News
Ad
Ad
Ad
Tag

Complesso di Palazzo Cavalli

Browsing

Un’acquamarina da Chumar Bakhoor (Pakistan) sarà uno dei reperti esposti al Museo della Natura e dell’Uomo (MNU) dell’Università di Padova che aprirà il 23 giugno 2023 al Complesso di Palazzo Cavalli.

MERAVIGLIE IN VISTA / 2

Acquamarina di Chumar Bakhoor MNU

«Nasce a Padova un nuovo luogo di partecipazione collettiva e democratica alla conoscenza, un grande museo scientifico inclusivo, che incentra la sua narrazione su migliaia di reperti originali di straordinario valore – dice Telmo Pievani, Responsabile scientifico del Museo della Natura e dell’Uomo –. Al MNU si farà ricerca, conservazione, didattica, condivisione dei saperi scientifici, sensibilizzazione sui temi ambientali, aprendosi ai pubblici più diversi, soprattutto giovani e giovanissimi. Sarà un teatro appassionante di cittadinanza scientifica».

«La nostra Università sta per compiere un altro grande salto verso il futuro con un progetto museale unico a livello universitario in Europa e probabilmente tra i più importanti progetti museali al mondo nel suo genere – afferma Fabrizio Nestola, Presidente del Centro di Ateneo per i Musei –. Da un Ateneo come il nostro non potevamo aspettarci che questo: un enorme investimento economico e di risorse umane completamente dedicato alla cultura e al territorio. Siamo tutti pronti ad iniziare questa entusiasmante avventura con l’obiettivo di educare ed ispirare le future generazioni».

Il Museo della Natura e dell’Uomo (MNU) dell’Università di Padova, che aprirà venerdì 23 giugno 2023, nasce dalla fusione delle ricchissime collezioni naturalistiche che sono state costruite nei secoli da studiosi ed esploratori dell’Università patavina, a fini di ricerca e didattica. Il nuovo allestimento riunisce in un unico percorso espositivo i preesistenti musei universitari di Mineralogia, Geologia e Paleontologia, Antropologia e Zoologia, integrandoli in una narrazione coerente e appassionante, arricchita da un intelligente apparato grafico, testuale e multimediale, a raccontare una storia planetaria dai suoi esordi, più di quattro miliardi di anni fa, fino ai giorni nostri.

Il MNU si articola in 38 sale per un totale di circa 3.800 mq, cui si aggiungono un ambiente per le esposizioni temporanee di circa 300 metri quadri.

Un’altra delle sezioni del museo sarà quella di Mineralogia dedicata ad Alessandro Guastoni – La Terra, un grande sistema in evoluzione con 5 sale e 613 metri quadri a disposizione per illustrare ed esporre i suoi reperti: tra questi anche un’acquamarina da Chumar Bakhoor.

«L’acquamarina è la varietà gemma del berillo, un silicato di berillio, particolarmente apprezzato sia dai collezionisti di minerali che dai gioiellieri di tutto il mondo per la trasparenza dei suoi cristalli e la caratteristica colorazione variabile dal blu profondo al verde acqua. Il berillo comprende diverse varietà spettacolari di qualità gemma: la goshenite incolore, il berillo rosso, il giallo eliodoro, la morganite rosa, il verde smeraldo, e soprattutto l’acquamarina colore del mare e del cielo. Tra i gioielli più preziosi possiamo ricordare gli orecchini con tre acquemarine donati dal presidente del Brasile ad Elisabetta II per la sua incoronazione ed il ancor più celebre “Asprey Ring”, anello con acquamarina e diamanti appartenuto alla principessa Diana. I perfetti prismi esagonali di questo minerale hanno affascinato gli esseri umani fin dalla preistoria, generando leggende, curiosità, attrazione – sottolinea Gilberto Artioli referente scientifico della sezione di Mineralogia –. Il nome stesso venne coniato dagli antichi romani “aqua marina”, a richiamare lo stretto legame della stessa con il mare. I pescatori romani le donarono un significato mistico come amuleto protettivo e di buon auspicio per i viaggi in mare e legarono indissolubilmente la gemma al Dio Poseidone, considerato il plasmatore della stessa direttamente dalle acque del mare».

«All’interno della sezione di mineralogia “Alessandro Guastoni” sarà possibile ammirare un’importante collezione di acquemarine provenienti dai più importanti giacimenti di tutto il mondo. Tra i numerosi esemplari vi è certamente l’eccezionale campione rinvenuto in una miniera sulla catena Himalayana in Pakistan con cristalli di acquamarina colore azzurro cielo che spiccano dalla matrice di una roccia ricca di mica e feldspato chiamata pegmatite, la quale è la sorgente anche di molti altri minerali di qualità gemma come tormaline e topazi – conclude Simone Molinari, conservatore della sezione di Mineralogia –. Altro esemplare, decisamente interessante per la sua rarità è un esemplare di acquamarina, anch’esso proveniente dal Pakistan, caratterizzato da un aggregato di minuti cristalli biterminati dall’abito fibroso di colore variabile dall’azzurro tenue al blu profondo. Infine, per la sua importanza storica non può non essere menzionato il bellissimo cristallo esagonale dalla colorazione blu profonda, proveniente dai filoni pegmatitici tardo alpini della Val Codera in provincia di Sondrio. Altri esemplari interessanti sono le acquemarine cinesi, quelle brasiliane e quelle provenienti dalla Namibia, spesso associate con tormaline nere».

Testo e foto dall’Ufficio Stampa Università di Padova

La tigre dai denti a sciabola dell’Era Glaciale sarà uno dei reperti esposti al Museo della Natura e dell’Uomo (MNU) dell’Università di Padova che aprirà il 23 giugno 2023 al Complesso di Palazzo Cavalli.

MERAVIGLIE IN VISTA / 1

«Nasce a Padova un nuovo luogo di partecipazione collettiva e democratica alla conoscenza, un grande museo scientifico inclusivo, che incentra la sua narrazione su migliaia di reperti originali di straordinario valore – dice Telmo Pievani, Responsabile scientifico del Museo della Natura e dell’Uomo –. Al MNU si farà ricerca, conservazione, didattica, condivisione dei saperi scientifici, sensibilizzazione sui temi ambientali, aprendosi ai pubblici più diversi, soprattutto giovani e giovanissimi. Sarà un teatro appassionante di cittadinanza scientifica».

«La nostra Università sta per compiere un altro grande salto verso il futuro con un progetto museale unico a livello universitario in Europa e probabilmente tra i più importanti progetti museali al mondo nel suo genere – afferma Fabrizio Nestola, Presidente del Centro di Ateneo per i Musei –. Da un Ateneo come il nostro non potevamo aspettarci che questo: un enorme investimento economico e di risorse umane completamente dedicato alla cultura e al territorio. Siamo tutti pronti ad iniziare questa entusiasmante avventura con l’obiettivo di educare ed ispirare le future generazioni».

Il Museo della Natura e dell’Uomo (MNU) dell’Università di Padova, che aprirà venerdì 23 giugno 2023, nasce dalla fusione delle ricchissime collezioni naturalistiche che sono state costruite nei secoli da studiosi ed esploratori dell’Università patavina, a fini di ricerca e didattica. Il nuovo allestimento riunisce in un unico percorso espositivo i preesistenti musei universitari di Mineralogia, Geologia e Paleontologia, Antropologia e Zoologia, integrandoli in una narrazione coerente e appassionante, arricchita da un intelligente apparato grafico, testuale e multimediale, a raccontare una storia planetaria dai suoi esordi, più di quattro miliardi di anni fa, fino ai giorni nostri.

Il MNU si articola in 38 sale per un totale di circa 3.800 mq, cui si aggiungono un ambiente per le esposizioni temporanee di circa 300 metri quadri.

tigre dai denti a sciabola Museo della Natura e dell’Uomo MNU

Una delle sezioni del museo sarà quella di Geologia e Paleontologia – Dalla comparsa della vita a Homo sapiens con 6 sale e 940 metri quadri a disposizione per illustrare ed esporre i suoi reperti: tra questi anche la tigre dai denti a sciabola dell’Era Glaciale.

«La tigre dai denti a sciabola, Smilodon fatalis, unico esemplare nel suo genere in Italia e fra i pochi presenti nei musei europei, è un fossile che risale al Pleistocene Superiore e proviene da Rancho La Brea in California (USA), uno tra i più importanti giacimenti fossiliferi al mondo per quantità e varietà di specie ivi recuperate – sottolinea Mariagabriella Fornasiero, conservatrice della sezione di Geologia e Paleontologia –. Il genere Smilodon è vissuto nelle Americhe circa 2 milioni di anni fa. Carattere distintivo di questo grosso felino sono i denti canini enormemente sviluppati che lo rendevano un temibile predatore. Probabilmente viveva in branco e poteva cacciare grossi erbivori, come ad esempio i mammut, ma non è escluso che si nutrisse anche di carcasse. Lungo più di 2 metri e alto circa 1,20 metri (al garrese), poteva pesare fino a 300 chilogrammi».

Smilodon fatalis

«Recentemente l’esemplare è stato oggetto di studio. Ricerche d’archivio hanno consentito di stabilire che esso è stato donato nel 1933 dal Museum of Paleontology dell’Università di Berkeley (California) in cambio di un reperto di Ursus spelaeus proveniente dal Carso triestino. Grazie ai codici numerici individuati per la prima volta sullo scheletro – conclude Luca Giusberti, referente scientifico della sezione di Geologia e Paleontologia –  è stato possibile definire con precisione la provenienza delle singole ossa che lo compongono e stabilire che il loro recupero è avvenuto negli anni tra il 1906 e il 1913. La tigre con i denti a sciabola è da sempre l’animale icona dell’era Glaciale che più colpisce l’immaginario di grandi e piccoli».

tigre dai denti a sciabola Museo della Natura e dell’Uomo MNU

Testo e immagini dall’Ufficio Stampa Università di Padova