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Emilio Hirsch

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TUMORE AL PANCREAS, SCIENZIATI DI UNITO IDENTIFICANO UN NUOVO MARCATORE PER INDIRIZZARE MEGLIO LE TERAPIE

Lo studio pre-clinico pubblicato dalla prestigiosa rivista internazionale Gut dimostra come PI3K-C2γ giochi un ruolo chiave nello sviluppo di uno dei tumori attualmente più aggressivi

 

Un nuovo studio preclinico, svolto al Centro di Biotecnologie Molecolari “Guido Tarone” dell’Università di Torino, ha reso possibile la scoperta di una nuova terapia focalizzata per un sottogruppo di pazienti affetti da neoplasia maligna del pancreas. Il gruppo di ricerca guidato dalla Prof.ssa Miriam Martini e dal Prof. Emilio Hirsch ha dimostrato che la proteina PI3K-C2γ gioca un ruolo chiave nello sviluppo del tumore al pancreas. L’indagine scientifica ha permesso di far luce sui meccanismi di sviluppo di questo tumore e potrebbe consentire, in futuro, di massimizzare l’efficacia delle attuali opzioni terapeutiche di uno dei tumori attualmente più aggressivi.

Emilio Hirsch cause invecchiamento
Emilio Hirsch

In Italia, ogni anno vengono diagnosticati circa 13.000 nuovi casi di tumore al pancreas e la percentuale di sopravvivenza a 5 anni è meno del 10%. Si prevede che, entro il 2030, il tumore al pancreas diventi la seconda causa di morte oncologica. La gravità e la mancanza di trattamenti efficaci rendono necessari studi per la ricerca di nuove terapie e marcatori che possano aiutare a scegliere il farmaco più efficace. Per poter crescere, le cellule tumorali hanno bisogno di nutrienti e fonti d’energia.

proteina tumore del pancreas
Tumore al pancreas, un nuovo marcatore per indirizzare meglio le terapie. Anatomia del pancreas. Immagine BruceBlaus, Blausen.com staff. “Blausen gallery 2014”. Wikiversity Journal of Medicine. DOI:10.15347/wjm/2014.010. ISSN 20018762. – CC BY-SA 3.0

L’aggressività del tumore al pancreas è dovuta alla capacità di adattarsi in condizioni avverse, come ad esempio la scarsità di nutrienti e fonti energetiche, che vengono sfruttate dalle cellule per sopravvivere. Recentemente, sono stati sviluppati dei farmaci che impediscono l’utilizzo di tali nutrienti, come ad esempio la glutammina.

PI3K-C2γ controlla la via di segnalazione intracellulare di mTOR, che regola il metabolismo e la crescita della cellula, e influisce sull’utilizzo della glutammina per favorire la progressione tumorale. Nel tumore al pancreas, la proteina PI3K-C2γ non è presente in circa il 30% dei pazienti, i quali sviluppano una forma maggiormente aggressiva della malattia

La Dott.ssa Maria Chiara De Santis, primo autore dello studio pubblicato sulla prestigiosa rivista internazionale Gut, ha dimostrato che la perdita di PI3K-C2γ accelera lo sviluppo del tumore, ma allo stesso tempo rende più sensibili a farmaci che colpiscono mTOR e all’utilizzo della glutammina.

Lo studio guidato dagli scienziati di UniTo è stato frutto di un intenso lavoro di collaborazione con gruppi nel territorio italiano ed internazionale, tra cui quelli del Prof. Francesco Novelli, Prof.ssa Paola Cappello e Prof. Paolo Ettore Porporato (Università di Torino), Prof. Andrea Morandi (Università di Firenze), Prof. Vincenzo Corbo e Prof. Aldo Scarpa (Università di Verona), Prof. Gianluca Sala e Prof. Rossano Lattanzio (Università di Chieti) e Prof.ssa Elisa Giovannetti (Università di Amsterdam e Fondazione Pisana per la Scienza).

 

Testo dall’Area Relazioni Esterne e con i Media dell’Università degli Studi di Torino

NUOVI DATI SCIENTIFICI CONVALIDANO FARMACO PER LA CURA DELLE MALATTIE POLMONARI CRONICHE SVILUPPATO DA SPIN-OFF UNITO    

Lo studio di Science Translational Medicine supporta l’uso della molecola prodotta da Kither Biotech, KIT2014, nelle malattie ostruttive delle vie aeree e come potenziale terapia aggiuntiva nella cura della fibrosi cistica.

Alessandra Ghigo Emilio Hirsch farmaco malattie polmonari croniche Kither Biotech
Alessandra Ghigo ed Emilio Hirsch

Torino, 31 marzo 2022 – Kither Biotech (“Kither” di seguito riferita come “l’Azienda”), azienda biofarmaceutica che sviluppa nuove terapie per le malattie respiratorie rare, annuncia oggi la pubblicazione di uno studio in ScienceTranslational Medicine che descrive il meccanismo d’azione del suo farmaco di punta, il KIT2014, e fornisce “una proof of concept” per il suo utilizzo nel trattamento delle malattie polmonari croniche (Ghigo, Murabito et al., Sci. Transl. Med. 14, eabl6328 (2022)).

KIT2014 è un nuovo peptide permeabile alle cellule, attualmente oggetto di studio per il trattamento della fibrosi cistica (FC), che agisce modulando i livelli di adenosina monofosfato ciclico (cAMP) all’interno delle cellule. L’aumento del cAMP può ridurre l’accumulo di muco, l’infiammazione e la broncocostrizione, problemi tipici dei pazienti con fibrosi cistica. Il KIT2014 è attualmente in fase di sviluppo come farmaco somministrato per inalazione direttamente nei polmoni, in addizione all’attuale terapia standard. L’Azienda prevede di iniziare una sperimentazione clinica di Fase 1/2A di KIT2014 nel 2023.

I dati riportati nello studio dimostrano che il KIT2014 (indicato come PI3Kγ MP nella pubblicazione) aumenta i livelli di cAMP nelle vie aeree, alleviando la sintomatologia di diverse malattie ostruttive, come la fibrosi cistica, l’asma e la BPCO. Questa azione si esplica attraverso un triplo meccanismo di azione che promuove la broncodilatazione, riduce l’infiammazione polmonare e potenzia l’attività del canale CFTR, la proteina disfunzionale nella FC. Di rilievo, il KIT2014 migliora fino all’80% gli effetti dei modulatori CFTR esistenti nelle cellule delle vie aeree di pazienti FC.

Vincent Metzler, CEO di Kither Biotech, commenta: “La pubblicazione di questi dati in un importante giornale scientifico come Science Translational Medicine rappresenta un passo importante nello sviluppo di KIT2014 per il trattamento della fibrosi cistica come terapia aggiuntiva ai modulatori CFTR. Ci stiamo preparando per la nostra sperimentazione clinica di fase 1/2A del KIT2014, in un contesto in cui malattie come la FC hanno ancora forte necessità di nuovi farmaci”.

Alessandra Ghigo, co-fondatrice scientifica di Kither Biotech e primo autore, dichiara: “Questi nuovi dati convalidano la capacità di KIT2014 di modulare la trasduzione del segnale cAMP nei polmoni, aumentando la funzionalità dei canali CFTR, parimenti riducendo l’infiammazione e la broncocostrizione. Queste proprietà sono potenzialmente benefiche per molte malattie polmonari croniche e pertanto siamo ansiosi di iniziare le sperimentazioni cliniche”.

Emilio Hirsch, co-fondatore scientifico di Kither Biotech e ultimo autore, aggiunge: “I nostri risultati con il KIT2014 mostrano un miglioramento dell’80% dell’effetto dei modulatori CFTR esistenti, definendo una nuova via per migliorare la condizione di molti pazienti affetti da FC o altre malattie respiratorie”.

 

  • A proposito di Kither Biotech

Kither Biotech è un’azienda biofarmaceutica fondata dalla Prof. Alessandra Ghigo, dal Prof. Emilio Hirsch, dal Prof. Alberto Bardelli dell’Università di Torino e dal Dr. Marco Kevin Malisani. L’azienda mira a identificare e sviluppare nuovi farmaci candidati per il trattamento delle malattie polmonari rare, con particolare attenzione alla fibrosi cistica e alla fibrosi polmonare idiopatica. Kither Biotech è uno spin-off dell’Università di Torino e collabora attivamente con il Centro di Biotecnologie Molecolari (Università di Torino) e altri centri di ricerca nel mondo. L’azienda ha sviluppato una pipeline di trattamenti attualmente in fase di sviluppo preclinico, con programmi in fibrosi cistica, fibrosi polmonare idiopatica e altre malattie respiratorie. www.kitherbiotech.com

 

  • Informazioni su KIT2014

Il KIT2014 è un peptide permeabile alle cellule, in grado di far salire la concentrazione di una molecola chiamata cAMP, un segnalatore intracellulare legato ad importanti modificazioni cellulari e tissutali. Il peptide KIT2014 agisce con un meccanismo di azione unico nel suo genere, interrompendo l’interazione tra due proteine, la PI3Kgamma ed il suo partner, la protein chinasi A (PKA). Questo effetto riduce l’attività di enzimi che distruggono il cAMP, quali le fosfodiesterasi di tipo 3 e 4 (PDE3/4), e porta ad un accumulo di questo segnalatore intracellulare. Quando inalato, il KIT2014 causa un aumenta locale del cAMP nelle cellule epiteliali bronchiali, promuovendo l’apertura dei canali del cloruro chiamati CFTR, proteine fondamentali nel fluidificare il muco, e che sono disfunzionali nei pazienti con fibrosi cistica (CF). Il KIT2014 è in grado, inoltre, di rilassare la muscolatura liscia dei bronchi e di ridurre l’infiltrazione polmonare di cellule infiammatorie. Grazie a queste proprietà, il KIT2014 è in studio per il trattamento della FC, come terapia inalatoria aggiuntiva all’attuale standard di cura. In combinazione con i modulatori di CFTR, il KIT2014 è atteso non solo aumentare l’apertura del CFTR ma anche dilatare i bronchi e calmierare l’infiammazione, in ultimo migliorando la funzionalità polmonare del paziente con FC (Ghigo, Murabito et al., Science Translational Medicine, 2022).

 

Testo, video e foto dall’Ufficio Stampa dell’Università degli Studi di Torino

SCOPERTA UNA NUOVA CAUSA DI RISCHIO DI METASTASI DEL TUMORE AL SENO
IN UNO STUDIO DEL CENTRO BIOTECH DELL’UNIVERSITÀ DI TORINO

causa rischio metastasi tumore al seno
Foto di StockSnap

Il cancro al seno è il tumore più diffuso e una delle principali cause di mortalità nelle donne in tutto il mondo. Sebbene la diagnosi precoce e l’intervento terapeutico migliorino significativamente il tasso di sopravvivenza delle pazienti, l’insorgenza di metastasi nelle fasi avanzate della malattia, rappresenta ancora la causa principale dei decessi. I risultati di uno studio, condotto presso il Centro di Biotecnologie Molecolari dell’Università di Torino, hanno evidenziato come, in una casistica di oltre 2000 pazienti con tumore al seno, l’aumentata espressione della proteina PI3K-C2a sia direttamente correlata a un aumento del rischio di metastatizzazione del tumore primario. I dati sono pubblicati sulla rivista internazionale Advanced Science (impact factor 2020 = 16.8).

Dal punto di vista funzionale, l’aumentata l’attività lipide-chinasica della proteina PI3K-C2a sarebbe in grado di indurre un cambiamento nella struttura delle cellule tumorali, promuovendo l’insorgenza di caratteristiche pro-migratorie. In questo modo, la cellula tumorale diventa capace di “staccarsi” dalla massa tumorale primaria. Muovendosi all’interno del sistema circolatorio, può quindi aumentare l’infiltrazione dei tessuti e la generazione di formazioni metastatiche.

L’aspetto innovativo dello studio, sostenuto prevalentemente da Fondazione AIRC per la Ricerca sul Cancro, è stata l’individuazione del meccanismo molecolare che permette alle cellule di migrare e metastatizzareFederico GulluniHuayi Li e Lorenzo Prever, ricercatori del laboratorio del Prof. Emilio Hirsch, hanno evidenziato come la cascata di segnalazione intracellulare attivata da elevati livelli di PI3K-C2a porti all’inattivazione funzionale di uno dei principali regolatori della migrazione cellulare, la proteina R-RAS. In particolar modo, è stato possibile dimostrare, grazie all’utilizzo di modelli murini e pesci zebra, come l’utilizzo di un inibitore selettivo, capace di limitare il funzionamento della proteina PI3K-C2a, sia in grado di bloccare il processo migratorio e invasivo delle cellule di tumore al seno. I dati ottenuti in laboratorio saranno ora da confermare in ulteriori studi preclinici e clinici.

Emilio Hirsch cause invecchiamento
Emilio Hirsch

Testo e foto del prof. Emilio Hirsch dall’Ufficio Stampa dell’Università degli Studi di Torino sulla scoperta una nuova causa di rischio metastasi del tumore al seno.

 

PUBBLICATA SU “SCIENCE” LA SCOPERTA DI UNA DELLE CAUSE DELL’INVECCHIAMENTO

Uno studio dei ricercatori del Centro di Biotecnologie Molecolari dell’Università di Torino, guidati dal Prof. Emilio Hirsch, svela nuovi elementi chiave dei processi di invecchiamento. La ricerca può avere ricadute imprevedibili: dalla comprensione dei meccanismi del cancro al contrasto al COVID-19.

Emilio Hirsch cause invecchiamento
Emilio Hirsch

Perché ognuno di noi invecchia? È una domanda chiave della biologia molecolare, ma una risposta precisa ancora manca. Non sappiamo se l’invecchiamento sia incontrastabile o se sia un fenomeno mitigabile. Tuttavia oggi è noto che le cellule del nostro corpo possono seguire un programma di cambiamento, chiamato senescenza, che se attivato porta all’invecchiamento prima a livello cellulare e poi dell’organismo intero. Chiarire cosa scateni questo fenomeno è una delle sfide più straordinarie del nostro tempo.

I ricercatori del Centro di Biotecnologie Molecolari dell’Università di Torino guidati dal Prof. Emilio Hirsch hanno aggiunto un sostanziale tassello alla soluzione di questo enigma, in uno studio i cui risultati sono stati pubblicati sulla prestigiosa rivista americana Science, una delle più autorevoli al mondo in campo scientifico. Lo studio, sostenuto da Fondazione AIRC per la ricerca sul cancro, prende le mosse da precedenti risultati ottenuti nell’ambito della ricerca sul cancro e suggerisce per la prima volta che la senescenza può essere scatenata da specifici difetti della proliferazione cellulare.

Due proteine, chiamate PI3K-C2alpha e VPS36, sono state identificate come elementi necessari perché una cellula possa dividersi in due cellule figlie. Quando la concentrazione di queste proteine diminuisce, le cellule si duplicano con difficoltà, rallentando i tempi di separazione necessaria perché le due cellule prodotte dalla duplicazione si stacchino l’una dall’altra, tanto da diventare due entità autonome. I dottori Federico Gulluni e Lorenzo Prever, insieme al gruppo di ricerca guidato dal professor Emilio Hirsch, hanno scoperto che se il fenomeno di separazione rallenta, come quando PI3K-C2alpha e VPS36 sono meno abbondanti, si scatena il programma di senescenza e le cellule entrano in un nuovo stato, tipico dell’invecchiamento.

La lente dell’occhio, ovvero il cristallino, è risultata uno dei tessuti più sensibili alla diminuzione delle due proteine. Se ciò avviene, le cellule della lente scatenano il processo di senescenza causando un malanno comune e frequentissimo nell’anziano: la cataratta. Questa patologia consiste in una opacizzazione del cristallino, la lente che all’interno dell’occhio ci permette di mettere a fuoco le immagini del mondo circostante. Negli anziani è fortemente invalidante e, se non opportunamente trattata, è causa di grave impedimento visivo e disabilità. Nonostante la chirurgia offra delle soluzioni più che eccellenti, riuscire a prevenire questo fenomeno è un traguardo finora mai raggiunto, perché le cause dell’opacizzazione del cristallino non sono ancora chiare.

I dati pubblicati su Science aggiungono elementi volti a una più completa comprensione di questi meccanismi, indicando una strada mai precedentemente percorsa. I risultati ottenuti nascono dal connubio tra diverse esperienze di biologia cellulare e genetica e hanno coinvolto ricercatori in tutto il mondo, inclusi gli Stati Uniti, la Germania e Israele. L’idea centrale nasce dall’osservazione di una rarissima condizione genetica in una famiglia i cui bambini, nati con una deficienza genetica di PI3K-C2alpha, mostrano segni di invecchiamento precoce, tra cui la cataratta infantile. L’osservazione è stata poi confermata in pesci zebrafish (Danio rerio) geneticamente modificati che, sviluppando la cataratta, hanno dimostrato quanto questo meccanismo descritto per la prima volta sia radicato anche in organismi evolutivamente distanti dagli esseri umani.

Al di là dell’ambito oftalmologico, la ricerca torinese chiarisce un processo fondamentale dell’invecchiamento che potrà avere ricadute potenziali molto più ampie. Coinvolgendo la duplicazione cellulare e quindi la proliferazione, lo studio potrà aiutare a capire, innanzitutto, nuovi meccanismi del cancro, malattia anch’essa tipicamente associata all’invecchiamento. Come affermato dal professor Emilio Hirsch, che è anche Direttore Scientifico della Fondazione Ricerca Molinette:

“È evidente che la ricerca sull’invecchiamento non può che essere multidisciplinare. Come questo studio dimostra pienamente, i risultati della ricerca di base hanno ricadute imprevedibili e per questo finanziare la ricerca di eccellenza in questo settore è fortemente necessario. Le malattie dell’invecchiamento – espressione che comprende varie patologie, da quelle oncologiche a quelle neurodegenerative – hanno sempre alla base i meccanismi di invecchiamento cellulare. Per questa ragione la Fondazione ha focalizzato la propria mission proprio su queste malattie, promuovendo un bando per favorire lo sviluppo di ricerca traslazionale di eccellenza a Città della Salute e della Scienza”.

Le potenziali implicazioni di questa scoperta, poi, non sono finite qui: chiarendo il ruolo delle proteine PI3K-C2alpha e VPS36 nella separazione delle membrane cellulari, infatti, si potrebbero aggiungere nuove ipotesi di lavoro nel contrasto del COVID-19, anche lui in grado di riprodursi proprio grazie alle stesse proteine in questione.

 

Testo e foto dall’Ufficio Stampa dell’Università degli Studi di Torino