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Benessere socioeconomico e tutela dell’ambiente: nessun Paese al mondo li garantisce entrambi

Un nuovo studio dell’Università di Pisa pubblicato sulla rivista Ecological Indicators conferma che nessuna nazione rientra nella “ciambella”, la teoria che definisce lo “spazio sicuro e giusto” per l’umanità

C’è uno “spazio sicuro e giusto” per l’umanità che si definisce a partire da indicatori ambientali e socioeconomici, è la teoria economica della cosiddetta “ciambella” lanciata da Kate Raworth, studiosa delle Università di Oxford e di Cambridge. Nessun paese al mondo oggi ci starebbe dentro. Da qui è partita la scommessa di due ricercatori, Tommaso Luzzati dell’Università di Pisa e Gianluca Gucciardi dell’Università degli studi di Milano-Bicocca: cosa succederebbe se si adottassero criteri meno rigidi rispetto a quelli impiegati dagli studi esistenti? Il risultato, come mostra un articolo pubblicato sulla rivista Ecological Indicators, è che, purtroppo, non cambierebbe niente. Nessun paese si salverebbe ancora.

Lo studio di Gucciardi e Luzzati ha analizzato la performance di 81 nazioni stilando anche diverse graduatorie. Come linea generale è emerso che i paesi ricchi sforano i limiti ambientali planetari, mentre quelli poveri non riescono a garantire i livelli minimi di benessere.

“Come è normale che sia, specie per le classifiche, le cose non sono mai bianche o nere, ciò premesso – dice Luzzati – abbiamo trovato che 26 paesi rispettano i parametri socioeconomici. Ai primi posti, come immaginabile, ci sono i paesi scandinavi, ma anche Belgio e Svizzera. L‘Italia raggiunge la “sufficienza” e si colloca al 19mo posto, superando fra le più grandi nazioni europee solo Portogallo, Spagna e Ungheria”.

“Per quanto riguarda gli indicatori ambientali – continua Luzzatti – rispettano i parametri 31 paesi del sud globale, tra cui Malawi, Bangladesh, Tajikistan, Nigeria e Mozambico. Infine, non stanno nella ciambella ma si avvicinano ad essa diversi paesi del Centro e Sud America, quali Messico, Costa Rica, Panama, Ecuador, Colombia, Perù e Cile, in Europa Croazia e Bulgaria e in Asia Cina e Thailandia”.

In totale, lo studio ha preso in considerazione 6 indicatori ambientali (emissioni di CO2, fosforo, azoto, uso del suolo, impronta ecologica e impronta materiale, ovvero il peso complessivo di tutti i materiali  estratti dall’ambiente per sostenere la crescita economica) e 11 indicatori socioeconomici (soddisfazione nella vita, aspettativa di vita sana, alimentazione,  servizi igienico-sanitari, reddito, accesso all’energia, istruzione, sostegno sociale, qualità della democrazia, uguaglianza, occupazione).

“Abbiamo affrontato la questione costruendo due serie separate di indicatori compositi per le dimensioni sociale e ambientale – conclude Luzzati – ma anche con criteri meno rigorosi, nessun paese attualmente si salverebbe, il che indica ancora un divario sostanziale da colmare sia nelle politiche sociali che ambientali”.

Tommaso Luzzati è professore Economia politica al Dipartimento di Economia e Management e fa parte del REMARC Responsible Management Research Center dell’Ateneo pisano.

il professor Tommaso Luzzati
Benessere socioeconomico e tutela dell’ambiente: nessun Paese al mondo li garantisce entrambi; lo studio pubblicato su Ecological Indicators. In foto, il professor Tommaso Luzzati

Link all’articolo scientifico: https://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S1470160X24013219

 

Testo e foto dall’Ufficio stampa dell’Università di Pisa.

LOFAR: LA PIÙ GRANDE RETE DI RADIOTELESCOPI ALLE BASSE FREQUENZE SI RAFFORZA DIVENENDO UN CONSORZIO EUROPEO DI INFRASTRUTTURA DI RICERCA (ERIC)

Il radiotelescopio europeo LOFAR (LOw Frequency ARray) acquisisce la nuova configurazione di European Research Infrastructure Consortium (ERIC). L’avvio di questa entità legale pensata per ottimizzare la gestione dell’infrastruttura e consolidare la leadership mondiale dell’Europa nel campo è stato ufficialmente dato nel corso della prima riunione del Consiglio di LOFAR ERIC svoltasi oggi.

Crediti per l’immagine: ASTRON

L’infrastruttura di ricerca di LOFAR, composta da 70mila antenne distribuite su ben dieci Paesi europei a cui anche l’Italia partecipa con la guida dell’Istituto Nazionale di Astrofisica, forma il telescopio a bassa frequenza più potente del pianeta ed è il più grande precursore del futuro radiotelescopio SKA alle basse frequenze. LOFAR ha già rivoluzionato la ricerca sulla radioastronomia, dando luogo a una valanga di pubblicazioni scientifiche nell’ultimo decennio. In particolare, la comunità Italiana sta giocando un ruolo fondamentale nell’utilizzo scientifico dei dati LOFAR e ha dato un contributo tecnologico importante nella progettazione e realizzazione dei sistemi che saranno utilizzati nell’aggiornamento della infrastruttura (LOFAR 2.0) prevista per il 2025.

LOFAR ERIC governerà proprio la sfida tecnologica alla base di LOFAR 2.0, che porterà ad un grande potenziamento di LOFAR mettendo a disposizione della comunità astronomica una capacità di osservazione ed elaborazione dei dati ancora più all’avanguardia, producendo un ulteriore balzo in avanti nella sensibilità e risoluzione delle immagini prodotte da LOFAR.

“Siamo fieri di contribuire in modo decisivo al progetto LOFAR” commenta Marco Tavani, Presidente dell’Istituto Nazionale di Astrofisica. “L’Italia è infatti uno dei Paesi fondatori di questo ERIC che oggi rafforza la leadership mondiale dell’Europa nel campo della radioastronomia. Il lavoro incessante per migliorare a livello tecnologico e organizzativo questa infrastruttura di ricerca sarà fondamentale per entrare in una nuova era dello studio dell’universo nelle onde radio, quando sarà operativo anche lo Square Kilometre Array Observatory”.

LOFAR ERIC fornirà un accesso trasparente a un’ampia gamma di servizi di ricerca scientifica per la comunità europea e globale, promuovendo collaborazioni e consentendo ai ricercatori di portare avanti progetti innovativi su larga scala in tutti i settori scientifici, tra cui lo studio dell’universo primordiale, la formazione e l’evoluzione delle galassie, la fisica delle pulsar e dei fenomeni radio transitori, la natura delle particelle cosmiche ad altissima energia e la struttura dei campi magnetici cosmici. LOFAR ERIC garantirà l’accesso ad una mole di dati senza precedenti attraverso un archivio distribuito su scala Europea e aperto alla comunità.

I membri fondatori di LOFAR ERIC sono Bulgaria, Germania, Irlanda, Italia, Paesi Bassi e Polonia. Collaborazioni con istituti in Francia, Lettonia, Svezia e Regno Unito garantiscono un’ulteriore partecipazione all’infrastruttura distribuita LOFAR e al programma di ricerca. La sede statutaria di LOFAR ERIC è a Dwingeloo, nei Paesi Bassi, ospitata dal NWO-I/ASTRON (Netherlands Institute for Radio Astronomy, che ha guidato la progettazione di LOFAR).

“L’istituzione di LOFAR ERIC consolida l’eccellenza a livello mondiale per l’Europa in un importante settore di ricerca”, dice René Vermeulen, direttore fondatore di LOFAR ERIC. “Con la sua impareggiabile infrastruttura di ricerca distribuita e il suo solido partenariato paneuropeo, LOFAR ERIC entra nello Spazio europeo della ricerca come una potenza all’avanguardia nella scienza e nella tecnologia dell’astronomia, con il potenziale per contribuire a sfide complesse più ampie”.

Informazioni su LOFAR ERIC

LOFAR ERIC (LOw-Frequency ARray European Research Infrastructure Consortium) assicura il futuro della radioastronomia a bassa frequenza sfruttando l’infrastruttura di ricerca distribuita LOFAR come osservatorio leader mondiale per la ricerca astronomica su larga scala. LOFAR ERIC consolida la leadership mondiale dell’Europa in questo campo. È stato istituito dalla Commissione europea il 20 dicembre 2023. I membri fondatori di LOFAR ERIC sono Bulgaria, Germania, Irlanda, Italia, Paesi Bassi e Polonia. Collaborano a LOFAR ERIC anche istituti in Francia, Lettonia, Svezia e Regno Unito.

LOFAR ERIC
Crediti per l’immagine: ASTRON

Informazioni su LOFAR

LOFAR è il più grande e sensibile radiotelescopio al mondo che opera a basse frequenze radio, tra 10 e 240 MHz. Si tratta di un’infrastruttura di ricerca distribuita che consiste in molteplici stazioni d’antenna, geograficamente distribuite in tutta Europa, tutte gestite via software e dotate di un potente sistema di calcolo e di una massiccia archiviazione di dati in diversi centri dati distribuiti. Il funzionamento congiunto forma un sistema di osservazione ed elaborazione dati unificato, altamente agile e capace. Con una sensibilità cento volte superiore a quella di qualsiasi telescopio precedente a queste frequenze, una risoluzione d’immagine senza precedenti su un ampio campo visivo e la capacità di osservare simultaneamente in più direzioni, LOFAR è di gran lunga il telescopio a bassa frequenza più potente del pianeta e sta rivoluzionando la nostra visione dell’universo radio a bassa frequenza. LOFAR è stato originariamente sviluppato dal NWO-I/ASTRON, l’Istituto olandese di radioastronomia, che ora ospita LOFAR ERIC e fornisce la maggior parte dei servizi operativi di LOFAR ERIC. LOFAR ERIC è finanziato congiuntamente dai suoi membri e partner, che stanno implementando collettivamente un importante aggiornamento (LOFAR2.0) per migliorare e ampliare notevolmente le capacità di ricerca scientifica.

LOFAR ERIC
Crediti per l’immagine: ASTRON

Testo e immagini dall’Ufficio stampa dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF).

L’IMPATTO DEL PRECARIATO SUI PROGETTI DI VITA DEI GIOVANI IN EUROPA

Presentazione del volume “Social exclusion of youth in Europe”, pubblicato nel 2021, che raccoglie dati, statistiche ed esperienze dei giovani europei.

precariato giovani Europa
L’impatto del precariato sui progetti di vita dei giovani in Europa. Foto di Gerd Altmann

Mercoledì 16 febbraio 2022dalle 9 alle 13, in diretta streaming dal Campus Luigi Einaudi dell’Università di Torino, si tiene la presentazione del volume Social exclusion of youth in Europethe multifaceted consequences of labour market insecurity, a cura di Sonia Bertolini, docente di sociologia dei processi economici e del lavoro al Dipartimento di Culture, Politica e Società UniTo, Michael Gebel (Università di Bamberg), Vasiliki Deliyanni-Kouimtzis (Università di Salonicco) e Dirk Hofäcker (Università di Duisburg-Essen). Modera il giornalista Paolo Volpato.

Il volume raccoglie dati, statistiche ed esperienze dei giovani europei raccolti attraverso Horizon Except, il progetto che dal 2016 ha cercato risposte a una serie di interrogativi: Cosa significa diventare autonomi in un mondo precario? Come si vive la progettualità e il percorso del divenire adulti in questo contesto? Quali sono le conseguenze dell’insicurezza sul benessere e sulla scelta di uscire dalla famiglia di origine? Che ruolo ha il significato del lavoro, in questo processo, e come si declinano questi aspetti in paesi diversi, quando diverso è il mercato del lavoro, il sistema di welfare, la cultura?

Social exclusion of youth in Europe rende conto di un lavoro interdisciplinare, comparativo e multi-metodo, fatto di analisi e lettura delle dinamiche tra lavoro e progetti di vita che riguardano i giovani in Europa. Un’iniziativa che ha coinvolto 9 paesi (Bulgaria, Estonia, Germania, Grecia, Italia, Polonia, Svezia, Ucraina e Regno Unito), con 386 interviste e 117 fotografie in tema di “divenire adulti oggi”.

In alcuni paesi come Italia, Polonia e Bulgaria emerge una doppia esclusione dei giovani: si può parlare di una sorta di “insicurezza istituzionalizzata” per indicare quando la precarietà lavorativa produce una serie di esclusioni a catena, ad esempio dal sostegno al reddito (in Italia fino allo scorso anno) o dall’accesso al credito bancario, che in questo Paesi è impossibile da ottenere senza un contratto fisso o la garanzia dei genitori, indipendentemente dal reddito.

In Italia l’insicurezza istituzionalizzata riguarda numeri considerevoli, se pensiamo che il 30% della popolazione giovanile è disoccupata e il 50% ha un contratto precario. La ricerca mette in luce le conseguenze negative sul benessere psicosociale e sull’autonomia psicologica, economica e abitativa: far fronte a questa insicurezza è un compito arduo, perché le strategie individuali e sociali non sono sufficienti per contrastare un sistema fortemente strutturato sull’insicurezza.

I dati degli ultimi anni ci dicono che la pandemia da Covid-19 ha avuto conseguenze sproporzionate su giovani e donne. Questo libro, fornendo una fotografia articolata e comparata della situazione prepandemica, aiuta a comprendere su quali premesse e su quali meccanismi abbia trovato terreno fertile quest’ultima ondata di precarietà ed esclusione.

Il team italiano di Horizon Except all’Università di Torino è composto da Sonia BertoliniMagda BolzoniChiara GhislieriValentina GoglioAntonella MeoValentina MoisoRosy MusumeciRoberta Ricucci e Paola Torrioni.

Testo dall’Ufficio Stampa dell’Università degli Studi di Torino