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Azienda Ospedaliero Universitaria Città della Salute e della Scienza

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L’IMPATTO DEL TUMORE DEL COLON-RETTO SUL BENESSERE PSICOLOGICO DEI PAZIENTI

Uno studio esplorativo condotto dal Dipartimento di Psicologia dell’Università di Torino, in collaborazione con l’Azienda Ospedaliera Universitaria “Città della Salute e della Scienza” di Torino, ha indagato l’impatto del cancro del retto e dei trattamenti medici sul benessere psicologico.

 

Una ricerca condotta dal gruppo di ricerca ReMind the Body” del Dipartimento di Psicologia dell’Università di Torino in collaborazione con l’equipe del reparto di Radioterapia Oncologica dell’Azienda Ospedaliera Universitaria “Città della Salute e della Scienza” ha indagato l’impatto del cancro del colon-retto e dei trattamenti medici sul benessere psicologico dei pazienti. ùIn Italia, il tumore del colon-retto è il secondo più frequente dopo quello della mammella. Le ricercatrici Valentina TesioAgata Benfante e Annunziata Romeo, coordinate dal Prof. Lorys Castelli, dell’Università di Torino, hanno seguito per un periodo di circa 18 mesi dalla diagnosi oncologica e dall’inizio dei trattamenti un gruppo di 43 pazienti che avevano da poco ricevuto una diagnosi di cancro del retto localmente avanzato.

Lo studio, durato due anni e culminato in due lavori pubblicati rispettivamente sulle riviste scientifiche internazionali Clinical and Translational Radiation Oncology e Psychological Trauma: Theory, Research, Practice, and Policy, ha analizzato l’impatto della diagnosi e dei successivi trattamenti previsti per questa patologia oncologica non solo sulla qualità della vita e sui livelli di distress psicologico (ossia sintomi ansiosi e depressivi), ma anche sulla crescita post-traumatica (Post-Traumatic Growth – PTG), un cambiamento psicologico positivo nelle priorità e nelle nuove possibilità, nell’apprezzamento della vita, nella dimensione spirituale, nelle relazioni interpersonali e nel senso della vita, conseguente al fronteggiamento di circostanze di vita traumatiche che mettono in discussione le convinzioni personali, come può accadere con una diagnosi di cancro.

Al fine di esplorare quali fattori medico-psicologici possano predire gli esiti connessi al benessere psicologico di questa popolazione oncologica, la ricerca ha seguito i pazienti e le pazienti durante l’intero percorso di cura, che prevedeva la combinazione fra resezione chirurgica e trattamento chemioterapico e radioterapico, rivalutando la condizione medico-psicologica nelle seguenti fasi del trattamento: dopo la prima visita radioterapica, durante la quale venivano comunicate le indicazioni per la (chemio)radioterapia preoperatoria (T0 – diagnosi), almeno 1 mese dopo la fine del trattamento preoperatorio (T1, in media 3 mesi dopo la diagnosi), almeno 1 mese dopo la resezione chirurgica (T2, in media 6 mesi dopo la diagnosi) e al follow-up di almeno 1 anno dopo la resezione chirurgica (T3, in media 18 mesi dopo la diagnosi).

Alla valutazione iniziale i pazienti e le pazienti presentavano lievi sintomi fisici di tipo intestinale e dolorosi, direttamente associabili al tumore del retto localmente avanzato, con livelli moderati di distress psicologico e ansia per la salute probabilmente dovuti al carico emotivo iniziale connesso alla diagnosi di cancro e alla preoccupazione per gli effetti collaterali dei trattamenti preoperatori, in particolare quelli legati alla radioterapia, di cui i pazienti e le pazienti con cancro sono spesso poco consapevoli, come emerge anche dalla letteratura precedente sul tema.

Durante le fasi di trattamento attivo, si è evidenziato un peggioramento della qualità di vita, in particolare dopo l’intervento chirurgico, al quale è seguito un miglioramento nel follow-up a medio termine. L’ansia ha, invece, mostrato una traiettoria molto più fluttuante, con livelli elevati alla diagnosi che diminuiscono dopo il trattamento preoperatorio (solo il 10% presenta sintomi clinicamente rilevanti in questa fase), per aumentare nuovamente dopo l’intervento chirurgico (il 27% presenta sintomi clinicamente rilevanti in questa fase) e, infine, diminuire al follow-up. Inoltre, se da un lato è stata confermata la forte influenza dei sintomi fisici correlati al cancro e degli effetti collaterali dei trattamenti sulla qualità di vita dei pazienti e delle pazienti, particolarmente al momento della diagnosi e durante i trattamenti attivi, d’altra parte è emerso che la reazione psicologica alle prime fasi di diagnosi e trattamento (ossia gli stili di coping adottati per fronteggiare tali eventi stressanti) fosse determinante nel predire la qualità di vita dopo i trattamenti attivi e a medio termine.

Per quanto riguarda la crescita post-traumatica, si è riscontrato un suo aumento progressivo nel tempo, suggerendo che il processo di crescita psicologica si sviluppi gradualmente ma precocemente nei pazienti e nelle pazienti con cancro del retto, per poi mostrare un aumento più significativo tra la valutazione postoperatoria e il follow-up a medio-lungo termine. Inoltre, i livelli di crescita psicologica iniziali, ovvero quelli post trattamento preoperatorio, sono risultati essere il fattore predittivo più forte dei livelli di crescita misurati al follow-up, quasi un anno dopo, seguiti dagli stili di coping adottati nelle fasi iniziali del trattamento. Considerata la scarsità degli studi che hanno valutato longitudinalmente questa popolazione specifica sin dalle prime fasi di malattia/trattamento, questo dato è nuovo e incoraggiante da un punto di vista clinico, suggerendo l’importanza di sostenere e monitorare la reazione psicologica e il processo di crescita psicologica positiva fin dalle fasi iniziali della presa in carico oncologica.

“Questo studio – dichiara la Dott.ssa Agata Benfante – si inserisce in un ambito scientifico ancora poco approfondito e per il quale saranno necessari ulteriori studi longitudinali al fine di implementare interventi psicologici su misura e nei tempi più opportuni. La ricerca ha evidenziato come le diverse fasi del trattamento oncologico mostrino specifiche peculiarità, sia a livello di impatto psico-fisico, sia a livello di risposta psico-fisica del soggetto, che possono avere ripercussioni nel determinarne sul medio-lungo termine la qualità di vita e il benessere psicologico. Risulta pertanto di fondamentale importanza monitorare le risposte psicologiche nei pazienti e nelle pazienti con cancro del retto sin dalla diagnosi e durante le diverse fasi del trattamento, per identificare tempestivamente sintomi di disagio psicologico clinicamente rilevanti, per promuovere risposte adattive al cancro e per sostenere il processo di crescita psicologica”.

“La diagnosi di cancro – ha aggiunto la Ricercatrice Dott.ssa Valentina Tesio – può non solo portare a esiti di salute mentale negativi, come il disagio psicologico clinicamente rilevante, ma può, e deve, anche innescare cambiamenti psicologici positivi, come la crescita post-traumatica, e sono proprio le diverse caratteristiche intrapsichiche dell’individuo a contribuire al suo adattamento alla malattia e ad influenzare gli esiti psicologici. È, quindi, necessaria una valutazione in chiave biopsicosociale, a partire dalla comunicazione della diagnosi, attraverso tutte le fasi successive del processo terapeutico fino al follow-up, poiché ogni fase presenta specificità fisiche e psicologiche. Sulla base di queste specificità, i servizi di supporto dovrebbero essere adattati sia al singolo individuo sia alla fase di trattamento, in particolare attuando interventi preventivi e pre-abilitativi multidisciplinari e multimodali nei momenti più opportuni per migliorare sia le reazioni legate al cancro che la qualità della vita e la salute psicologica nel medio termine”.

ospedale
Foto di tahabaz

Testo dall’Ufficio Stampa Area Relazioni Esterne e con i Media Università degli Studi di Torino

TUMORE DELL’OVAIO: PASSI AVANTI VERSO LA DIAGNOSI PRECOCE
Secondo i risultati di una ricerca l’applicazione di innovative tecniche di genomica permetterebbe di rilevare tracce di tumore ovarico con anni di anticipo rispetto alla manifestazione dei sintomi, grazie all’analisi del DNA sui tamponi utilizzati per il Pap test.
La scoperta potrebbe cambiare l’approccio alla malattia.

La ricerca, condotta in Humanitas, è stata portata a termine in maniera retrospettiva a partire dai tamponi di Pap test di 113 pazienti, raccolti e analizzati in collaborazione con numerosi centri su tutto il territorio italiano: IRCCS Ospedale San Gerardo di Monza, IRCCS Policlinico Gemelli di Roma, IRCCS Istituto Nazionale dei Tumori di Milano, IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano, il Centro di Riferimento Oncologico di Aviano, l’Azienda Ospedaliero Universitaria Città della Salute e della Scienza di Torino, l’Istituto Mario Negri di Milano e l’Università degli Studi di Padova.

Rozzano, 6 dicembre 2023 – Il sogno di una diagnosi precoce per il tumore dell’ovaio è oggi un passo più vicino alla realtà: secondo i risultati di uno studio, pubblicati sulla rivista Science Translational Medicine, grazie a nuove tecniche di analisi genomica è possibile identificare la presenza di alterazioni molecolari specifiche del tumore ovarico, con anni di anticipo rispetto alle prime manifestazioni della malattia, nei tamponi usati per il Pap test, il comune esame di screening dei tumori del collo dell’utero.

La diagnosi precoce del tumore dell’ovaio, i cui sintomi si manifestano tardivamente, è fondamentale per la sopravvivenza. Questa passa infatti, a cinque anni dalla diagnosi, da appena il 30% per i tumori diagnosticati al III stadio a oltre il 90% per i tumori identificati al I stadio, quando la malattia è ancora nella fase inziale di sviluppo.

«La sopravvivenza al tumore dell’ovaio dipende fortemente dal momento in cui la malattia viene scoperta: cambiare la nostra capacità di fare diagnosi precoce, significa cambiare le possibilità di cura. Ed è quello che crediamo sia possibile fare grazie a un approccio innovativo, implementabile su larga scala e non invasivo: utilizzando i tamponi dei Pap test e applicando tecniche di analisi genomica in grado di identificare un’importante firma molecolare di questo tumore: la sua instabilità genomica1»,

affermano Maurizio D’Incalci, professore di farmacologia in Humanitas University e responsabile del laboratorio di Farmacologia Antitumorale in IRCCS Istituto Clinico Humanitas, e Sergio Marchini, responsabile dell’Unità di Genomica traslazionale dello stesso istituto, che hanno ideato e coordinato lo studio.

«Il tumore all’ovaio viene diagnosticato quando ormai è in fase avanzata, quando cioè la malattia è diffusa in più organi. Il trattamento in questo stadio è molto complesso e spesso le pazienti vanno incontro a resistenza alla terapia. Avere dei metodi per la diagnosi precoce diventa cruciale: nello studio appena pubblicato abbiamo dimostrato come sia possibile – usando campioni che vengono abitualmente presi per il Pap test cioè campioni non invasivi, facili da ottenere e già utilizzati per altri screening – identificare con largo anticipo rispetto al momento della diagnosi le alterazioni genomiche precoci tipiche delle cellule tumorali. Il lavoro – sottolinea la professoressa Chiara Romualdi del Dipartimento di Biologia dell’Università di Padova che ha partecipato alla pubblicazione – ha un’ampia parte sperimentale e una, altrettanto grossa, parte computazionale. Io mi sono occupata di supervisionare la parte biostatistica e computazionale di analisi del dato genomico per definire le soglie utilizzate per identificare un campione con presenza di cellule tumorali o meno».

La ricerca è stata condotta in maniera retrospettiva a partire dai tamponi di Pap test di 113 pazienti, raccolti e analizzati in collaborazione con numerosi centri su tutto il territorio italiano: IRCCS Ospedale San Gerardo di Monza, IRCCS Policlinico Gemelli di Roma, IRCCS Istituto Nazionale dei Tumori di Milano, IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano, il Centro di Riferimento Oncologico di Aviano, l’Azienda Ospedaliero Universitaria Città della Salute e della Scienza di Torino, l’Istituto Mario Negri di Milano e l’Università degli Studi di Padova.

La ricerca è stata possibile grazie al sostegno di Fondazione Alessandra Bono, Fondazione AIRC per la ricerca sul cancro e Alleanza Contro il Cancro. Gli studi proseguiranno anche grazie al contributo di Rinascente attraverso Fondazione Humanitas per la Ricerca.

Tumore dell’ovaio: la sfida della diagnosi precoce e il ruolo dell’instabilità genomica

In Italia ogni anno vengono diagnosticati più di 5000 nuovi casi di tumore all’ovaio, che si aggiungono alle circa trentamila donne che sono già in cura per la patologia. La forma più frequente di tumore ovarico è chiamato “carcinoma ovarico sieroso ad alto grado” (in acronimo HGSOC). Costituisce il 70% di tutte le diagnosi e rappresenta purtroppo la forma più aggressiva e letale della malattia, spesso resistente ai farmaci chemioterapici anche perché diagnosticata in fase avanzata. Il tumore all’ovaio è infatti una patologia che non dà sintomi facilmente riconoscibili.

Negli ultimi decenni diversi gruppi di ricerca nel mondo hanno provato a mettere a punto una tecnica di diagnosi precoce per il tumore ovarico, senza successo. Una di queste tecniche, come quella proposta da ricercatori di Humanitas su Science Translational Medicine, si basava sull’analisi dei tamponi per il Pap test, ma in quel caso si cercava una mutazione genetica che si è poi rivelata non sufficientemente specifica.

«A fare la differenza, questa volta, è l’idea di guardare a un’altra caratteristica molecolare delle cellule tumorali: la loro instabilità genomica – spiega Sergio Marchini –. Oggi sappiamo che già nelle prime fasi del processo di trasformazione tumorale, il DNA delle future cellule neoplastiche è caratterizzato da profonde anomalie nella sua struttura e organizzazione. L’instabilità genomica è quindi una caratteristica primitiva e non condivisa con le cellule sane, e quindi un’ottima base di partenza per sviluppare un test di diagnosi precoce».

Lo studio retrospettivo su 113 pazienti con tumore ovarico

Per realizzare lo studio, i ricercatori hanno raccolto i Pap test effettuati, anni prima della diagnosi, da 113 donne con tumore all’ovaio. I tamponi sono stati analizzati con una tecnica di sequenziamento del DNA che permette di rilevare anche piccole tracce di DNA tumorale e di misurare la loro instabilità genomica. I risultati così ottenuti sono poi stati confrontati con un gruppo di controllo: i Pap test di 77 donne sane, che non hanno ricevuto negli anni successivi alcuna diagnosi di tumore.

«Per la prima volta nella ricerca sulla diagnosi del tumore ovarico, i dati sono davvero promettenti: dimostrano che la tecnica impiegata è in grado di riconoscere nei tamponi la presenza di DNA tumorale con anni di anticipo rispetto alla manifestazione della malattia, in un caso addirittura nove anni prima. Il numero di falsi positivi nel gruppo di controllo è molto basso, così come il numero di falsi negativi tra i tamponi delle pazienti con tumore»,

spiegano Lara Paracchini e Laura Mannarino, prime autrici dello studio, di cui hanno curato rispettivamente gli esperimenti in laboratorio e l’analisi bioinformatica dei dati.

Si tratta però solo del primo fondamentale passo vero la dimostrazione di fattibilità ed efficacia di una tecnica di diagnosi precoce per questa malattia.

«I test diagnostici sono particolarmente complessi da testare perché vanno valutati nel mondo reale, su grandi numeri di pazienti e in modo prospettico. Solo così sarà possibile dimostrare che rilevando queste tracce di DNA altamente instabile siamo davvero in grado di predire la malattia e di implementare un percorso di monitoraggio che può salvare delle vite. I dati appena pubblicati su Science Translational Medicine aprono una strada: ora serve il sostegno di tutti per avviare un ampio e robusto studio prospettico, volto a confermare i dati e trasformare il sogno di una diagnosi precoce del tumore ovarico in una realtà concreta», conclude il prof. Maurizio D’Incalci.

DNA - Neuroscienze forensi
Foto di Darwin Laganzon

1 Pesenti C, Beltrame L, Velle A, et al. Copy number alterations in stage I epithelial ovarian cancer highlight three genomic patterns associated with prognosis. Eur J Cancer. 2022;171:85-95. https://doi.org/10.1016/j.ejca.2022.05.005

Per approfondire la notizia: https://www.humanitas.it/news/cancro-dell-ovaio-nuove-prospettive-di-cura-grazie-alla-genomica-molecolare/

 

Testi dagli Uffici Stampa dell’Università di Padova e della Humanitas University.