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SN 2024bch, UNA SUPERNOVA ASOCIALE: L’ESPLOSIONE STELLARE CHE RIFIUTA L’INTERAZIONE

Uno studio a guida INAF analizza la radiazione emessa dalla supernova SN 2024bch e propone una spiegazione alternativa delle sue caratteristiche osservate nelle fasi iniziali, mettendo in discussione la classificazione tradizionale di queste immani esplosioni stellari. Il lavoro, condotto da un gruppo tutto italiano, ha importanti implicazioni nell’ambito dell’astronomia multimessaggera.

diagramma schematico, non in scala, del sito dell’esplosione di SN 2024bch. La supernova è indicata dalla stella al centro, mentre il materiale circumstellare che emette le righe strette è la regione blu più lontana. Le parabole rappresentano la luce emessa dalla supernova a diverse epoche e intercettano il mezzo circumstellare finché non raggiungono l’estremità opposta all’osservatore, circa 2,4 giorni dopo l’esplosione. Questa semplice geometria riesce a spiegare in modo molto efficace l’evoluzione del transiente nell’ipotesi in cui gli ejecta non interagiscono con il mezzo. Crediti: L. Tartaglia et al. / A&A 2025
diagramma schematico, non in scala, del sito dell’esplosione di SN 2024bch. La supernova è indicata dalla stella al centro, mentre il materiale circumstellare che emette le righe strette è la regione blu più lontana. Le parabole rappresentano la luce emessa dalla supernova a diverse epoche e intercettano il mezzo circumstellare finché non raggiungono l’estremità opposta all’osservatore, circa 2,4 giorni dopo l’esplosione. Questa semplice geometria riesce a spiegare in modo molto efficace l’evoluzione del transiente nell’ipotesi in cui gli ejecta non interagiscono con il mezzo. Crediti: L. Tartaglia et al. / A&A 2025

Un team di ricercatrici e ricercatori dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF), con la partecipazione delle Università di Padova e dell’Aquila, ha analizzato in dettaglio le proprietà fotometriche e spettroscopiche della supernova di tipo II SN 2024bch, esplosa a circa 65 milioni di anni luce dalla Terra e osservata nel febbraio 2024. Lo studio, i cui risultati sono stati accettati per la pubblicazione sulla rivista Astronomy & Astrophysics, mette in discussione un assunto fondamentale nello studio di questa classe di esplosioni stellari: la stretta relazione tra la presenza di righe strette negli spettri della radiazione emessa dalla supernova e l’interazione violenta degli ejecta (addensamenti di materiale stellare scagliati dall’esplosione della stella progenitrice) con il denso gas circostante (o mezzo circumstellare).

immagine a colori della galassia ospite di SN 2024bch (la supernova è indicata in verde), ottenuta sommando tre immagini in diversi filtri, acquisite con la camera AFOSC del telescopio Copernico, presso la stazione osservativa INAF di Asiago, gestita dall’Osservatorio Astronomico di Padova. Crediti: A. Reguitti / INAF
immagine a colori della galassia ospite di SN 2024bch (la supernova è indicata in verde), ottenuta sommando tre immagini in diversi filtri, acquisite con la camera AFOSC del telescopio Copernico, presso la stazione osservativa INAF di Asiago, gestita dall’Osservatorio Astronomico di Padova. Crediti: A. Reguitti / INAF

I 140 giorni di osservazione della supernova avevano rivelato righe di emissione molto strette nei suoi spettri iniziali. Questa caratteristica è stata finora la “prova regina” per classificare una supernova come “interagente”, ossia avvolta da un denso guscio di gas. Tali supernove sono considerate possibili sorgenti di neutrini ad alta energia. Tuttavia, l’analisi condotta dal team italiano ha dimostrato che l’energia sprigionata non deriva affatto dall’interazione tra il materiale esploso e quel guscio di gas. La supernova mostra un comportamento che, paragonato a quello degli esseri umani, si potrebbe definire “da asociale”, fornendo energia quasi esclusivamente tramite processi radioattivi tradizionali e non attraverso violenti scontri di materia. Per spiegare il mistero delle righe strette, il team ha proposto un meccanismo diverso: la cosiddetta “fluorescenza di Bowen”.

“Abbiamo applicato uno sguardo non tradizionale e privo di pregiudizi”, spiega Leonardo Tartaglia, ricercatore dell’INAF e primo autore dello studio. “Per la prima volta in questo tipo di transienti, dimostriamo che il meccanismo principale è la ‘fluorescenza di Bowen’, un fenomeno noto fin dalla prima metà del XX secolo che non era mai stato preso in considerazione nello studio di oggetti simili. Il nostro scenario descrive con grande precisione tutte le fasi evolutive della supernova”.

Di cosa si tratta? Questo fenomeno può essere immaginato come un’eco luminosa ad alta energia: l’intensa luce ultravioletta prodotta dall’esplosione colpisce ed eccita gli atomi di elio presenti nel materiale attorno alla supernova. Questi atomi, invece di rilasciare direttamente l’energia, la trasferiscono ad altri elementi chimici circostanti, come l’ossigeno e l’azoto. Ed è proprio questo trasferimento di energia a innescare l’emissione di righe strette che il team di ricerca ha osservato, senza che sia necessaria alcuna interazione fisica violenta tra il materiale espulso e il gas esterno.

La scoperta ha quindi imposto agli scienziati di ricalibrare i modelli finora utilizzati e di escludere una parte delle supernove simili dalla lista delle possibili sorgenti di neutrini.

“Con il nostro studio evidenziamo che, per almeno una frazione di questi transienti, l’interazione non è il motore principale delle emissioni e che ciò ha importanti implicazioni anche per l’astronomia multi-messaggera. Non mostrando evidenza di interazione, la supernova SN 2024bch non presenta le condizioni fisiche necessarie per l’emissione di neutrini ad alta energia”, conclude Tartaglia.

La campagna osservativa della supernova SN 2024bch è stata condotta tramite una rete di strumenti che ha consentito di raccogliere dati fotometrici e spettroscopici. Gran parte delle osservazioni ottiche è stata effettuata con gli strumenti dell’Istituto Nazionale di Astrofisica, in particolare presso l’INAF di Padova (con il telescopio Copernico da 182 cm e lo Schmidt da 92 cm nella sede di Asiago). Dati aggiuntivi sono stati forniti dal Wide-field Optical Telescope (WOT), il telescopio Schmidt da 67/91 cm installato presso la stazione osservativa di Campo Imperatore dell’INAF d’Abruzzo. Il monitoraggio in banda ultravioletta è stato effettuato dal satellite Swift.

Il lavoro, interamente a firma italiana, è un esempio di come la ricerca scientifica necessiti di un approccio critico, mettendo in discussione le classificazioni tradizionali per ottenere progressi significativi.

Riferimenti bibliografici:

L’articolo “Signatures of anti-social mass-loss in the ordinary Type II SN 2024bch — A non-interacting supernova with early high-ionisation features”, di Leonardo Tartaglia, Giorgio Valerin, Andrea Pastorello, Andrea Reguitti, Stefano Benetti, Lina Tomasella, Paolo Ochner, Enzo Brocato, Luigi Condò, Fiore De Luise, Francesca Onori, Irene Salmaso, è stato accettato per la pubblicazione su Astronomy & Astrophysics.

 

Testo e immagini dall’Ufficio Stampa Istituto Nazionale di Astrofisica – INAF

UNA STELLA FATTA A PEZZI DA UN BUCO NERO: RARO EVENTO COSMICO OSSERVATO IN DUE GALASSIE IN COLLISIONE; L’EVENTO DI DISTRUZIONE MAREALE AT 2022wtn, NEL NUCLEO DELLA GALASSIA MENO MASSICCIA DELLA COPPIA (SDSSJ232323.79+104107.7)

 

Pubblicato sulla rivista Monthly Notices of the Royal Astronomical Society un articolo scientifico a guida dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF) riporta l’osservazione di un raro evento di distruzione mareale (o TDE, dall’inglese Tidal Disruption Event) in una coppia di galassie in interazione. Chiamato AT 2022wtn, il fenomeno è stato segnalato alla comunità astronomica dalla Zwicky Transient Facility (ZTF) e quindi classificato come TDE grazie a osservazioni spettroscopiche a cui ha fatto seguito una campagna multi-frequenza nell’ambito della collaborazione ePessto+, coprendo lo spettro elettromagnetico dalla banda radio agli infrarossi, per arrivare fino ai raggi X. Questo studio apre nuove prospettive sui processi che si innescano quando una stella si avvicina troppo a un buco nero supermassiccio al centro di una galassia e sulla connessione tra questi eventi distruttivi e l’evoluzione dinamica delle galassie.

L’evento di distruzione mareale si è verificato nel nucleo della galassia meno massiccia della coppia (denominata SDSSJ232323.79+104107.7), circa dieci volte più piccola della sua compagna, in un sistema in fase iniziale di “fusione” che ha probabilmente già subito un primo passaggio ravvicinato.

AT 2022wtn mostra caratteristiche particolarmente insolite rispetto agli eventi simili già noti, come spiega Francesca Onori, assegnista di ricerca dell’INAF in Abruzzo e prima autrice dello studio.

“È un evento peculiare. La sua curva di luce è caratterizzata de un plateau nella fase di massima luminosità – della durata di circa 30 giorni – accompagnato da un brusco crollo della temperatura e una sequenza spettrale che mostra lo sviluppo di due righe in emissione in corrispondenza delle lunghezze d’onda dell’elio e dell’azoto. Qualcosa che non avevamo mai osservato con tanta chiarezza”.

Gli eventi di distruzione mareale si verificano quando una stella si avvicina a un buco nero supermassiccio, generalmente situato al centro di una normale galassia. La potente forza gravitazionale esercitata dal buco nero supera la forza di gravità che tiene insieme la stella, riuscendo prima a deformarla e poi a distruggerla, allungandola sino a formare sottili filamenti, in un processo, chiamato “spaghettificazione”, durante il quale viene rilasciata un’enorme quantità di energia osservabile da Terra. I frammenti stellari catturati formano un disco di materiale che orbita intorno al buco nero (il disco di accrescimento) che, cadendo su di esso, si riscalda a temperature altissime ed emette radiazioni intense alle frequenze X, UV e del visibile.

Tra gli aspetti più sorprendenti riportati nell’articolo c’è anche la rilevazione di un’emissione radio transiente, segno della presenza di flussi di materia in uscita (outflow in inglese), e forti variazioni nel tempo delle velocità delle linee spettrali. Tutti questi indizi indicano che una stella di bassa massa è stata completamente distrutta da un buco nero supermassiccio di circa un milione di masse solari, generando il disco di accrescimento e una sorta di “bolla” quasi sferica di gas espulso in espansione.

“Abbiamo trovato tracce chiare della dinamica del materiale circostante anche in alcune righe in emissione – spiega Francesca Onori – che mostrano caratteristiche compatibili con una veloce propagazione verso l’esterno. Grazie alla nostra campagna di monitoraggio siamo riusciti a proporre un’interpretazione dell’origine della radiazione osservata: AT2022wtn ha dato luogo a una rapida formazione del disco attorno al buco nero e alla successiva espulsione di parte della materia stellare. Questo risultato è particolarmente rilevante, poiché la sorgente della luce visibile e le condizioni fisiche della regione da cui essa proviene, nei TDE, sono ancora oggetto di studio”.

Il gruppo di ricerca si è inoltre concentrato sull’ambiente galattico dell’evento. AT 2022wtn è il secondo TDE osservato in una coppia di galassie in interazione, una coincidenza che, secondo quanto si legge nello studio, non è casuale: le prime fasi delle fusioni galattiche potrebbero infatti favorire un aumento della frequenza di questi fenomeni estremi, ancora poco compresi.

“Questa eccellente scoperta scientifica mette in luce quanto l’astrofisica moderna richieda sempre maggiori conoscenze interdisciplinari e notevoli capacità di analisi multibanda. È davvero molto importante che l’INAF sia pronto a raccogliere queste sfide scientifiche con giovani ricercatrici come Francesca Onori”, conclude Enzo Brocato, dirigente di ricerca presso l’INAF a Roma e tra gli autori dell’articolo.

Immagine dal Legacy Survey DR10 del campo di AT 2022wtn. Nel riquadro viene mostrato il transiente che si è verificato nel nucleo della galassia minore in interazione, indicata dalla croce blu. Sono ben visibili le code mareali, risultato dell’interazione gravitazionale e della fusione tra le due galassie. Crediti: Legacy Surveys / D. Lang (Perimeter Institute) / INAF / F. Onori
Immagine dal Legacy Survey DR10 del campo di AT 2022wtn. Nel riquadro viene mostrato il transiente che si è verificato nel nucleo della galassia minore in interazione, indicata dalla croce blu. Sono ben visibili le code mareali, risultato dell’interazione gravitazionale e della fusione tra le due galassie. Crediti: Legacy Surveys / D. Lang (Perimeter Institute) / INAF / F. Onori

Riferimenti bibliografici:

L’articolo “The case of AT2022wtn: a Tidal Disruption Event in an interacting galaxy”, di F. Onori, M. Nicholl, P. Ramsden, S. McGee, R. Roy, W. Li, I. Arcavi, J. P. Anderson, E. Brocato, M. Bronikowski, S. B. Cenko, K. Chambers, T. W. Chen, P. Clark, E. Concepcion, J. Farah, D. Flammini, S. González-Gaitán, M. Gromadzki, C. P. Gutiérrez, E. Hammerstein, K. R. Hinds, C. Inserra, E. Kankare, A. Kumar, L. Makrygianni, S. Mattila, K. K. Matilainen, T. E. Müller-Bravo, T. Petrushevska, G. Pignata, S. Piranomonte, T. M. Reynolds, R. Stein, Y. Wang, T. Wevers, Y. Yao, D. R. Young, è stato pubblicato sulla rivista Monthly Notices of the Royal Astronomical Society.

Testo e immagine dall’Ufficio Stampa Istituto Nazionale di Astrofisica – INAF