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CAOS E COSCIENZA – Misurare i diversi stati di coscienza mediante la teoria frattale è 11 volte più efficace nel diagnosticare pazienti con stato di coscienza minimo e stato vegetativo rispetto alle tecniche elettrofisiologiche normalmente usate nella pratica clinica

Diagnosticare accuratamente il disturbo della coscienza è molto complesso soprattutto in pazienti in stato vegetativo e di minima coscienza. Circa il 40% dei pazienti con tale disturbo sono erroneamente diagnosticati, in particolar modo quando scale comportamentali specificatamente progettate sono impiegate o somministrate in modo improprio. Per migliorare l’accuratezza diagnostica vengono utilizzate tecniche di neuroimaging ed elettrofisiologiche insieme alle scale comportamentali. Nonostante ciò, non è stata raggiunta un’accuratezza di diagnosi soddisfacente.

Un nuovo strumento per affrontare questa sfida arriva dalla teoria del caos: la dimensione frattale che consente di migliorare notevolmente l’accuratezza di tale diagnosi.  Questo è il risultato dello studio multicentrico guidato dall’Università degli Studi Padova e pubblicato su International Journal of Neural Systems.

La definizione di coscienza rappresenta ancora una delle questioni più impegnative e aperte nelle neuroscienze. Molte teorie suggeriscono che ciò non dipenda dall’attività di una specifica regione del cervello, ma piuttosto derivi da complesse reti tra diverse regioni cerebrali. La coscienza è clinicamente classificata in veglia (cioè la presenza di periodi spontanei di apertura degli occhi) e consapevolezza (cioè la capacità di un soggetto di rispondere agli stimoli interni/esterni). Sulla base di queste due classificazioni, i pazienti con disturbi della coscienza (DOC) potrebbero essere suddivisi in diversi stati di coscienza come coma, stato vegetativo (VS) e stato di coscienza minimo (MCS). Il termine VS si riferisce a pazienti che sembrano essere svegli con cicli di chiusura e apertura degli occhi ma senza alcun segno di risposta intenzionale (nessuna consapevolezza), mentre MCS si riferisce a pazienti con risposte deboli e volontarie incoerenti. La diagnosi di DOC si limita alla valutazione clinica delle risposte motorie principalmente alterate o non rilevabili per i pazienti con VS e MCS. Tra le diverse scale disponibili in letteratura, la Coma Recovery Scale-Revised (CRS-R) è la più utilizzata. L’uso corretto di questa scala ha migliorato significativamente l’affidabilità della diagnosi nella routine clinica. Tuttavia, la complessità della valutazione comportamentale in questo tipo di pazienti si riflette ancora in un’elevata percentuale di diagnosi errate tra i pazienti con MCS e VS. L’alto tasso di diagnosi errate rappresenta una importante sfida per i neurologi per migliorare la prognosi e la selezione di trattamenti terapeutici personalizzati ed efficaci.

Misurare i diversi stati di coscienza mediante la teoria frattale è 11 volte più efficace nel diagnosticare pazienti con stato di coscienza minimo e stato vegetativo
Misurare i diversi stati di coscienza mediante la teoria frattale è 11 volte più efficace nel diagnosticare pazienti con stato di coscienza minimo e stato vegetativo rispetto alle tecniche elettrofisiologiche normalmente usate nella pratica clinica. Immagine di Stefan Steinbauer

Per aiutare i neurologi in questa complessa diagnosi sono stati proposti numerosi modelli matematici. Il più promettente deriva dalla teoria del caos: la dimensione frattale.  Il termine frattale venne coniato nel 1975 da Benoît Mandelbrot nel libro “Les Objects Fractals: Forme, Hazard et Dimension”, per descrivere alcuni comportamenti matematici che sembravano avere un comportamento “caotico”, e deriva dal latino fractus (rotto, spezzato), così come il termine frazione; infatti le immagini frattali sono considerati tutti quegli oggetti che non possono essere misurati mediante la geometria euclidea e che si trovano nel mezzo dello spazio 1D e 2D oppure 2D e 3D. Un oggetto frattale, è quindi, un oggetto geometrico che ripete infinite volte la sua forma su scale diverse: ingrandendo una sua parte qualunque, si ottiene dunque un oggetto simile all’originale.

Un team multicentrico guidato dal Prof. Camillo Porcaro dell’Università degli Studi di Padova e del Consiglio Nazionale delle Ricerche – Istituto di scienze e tecnologie della cognizione (CNR-Istc) di Roma ha applicato i concetti di dimensione frattale su un gruppo di pazienti VS e MCS e su uno gruppo di controllo di volontari sani e i risultati sono stati pubblicati sulla rivista International Journal of Neural Systems

«L’idea di applicare i frattali allo studio dei pazienti DOC nasce proprio dall’ipotesi che l’attività cerebrale si ripete con pattern sempre più complessi tanto più il cervello è in uno stato di coscienza. Per dimostrare l’efficacia della dimensione frattale nel classificare i due stati di coscienza (VS e MCS) è stato usato l’algoritmo “Higuchi’s fractal dimension. Una volta stimata la dimensione frattale dell’attività cerebrale registrata su questi pazienti mediante l’elettroencefalografia (EEG) – spiega Camillo Porcaro – è stato dimostrato che la dimensione frattale è 11 volte più efficace nel diagnosticare pazienti MCS e VS rispetto alle tecniche elettrofisiologiche normalmente usate nella pratica clinica. Abbiamo anche utilizzato metodi di Machine Learning per classificare in modo automatico i pazienti MCS da quelli VS e dal gruppo di controllo ottenendo un’accuratezza di circa il 90%».

Camillo Porcaro
Camillo Porcaro

I risultati ottenuti dal team di ingegneri, neurologi e neuroscienziati aprono nuove vie nella diagnosi dei pazienti DOC indicando la dimensione frattale come un marker abile a discriminare i pazienti a minima coscienza da quelli nello stato vegetativo e aiutare a ridurre le diagnosi errate nella pratica clinica.

Link alla ricerca: https://www.worldscientific.com/doi/abs/10.1142/S0129065722500319

Titolo: “Fractal Dimension Feature as a Signature of Severity in Disorders of Consciousness: An EEG Study” – IJNS (2022)

Autori: Camillo Porcaro, Marco Marino, Simone Carozzo, Miriam Russo, Maria Ursino, Valentina Ruggiero, Carmela Ragno, Stefania Proto, Paolo Tonin

 

Testo e foto dall’Università degli Studi di Padova

Ridurre la complessità del genoma umano mediante i frattali

Un nuovo strumento per affrontare questa sfida arriva dalla matematica, in particolare dalla geometria frattale, che permette di caratterizzare le variazioni individuali di tutte le popolazioni mondiali. Questo è il risultato dello studio multicentrico realizzato dal Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Irib, Cnr-Istc, Cnr-Iasi) e dall’Università di Padova, pubblicato su International Journal of Neural Systems.

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Ridurre la complessità del genoma umano mediante i frattali. Immagine di Charles Thonney

Il DNA umano è complesso: oltre 20.000 geni e 3 miliardi di coppie di basi nucleotidiche. Ma questi numeri rappresentano solo in parte l’eterogeneità presente nei nostri geni: infatti, gran parte delle sequenze del nostro DNA non codificano e sembrano ripetersi in maniera casuale all’interno del genoma. Inoltre, ad aumentare la complessità ci sono anche i single nucleotide polymorphisms, piccole variazioni genetiche che rappresentano la storia della nostra evoluzione, la base per lo sviluppo di patologie e anche la differenziazione tra popolazioni diverse.

Frattale di Mandelbrot. Immagine creata da Wolfgang Beyer col programma Ultra Fractal 3, CC BY-SA 3.0

Per aiutare i biologi a comprendere e ridurre questa complessità sono stati proposti numerosi modelli matematici. Il più promettente deriva dalla geometria frattale, ideata da Benoît Mandelbrot, che ha permesso di studiare tutte quelle strutture ricorrenti alle quali la geometria euclidea non era in grado di rispondere. Un frattale è un oggetto geometrico che ripete infinite volte la sua forma su scale diverse: ingrandendo una sua parte qualunque, si ottiene dunque un oggetto simile all’originale. Un team del Consiglio nazionale delle ricerche – Istituto per la ricerca e l’innovazione biomedica (Cnr-Irib) di Messina e Cosenza, Istituto di analisi dei sistemi ed informatica “Antonio Ruberti” (Cnr-Iasi) di Roma, Istituto di scienze e tecnologie della cognizione (Cnr-Istc) di Roma – e dell’Università di Padova ha applicato i concetti di dimensione frattale su 1.184 individui di 11 diverse popolazioni geograficamente diverse (es. Maasai a Kinyawa, Kenya, Giapponese, Cinese di Pechino, Toscani in Italia,  persone con origini africane negli Stati Uniti sudoccidentali) e i risultati sono stati pubblicati sulla rivista International Journal of Neural Systems.

“La ricorsività di uno stesso pattern o oggetto viene chiamata auto-similarità ed è un fenomeno estremamente ricorrente in natura basti pensare ai cristalli di ghiaccio, alla felce, al cavolo romano ma anche la struttura ramificata dei nostri bronchi e dei nostri vasi sanguigni per citarne alcuni”, spiega Camillo Porcaro, dell’Università degli Studi di Padova e Cnr-Istc. “L’idea di applicare i frattali allo studio del DNA nasce proprio dall’ipotesi che numerose sequenze sembrerebbero ripetersi casualmente ma con una modalità di auto-similarità, dall’intero cromosoma fino al singolo gene”.

I dati usati in questo studio fanno parte dello Human Genome Project (HapMap, fase 3), che rappresenta il più importante database pubblico dove è conservato il sequenziamento dell’intero DNA umano di migliaia di persone nel mondo. “Per dimostrare l’efficacia della dimensione frattale nel caratterizzare il genoma umano sono stati utilizzati due diversi algoritmi: la box-counting dimension e la Higuchi’s fractal dimension”, conclude Antonio Cerasa del Cnr-Irib.“Una volta stimato e ricostruito l’intero genoma dei 1.184 soggetti abbiamo anche usato metodi di intelligenza artificiale, confermando che la dimensione frattale è una misura capace di rappresentare le variazioni genetiche di ogni singolo individuo e sufficientemente sensibile per discriminare automaticamente il DNA di popolazioni africane dalle popolazioni europee/native americane e dell’Asia orientale per quasi tutti i cromosomi, con un’accuratezza dell’80%”.

I risultati ottenuti dal team di matematici, ingegneri, biologi e neuroscienziati aprono nuove vie nella caratterizzazione frattale delle malattie genetiche, per capire meglio come queste possono essere collegate alla degenerazione della geometria nella struttura del DNA umano.

Roma, 23 maggio 2022

La scheda

Chi: Cnr-Irib di Messina e Cosenza, Cnr-Iasi di Roma, Cnr-Istc di Roma e Università di Padova.

Che cosa: Ridurre la complessità del genoma umano mediante i frattali; Borri A, Cerasa A, Tonin P, Citrigno L, Porcaro C. Characterizing Fractal Genetic Variation in the Human Genome from the Hapmap Project. IJNS. 2022; https://www.worldscientific.com/doi/10.1142/S0129065722500289

Testo dall’Università degli Studi di Padova.

Un cristallo che ospita un effetto domino tridimensionale

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Osservazione in tempo reale della percolazione frattale in un cristallo ferroelettrico KTN utilizzando luce laser.

Un team di ricercatori del Dipartimento di Fisica dell’Università Sapienza e del Dipartimento di Fisica Applicata della Hebrew University of Jerusalem ha ripreso stereoscopicamente in tempo reale la percolazione frattale in un cristallo. La scoperta, pubblicata su Physical Review Letters, aiuta a comprendere il comportamento di materiali innovativi per l’immagazzinamento di informazioni ed energia.

La percolazione è alla base della comprensione di una vasta gamma di fenomeni di importanza critica e molto diversi tra di loro, come ad esempio il modo in cui si espandono gli incendi, la desertificazione, la diffusione di un’infezione, oppure la propagazione dell’attività cerebrale.

Questo modello permette non solo di comprendere diversi fenomeni (come sistemi) in modo qualitativo, ma anche di fare delle predizioni quantitative. Permette infatti di descrivere in modo statistico le connessioni a lunga distanza tra sistemi contenenti numerosi oggetti (collegati tra loro da relazioni aleatorie a corta distanza) e di definirne il comportamento.

Nei solidi, come i cristalli, si pensa che la percolazione sia il meccanismo di base che regola il passaggio da uno stato macroscopico a un altro, come una sorta di effetto domino. Finora questa è stata osservata in modo diretto in sistemi planari, ma mai all’interno di un mezzo tridimensionale.

Un team di ricercatori del Dipartimento di Fisica della Sapienza Università di Roma e del Dipartimento di Fisica Applicata della Hebrew University of Jerusalem è stato in grado di osservare, utilizzando tecniche di imaging ortografico con luce laser, fenomeni di percolazione all’interno di un supercristallo ferroelettrico

I risultati dello studio sono stati pubblicati sulla rivista Physical Review Letters.

Il cristallo trasparente utilizzato dai ricercatori ha proprietà fisiche molto specifiche: solo un indice di rifrazione gigante consentirebbe infatti al fascio di luce bianca di propagarsi al suo interno senza diffrazione e senza dispersione, senza quindi avere una progressiva perdita delle informazioni inizialmente codificate nell’onda. 

“Al centro della percolazione osservata – spiega Eugenio Del Re del Dipartimento di Fisica della Sapienza, coordinatore dello studio – c’è un comportamento governato da dimensioni frattali, caratterizzato cioè da oggetti che si ripetono allo stesso modo su diverse scale di ingrandimento, come la forma autoreplicante del cavolfiore. All’interno del supercristallo la diffusione avviene cioè in modo autosimilare”.

L’analisi condotta permette di prevedere quando un sistema specifico raggiungerà la cosiddetta soglia di percolazione, ovvero quando la trasmissione di una fase diventa diffusa e non più controllabile. I risultati dello studio aprono così nuovi scenari per l’immagazzinamento di informazioni e di energia nei campi della fotonica e dell’elettronica.

Riferimenti:

Direct Observation of Fractal-Dimensional Percolation in the 3D Cluster Dynamics of a Ferroelectric Supercrystal – Ludovica Falsi, Marco Aversa, Fabrizio Di Mei, Davide Pierangeli, FeiFei Xin, Aharon J. Agranat and Eugenio Del Re – Phys. Rev. Lett. 126, 037601 (2021) https://doi.org/10.1103/PhysRevLett.126.037601

Testo e immagine dal Settore Ufficio stampa e comunicazione Sapienza Università di Roma.