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Un gruppo di ricercatrici e ricercatori dell’Università di Torino sta studiando il canto del pinguino africano per salvarlo dall’estinzione 

‘Salviamo il Pinguino Africano’ è il progetto di crowdfunding cofinanziato dall’Università di Torino per tutelare una specie di pinguino la cui popolazione ha subito un declino del 98% rispetto all’era preindustriale. Oltre 100 persone hanno già aderito alla campagna.

Francesca Terranova, Anna Zanoli e Livio Favaro
Francesca Terranova, Anna Zanoli e Livio Favaro

Livio FavaroFrancesca Terranova e Anna Zanoli fanno parte del team di biologi marini dell’Università di Torino che da anni si sta dedicando allo studio del pinguino africano, una specie che abita le coste del Sudafrica e della Namibia.

“Il pinguino africano è noto anche come pinguino asino per il suo vocalizzo molto particolare, che ricorda un raglio. Ma al di là dell’elemento di curiosità, proprio sullo studio e il monitoraggio del canto di questi animali si fonda il progetto di ricerca e tutela che da anni portiamo avanti in collaborazione con le autorità del Sudafrica” ha dichiarato Livio Favaro.

Da Torino a Stony Point, Sudafrica

Come ha dichiarato Francesca Terranova anche in occasione del suo intervento alla trasmissione Animal House di Radio Deejay

“Spesso la nostra squadra si reca a Stony Point, in Sudafrica, dove vive una colonia di circa 1.000 coppie di pinguini, con l’obiettivo di studiarli da vicino ma senza essere invasivi dei loro spazi. Trovarsi nel territorio della colonia, alle quattro del mattino, è un’esperienza unica. La voce di ogni pinguino è unica e studiarla, insieme a quella di tutti gli altri componenti della colonia, ci permette di monitorare l’andamento demografico della colonia o ricercare la presenza di patologie ha concluso Francesca Terranova.

Il supporto della comunità per ridurre il rischio di estinzione del Pinguino Africano

“Le attività dell’uomo hanno messo in pericolo la sopravvivenza di questa specie di pinguino” ha dichiarato Anna Zanoli che ha poi aggiunto “a causa della pesca intensiva e dell’antropizzazione degli ambienti in cui solitamente vivono i suoi esemplari”. “Noi cerchiamo di monitorare lo stato di salute della specie studiandone le colonie. Per farlo in modo efficace e non invasivo per i pinguini servono attrezzature tecniche e uno staff in loco che possa portare avanti il lavoro con costanza”.

“Per proseguire e rilanciare il nostro lavoro abbiamo lanciato la campagna di crowdfunding Salviamo il Pinguino Africano’con l’obiettivo di acquistare attrezzatura tecnica e finanziare per un anno lo stipendio di un ranger in Sudafrica. Finora la risposta della comunità è stata straordinaria, ma abbiamo ancora bisogno del supporto di tutti per acquistare ulteriore attrezzatura. Aiutateci con una donazione” è stato l’appello di Livio Favaro.

Copertina Salviamo il Pinguino Africano canto pinguini africani
Un gruppo di ricercatrici e ricercatori dell’Università di Torino sta studiando il canto del pinguino africano per salvarlo dall’estinzione

Sostenere il progetto ‘Salviamo il Pinguino Africano’ è semplice, sul link https://www.ideaginger.it/progetti/salviamo-il-pinguino-africano.html è possibile donare in pochi click tramite PayPal, bonifico bancario o carta di credito. Tra le ricompense per i sostenitori anche la possibilità di adottare a distanza un pinguino e ricevere aggiornamenti sul suo stato di salute.

“Il crowdfunding ci sta aiutando a raccogliere fondi certamente, ma anche a sensibilizzare la comunità. Tante persone che ci hanno sostenuto prima di questa occasione non conoscevano nemmeno dell’esistenza del pinguino africano. Sapere che ora ci sono già oltre 100 donatori che hanno preso coscienza della necessità di salvaguardare questa specie credo rappresenti appieno uno degli obiettivi di ogni ricercatore, quello di divulgare anche ai non tecnici il proprio lavoro” ha concluso Livio Favaro.

Il supporto dell’Università di Torino con Funds TOgether l’Università 

L’Università di Torino ha selezionato Salviamo il Pinguino Africano nell’ambito dell’iniziativa Funds TOgether, sviluppata insieme a Ginger Crowdfunding, che gestisce Ideaginger.it, la piattaforma con il tasso di successo più alto in Italia, con l’obiettivo di aiutare le ricercatrici e i ricercatori ad acquisire le competenze per sviluppare campagne di crowdfunding efficaci e sostenerle economicamente. L’Università di Torino, infatti, raddoppierà i fondi raccolti tramite crowdfunding fino a 10.000 euro.

Il valore del crowdfunding per la ricerca scientifica

“L’Università di Torino”, ha dichiarato Alessandro Zennaro, Vice-Rettore per la valorizzazione del patrimonio umano e culturale in Ateneo, “probabilmente più di qualsiasi altro ateneo, in questa fase storica, ha intrapreso un’azione organizzata di valorizzazione della conoscenza e di divulgazione scientifica, assumendo anche posizioni apicali nella rete degli atenei italiani per il Public Engagement (ApeNet). L’iniziativa di crowdfunding costituisce un’ulteriore opportunità per avvicinare la ricerca scientifica alla comunità territoriale e nazionale, illustrandone gli obiettivi, facendo conoscere le ricercatrici ed i ricercatori coinvolti, stimolando la curiosità e soprattutto dimostrando che, spesso, i prodotti della ricerca hanno ricadute immediate sulla vita di tutti noi, quotidianamente. Salviamo il Pinguino Africano è un progetto importante che coniuga in maniera esemplare la ricerca, la collaborazione internazionale e l’innovazione. Per questo merita di essere sostenuto”.

“Questa campagna è un’occasione anche per lo staff dell’Università di Torino di confrontarsi con le opportunità del fundraising e della finanza alternativa per la ricerca e l’innovazione,” ha aggiunto Elisa Rosso, Direttrice della Direzione Innovazione e Internazionalizzazione dell’Università di Torino, che ha poi aggiunto “Per esempio stiamo contattando e ricercando partner istituzionali e aziendali interessati a supportare il progetto. Promuovere il crowdfunding è un’occasione per raccontare il valore della ricerca scientifica e sensibilizzare la comunità sul lavoro svolto in ateneo, che in questo caso permetterà di proseguire una preziosa attività di ricerca etologica sul campo”.

Funds TOgether è il programma di finanza alternativa per la ricerca e l’innovazione sviluppato dall’Università di Torino insieme a Ginger Crowdfunding. L’Obiettivo è fornire a ricercatori e ricercatrici dell’ateneo le competenze per progettare e promuovere una campagna di crowdfunding, acquisire nuove risorse e avvicinare la comunità universitaria alla società civile attraverso progetti a forte impatto sociale e ambientale.

 

 

Testo, video e foto dall’Ufficio Stampa Area Relazioni Esterne e con i Media Università degli Studi di Torino

ANCHE I PINGUINI AFRICANI SI RICONOSCONO DAL “TIMBRO DELLA VOCE”

Uno studio dell’Università di Torino sulla comunicazione acustica dei pinguini africani descrive i meccanismi e le strutture anatomiche coinvolte nella produzione dei segnali vocali, evidenziando convergenze evolutive con i mammiferi e l’uomo.

Mercoledì 11 ottobre – Sulla rivista scientifica Proceedings of the Royal Society B, è stato pubblicato un nuovo articolo sulla comunicazione vocale nei pinguini. L’articolo è frutto di una collaborazione tra due dipartimenti dell’Università di Torino (DBIOS e Scienze Veterinarie), l’Università Jean-Monnet (Francia), l’Università UWC (Sudafrica) e la Fondazione SANCCOB.

Utilizzando una combinazione di tecniche di diagnostica per immagini, modellistica computazionale e registrazioni in vivo, un gruppo di ricercatori guidato dal Prof. UniTo Livio Favaro e dalla Dott.ssa Anna Zanoli ha scoperto che i pinguini africani utilizzano le risonanze dei condotti vocali per codificare nei segnali acustici le informazioni che permettono loro di riconoscersi individualmente. Un meccanismo evolutivamente analogo a quello che utilizzano i mammiferi e l’uomo stesso, per riconoscersi dal timbro della voce.

Tra i pinguini, il pinguino africano (Spheniscus demersus) è una specie modello ideale per studiare come le risonanze del tratto vocale codificano informazioni biologicamente rilevanti. Infatti, questa specie è monogama, fortemente territoriale e, a causa delle pressioni selettive e allo stile di vita coloniale, è stato riscontrato che i richiami di contatto e i canti riproduttivi (ecstatic display songs) variano significativamente tra gli individui, permettendo loro di riconoscersi tra “vicini di nido” e membri di una coppia.

I pinguini africani (Spheniscus demersus) si riconoscono dal timbro della voce. Gallery

Le vocalizzazioni dei pinguini sono prodotte da uno specifico organo chiamato “siringe”, al cui interno, delle membrane vengono messe in vibrazione al passaggio dell’aria, generando un segnale periodico caratterizzato dalla frequenza fondamentale (corrispondente alla velocità di vibrazione delle membrane) e dalle relative componenti armoniche. Tale segnale passa poi nella trachea e nella bocca, dove viene modificato in base alle frequenze di risonanza (dette formanti) di queste cavità anatomiche. 

Gli autori dello studio hanno registrato numerosi pinguini africani nell’aprile 2019 presso la Southern African Foundation for the Conservation of Coastal Birds (SANCCOB) di Città del Capo, in Sudafrica. Contestualmente, hanno studiato l’apparato vocale di altri individui adulti trovati morti lungo le coste della provincia sudafricana di Western Cape. In particolare, iniettando della gomma siliconica catalizzata, è stato ottenuto un calco preciso dell’intero apparato fonatorio. I calchi sono stati successivamente trasportati al Dipartimento di Scienze Veterinarie dell’Università di Torino, dove sono stati sottoposti a Tomografia Assiale Computerizzata (TAC). Infine, presso il DBIOS e utilizzando il centro di calcolo interdipartimentale c3s UniTo, sono stati costruiti modelli computazionali a partire dai risultati della TAC e dalle registrazioni degli animali in vivo.

I ricercatori hanno dimostrato che, nel pinguino africano, leggere variazioni della lunghezza e della sezione trasversale delle regioni tracheali e della cavità laringofaringea causano un ampio spostamento nelle formanti delle vocalizzazioni. Tali regioni possono quindi svolgere un ruolo cruciale nel determinare il pattern formantico delle vocalizzazioni e, di conseguenza, nel determinare l’identità vocale degli individui, analogamente a quanto avviene nelle cavità nasali e nella cavità orale dei mammiferi e dell’uomo stesso.

“I nostri risultati – suggerisce il Prof. Livio Favaro, biologo marino e coordinatore della ricerca sui pinguini africani presso l’Università di Torino – sottolineano come le frequenze di risonanza dei condotti vocali possano essere utilizzate per riconoscersi tra individui in numerosi altri vertebrati oltre all’uomo e ai mammiferi.”

“Le tecniche di diagnostica per immagini – continua il Prof. Alberto Valazza, co-autore dello studio e docente di clinica chirurgica veterinaria – possono contribuire enormemente alla caratterizzazione dell’apparato fonatorio degli uccelli, finora largamente inesplorato.”

Infine, i ricercatori hanno notato una mancanza di correlazione tra le frequenze di risonanza del condotto vocale e la dimensione dei pinguini. 

“Per quanto ne sappiamo – aggiunge la Dott.ssa Anna Zanoli, etologa e prima autrice dello studio – la mancanza di correlazione tra frequenze formanti e dimensioni dello scheletro è stata riportata anche nei pinguini di Humboldt e di Magellano, il gabbiano reale e il re di quaglie.”

Nell’uomo, tale assenza di correlazione è frutto della discesa della laringe nel condotto vocale come prerequisito per lo sviluppo del linguaggio. 

“I risultati del nostro studio – sottolinea il Prof. Marco Gamba, zoologo ed esperto in bioacustica comparata – forniscono ulteriori evidenze che in altri tetrapodi oltre all’uomo ci si possa aspettare una debole relazione tra le formanti e le dimensioni del corpo.” 

“Questo è particolarmente evidente – continua il Prof. David Reby, docente di etologia presso l’Università Jean Monnet di Saint-Étienne – quando si esaminano individui dello stesso sesso e della stessa classe di età.”

Negli uccelli, questa condizione potrebbe essere ancestrale e diffusa al di là delle specie (es. cigni e gru) nelle quali è noto un allungamento “sproporzionato” della trachea rispetto alle dimensioni corporee.

 

“Le frequenze formanti e le dimensioni dello scheletro sono indipendenti nel pinguino africano – conclude la Prof.ssa Frine Scaglione, co-autrice e anatomo patologa veterinaria – perché lo scheletro non vincola anatomicamente la trachea.”

Lo studio della comunicazione vocale nel pinguino africano, infine, si auspica possa contribuire allo sviluppo di sistemi di monitoraggio acustico passivo delle colonie in natura. Questa specie, infatti, è fortemente minacciata di estinzione e la comunità scientifica internazionale è al lavoro per sviluppare sistemi di monitoraggio non invasivo, che possano contribuire alla sua gestione e conservazione.

Testi, video, audio e immagini dall’Area Relazioni Esterne e con i Media Università degli Studi di Torino