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Non è mai morto nessuno – Intervista ad Alessandro Mustazzolu e recensione del suo nuovo libro

Tay mi invia una foto, scrivendomi

Non puoi immaginare cosa mi è successo! Ho comprato il salmone al supermercato e, prima di cucinarlo l’ho ispezionato, come mi hai sempre detto di fare. Qualcosa si muoveva! Incredibile…proprio a me doveva capitare di vedere quel vermetto?!

Tay è una persona consapevole del fatto che le infezioni alimentari sono solo una delle possibili vie di contatto con microrganismi, ma se non fosse stata informata sul genere Anisakis, come avrebbe gestito la situazione? Probabilmente, le avrei suggerito il libroNon è mai morto nessuno” di Alessandro Mustazzolu.

Il testo “Non è mai morto nessuno”, edito da Gribaudo, aiuta a diventare più consapevoli della presenza di un gran numero di microrganismi nel mondo in cui con-viviamo. Il merito del volume è quello di guidarci nella conoscenza dell’invisibile intorno a noi, il quale diventa percepibile, spesso, solo quando si parla di malattie infettive. Le informazioni presenti potrebbero aiutarci anche nelle conversazioni “scomode”, ossia quelle in cui l’interlocutore è in errore, è vittima di un bias cognitivo e non si hanno più strumenti per aprirgli gli occhi.

la copertina del saggio Non è mai morto nessuno, di Alessandro Mustazzolu, pubblicato da Edizioni Gribaudo (2024) nella collana Straordinariamente. Foto di Carmen Troiano
la copertina del saggio Non è mai morto nessuno, di Alessandro Mustazzolu, pubblicato da Edizioni Gribaudo (2024) nella collana Straordinariamente. Foto di Carmen Troiano

I bias cognitivi sono costrutti mentali derivanti da percezioni errate che nutrono pregiudizi e ideologie. I bias cognitivi, utilizzati spesso per prendere decisioni rapide, possono avere forte impatto sulla quotidianità. Ebbene, i bias inerenti i microrganismi sono definiti dall’autore microbias.

Dopo la meravigliosa prefazione di Barbascura X, divertente e provocatoria, gli argomenti sono divisi in tre sezioni: microbias in cucina, microbias fuori dalla cucina, microbias e microbioma. Ogni argomento inizia con una storia di vita quotidiana: una conversazione, il pensare tra se e se, notizie ascoltate in TV, ecc. I paragrafi non sono quasi mai lunghi e affrontano ciascuno una parte in cui è stata segmentata la tematica: passo passo sarete condotti alla fine e avrete una visione d’insieme. Al termine di ogni “capitolo” c’è la bibliografia per risalire alla fonte primaria. Infine, nella parte finale, il lettore è indotto a riflettere sul presente e su un futuro prossimo, soprattutto per quanto riguarda il fenomeno della resistenza antimicrobica agli antibiotici.

Sebbene alcuni passaggi sembrino ostici e difficili per i non addetti ai lavori, basta essere pazienti: sarà tutto chiarito nel paragrafo o nella pagina seguente, in un box di approfondimento (più numerosi nella prima sezione rispetto alle altre due) o da un’immagine schematica. Il libro, infatti, non è solo adatto alle persone che mostrano la volontà di correggere microbias, ma anche a tutte quelle persone interessate ai microrganismi.

Il rigore scientifico lo si vede dall’attenzione per il lessico e la terminologia. Non per essere pedanti, ma al fine di evitare di incorrere in ulteriori incomprensioni ed errori, bisogna usare i termini idonei e appropriati. Il tutto è supportato da aneddoti personali, racconti di storia della scienza, analogie e metafore. Il lettore non deve aspettarsi un manuale di buone pratiche, un archivio di cose da fare o non fare: ripeto, il libro rende consapevoli le persone su numerose pratiche della vita quotidiana in cui o si fa finta di non sapere o si tenta la sorte… perché tanto “non è mai morto nessuno”. Dopo questo libro potreste non cambiare nulla di ciò che facevate in cucina, per esempio, ma almeno sarà una vostra scelta consapevole: non sarebbe ammesso dire “non lo sapevo”.

Il libro, quindi, può essere letto anche per avere la risposta pronta a coloro i quali credono che qualsiasi influencer, TikToker, Instagrammer possa essere chiamato divulgatore scientifico. Il lavoro divulgativo di Alessandro Mustazzolu potrebbe rendere più consapevoli anche gli amici e i parenti più ostinati. La “conversione” non è assicurata.

la copertina del saggio Non è mai morto nessuno, di Alessandro Mustazzolu, pubblicato da Edizioni Gribaudo (2024) nella collana Straordinariamente. Foto di Carmen Troiano
la copertina del saggio Non è mai morto nessuno, di Alessandro Mustazzolu, pubblicato da Edizioni Gribaudo (2024) nella collana Straordinariamente. Foto di Carmen Troiano

Inizierei dalla divulgazione scientifica, attività che svolge sia su Instagram che su YouTube. Piero Angela ha fatto scuola con la sua proverbiale onestà intellettuale e il rigore. Molte persone che si occupano oggi di divulgazione lo hanno preso ad esempio. Come si è approcciato alla divulgazione scientifica?

Piero Angela è stato sicuramente il “papà” di molti divulgatori, i suoi programmi hanno fatto storia e hanno ispirato molti di noi fin da bambini, tuttavia il mio approccio al mondo della divulgazione parte dai vaccini. Nel periodo in cui fu introdotto l’obbligo vaccinale.
Una volta percepita la confusione da parte delle persone sul tema, ho avvertito l’urgenza di spiegare a più gente possibile l’argomento, sfatando alcuni luoghi comuni e spiegando i meccanismi biologici alla base di questo strumento che ogni anno salva milioni di vite.

Come avvicinare le persone non esperte alla scienza?

Credo che la chiave sia nella curiosità. Le persone hanno sete di conoscenza, sta a noi “dissetarle” nella maniera più opportuna. Il problema è che non tutte le sorgenti d’acqua sono pure, esattamente come diceva Piero Angela.

Facciamo un salto alla pandemia causata dal SARS-CoV-2. Essa ha fatto conoscere al grande pubblico la parola zoonosi, cioè il fenomeno biologico secondo il quale un patogeno è trasmesso da un’altra specie animale all’uomo. C’è però anche la possibilità di un fenomeno inverso, cioè che gli umani infettino gli altri animali. Quanto si sa sull’argomento? Può spiegarci brevemente quali sono i meccanismi biologici che favoriscono il passaggio di un virus da una specie ospite all’altra?

Sicuramente la pandemia ha reso “pop” molti termini che prima circolavano solamente tra gli addetti ai lavori. Il fenomeno del spillback si riferisce alla trasmissione di un virus dagli umani agli animali, come avvenuto con SARS-CoV-2 in cani, gatti e visoni. Questo processo avviene quando il virus, originariamente zoonotico, “torna indietro” verso una specie animale.

Meccanismi chiave includono la compatibilità dei recettori, mutazioni che favoriscono l’adattamento virale e il contatto ravvicinato tra umani e animali. Il fenomeno è facilitato anche da ambienti densi, come allevamenti, dove il virus può circolare, creando un rischio di riserve animali che perpetuano la diffusione virale. L’argomento è affascinante e sicuramente in futuro verrà approfondito, spero che gli studi in tal senso si intensifichino presto.

Immagine di Viktor Forgacs

Parliamo di un’altra pandemia che continua da circa quarant’anni: quella causata dal virus dell’immunodeficienza umana (Human immunodeficiency virus, HIV). Tra i metodi per ridurre il rischio di trasmissione sessuale dell’HIV è disponibile la PreP, sigla che significa Profilassi pre-Esposizione. Si tratta di uno strumento farmacologico preventivo efficace per chi ha attività sessuale non protetta. Nel 2023 è stata approvata in Europa la long acting PrEP, somministrazione iniettabile a lunga durata di azione da effettuarsi ogni due mesi. Quali sono i benefici, le difficoltà e le prospettive di tale trattamento?

La prevenzione delle nuove infezioni rappresenta un aspetto cruciale e gli strumenti a disposizione per attuarla sono molteplici e a vari livelli, dall’uso del profilattico (maschile o femminile) alla profilassi pre-esposizione (PrEP). Questa strategia implica l’utilizzo, prima dei rapport sessuali, di farmaci antiretrovirali nelle persone HIV-negative per ridurre il rischio di contrarre l’infezione.

“Prevenzione”, come in molte altre malattie una parola chiave, un termine facile da capire, difficile da applicare, soprattutto se ci si convince che un determinato evento, come il contatto con l’HIV, sia precluso solamente a poche categorie di persone, quando invece, i virus non guardano in faccia a nessuno. La long acting PrEP offre un’alternativa alle pillole giornaliere, richiedendo solo sei iniezioni all’anno, il che potrebbe migliorare significativamente l’aderenza, soprattutto per le persone che hanno difficoltà ad assumere farmaci quotidiani.

Immagine di Bermix Studio

Cambiamo argomento e soffermiamoci sulle fake news riguardanti gli alimenti. Numerose fake news riguardano il presunto cibo contaminato e viaggiano veloci, non solo sui social network. Quali sono, a suo avviso, i meccanismi e le strategie che oggigiorno portano alla diffusione delle fake news? Quali consigli darebbe ai lettori per informarsi sulla sicurezza di ciò che mangiano?

Come spiego nel mio libro, le fake news sugli alimenti riguardano soprattutto modi di fare radicati nel tempo che hanno cementificato le proprie origini nelle tradizioni famigliari. Andarle a toccare significa “rovinare” i ricordi famigliari e mettere in discussione concetti ormai dati per veri. Consiglio di leggere, iniziando dalle etichette.

Che le uova vadano messe in frigo dopo l’acquisto non è una opinione personale di qualcuno ma è una raccomandazione scritta dai produttori per determinati motivi legati al microbiota presente nel guscio. Che i würstel vadano cotti prima del loro consumo non lo dice il divulgatore sui social a cui credere ma c’è scritto sulle confezioni per motivi validi che il produttore conosce benissimo, come il rischio di contrarre batteri pericolosi per la salute umana come la Listeria.

Immagine di Vlad Tchompalov

Inoltre, ritiene sia necessaria la polarizzazione, anche riguardo ai temi scientifici, quando i cittadini vogliono compartecipare alle scelte delle società moderne?

La polarizzazione in ambito scientifico può essere problematica, specialmente quando i cittadini vogliono prendere parte alle decisioni che riguardano la società moderna. Come microbiologo, la mia visione è che il dibattito scientifico dovrebbe basarsi sui dati e non su divisioni ideologiche.

La scienza funziona attraverso il consenso basato sull’evidenza: esperimenti, prove ripetibili e analisi critica. Polarizzare una discussione scientifica, rendendola binaria, distorce questa realtà complessa e può portare a decisioni non informate, rischiando di ostacolare progressi importanti, come la lotta contro le malattie infettive. Un approccio equilibrato e basato sulla conoscenza è essenziale per garantire una compartecipazione responsabile e consapevole.

la copertina del saggio Non è mai morto nessuno, di Alessandro Mustazzolu, pubblicato da Edizioni Gribaudo (2024) nella collana Straordinariamente. Foto di Carmen Troiano
la copertina del saggio Non è mai morto nessuno, di Alessandro Mustazzolu, pubblicato da Edizioni Gribaudo (2024) nella collana Straordinariamente. Foto di Carmen Troiano

Parliamo adesso di un altro tema del suo libro: la farmaco resistenza. Tedros Adhanom Ghebreyesus, direttore generale dell’Organizzazione Mondiale di Sanità (OMS) ha definito la resistenza che molti microrganismi stanno sviluppando ai farmaci antimicrobici “Una delle più gravi minacce sanitarie del nostro tempo”. Come affrontare tale minaccia globale?

Concordo sul fatto che la minaccia sia grave e soprattutto appartenga ai nostri tempi e non a quelli futuri. La minaccia purtroppo non si può affrontare con la speranza di vincerla dal basso, ovvero non si può pensare che un consumo più mirato di queste molecole risolva il problema.

È solamente questione di tempo prima che le molecole attive contro i batteri finiscano, prima cioè che alcuni batteri diventino resistenti praticamente a tutto. La salvezza, come sempre, arriverà dalla scienza, ma un consumo attento e oculato, che ricordo non è responsabilità solamente dei cittadini ma anche dei medici e dei farmacisti, rallenterà il momento in cui verremo proiettati in quella che ormai viene chiamata “era pre-antibiotici”.  

la cover del saggio Non è mai morto nessuno, di Alessandro Mustazzolu, pubblicato da Edizioni Gribaudo (2024) nella collana Straordinariamente
la cover del saggio Non è mai morto nessuno, di Alessandro Mustazzolu, pubblicato da Edizioni Gribaudo (2024) nella collana Straordinariamente

 

Alessandro Mustazzolu è microbiologo e micobatteriologo. Si è occupato, per molto tempo, di sorveglianza e ricerca nei confronti dei micobatteri, in particolare di quello responsabile della tubercolosi. La sua carriera scientifica inizia nell’Azienda Ospedaliera San Camillo Forlanini e si sviluppa rapidamente, prima attraverso collaborazioni con laboratori privati e poi con un’esperienza lavorativa, che a oggi perdura, presso l’Istituto Superiore di Sanità. Oltre al lavoro di microbiologo, si è impegnato come insegnante presso scuole, università, congressi, e come autore di diverse pubblicazioni su riviste internazionali. Da qualche anno si occupa di creare contenuti a carattere microbiologico anche su Instagram e YouTube.

Il libro recensito è stato cortesemente fornito dalla casa editrice.

L’obiettivo dello Studio di Esposizione nella Popolazione Suscettibile – SPES, è valutare la relazione tra inquinanti ambientali (Metalli pesanti, IPA, PCB, Diossine, ecc) e salute in Campania. Microbioma, ambiente e salute: la nuova frontiera del benessere. Il microbioma è interprete fondamentale nell’interazione ambiente-salute e costituisce un ulteriore parametro nello sviluppo di modelli di valutazione del rischio.

Lo dimostra uno studio condotto dal Dipartimento di Agraria dell’Università degli Studi di Napoli Federico II e dall’Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Mezzogiorno e pubblicato sulla rivista internazionale Nature Communications.

 

Il corpo umano è abitato da miliardi di batteri che costituiscono una inesauribile fonte di potenziali attività per il nostro organismo.

In particolare, il microbioma intestinale viene a contatto, metabolizza e trasforma tutta una serie di composti chimici che possono avere diverse origini (ad esempio nutrienti, farmaci, contaminanti ambientali). Tuttavia, il modo in cui i microrganismi intestinali rispondono all’esposizione all’inquinamento ambientale è stato ancora poco esplorato.

La Campania è stata destinataria di attenzioni particolari negli ultimi 15 anni per le vicende legate alla “Terra dei Fuochi” e all’inquinamento ambientale relativo a particolari aree della Regione.

Per tale problematica la Regione Campania ha promosso e finanziato, nel corso degli anni, diversi interventi, tra cui il Piano Integrato Campania Trasparente (https://www.campaniatrasparente.it),  uno studio innovativo e pionieristico che prevede il monitoraggio dei suoli, delle acque, dei prodotti agro-alimentari ed il biomonitoraggio sulla popolazione residente mediante la conduzione dello Studio di Esposizione nella Popolazione Suscettibile (SPES – http://spes.campaniatrasparente.it).

L’obiettivo di SPES, promosso dall’Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Mezzogiorno in collaborazione con l’IRCCS G. Pascale di Napoli, è valutare la relazione tra inquinanti ambientali (Metalli pesanti, IPA, PCB, Diossine, ecc) e salute in Campania, misurando in maniera sistematica i biomarcatori di esposizione, di effetto o danno nei fluidi biologici, al fine di verificare eventuali differenze di rischio e/o di salute fra residenti nelle diverse aree territoriali campane.

In uno studio recentemente pubblicato sulla rivista internazionale Nature Communications (https://rdcu.be/dI6BG), viene preso in considerazione un sottogruppo di 359 soggetti della coorte SPESper valutare l’impatto dell’esposizione all’inquinamento sulla composizione del microbioma intestinale e sulle sue potenziali funzioni.

La ricerca, condotta dal Dipartimento di Agraria dell’Università degli Studi di Napoli Federico II e dall’Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Mezzogiorno, evidenzia come in soggetti provenienti da aree a diverso impatto ambientale si osservi un diverso incremento nell’intestino dei geni microbici legati alla degradazione e/o alla resistenza agli inquinanti.

In particolare, l’esposizione ai metalli pesanti promuove anche nel microbioma intestinale lo sviluppo di antibiotico-resistenza. Infatti, in letteratura, è riportato che la resistenza ai metalli e quella agli antibiotici sono fenomeni spesso correlati, in quanto i geni coinvolti sono gli stessi o sono localizzati in punti vicini del genoma microbico.

Questo studio rappresenta una ulteriore evidenza dell’affascinante processo di co-evoluzione del microbioma intestinale con l’uomo. I nostri microrganismi si adattano alle condizioni ambientali a cui siamo esposti e i contaminanti ambientali spingono le nostre popolazioni microbiche ad attrezzarsi per degradarli. Sarebbe interessante sfruttare queste capacità dei microrganismi per promuovere meccanismi di adattamento dell’uomo a situazioni di rischio ambientaleDanilo Ercolini, Direttore del Dipartimento di Agraria e Responsabile Scientifico della Task Force di Ateneo per gli Studi sul Microbioma dell’Università degli Studi di Napoli Federico II.

Lo studio del microbioma rappresenta un innovativo approccio nell’ambito delle correlazioni ambiente, cibo, salute. L’alterazione di questi batteri, che costituiscono il 3% del corpo umano, risulta responsabile di varie malattie tra cui obesità, patologie croniche degenerative e immunitarie. Studiare i fattori che influenzano la composizione di oltre 10.000 specie di batteri che ospitiamo, ci porta a sviluppare nuove strategie di profilassi e terapeutiche dichiara il Direttore Generale dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Mezzogiorno, Antonio Limone.

Lo studio è stato svolto nell’ambito del progetto Linking environmental pollution and gut microbiota in individuals living in contaminated settlements, finanziato dal Ministero della Salute (Ricerca Finalizzata 2016 – Linea Giovani Ricercatori – GR-2016-02362975), la cui responsabile scientifico è Francesca De Filippis, ora professore associato di Microbiologia al Dipartimento di Agraria.

 

Testo e immagini dall’Ufficio Stampa Rettorato Università degli Studi di Napoli Federico II.

Fabiana ramulosa: una pianta contro l’antibiotico-resistenza 

Un team multidisciplinare della Sapienza ha individuato in una molecola dell’arbusto originario delle pendici montuose del Cile e dell’Argentina un alleato naturale contro la resistenza agli antibiotici. L’azione antimicrobica della pianta è stata scoperta utilizzando approcci bioinformatici e screening biologici. I risultati del lavoro sono pubblicati sulla rivista Journal of Antimicrobial Chemotherapy

Fabiana densa ramulosa antibiotico-resistenza
Il composto BBN149, estratto da Fabiana ramulosa, inibisce la crescita batterica di batteri resistenti alla colistina. A destra la pianta utilizzata per l’estrazione del BBN149 la cui struttura è riportata al centro. Il grafico a sinistra riporta l’inibizione della crescita (Growth %) di un ceppo di P. aeruginosa resistente alla colistina in presenza di dosi crescenti di BBN149 e colistina (+ colistin). Si può notare che in presenza di colistina il BBN149 inibisce completamente la crescita del ceppo resistente alle concentrazioni comprese tra 125 e 31 mM, mentre non ha alcun effetto in assenza di colistina.

La resistenza agli antibiotici, o antibiotico-resistenza, è un meccanismo che deriva dal naturale sistema di difesa dei batteri nei confronti degli agenti esterni. A livello molecolare si tratta di un processo che normalmente avviene in pochi microrganismi di una popolazione batterica. Tuttavia, quando la popolazione è esposta agli antibiotici, i batteri resistenti per continuare a sopravvivere e a proliferare diffondono velocemente questa capacità a batteri diversi presenti nello stesso ecosistema.

L’antibiotico-resistenza sta compromettendo la possibilità di trattare le più comuni infezioni batteriche, mettendo a rischio anche procedure mediche ordinarie quali gli interventi chirurgici o i trattamenti chemioterapici. La situazione inoltre sta peggiorando con l’emergere di nuovi ceppi batterici capaci di sviluppare resistenza a più antibiotici (multi-resistenza) e persino pan-resistenza a tutti gli antibiotici disponibili. Basti pensare a batteri come Klebsiella pneumoniae, Escherichia coli, Staphlylococcus aureus e Pseudomonas aeruginosa, che sono diffusi in tutti i paesi e mostrano resistenze multiple anche agli antibiotici indicati come ultima risorsa, limitando fortemente le opzioni di cura per i pazienti.

Per il trattamento di infezioni da batteri multi- o pan-resistenti sono stati reimmessi nella terapia vecchi antibiotici che, non essendo stati più stati utilizzati da diversi anni, possono risultare efficaci. Uno di questi è la colistina, una molecola antimicrobica entrata in disuso negli anni ‘50 e recentemente riconsiderata per il trattamento di infezioni da batteri Gram-negativi come la Klebsiella.

Oggi, un nuovo studio coordinato dalla Sapienza Università di Roma, in collaborazione con altre università e enti di ricerca italiani, ha indagato i meccanismi molecolari alla base della resistenza dei batteri alla colistina, giungendo a identificare un composto naturale in grado di disattivare l’azione dei batteri contro il farmaco.

Lo studio, risultato dell’approccio multidisciplinare di un team di chimici, bioinformatici, microbiologi e biochimici, è stato pubblicato sulla rivista Journal of Antimicrobial Chemotherapy e ha visto il supporto del MUR, della Fondazione Fibrosi Cistica e dell’Istituto Pasteur Fondazione Cenci Bolognetti.

In particolare, i ricercatori hanno osservato che la colistina si lega alla parete dei batteri, nello specifico alla loro componente lipideA del lipopolisaccaride, e ne distrugge l’integrità causandone la morte. Nei batteri che sviluppano resistenza alla colistina invece si attiva l’enzima ArnT, che modifica il lipideA rendendolo inattaccabile.

La conoscenza dei meccanismi molecolari alla base della colistina-resistenza, ha permesso quindi di identificare BBN149, un composto di origine naturale estratto dalla pianta Fabiana densa var. ramulosa, un genere di piante originario delle pendici montuose del Cile e dell’Argentina.

“Poiché in alcuni casi la colistina rappresenta l’ultima opportunità terapeutica disponibile è molto importante preservarne l’attività il più a lungo possibile” – spiega Fiorentina Ascenzioni del Dipartimento di Biologia e biotecnologie Charles Darwin della Sapienza. “Il nostro obiettivo è stato quello di trovare un composto capace di inattivare ArnT e lo abbiamo fatto attraverso lo screening di una vasta libreria di composti naturali appartenente al gruppo di Bruno Botta del Dipartimento di Chimica e tecnologia del farmaco del nostro Ateneo”.

Successivamente i ricercatori hanno confermato la funzione di BBN149 con dati microbiologici e biochimici e poi attraverso l’utilizzo di tecniche di molecular modeling, utili a simulare il comportamento della molecola.

I dati sperimentali presentati nel lavoro, da una parte confermano ArnT come target anti-colistina-resistenza, dall’altra aprono la strada allo sviluppo di adiuvanti della colistina nel trattamento di infezioni batteriche da Gram-negativi colistina-resistenti, le quali sono rapidamente aumentate da quando è stato ripristinato l’utilizzo della molecola negli antibiotici.

Fabiana ramulosa antibiotico-resistenza
Fabiana ramulosa, dalla quale è possibile estrarre una molecola, alleato naturale contro l’antibiotico-resistenza. Foto di Penarc, CC BY 3.0

Riferimenti:

A novel colistin adjuvant identified by virtual screening for ArnT inhibitors – Francesca Ghirga, Roberta Stefanelli, Luca Cavinato, Alessandra Lo Sciuto, Silvia Corradi, Deborah Quaglio, Andrea Calcaterra, Bruno Casciaro, Maria Rosa Loffredo, Floriana Cappiello, Patrizia Morelli, Alberto Antonelli, Gian Maria Rossolini, Marialuisa Mangoni, Carmine Mancone, Bruno Botta, Mattia Mori, Fiorentina Ascenzioni, Francesco Imperi – Journal of Antimicrobial Chemotherapy (2020), dkaa200, https://doi.org/10.1093/jac/dkaa200

Le piante del genere Fabiana prendono il loro nome dal vescovo Francisco Fabián y Fuero. Qui in un dipinto di Juan Bautista Suñer, olio su tela (201 x 114 cm), all’Università di Valencia. Immagine UV CC BY-SA 4.0

Testo e immagine dall’Ufficio Stampa Sapienza Università di Roma sulla molecola dalla Fabiana densa var. ramulosa, alleato contro l’antibiotico-resistenza.

Giorni d’estate, di mare, di vacanze, la cistite è in agguato, come prevenirla e curarla: le indicazioni della professoressa Elisabetta Costantini, dell’Ateneo di Perugia

“Il caldo e la cistite possono essere collegati, ma per contrastare l’infezione ci sono buone pratiche e comportamenti attenti da seguire”. Lo evidenzia la professoressa Elisabetta Costantini, Professore Associato dell’Università degli Studi di Perugia e Direttore della Struttura complessa interaziendale di Clinica Urologica ad indirizzo Andrologico ed Uroginecologico Azienda Ospedaliera di Terni e Perugia.

 “Il caldo facilita le cistiti, prima di tutto perché è più facile la disidratazione – spiega la professoressa Costantini -. Bere aiuta molto perché urinando più spesso eliminiamo più rapidamente i batteri eventualmente entrati in vescica; l’umidità inoltre, a contatto con i genitali, facilita le vaginiti che a loro volta predispongono alle cistiti. Perciò ricordiamo sempre al mare, a contatto della sabbia, o in piscina o in palestra, di fare attenzione perché l’ambiente umido modifica il microbiota del perineo. È bene inoltre utilizzare indumenti che facilitano la traspirazione, non molto stretti e preferibilmente di cotone o fibre naturali. Infine ricordiamo che l’alimentazione modifica il microbiota intestinale, talora predisponendo alle cistiti. Questo può accadere ad esempio in vacanza e allora il consiglio è di evitare l’alcool, l’eccesso di caffeina, le spezie, i cibi piccanti e gli zuccheri complessi”.

 La cistite è un’infezione batterica a carico delle vie urinarie e in particolare della vescica; molto frequente nelle donne, ma che non risparmia gli uomini. Dati statistici affermano che 1 donna su 2 almeno una volta nella vita ha sofferto o soffrirà di cistite e di queste un 30% andrà incontro a ricorrenze. Colpisce invece circa il 12 % degli uomini, e nel sesso maschile ha caratteristiche diverse perché spesso legata ad una patologia uretro-prostatica, quindi meno frequente rispetto alla donna ma più difficile il suo trattamento.

cistite curarla prevenirla Elisabetta Costantini

Quali sono i sintomi?

“La diagnosi di cistite è clinica, cioè sulla base di sintomi caratteristici: dolore sovrapubico, senso di peso perineale, aumento della frequenza minzionale, urgenza, necessità impellente di urinare, con talvolta incontinenza da urgenza, bruciore e/o dolore durante la minzione, senso di incompleto svuotamento, sangue nelle urine. Il tutto accompagnato dal riscontro nelle urine di batteri uropatogeni, tra cui il più frequente è l’Escherichia Coli, che ha il suo serbatoio nel nostro intestino” evidenzia la professoressa Costantini che ieri ha parlato della cistite, di come si manifesta, di come prevenirla e curarla, a Speciale Tutta Salute, su Rai3, trasmissione condotta da Michele Mirabella, Pier Luigi Spada e Carlotta Mantovan.

E la cura?

“La terapia è fondamentalmente antibiotica ma quello che oggi è diventato prioritario è riconoscere ed agire sui fattori predisponenti che sono la causa dell’alta recidività; ci sono donne che hanno anche una cistite al mese – rileva ancora -. D’altra parte l’uso indiscriminato degli antibiotici, cioè l’uso scorretto nel senso di scelta dell’antibiotico, dosaggio e durata della terapia ma anche l’autoprescrizione, tipico nella cistite è il ‘fai da te’, sono fattori che oggi hanno una estrema importanza data la ormai nota a tutti problematica dell’antibiotico-resistenza”.

Conoscere e agire sui fattori di rischio è la chiave di volta. Oltre a fattori di predisposizione genetici le infezioni urinarie possono essere legate a modificazioni anatomiche o funzionali dell’apparato urogenitale che devono essere riconosciute e trattate: l’alterato svuotamento vescicale; l’alterazione del microbiota intestinale, vaginale e perineale; igiene intima scorretta; rapporti sessuali non protetti; irregolarità intestinali (stipsi o diarrea); errori nell’alimentazione; problematiche legate alla menopausa; terapia antibiotica non adeguata.

 

Perugia, 24 giugno 2020

Testo e foto sui consigli della professoressa Costantini sulla cistite, su come prevenirla e curarla, dall’Ufficio Stampa Università degli Studi di Perugia