; e la parte biochimica, che comprende ormoni ed altre biomolecole avvertite sia da cuore che da cervello.

“Questo approccio integrato ci ha consentito di introdurre un fondamentale cambio di paradigma nello studio della relazione cuore-cervello, basato anche sullo studio di come le tre componenti identificate interagiscono tra di loro”, aggiunge Valenza.

Lo studio del team pisano si fonda su lavori recentissimi ed estremamente avanzati sui singoli componenti dell’asse cuore-cervello, e pone le basi per un concreto avanzamento nella conoscenza. Questo approccio infatti ha mostrato che l’influenza tra sistema cardiovascolare e sistema nervoso centrale ha una direzione preferenziale in base allo stato psico-fisico/emozionale dell’individuo.

“In studi molto recenti – conclude Valenza – è stato dimostrato che in realtà è il cuore a modulare principalmente l’attività cerebrale, ed è quindi il cuore, prima del cervello, ad essere responsabile della percezione di emozioni, cognizione e coscienza. Qualche anno fa avevamo dimostrato questa teoria con un modello matematico. Oggi possiamo studiare questa connessione addirittura a livello molecolare, cioè guardando come i neuroni cardiaci controllano le emozioni insieme al metabolismo di ogni individuo. Si tratta di un campo di ricerca assolutamente pionieristico, e che in pochissimi mesi sta facendo decisivi passi avanti, verso lo sviluppo di conoscenza e tecnologie centrate sulla comprensione di aspetti fondamentali dell’essere umano”.

Due degli autori dello studio, da sinistra Gaetano Valenza e Vincenzo Catrambone
Due degli autori dello studio, da sinistra Gaetano Valenza e Vincenzo Catrambone

Riferimenti bibliografici:

Valenza, G., Matić, Z. & Catrambone, V. The brain–heart axis: integrative cooperation of neural, mechanical and biochemical pathways, Nat Rev Cardiol (2025), DOI: https://doi.org/10.1038/s41569-025-01140-3

 

Testo e foto dall’Ufficio Stampa dell’Università di Pisa.

IL CUORE CHE SI “EMOZIONA” E GUIDA IL NOSTRO CERVELLO

Lo studio dell’Università di Pisa in collaborazione con l’Università di Padova e l’University of California Irvine pubblicato nei “Proceedings of the National Academy of Science of the USA”

cuore cervello emozioni
Foto di ElisaRiva

Le emozioni nascono nel cuore, e non nel cervello, dicevano i poeti. Ora la ricerca scientifica conferma le fondamenta di questo topos letterario. Uno studio dei bioingegneri dell’Università di Pisa in collaborazione con l’Università di Padova e l’University of California Irvine e pubblicato sulla rivista “Proceedings of the National Academy of Science of the USA” analizza il meccanismo che ci porta a provare una specifica emozione a fronte di determinati stimoli e trova nel cuore la radice delle emozioni.

“Che il corpo giochi un ruolo fondamentale nel definire gli stati emotivi è ormai ampiamente riconosciuto dalla comunità scientifica – spiega Gaetano Valenza, docente di bioingegneria al Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione dell’Università di Pisa e ricercatore al Centro “E. Piaggio” – Tuttavia, se escludiamo alcune teorie proposte agli inizi del secolo scorso, fino ad ora l’attività cardiovascolare è stata vista come un semplice supporto metabolico a sostegno del cervello. E solo il cervello sarebbe la sede dei processi biologici responsabili dell’esperienza emotiva cosciente. Noi abbiamo invece evidenze del fatto che l’attività cardiovascolare gioca un ruolo causale nell’iniziare e nel sentire una specifica emozione, e precede temporalmente l’attivazione dei neuroni della corteccia cerebrale. In sostanza, per dirla parafrasando William James, che fu il padre, insieme a John Lange, della cosiddetta teoria periferica delle emozioni, non abbiamo la tachicardia perché abbiamo paura, ma la sensazione di paura è l’esperienza emotiva cosciente innescata dalla tachicardia”.

Per dimostrare questa teoria sono stati utilizzati modelli matematici complessi applicati ai segnali elettrocardiografici ed elettroencefalografici in soggetti sani durante la visione di filmati con contenuto emotivo altamente spiacevole o piacevole. I ricercatori hanno così scoperto che nei primi secondi lo stimolo modifica l’attività cardiaca, che a sua volta induce e modula una specifica risposta della corteccia. Un continuo e bidirezionale scambio di informazioni tra cuore e cervello sottende quindi l’intera esperienza cosciente dell’emozione e, soprattutto, della sua intensità.

“Ovviamente – prosegue Valenza – la complessità delle emozioni che proviamo deriva da uno scambio molto complesso tra il nostro sistema nervoso e i vari sistemi “periferici”, ma è l’attività cardiaca, e non quella cerebrale, a dare il via all’esperienza emotiva.”

Per potere estrarre da una semplice analisi dell’ECG la valutazione di uno stato emotivo, i ricercatori hanno sviluppato delle equazioni matematiche in grado di “decodificare” continuamente la comunicazione cuore-cervello nei diversi stati emozionali. In pratica, data una certa dinamica cardiaca, in un futuro prossimo, potrebbe essere possibile comprendere quale emozione è stata provata dal soggetto sotto osservazione, per esempio utilizzando uno smartwatch.

“La scoperta può avere delle ricadute molto rilevanti sulla comprensione dei disturbi psichici e sulla loro relazione con la salute fisica – afferma Claudio Gentili, del Dipartimento di Psicologia Generale e Centro per i Servizi Clinici Psicologici dell’Università di Padova – e può spiegare perché soggetti con disturbi affettivi, come la depressione, sono associati ad una maggior probabilità di sviluppare patologie cardiache, o, viceversa, tra soggetti con problemi cardiaci quali patologie coronariche o aritmie si riscontra un incremento di ansia e depressione. Il nostro lavoro, oltre a riportare in auge la teoria della genesi periferica delle emozioni, conferma le più recenti posizioni neuroscientifiche che propongono di superare il dualismo tra il cervello inteso come organo esclusivo della mente e il corpo, suggerendo come noi non siamo (solo) il nostro cervello”.

 

Testo dagli Uffici Stampa dell’Università di Pisa e dell’Università degli Studi di Padova.