News
Ad
Ad
Ad
Tag

DNA ambientale

Browsing

Milano-Bicocca lancia la mappa interattiva delle foche monache nel Mar Mediterraneo
Più di un terzo dei rilevamenti segnala tracce molecolari della loro presenza

Dalla collaborazione dei dipartimenti di Scienze dell’ambiente e della terra e di Psicologia nasce “Spot the Monk Observatory”, un osservatorio alla portata di tutti per monitorare le tracce di DNA dell’abitante più famoso dei nostri mari

Milano, 26 novembre 2024 – Una mappa interattiva e in continuo aggiornamento per monitorare la presenza della foca monaca nel Mar Mediterraneo, man mano che vengono raccolti, analizzati e caricati nel sistema i campioni di DNA provenienti da diversi punti del Mediterraneo centro-occidentale, dal Mar Egeo allo Stretto di Gibilterra, dal Mar Adriatico al Mar di Sicilia, seguendo le tracce lasciate dall’unico pinnipede endemico del Mare Nostrum.

Il sito web di riferimento si chiama “Spot the Monk Observatory” (https://www.spot-the-monk-observatory.com/) ed è frutto di una collaborazione tra il dipartimento di Scienze dell’ambiente e della terra e quello di Psicologia dell’Università di Milano-Bicocca. Il progetto si inserisce all’interno di “Spot the Monk”, iniziativa nata nel 2020 che si avvale di una metodologia di rilevamento innovativa ed assolutamente non invasiva per l’intercettazione di tracce di presenza della foca monaca da semplici campioni di acqua marina. In che cosa consiste? Nell’analisi del DNA ambientale (eDNA) ovvero quel DNA contenuto nelle tracce biologiche che ciascun organismo lascia al proprio passaggio.

Sulle tracce della foca monaca: mappare il suo ritorno col DNA ambientale

Il test molecolare consiste nell’utilizzare un piccolo filamento di DNA sintetico (primer), la cui sequenza è identica ad una stringa di nucleotidi (i piccoli mattoncini che costituiscono il DNA) che si trova solo ed esclusivamente nel genoma della specie target, in questo caso la foca monaca. La procedura, messa a punto nel 2019 nel laboratorio del MaRHE Center da Elena Valsecchi, ecologa molecolare del dipartimento di Scienze dell’ambiente e della terra dell’Università di Milano-Bicocca, sfrutta la naturale attitudine del singolo filamento di DNA di “cercare” ed “avvinghiarsi” al filamento complementare, ammesso che questo sia contenuto all’interno di un campione, ovvero se il campione contiene tracce di DNA della specie bersaglio.

Una volta reso disponibile, il test è stato utilizzato per analizzare un gran numero di campioni raccolti in un solo anno (2021) nel Mediterraneo centro-orientale grazie a una fitta rete di programmi di Citizen Science. Il loro coinvolgimento nella raccolta di campioni di acqua marina in punti diversi del Mediterraneo ha consentito di stilare una prima mappa sulla distribuzione delle aree visitate.

«Da allora la campagna di raccolta “partecipativa” non ha avuto sosta – spiega Elena Valsecchi – coinvolgendo un numero sempre maggiore di associazioni sensibili alla causa ambientale come la Fondazione Acquario di Genova (con il supporto finanziario di 11th Hour Racing) ed il WWF che, con l’imprescindibile apporto del Gruppo Foca Monaca (link: https://focamonaca.it), partner del progetto sin dai suoi esordi, ha messo in campo una folta squadra di “campionatori seriali”, non più solo dalla superficie del mare, ma anche formando campionatori subacquei, grazie all’adesione al progetto da parte di numerosi Diving Center».

Foca Monaca del Mediterrano, femmina adulta mentre dorme in spiaggia, Saccorgiana, Pola, Istria, Croazia Crediti per la foto: E.Coppola/PANDA PHOTO
Foca Monaca del Mediterrano, femmina adulta mentre dorme in spiaggia, Saccorgiana, Pola, Istria, Croazia Crediti per la foto: E.Coppola/PANDA PHOTO

Quest’anno “Spot the Monk” ha raccolto una nuova sfida:

«Tendere la mano al grande pubblico – specifica l’ecologa – e renderlo partecipe dei risultati ottenuti, strizzando l’occhio all’Open Science. Ho concepito l’idea di un Osservatorio dove sia possibile consultare i campioni man mano che vengono raccolti e analizzati». Dall’idea alla realizzazione, “Spot the Monk Observatory” è diventato realtà. Il sito web è stato progettato e sviluppato da Alessandro Gabbiadini, professore del dipartimento di Psicologia e vicedirettore del centro di ricerca sulle nuove tecnologie MIBTEC (www.mibtec.it) nello stesso ateneo. Nello specifico, «il sito del nuovo osservatorio è stato sviluppato seguendo la filosofia dello User Centered Design – afferma Gabbiadini – ponendo l’utente al centro di ogni scelta progettuale. La priorità è stata data alla visualizzazione immediata dei dati raccolti, per rendere le informazioni facilmente accessibili e fruibili. Inoltre, il sito web è concepito come un punto di contatto e di raccordo tra le diverse realtà che si occupano della tutela e della mappatura della presenza della foca monaca nel Mediterraneo, favorendo il mantenimento di una rete collaborativa».

L’obiettivo finale è potenziare la comunicazione con il pubblico, in linea con le esigenze della “terza missione” dell’Università di Milano-Bicocca, che mira a rafforzare il dialogo tra il mondo accademico e la società.

Al momento sono stati analizzati 412 dei 537 campioni raccolti da oltre un centinaio di collaboratori e 37 associazioni partner, dal 2018 a oggi. Di questi 412 campioni, 144 (più di un terzo) sono risultati positivi al test, segnalando la presenza o il recente passaggio della foca monaca. Sulla mappa consultabile online (che è anche riprodotta nella foto qui sotto), si può osservare la distribuzione nel Mediterraneo dei diversi rilevamenti e, cliccando su uno di essi, si possono ottenere l’anno, l’autore, la fascia del giorno (diurna/notturna) e altre informazioni del singolo campionamento. Oltre allo stato dell’analisi (effettuata o no) e al suo esito (positivo/negativo).

La mappa interattiva delle foche monache nel Mar Mediterraneo
La mappa interattiva delle foche monache nel Mar Mediterraneo: più di un terzo dei rilevamenti segnala tracce molecolari della loro presenza

Le caratteristiche e proprietà del nuovo sito sono state dettagliate nell’articolo recentemente pubblicato da Valsecchi e Gabbiadini sulla rivista scientifica “Biodiversity Data Journal” (“An Observatory to monitor range extension of the Mediterranean monk seal based on its eDNA traces: collecting data and delivering results in the Open Science era”, DOI: https://doi.org/10.3897/BDJ.12.e120201).

Nato con lo scopo di rendere più partecipi gli amanti del mare allo studio della foca monaca, che per alcuni decenni sembrava essere scomparsa dalle acque centro occidentali del bacino mediterraneo, per poi ricomparire sporadicamente in alcuni siti, “Spot the Monk Observatory” si sta rivelando un’utile piattaforma anche per gli addetti ai lavori, sia in ambito scientifico che per gli enti preposti alla gestione e conservazione della specie.

 

Testo e foto dall’Ufficio Stampa Università di Milano-Bicocca

Mediterraneo, Milano-Bicocca sulle tracce della foca monaca: mappare il suo ritorno grazie al DNA ambientale

Attraverso il prelievo e il rilevamento di campioni molecolari dal mare, i ricercatori dell’ateneo milanese rilevano il passaggio del pinnipede lungo le coste italiane e in alto mare. Il metodo, descritto in un articolo appena pubblicato su “Biodiversity and Conservation”, favorirà il monitoraggio e la salvaguardia della specie.

foca monaca DNA
Foca adulta nuota in superficie. È molto raro osservare una foca monaca perché questi animali trascorrono gran parte del tempo in immersione. In alcune specie affini alla foca monaca è stato calcolato che circa l’80% tempo è trascorso in immersione. Infatti in apnea le foche mangiano, si accoppiano e dormono profondamente. Foto: E. Coppola/GFM

Milano, 22 febbraio 2022 – Da decenni la foca monaca, tra i pinnipedi più rari al mondo e l’unico presente nel Mar Mediterraneo, era considerata estinta nelle acque dei mari italiani, fino ai recenti avvistamenti nel Mar Tirreno e Ionio, che hanno fatto ipotizzare un suo ritorno. Per mapparne la presenza, i ricercatori dell’Università di Milano-Bicocca hanno realizzato un metodo di rilevazione innovativo e non invasivo, basato sul recupero e analisi del DNA ambientale (eDNA) dai campioni di acqua prelevati nel Mare Nostrum. I primi test e i risultati delle azioni di monitoraggio hanno dato riscontro positivo, anticipando alcune delle recenti segnalazioni del mammifero marino al largo delle coste toscane e siciliane, in tratti di mare poco frequentati.

 

Il metodo è stato descritto in un articolo dal titolo “A species-specific qPCR assay provides novel insight into range expansion of the Mediterranean monk seal (Monachus monachus) by means of eDNA analysis”, appena pubblicato dalla rivista scientifica “Biodiversity and Conservation” (DOI: https://doi.org/10.1007/s10531-022-02382-0). Prima autrice Elena Valsecchi, ecologa molecolare del dipartimento di Scienze dell’ambiente e della terra dell’Università di Milano-Bicocca e docente di Marine Vertebrate Zoology.

foca monaca DNA
La foca nuota in immersione. Le foche hanno un corpo perfettamente adattato al nuoto, con le pinne posteriori utilizzate esattamente come la coda di un pesce e le pinne anteriori tenute aderenti al corpo o usate solo per migliorare l’assetto e per i rapidi spostamenti laterali. In foto, una foca monaca (Monachus monachus) del Mediterraneo, femmina adulta Riserva Naturale di Kamenjak, Istria meridionle, Croazia 12-2011. Foto: E. Coppola/GFM

Alla base del metodo, un assunto: ogni organismo vivente lascia una traccia del proprio passaggio e questa viene rivelata dal suo DNA rimasto nell’ambiente. Per esempio per la foca monaca, dal DNA che resta nella massa d’acqua in cui si muove. Elena Valsecchi coordina il gruppo di DNA ambientale marino (Marine eDna Group) dell’ateneo milanese, che da due anni ha promosso il progetto “MeD for Med – Marine environmental DNA for the Mediterranean”, sistema di monitoraggio della biodiversità marina basato proprio sull’analisi del DNA ambientale contenuto in campioni d’acqua raccolti da traghetti lungo le rotte commerciali. Un progetto nato grazie al cofinanziamento del programma Bicocca Università del Crowdfunding dell’Università di Milano-Bicocca e descritto in un articolo pubblicato lo scorso agosto su “Frontiers in Marine Science” (DOI: https://doi.org/10.3389/fmars.2021.704786).

Per mettere a punto una strategia molecolare in grado di intercettare, dall’analisi di semplici campioni d’acqua marina, la presenza della foca monaca, una volta diffusa in tutto il bacino centro-orientale del Mediterraneo ma oggi concentrata principalmente nel Mar Egeo, Elena Valsecchi ha identificato regioni “informative” del DNA mitocondriale del pinnipede, ovvero sequenze target che si trovano solo in questa specie. I ricercatori hanno così potuto sviluppare sonde specifiche per poter “pescare” all’interno di un miscuglio di milioni di molecole di DNA provenienti dagli animali più disparati – come quello presente all’interno di un campione di DNA ambientale prelevato dal mare – il DNA della foca monaca: una sorta di “calamita molecolare”.

 

Foche. La presenza delle foche viene immortalata dal sistema automatizzato di monitoraggio fotografico che scatta una foto ogni ora in punti frequentati dalle foto. Questa foto è stata scattata alla stessa data ed ora in cui un campione è stato prelevato in mare, a 70 metri dalla battigia

In collaborazione con Antonia Bruno, microbiologa del dipartimento di Biotecnologie e bioscienze, si è passati allo screening di “veri” campioni ambientali. Le sonde molecolari sono quindi state testate sul campo, attraverso il confronto con un ampio spettro di campioni, alcuni dei quali (campioni positivi) contenenti il DNA della foca monaca, come quelli prelevati nelle acque dell’Oceano Atlantico intorno dell’arcipelago portoghese di Madera, dove si trova una piccola popolazione stanziale di una trentina di esemplari di foca monaca, grazie alla collaborazione dell’Instituto das Florestas e Conservação da Natureza di Madera.

Campionamento. Mauricio Pereira, ranger del Instituto das Florestas e Conservação da Natureza di Madera, raccoglie un campione d’acqua in prossimità della Isola Grande Deserta (Madera) dove le foche monache hanno trovato riparo per dare alla luce i piccoli

I test hanno dimostrato l’efficienza delle sonde nell’intercettare la presenza del mammifero marino e hanno convinto i ricercatori a sperimentarle in campioni di DNA ambientale raccolti nel Mediterraneo, nell’ambito di altri progetti di ricerca portati avanti dal Marine eDna Group. Questi i risultati:

«Abbiamo rilevato la presenza della specie – afferma Elena Valsecchi – in circa il 50 per cento dei campioni prelevati al largo dell’isola di Lampedusa nell’estate 2020 e in alcuni campioni prelevati tra il 2018 e il 2019 da traghetto al largo dell’arcipelago Toscano nell’ambito del progetto Med for Med, lungo la rotta Livorno-Golfo Aranci (Corsica Sardinia Ferries)».

L’efficacia del test ha avuto una conferma nella realtà. «L’analisi di circa 50 campioni di acqua prelevati nei mari italiani sia sotto costa che in alto mare – prosegue l’ecologa molecolare – ha anticipato alcune delle più importanti segnalazioni e avvistamenti di foca monaca avvenute di recente in Toscana e in Sicilia e ne hanno svelato la presenza in tratti di Mediterraneo finora inesplorati».
da sinistra, Emanuele Coppola e Andrea Parmegiani, laureato all_Università di Milano-Bicocca (corso di laurea magistrale in Marine Sciences), in un campionamento. Foto: E. Coppola/GFM
Le applicazioni di questo sistema di rilevazione molecolare sono molteplici.
«Si potranno monitorare aree dove è già nota la presenza della foca monaca – osserva Emanuele Coppola, documentarista che si è occupato di foca monaca per decenni, nonché presidente del Gruppo Foca Monaca APS e coautore nella pubblicazione – al fine di stimare il passaggio stagionale dei pinnipedi e il grado di fedeltà al sito, anche durante le stagioni invernali o in orari notturni, e tenere sotto osservazione, in modo assolutamente non invasivo, siti costieri che, per conformazione fisica, costituiscono i potenziali habitat di elezione per la foca monaca, quali grotte riparate dalla forza del mare e con spiagge interne ideali per il parto».
foca monaca DNA
Femmina adulta in grotta. Le foche partoriscono a terra e per questo scelgono ambienti molto riparati, come grotte marine con ingresso subacqueo. In foto, una foca monaca (Monachus monachus) del Mediterraneo, femmina adulta Riserva Naturale di Kamenjak, dopo la muta, animale in grotta, Colombarica, Istria meridionale, Croazia 05-2013. Foto: E. Coppola/GFM
Ciò favorirà lo studio e la ricerca sulla specie, la conservazione dei siti e la tutela della foca monaca. 

da sinistra, Emanuele Coppola, Elena Valsecchi, Antonia Bruno. Foto scattata alla mostra IllusiOcean ospitata all_Università di Milano-Bicocca. Foto: E. Coppola/GFM
In questo senso, Università di Milano-Bicocca, Gruppo Foca Monaca APS e numerosi altri partner sono ora impegnati nell’iniziativa “Spot the Monk”, un ambizioso piano di campionamento del Mediterraneo che vede coinvolti anche diversi programmi di citizen science, con diversi equipaggi e imbarcazioni coinvolti nella raccolta dei campioni.
da sinistra, Emanuele Coppola ed Elena Valsecchi. Foto scattata alla mostra IllusiOcean ospitata all_Università di Milano-Bicocca. Foto: E. Coppola/GFM
Testo e foto dall’Ufficio Stampa Università di Milano-Bicocca