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Albumina contro Covid-19: avviata con successo la sperimentazione clinica

Il gruppo di ricerca coordinato da Francesco Violi della Sapienza ha iniziato la sperimentazione dell’uso di albumina come supporto alla tradizionale terapia anticoagulante nel trattamento delle complicanze trombotiche. I risultati dello studio sono stati pubblicati sulla rivista Thrombosis and Haemostasis

albumina
Struttura dell’albumina sierica umana. Immagine Jawahar Swaminathan e staff MSD presso European Bioinformatics Institute (http://www.ebi.ac.uk/pdbe-srv/view/images/entry/1ao6600.png, su http://www.ebi.ac.uk/pdbe-srv/view/entry/1ao6/summary), in pubblico dominio

Nei pazienti con infezione da SARS-CoV-2 è ormai accertato l’elevato rischio legato alla formazione di trombi che possono determinare conseguenze devastanti come ostruzioni polmonari (embolie), infarto cardiaco e ictus con una frequenza più elevata di quella riscontrata nella polmonite comunitaria. Per tale ragione la comunità scientifica ha cercato di identificare una terapia mirata, a supporto di quelle tradizionali, per far fronte alle complicanze dovute alla formazione di trombi riducendo il ricorso alla terapia intensiva.

Un nuovo studio coordinato da Francesco Violi del Dipartimento di Scienze cliniche internistiche, anestesiologiche e cardiovascolari, ha indagato se l’impiego di albumina in pazienti Covid-19 con concomitante ipoalbuminemia, inibisse la coagulazione del sangue. Per una settimana, a 10 pazienti Covid-19, già in trattamento con anticoagulanti, è stata somministrata albumina endovena e si è osservata una ridotta coagulazione rispetto a quella di 20 pazienti in terapia con il solo anticoagulante. Allo studio, pubblicato sulla rivista Thrombosis and Haemostasis, hanno collaborato anche Francesco Pugliese del Reparto di Terapia intensiva, Claudio Maria Mastroianni e Mario Venditti del Reparto di Malattie Infettive del Policlinico Umberto I e Francesco Cipollone dell’Università degli studi “Gabriele Annunzio” di Chieti.

In un precedente lavoro il gruppo di Violi, aveva osservato che i pazienti Covid-19 presentano livelli ridotti di albumina, proteina che viene prodotta dal nostro organismo e che è tra i più potenti antinfiammatori oltre a svolgere anche un’azione anticoagulante. “Questa osservazione − dichiara Violi− ha fatto supporre che i bassi livelli di albumina potessero facilitare la coagulazione e dunque contrastare anche l’efficacia della terapia anticoagulante”.

Partendo da queste basi, il team di ricerca è passato alla osservazione clinica degli effetti dell’infusione di albumina, ottenendo risultati incoraggianti.

“Oggi, dai primi dati preliminari, sembrerebbe che il trattamento determina una minor comparsa di eventi vascolari – conclude Violi – Seppure sia necessario un numero maggiore di pazienti per confermare questo dato preliminare, lo studio apre la strada all’uso dell’albumina in pazienti Covid-19 per valutare se la sua infusione, associata alla terapia anticoagulante classica, riduca il rischio trombotico e quindi la mortalità”.

Riferimenti:

Albumin Supplementation Dampens Hypercoagulability in COVID-19: A Preliminary Report – Francesco Violi, Giancarlo Ceccarelli, Lorenzo Loffredo, Francesco Alessandri, Francesco Cipollone, Damiano D’ardes, Gabriella D’Ettorre, Pasquale Pignatelli, Mario Venditti, Claudio Maria Mastroianni, Francesco Pugliese –Thromb Haemost 2020. DOI: 10.1055/s-0040-1721486

 

Testo dall’Ufficio Stampa Sapienza Università di Roma.

COVID-19 e Diabete: ad aumentare il rischio di contrarre l’infezione da SARS-CoV-2, non un singolo fattore, ma la contemporanea presenza di più fattori di rischio cardio-metabolici 

Due nuovi studi, frutto della collaborazione tra i poli assistenziali della Sapienza, Policlinico Umberto I, Sant’Andrea e Santa Maria Goretti di Latina, hanno fatto luce sulla popolazione diabetica affetta da Covid-19, identificando una pluralità di fattori di rischio il cui comune denominatore è l’insulino-resistenza. I risultati dei lavori sono stati pubblicati sulle riviste Diabetes Research and Clinical Practice e Cardiovascular Diabetology

covid diabete fattori
Foto di Gerd Altmann

 

Due studi interdisciplinari, portati a termine grazie a una stretta collaborazione tra i reparti di diabetologia, di malattie infettive e di terapia intensiva dei tre poli assistenziali della Sapienza, Policlinico Umberto I, Sant’Andrea e Santa Maria Goretti di Latina, hanno fatto luce sulle caratteristiche della popolazione diabetica affetta da COVID-19.

I lavori, coordinati da Raffaella Buzzetti, Claudio Maria Mastroianni e Francesco Pugliese, hanno identificato i principali fattori che, nelle persone affette da diabete mellito, sono maggiormente associati a una prognosi peggiore di infezione da SARS-CoV-2, ovvero la plurimorbidità cardio-metabolica, la bronco-pneumopatia cronica ostruttiva e l’insufficienza renale cronica, il cui comune denominatore è l’insulino-resistenza.

In particolare, nel primo studio, pubblicato sulla rivista Diabetes Research and Clinical Practice, organo ufficiale della International Diabetes Federation (IDF), i ricercatori hanno confrontato pazienti con diabete mellito ricoverati per l’infezione da SARS-CoV-2 con pazienti che non hanno contratto l’infezione. “Questo – spiega Raffaella Buzzetti, del Dipartimento di Medicina sperimentale della Sapienza – ci ha permesso di osservare la presenza di bronco-pneumopatia cronica ostruttiva e l’insufficienza renale cronica come le principali patologie “accessorie” che predispongono la popolazione diabetica a un aumentato rischio di ospedalizzazione per la malattia COVID-19”.

Il secondo lavoro, pubblicato sulla rivista Cardiovascular Diabetology, ha approfondito i dati ottenuti dal team nel primo studio, dimostrando che i pazienti ospedalizzati per COVID-19 presentano molteplici e concomitanti patologie cardio-metaboliche, quali il diabete mellito, l’ipertensione e la dislipidemia (ovvero l’aumento del colesterolo plasmatico e dei trigliceridi).

“I nostri risultati – conclude Buzzetti – sottolineano l’importanza di una buona prevenzione cardiovascolare primaria, da esplicare attraverso uno stretto controllo dei fattori di rischio per il cuore e i vasi sanguigni, al fine di ridurre gli accessi in terapia intensiva e la mortalità tra i pazienti affetti da COVID-19”.

La collaborazione scientifica dietro questi importanti studi ha dato vita al gruppo di ricerca interdisciplinare “Coronavirus & Diabetes (CoViDiab) Study Group”, cui hanno presso parte diverse unità operative del Policlinico Umberto I (l’Unità di Diabetologia diretta da Raffaella Buzzetti, i reparti di anestesia e rianimazione coordinati da Francesco Pugliese, i reparti di malattie infettive coordinati da Claudio Mastroianni, il reparto di anestesia e rianimazione dell’Ospedale Sant’Andrea guidato da Monica Rocco, il reparto di malattie infettive dell’Ospedale Santa Maria Goretti di Latina guidato da Miriam Lichtner e i reparti di Diabetologia e di Rianimazione dell’Università Campus Biomedico coordinati rispettivamente da Paolo Pozzilli e da Felice Eugenio Agrò.

Riferimenti:

Clinical features of patients with type 2 diabetes with and without Covid-19: a case control study (CoViDiab I) – Ernesto Maddaloni, Luca D’Onofrio, Francesco Alessandri, Carmen Mignogna, Gaetano Leto, Lucia Coraggio, Sara Sterpetti, Giuseppe Pascarella, Ivano Mezzaroma, Miriam Lichtner, Paolo Pozzilli, Felice Eugenio Agrò, Monica Rocco, Francesco Pugliese, Claudio Maria Mastroianni, Raffaella Buzzetti, the CoViDiab Study group – Diabetes Research and Clinical Practice https://doi.org/10.1016/j.diabres.2020.108454

Cardiometabolic multimorbidity is associated with a worse Covid-19 prognosis than individual cardiometabolic risk factors: a multicentre retrospective study (CoViDiab II) – Ernesto Maddaloni, Luca D’Onofrio, Francesco Alessandri, Carmen Mignogna, Gaetano Leto, Giuseppe Pascarella, Ivano Mezzaroma, Miriam Lichtner, Paolo Pozzilli, Felice Eugenio Agrò, Monica Rocco, Francesco Pugliese, Andrea Lenzi, Rury R. Holman, Claudio Maria Mastroianni and Rafaella Buzzetti on behalf of the CoViDiab Study Group –Cardiovascular Diabetology (2020) https://doi.org/10.1186/s12933-020-01140-2

Testo dalla Sapienza Università di Roma sullo studio sulla popolazione con diabete mellito affetta da Covid-19, identificando una pluralità di fattori di rischio il cui comune denominatore è l’insulino-resistenza.

Un nuovo studio della Sapienza e del Policlinico Umberto I di Roma fornisce per la prima volta una interpretazione del rischio trombotico nei pazienti Covid-19, aprendo la strada a una identificazione precoce dei soggetti ad alto rischio e a nuove prospettive terapeutiche.

Foto di Michal Jarmoluk 

Eruzioni cutanee, gambe gonfie, cateteri ostruiti e morte improvvisa.  La “tempesta” di coaguli di sangue è una complicazione letale in una buona percentuale di coloro che si ammalano gravemente di COVID-19.

Alcuni studi stanno iniziando a chiarire i meccanismi alla base di questa correlazione, ma fino a oggi la strategia terapeutica giusta per una guarigione era ancora lontana.

In un nuovo lavoro coordinato da Francesco Violi del Dipartimento di Medicina interna e specialità mediche e pubblicato sulla rivista Circulation Research, il team di ricercatori della Sapienza e del Policlinico Umberto ha osservato valori molto bassi di albumina sierica nei pazienti Covid-19 e ne ha quindi indagato, confermandola, una relazione con le complicanze trombotiche.

Partendo dall’assunto che, in qualsiasi condizione clinica, quando l’albumina nel sangue è inferiore a un certo livello – che corrisponde a <35g/L – il rischio di trombosi arteriosa e venosa aumenta, i ricercatori hanno verificato questi dati nei pazienti Covid-19. Lo studio, condotto su 73 pazienti ricoverati presso i reparti di Malattie infettive e di Terapia intensiva del Policlinico Umberto I, diretti rispettivamente da Claudio Mastroianni e Francesco Pugliese, ha dimostrato che i pazienti Covid-19, soprattutto quelli gravi o che andavano incontro a complicanze trombotiche, avevano valori di albumina più bassi, appunto, di 35g/L.

L’albumina è una importante proteina del sangue che svolge una potente attività antinfiammatoria grazie alla capacità di antagonizzare gli effetti dello stress ossidativo nel nostro organismo. L’importanza di queste funzioni è confermata dal fatto che quando vi è una riduzione dei livelli di albumina plasmatica, le cellule producono elevate quantità di radicali di ossigeno, portando a una attivazione incontrollata delle cellule fino alla loro morte.

“Il nostro lavoro – spiega Francesco Violi del Dipartimento di Medicina interna e specialità mediche della Sapienza e Direttore della I Clinica Medica del Policlinico – oltre a dare una interpretazione, fino a ora non chiarita, del rischio trombotico dei pazienti Covid-19, apre la strada a una identificazione precoce dei soggetti ad alto rischio e a nuove prospettive terapeutiche per ridurne le trombosi”.

Riferimenti:

Hypoalbuminemia, Coagulopathy and Vascular Disease in Covid-19 – Francesco Violi, Giancarlo Ceccarelli  Roberto Cangemi, Francesco Alessandri, Gabriella d’Ettorre, Alessandra Oliva, Daniele Pastori, Lorenzo Loffredo, Pasquale Pignatelli, Franco Ruberto, Mario Venditti, Francesco Pugliese, and Claudio Maria Mastroianni – Circulation Research Jun 2020 https://doi.org/10.1161/CIRCRESAHA.120.317173

 

Testo dal Settore Ufficio stampa e comunicazione Università Sapienza di Roma