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Un pipistrello africano tra i vicoli di Lampedusa: scoperta nuova specie per l’Europa, il miniottero del Maghreb

In un articolo pubblicato sulla rivista “Mammalian Biology”, un team di ricerca del CNR e NBFC ha documentato, per la prima volta in Europa, la presenza del “miniottero del Maghreb”, una specie di pipistrello finora considerata esclusiva del Nord Africa

Costa dell’isola di Lampedusa caratterizzata da bunker. Crediti per la foto: Fabrizio Gili
Costa dell’isola di Lampedusa caratterizzata da bunker. Crediti per la foto: Fabrizio Gili

Un team di ricerca che ha riunito due Istituti del Consiglio nazionale delle ricerche – l’Istituto per la ricerca sulle acque di Verbania (CNR-IRSA) e l’Istituto di ricerca sugli ecosistemi terrestri di Firenze (CNR-IRET) – e il Centro Nazionale per la Biodiversità (NBFC) ha documentato, per la prima volta in Europa, la presenza del miniottero del Maghreb (Miniopterus maghrebensis), una specie di pipistrello finora considerata esclusiva del Nord Africa.

La scoperta è descritta in un articolo pubblicato sulla rivista Mammalian Biology: lo studio è stato condotto sull’isola di Lampedusa, situata nello Stretto di Sicilia tra Europa e Africa, avamposto strategico per lo studio delle dinamiche biogeografiche. Proprio qui, il team ha condotto un’indagine approfondita sulla chirotterofauna locale (pipistrelli), combinando tecniche non invasive come il monitoraggio acustico automatico, l’ispezione di potenziali rifugi sotterranei e l’analisi genetica da campioni di guano. L’obiettivo era quello di chiarire la composizione faunistica di un’area finora poco studiata, ma potenzialmente di grande valore conservazionistico.

Le piccole isole, per loro natura, ospitano ecosistemi delicatissimi e vulnerabili a perturbazioni ambientali e climatiche anche minime. Inoltre, la crescente scarsità di risorse idriche legata ai cambiamenti climatici può rappresentare un fattore critico per la sopravvivenza dei chirotteri, che necessitano della presenza di fonti d’acqua per l’idratazione e la termoregolazione”, spiega Fabrizio Gili, ricercatore del CNR-IRSA che ha fatto parte del team di ricerca. “Per quanto attiene in particolare ai chirotteri, storicamente Lampedusa aveva restituito segnalazioni frammentarie di diverse specie, suggerendo una comunità potenzialmente ricca ma mai studiata in modo sistematico e approfondito. Tuttavia, l’aumento della pressione antropica, il turismo e i cambiamenti climatici in atto sollevavano dubbi sulla persistenza attuale di molte di queste specie, alcune delle quali oggi riconosciute come parte di complessi criptici o soggette a drastici declini su scala regionale”.

Nell’ottobre 2024, i ricercatori hanno esplorato l’isola, ispezionando cavità naturali e artificiali, tra cui molti bunker della Seconda guerra mondiale, spesso utilizzati dai pipistrelli come rifugi. L’indagine si è concentrata non solo sulla ricerca di animali, ma anche di tracce indirette della loro presenza, come guano e resti alimentari. E proprio da queste tracce è emersa la scoperta più significativa dello studio.

Bunker di Lampedusa. Crediti per la foto: Fabrizio Gili
Bunker di Lampedusa. Crediti per la foto: Fabrizio Gili

Le analisi genetiche, condotte nei laboratori del CNR-IRET di Firenze su escrementi raccolti presso il vecchio cimitero dell’isola, hanno confermato, per la prima volta in Europa, la presenza del miniottero del Maghreb (Miniopterus maghrebensis), specie finora nota solo in Marocco, Algeria e Tunisia. Un risultato che amplia i confini geografici della specie e presenta importanti implicazioni di conservazione.

Non si tratta solamente di aggiungere un nome ad un elenco”, precisa il ricercatore. “L’inclusione del miniottero del Maghreb tra le specie presenti in territorio europeo implica, infatti, l’estensione automatica delle misure di tutela previste, come quelle sancite dal Bat Agreement, trattato internazionale nato sotto la Convenzione di Bonn per promuovere la conservazione dei chirotteri e dei loro habitat. Il riconoscimento ufficiale del miniottero del Maghreb tra le specie europee porterebbe a 56 il numero di specie incluse nell’Accordo”.

Il miniottero del Maghreb (Miniopterus maghrebensis). Crediti per la foto: Jaro Schacht
Il miniottero del Maghreb (Miniopterus maghrebensis). Crediti per la foto: Jaro Schacht

Oltre al miniottero del Maghreb, lo studio ha documentato almeno altre sette specie sull’isola. Tra queste figurano l’orecchione di Gaisler (Plecotus gaisleri), finora noto in Europa solo per Malta e Pantelleria, e il ferro di cavallo di Mehely (Rhinolophus mehelyi), specie a distribuzione discontinua ristretta alla zona del Mediterraneo. Per entrambe, le sequenze genetiche identificate corrispondono a nuovi aplotipi mitocondriali endemici di Lampedusa, suggerendo un isolamento genetico rispetto ad altre popolazioni insulari o continentali.

Questo dato sottolinea il valore unico delle popolazioni di pipistrelli delle piccole isole, che rappresentano veri scrigni di diversità genetica e che pertanto necessitano di particolare attenzione conservazionistica. Come spesso accade in questi contesti, alcune delle componenti più preziose della biodiversità rischiano di scomparire prima ancora di essere comprese appieno”, conclude Gili.

Lo studio dimostra quanto siano ancora frammentarie le conoscenze sulla distribuzione della chirotterofauna europea, ed evidenzia la necessità di intensificare le ricerche sulla fauna delle isole minori del Mediterraneo, veri laboratori naturali per lo studio della biodiversità, e oggi più che mai ecosistemi da proteggere

Roma, 12 giugno 2025

La scheda

Chi: Istituto per la ricerca sulle acque del Consiglio nazionale delle ricerche di Verbania (Cnr-Irsa), Istituto di ricerca sugli ecosistemi terrestri del Consiglio nazionale delle ricerche di Firenze (Cnr-Iret), Centro Nazionale per la Biodiversità (NBFC)

Che cosa: Non-invasive survey techniques uncover the coexistence of African and European bats on the island of Lampedusa (https://doi.org/10.1007/s42991-025-00503-0)

Testo e foto dagli Uffici Stampa del Consiglio Nazionale delle Ricerche – CNR e del Centro Nazionale per la Biodiversità – NBFC, via Delos.

PER REGISTRARE I SEGNALI DEI PIPISTRELLI È SUFFICIENTE UNO SMARTPHONE

La scoperta dei ricercatori dell’Università di Torino apre nuove prospettive di citizen science, facilitando il monitoraggio di uno dei gruppi di mammiferi più elusivi del nostro ecosistema

Sulla rivista Biodiversity and Conservation è stata pubblicata la ricerca intitolata “Using mobile device built-in microphones to monitor bats: a new opportunity for large-scale participatory science initiatives”Il lavoro, guidato da Fabrizio Gili del Dipartimento di Scienze della Vita e Biologia dei Sistemi dell’Università di Torino, hanno testato l’efficacia dei dispositivi mobili di uso comune (smartphone e tablet) per rilevare i segnali dei chirotteri a bassa frequenza, confrontandola con quella ottenuta utilizzando strumenti professionali. È stato inoltre avviato un progetto pilota di citizen science, al fine di verificare l’applicabilità del metodo sul campo, ottenendo risultati sorprendenti.

chirotteri, comunemente noti come pipistrelli, rappresentano il secondo gruppo più numeroso tra i mammiferi con oltre 1470 specie note. Distribuiti in tutto il mondo ad eccezione dell’Antartide, svolgono servizi ecosistemici cruciali come regolatori dei parassiti, impollinatori e vettori di dispersione dei semi. In Italia e in Europa, tutte le specie di chirotteri sono protette per legge, e il monitoraggio dello stato di salute delle loro popolazioni è obbligatorio e strettamente regolamentato dall’Unione Europea.

Per orientarsi e comunicare, i pipistrelli emettono segnali ultrasonici rilevabili attraverso dispositivi chiamati bat detector. Costituiti da un microfono a ultrasuoni collegato a un registratore, i bat detector consentono di identificare le specie che vivono in una determinata area. La tecnologia moderna ha reso questi strumenti più compatti e accessibili, consentendo anche a volontari e appassionati di partecipare ai monitoraggi. Nonostante ciò, il costo elevato delle apparecchiature ne limita ancora l’applicazione in progetti di citizen science su larga scala.

Molosso di Cestoni (Tadarida teniotis)
Molosso di Cestoni (Tadarida teniotis)

Tuttavia, i segnali emessi da alcune specie di chirotteri possono essere percepite dall’orecchio umano. Ad esempio, il molosso di cestoni (Tadarida teniotis) emette segnali di ecolocalizzazione a frequenze di 11-12 kHz. I dispositivi mobili, progettati principalmente per le comunicazioni e la registrazione di suoni udibili, incorporano microfoni capaci di registrare fino a 22-24 kHz. Sulla base di questo assunto, ci si è chiesti se fosse possibile utilizzarli per monitorare almeno una parte delle specie di chirotteri esistenti.

La prima fase della ricerca è stata condotta a Torino e in altre aree del nord Italia, con una fase di campionamento in Spagna, dove è stata registrata la nottola gigante (Nyctalus lasiopterus), il più grande e tra i più misteriosi chirotteri europei. Sono state effettuate delle serate di registrazione utilizzando vari smartphone e tablet tra i più venduti globalmente, affiancati da un bat detector. Sono quindi state confrontate la quantità e la qualità delle registrazioni ottenute.

Nottola comune (Nyctalus noctula) ritratta durante le misurazioni
Nottola comune (Nyctalus noctula) ritratta durante le misurazioni

I risultati hanno evidenziato che almeno nove specie di chirotteri europei possono essere monitorate utilizzando i dispositivi mobili, con una quantità e qualità delle registrazioni comparabile a quella ottenuta tramite i bat detector. È emerso che i dispositivi iOS offrono una sensibilità superiore, rilevando segnali a distanze maggiori rispetto ai bat detector, mentre i dispositivi Android hanno mostrato nel complesso una minor sensibilità, con variazioni significative nelle performance a seconda del modello.

In una fase successiva, è stato coinvolto un gruppo di volontari, chiedendo loro di utilizzare i propri smartphone o tablet per registrare i segnali a basse frequenze emessi dai chirotteri nelle vicinanze delle loro abitazioni. Seguendo un protocollo standardizzato, i volontari hanno lasciato i dispositivi a registrare su davanzali, balconi o in giardini, inviando successivamente le registrazioni per le analisi. Sono stati testati 35 modelli di smartphone e tablet, ognuno dei quali ha dimostrato di poter registrare chirotteri.

Pipistrello nano (Pipistrellus pipistrellus) rifugiato in una cavità rocciosa
Pipistrello nano (Pipistrellus pipistrellus) rifugiato in una cavità rocciosa

Una delle considerazioni più interessanti che è emersa dallo studio è che le specie registrabili dai dispositivi mobili sono anche quelle più comunemente presenti nelle aree urbane, come i generi PipistrellusHypsugo e Tadarida, oltre a specie più legate agli ambienti forestali, come le nottole (genere Nyctalus), che molto spesso vengono comunque registrate di passaggio sopra le città. Ciò offre l’opportunità di monitorare la chirotterofauna urbana, soprattutto considerando la natura partecipativa del metodo. Con un’organizzazione adeguata, sarebbe dunque possibile monitorare i chirotteri urbani interamente su base volontaria e senza costi di strumentazione, offrendo ampie possibilità applicative in Europa e nel mondo.

Nonostante i risultati siano promettenti, il metodo presenta ancora alcune sfide. Ad esempio, la disponibilità di app specifiche per la registrazione varia tra i dispositivi Android e iOS. Su Android, l’app Bat Recorder (inizialmente sviluppata per funzionare in associazione a un microfono ultrasonico USB) permette di impostare la modalità di registrazione automatica, attivata cioè dalla rilevazione di segnali potenzialmente emessi da chirotteri, risparmiando spazio di archiviazione e semplificando l’analisi acustica. Questa app non è però disponibile per iOS, che al momento richiede registrazioni continue, più onerose da analizzare.

Un’altra sfida è la variabilità nell’efficacia dei dispositivi, con differenze significative sia tra brand diversi sia tra modelli dello stesso brand. In un progetto di citizen science basato sull’applicazione di questo metodo, i volontari dovrebbero quindi testare la sensibilità del proprio dispositivo per garantire la comparabilità dei dati raccolti. Tuttavia, incorporando i dispositivi mobili nei programmi di monitoraggio già esistenti o creando nuovi programmi dedicati, si potrebbe non solo facilitare la raccolta di dati a costi ridotti, ma anche aumentare la consapevolezza e la conoscenza dei chirotteri presso il pubblico.

Registrazione dei segnali a bassa frequenza dei chirotteri utilizzando uno smartphone
Per registrare i segnali dei pipistrelli è sufficiente uno smartphone. Registrazione dei segnali a bassa frequenza dei chirotteri utilizzando uno smartphone

Testo e foto dall’Ufficio Stampa Area Relazioni Esterne e con i Media Università degli Studi di Torino