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“ESSERE (POLARIZZATI) O NON ESSERE (POLARIZZATI)?”

La missione NASA-ASI IXPE svela i misteri di una storica supernova, Tycho

supernova Tycho
Immagine composita del resto di supernova Tycho con riprese dei raggi X delle missioni IXPE e Chandra e nel visibile del progetto NASA Digital Sky Survey. Crediti: X-ray: Chandra: Nasa/Cxc/Sao, Ixpe: Nasa/Msfc/Ferrazzoli et al.; Optical: Nasa/DSS

È una missione da record quella dell’osservatorio spaziale IXPE, nata dalla collaborazione tra la NASA e l’Agenzia Spaziale Italiana (ASI). La sonda sta sfornando nuove immagini che sono una fonte inesauribile di preziosi dati per i ricercatori di tutto il mondo. Infatti è stato proprio un team internazionale di scienziati che ha scoperto nuove informazioni sui resti di una stella esplosa nel 1572. I risultati hanno fornito nuovi indizi sulle condizioni fisiche presenti nelle onde d’urto create in queste titaniche esplosioni stellari chiamate supernove.

Il resto della supernova si chiama Tycho, in onore dell’astronomo danese Tycho Brahe che notò il bagliore luminoso di questa nuova “stella” situata in direzione della costellazione di Cassiopea più di 450 anni fa. Nel nuovo studio, gli astronomi hanno utilizzato l’Imaging X-Ray Polarimetry Explorer (IXPE) per studiare i raggi X polarizzati emessi dal resto della supernova Tycho, scoprendo nuove informazioni sulla geometria dei suoi campi magnetici che sono una componente essenziale per l’accelerazione di particelle ad alta energia.

Lanciata nello spazio il 9 dicembre 2021, IXPE è una missione interamente dedicata allo studio dell’Universo attraverso la misura della polarizzazione dei raggi X. Utilizza tre telescopi installati a bordo con rivelatori finanziati dall’ASI e sviluppati da un team di scienziati dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN) e dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF), con il supporto industriale di OHB-Italia.

“L’importanza del resto di supernova di Tycho va al di là del suo interesse scientifico”, dice Riccardo Ferrazzoli, ricercatore presso l’INAF di Roma. “Essendo una delle cosiddette supernove storiche, Tycho è stata osservata dall’umanità in passato e ha avuto un duraturo impatto sociale e persino artistico. È emozionante essere qui, 450 anni dopo la sua prima apparizione nel cielo, rivedere questo oggetto con occhi nuovi e imparare da esso”. Ferrazzoli è il primo autore del lavoro che appare nell’ultimo numero della rivista The Astrophysical Journal.

La polarizzazione in banda X indica agli scienziati la direzione e l’ordine del campo magnetico della radiazione proveniente da una sorgente altamente energetica come Tycho. I raggi X polarizzati sono prodotti dagli elettroni che si muovono nel campo magnetico in un processo chiamato “emissione di sincrotrone”. La direzione di polarizzazione X può essere ricondotta alla direzione dei campi magnetici nel punto in cui sono stati generati i raggi X. Queste informazioni aiutano gli scienziati ad affrontare alcune delle più grandi domande in astrofisica, come il modo in cui Tycho e altri oggetti accelerano le particelle fino a velocità prossime a quelle della luce.

IXPE ha aiutato a mappare la forma del campo magnetico di Tycho con una chiarezza e un livello di dettaglio senza precedenti. L’osservatorio ha misurato la forma del campo magnetico a scale più piccole di un parsec ossia circa 3 anni luce – una dimensione enorme in termini umani, ma tra le più piccole mai raggiunte nelle osservazioni di queste sorgenti. Queste informazioni sono preziose per comprendere come le particelle vengano accelerate sulla scia dell’onda d’urto dell’esplosione iniziale.

I ricercatori hanno anche documentato somiglianze e differenze sorprendenti tra le scoperte di IXPE fra Tycho e il resto di supernova Cassiopea A, osservato in precedenza dall’osservatorio spaziale e studiato dal suo team scientifico. La forma complessiva del campo magnetico di entrambi i resti di supernova sembra essere radiale, estendendosi verso l’esterno. Ma Tycho ha prodotto un grado di polarizzazione dei raggi X molto più elevato rispetto a Cassiopea A, suggerendo che potrebbe possedere un campo magnetico più ordinato e meno turbolento.

“Dopo un anno di osservazioni, IXPE non smette di stupirci. Abbiamo osservato solo due resti di supernova, e già con così poco è emersa una diversità. La polarimetria X sta davvero aggiungendo tasselli mancanti alla nostra comprensione degli oggetti cosmici. Questo ci ripaga dell’investimento fatto sul lavoro di ricercatori e ricercatrici, che ha reso IXPE la magnifica realtà che è oggi” commenta Laura Di Gesu, ricercatrice ASI e co-autrice dell’articolo.

La supernova Tycho è classificata come tipo I-a, evento che si verifica quando una stella nana bianca in un sistema binario fa a pezzi la sua stella compagna, catturandone parte della massa ed innescando una violenta esplosione. L’annientamento della nana bianca scaglia i detriti nello spazio ad altissime velocità. Si ritiene comunemente che tali eventi siano la fonte della maggior parte dei raggi cosmici galattici trovati nello spazio, compresi quelli che bombardano continuamente l’atmosfera terrestre.

“Il processo mediante il quale un resto di supernova diventa un gigantesco acceleratore di particelle richiede una delicata danza tra ordine e caos”,

afferma l’astrofisico Patrick Slane dell’Harvard & Smithsonian Center for Astrophysics a Cambridge nel Massachusetts, Stati Uniti.

“Sono necessari campi magnetici forti e turbolenti, ma IXPE ci sta mostrando che è coinvolta anche un’uniformità o coerenza su larga scala, che si estende fino ai siti in cui si verifica l’accelerazione”.

L’esplosione della supernova stessa rilasciò un’energia pari a quella prodotta dal Sole nel corso di 10 miliardi di anni. Quella brillantezza rese la supernova di Tycho visibile ad occhio nudo qui sulla Terra nel 1572, quando fu avvistata da Brahe e da molti altri personaggi dell’epoca, incluso potenzialmente il giovanissimo William Shakespeare, che l’avrebbe poi descritta in un passaggio “dell’Amleto” all’inizio del XVII secolo.

“La Supernova Tycho è stata la sfida perfetta per gli strumenti di IXPE” conclude Enrico Costa dell’INAF, coautore dell’articolo: “I luoghi del fronte d’urto dove i Raggi Cosmici vengono accelerati vanno individuati con un’attenta analisi dell’immagine, dominata dall’emissione non polarizzata dei filamenti termalizzati. Ciò è possibile grazie alle buone proprietà di imaging dei rivelatori e all’eccellente qualità del telescopio, entrambi eccezionali per una piccola missione di massa così ridotta. Alla fine abbiamo trovato qualcosa di molto diverso dalle previsioni e questa è la migliore ricompensa per un astronomo”.

 

Per ulteriori informazioni:

L’articolo “X-ray polarimetry reveals the magnetic field topology on sub-parsec scales in Tycho’s supernova remnant“, di Riccardo Ferrazzoli, Patrick Slane, Dmitry Prokhorov, Ping Zhou, Jacco Vink, Niccolò Bucciantini, Enrico Costa, Niccolò Di Lalla, Alessandro Di Marco, Paolo Soffitta, Martin C. Weisskopf, Kazunori Asakura, Luca Baldini, Jeremy Heyl, Philip E. Kaaret, Frédéric Marin, Tsunefumi Mizuno, C.-Y. Ng, Melissa Pesce-Rollins, Stefano Silvestri, Carmelo Sgrò, Douglas A. Swartz, Toru Tamagawa, Yi-Jung Yang, Iván Agudo, Lucio A. Antonelli, Matteo Bachetti, Wayne H. Baumgartner, Ronaldo Bellazzini, Stefano Bianchi, Stephen D. Bongiorno, Raffaella Bonino, Alessandro Brez, Fiamma Capitanio, Simone Castellano, Elisabetta Cavazzuti, Chien-Ting Chen, Stefano Ciprini, Alessandra De Rosa, Ettore Del Monte, Laura Di Gesu, Immacolata Donnarumma, Victor Doroshenko, Michal Dovčiak, Steven R. Ehlert, Teruaki Enoto, Yuri Evangelista, Sergio Fabiani, Javier A. Garcia, Shuichi Gunji, Kiyoshi Hayashida, Wataru Iwakiri, Svetlana G. Jorstad, Fabian Kislat, Vladimir Karas, Takao Kitaguchi, Jeffery J. Kolodziejczak, Henric Krawczynski, Fabio La Monaca, Luca Latronico, Ioannis Liodakis, Simone Maldera, Alberto Manfreda, Andrea Marinucci, Alan P. Marscher, Herman L. Marshall, Giorgio Matt, Ikuyuki Mitsuishi, Fabio Muleri, Michela Negro, Stephen L. O’Dell, Nicola Omodei, Chiara Oppedisano, Alessandro Papitto, George G. Pavlov, Abel L. Peirson, Matteo Perri, Pierre-Olivier Petrucci, Maura Pilia, Andrea Possenti, Juri Poutanen, Simonetta Puccetti, Brian D. Ramsey, John Rankin, Ajay Ratheesh, Oliver Roberts, Roger W. Romani, Gloria Spandre, Fabrizio Tavecchio, Roberto Taverna, Yuzuru Tawara, Allyn F. Tennant, Nicholas E. Thomas, Francesco Tombesi, Alessio Trois, Sergey S. Tsygankov, Roberto Turolla, Kinwah Wu, Fei Xie, Silvia Zane è stato pubblicato sulla rivista The Astrophysical Journal.

 

Testo e immagine dagli Uffici Stampa Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF) e Agenzia Spaziale Italiana (ASI).

VELA, UNA PULSAR AL LIMITE (DELLA POLARIZZAZIONE)

Le pulsar, stelle di neutroni che ruotano rapidamente, emettono un vero e proprio vento, composto da particelle di alta energia e permeato da campi magnetici, che può scontrarsi con il gas che incontra sul suo cammino. Da questo scontro viene prodotta radiazione di sincrotrone che letteralmente “accende” le nebulose. Un’indagine sulle proprietà della luce proveniente da uno di questi oggetti celesti, la Vela Pulsar Wind Nebula (PWN), osservabile nella direzione della costellazione della Vela, nel cielo australe, mostra come essa risulti polarizzata.

Questo aspetto fornisce importanti indicazioni sulla distribuzione e sulla geometria dei campi magnetici che caratterizzano la pulsar, e dalle quali dipende la direzione di emissione del vento di particelle responsabile della radiazione di sincrotrone all’origine della luminosità della nebulosa circostante. Il risultato, pubblicato oggi, mercoledì 21 dicembre, sulla rivista Nature, è stato ottenuto dalla collaborazione internazionale dell’esperimento Imaging X-ray Polarimetry Explorer (IXPE), satellite, frutto di una collaborazione tra NASA e ASI, che è dotato di innovativi rivelatori sviluppati, realizzati e testati dall’INFN (Istituto Nazionale di Fisica Nucleare) e dall’INAF (Istituto Nazionale di Astrofisica). IXPE è stato in grado di osservare la polarizzazione della luce nella banda X dalla Vela PWN e di studiare il vento prodotto dalla sua pulsar.

pulsar Vela nebulosa
Immagine composita della pulsar Vela e della sua nebulosa, ottenuta con osservazioni degli osservatori spaziali IXPE,Chandra e Hubble Space Telescope. Crediti: NASA/CXC/SAO/IXPE

Prodotta circa 12000 anni fa a seguito dell’esplosione di una stella, la nebulosa della Vela, insieme a quella del  Granchio (risultato anch’essa di una supernova, talmente luminosa da essere visibile anche di giorno, come riportato da astronomi cinesi nel 1054), sono tra i più studiati oggetti celesti della loro tipologia. Ma le somiglianze tra le due sorgenti astrofisiche non terminano qui. Le radiazioni emesse da entrambe le nebulose risultano infatti polarizzate. Ciò significa che i campi elettromagnetici dei fotoni non sono distribuiti in modo casuale, ma risultano essere allineati lungo direzioni specifiche, che variano in base alla regione della nebulosa da cui sono stati emessi. L’allineamento dei fotoni implica che gli elettroni ad altissima energia che compongono il vento della pulsar alla base del meccanismo responsabile dell’emissione della luce di sincrotrone, e quindi dei fotoni stessi, si muovano lungo una spirale all’interno del campo magnetico delle PWN. Comportamento che suggerisce che i campi magnetici di Vela PWN siano disposti in una geometria molto ordinata.

“IXPE ha rivelato che i campi magnetici di Vela PWN sono ben allineati con l’immagine nei raggi X della nebulosa” dice Fei Xie, professoressa associata alla Guangxi University e già post-doc presso l’INAF di Roma, prima autrice dell’articolo pubblicato su Nature. “Questi campi formano delle strutture a forma di ciambella (dette tori) che circondano l’equatore della pulsar e i getti di emissione che partono dai poli della pulsar stessa. Ancora più sorprendentemente, il grado di polarizzazione misurato risulta essere molto elevato, superando il 60% in più regioni. Questo è il grado di polarizzazione più elevato mai misurato in una sorgente celeste nei raggi X ed è un valore prossimo al valore massimo permesso dalla fisica dell’emissione di sincrotrone”.

“L’alta polarizzazione vista da IXPE, assieme alla distribuzione energetica costante (nel blu), suggerisce che gli elettroni non sono accelerati da processi di shock turbolenti, che risultano svolgere un ruolo predominante in altre sorgenti di raggi X, quali i resti di Supernova con strutture a guscio. A produrre un tale risultato, invece, potrebbe essere un processo non turbolento come la riconnessione magnetica”, dice Roger W. Romani, astrofisico di Stanford coinvolto nell’analisi dei dati.

“Questa misura di polarizzazione in banda X, ottenuta da IXPE, aggiunge un pezzo finora mancante al puzzle di Vela PWN”, dichiara Alessandro Di Marco, ricercatore presso l’INAF di Roma che ha contribuito all’analisi dei dati. “IXPE ha svelato la struttura dei campi magnetici nella regione centrale, fornendoci una loro mappa con una risoluzione precedentemente mai ottenuta, mostrando come questa sia in accordo con le immagini ottenute in radio per la nebulosa esterna”.

“Il risultato è stato reso possibile dalle caratteristiche uniche degli strumenti, tutti Italiani, al piano focale dei tre telescopi di IXPE, che non solo forniscono una sensibilità alla polarizzazione senza precedenti in questa banda di energia, ma permettono anche di misurare, fotone per fotone, la direzione d’arrivo e l’energia”, commenta Luca Baldini, ricercatore dell’INFN e dell’Università di Pisa, Co-Principal Investigator italiano di IXPE.

“Le misure di polarizzazione della Vela PWN nei raggi X evidenziano quanto sia diversificata in sorgenti astrofisiche la struttura dei campi magnetici alla base dell’emissione X osservata. Quella della Vela PWN è di certo tra le meno complesse, dato l’elevato grado di polarizzazione vicino al limite teorico previsto” dice Immacolata Donnarumma, ASI Project Scientist.

IXPE sta continuando a osservare il cielo ai raggi X sondando più in profondità nelle strutture dei campi magnetici di diverse sorgenti celesti, fornendoci nuove informazioni sulla fisica estrema di questi acceleratori cosmici di particelle.

 

Testo e immagine dagli Uffici Stampa Agenzia Spaziale Italiana, Istituto Nazionale di Astrofisica, Istituto Nazionale di Fisica Nucleare.