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SUNSPOT DETECTIVES: IL PROGETTO DI CITIZEN SCIENCE SU ZOONIVERSE, TUTTI POSSONO DIVENTARE DETECTIVE DI MACCHIE SOLARI

Prende oggi il via sul portale web Zooniverse il progetto di citizen science “Sunspot Detectives”, curato dall’Istituto Max Planck per la ricerca sul Sistema solare (MPS) in Germania e dall’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF). Gli scienziati chiedono aiuto ai cittadini per analizzare le osservazioni del Sole del XIX secolo realizzate da Angelo Secchi, con l’obiettivo di comprendere meglio la variabilità della nostra stella nel corso dei secoli.

Esempi di disegni con viste dettagliate e ingrandite di gruppi di macchie solari realizzati il 28 agosto 1859 (in alto) e il 16 febbraio 1865 (in basso). Il primo è all'interno del disegno del disco intero del Sole osservato quel giorno, mentre il secondo è uno schizzo a sé stante. La regione di interesse nell'immagine in alto è quella che ha dato origine all'evento di Carrington del 1 settembre 1859.
Esempi di disegni con viste dettagliate e ingrandite di gruppi di macchie solari realizzati il 28 agosto 1859 (in alto) e il 16 febbraio 1865 (in basso). Il primo è all’interno del disegno del disco intero del Sole osservato quel giorno, mentre il secondo è uno schizzo a sé stante. La regione di interesse nell’immagine in alto è quella che ha dato origine all’evento di Carrington del 1 settembre 1859. Crediti per l’immagine: INAF

Migliaia e migliaia di macchie solari studiate nella seconda metà del XIX secolo, registrate nei disegni prodotti dalle osservazioni del Sole effettuate in quel periodo, sono ancora in attesa di qualcuno che possa analizzarle alla luce delle conoscenze attuali per ottenere nuovi risultati scientifici utili a capire come varia l’attività del Sole, la nostra stella nel corso degli anni. Ma ora ciascuno di noi ha la possibilità di farlo e dare il suo prezioso contributo alla ricerca, senza la necessità di avere specifiche competenze in astronomia o astrofisica. Prende il via oggi sulla piattaforma di citizen science zooniverse.org il progetto “Sunspot Detectives” – letteralmente “investigatori delle macchie solari”, promosso dall’Istituto Max Planck per la ricerca sul sistema solare (MPS) in Germania e dall’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF) in Italia. Chiunque voglia cimentarsi, può dedicare del tempo per esaminare i disegni prodotti dalle osservazioni giornaliere del Sole effettuate dal gesuita scienziato Angelo Secchi e dai suoi collaboratori tra il 1853 e il 1878, conservati in una collezione di documenti di archivio di eccezionale valore. La raccolta contiene probabilmente l’insieme più completo di dati delle macchie solari del XIX secolo. Tali dati storici ci permettono di conoscere quanto è stata attiva nel passato la nostra stella e cosa potrebbe riservarci in futuro.

Nella seconda metà del XIX secolo fu creata a Roma una raccolta unica di dati del Sole. Per più di tre decenni il gesuita, sacerdote, astronomo ed eminente scienziato Angelo Secchi, con l’aiuto di alcuni collaboratori e assistenti, studiò al telescopio ogni giorno l’aspetto della nostra stella, riportando i risultati delle osservazioni in disegni realizzati a matita su fogli di carta. Con linee sottili vennero registrate la dimensione, la forma e la posizione di tutte le macchie solari che riuscivano a distinguere con l’aiuto dei loro telescopi installati all’osservatorio del Collegio Romano, realizzato pochi anni prima sul tetto della chiesa di Sant’Ignazio, nel centro di Roma. Gli oltre 5.400 disegni appartenenti all’Istituto Nazionale di Astrofisica conservati presso l’Osservatorio Astronomico di Roma sono stati recentemente digitalizzati e possono ora essere analizzati alla luce delle conoscenze attuali per nuovi studi. La digitalizzazione dei disegni è avvenuta nell’ambito di un vasto programma di attività dell’INAF volto a preservare il suo patrimonio storico, archivistico e culturale, in parte supportato con fondi delle donazioni del 5 per mille. Oltre alla conservazione, le immagini ottenute permettono anche la fruizione sistematica di quelle osservazioni nell’ambito della ricerca moderna.  Per analizzare l’enorme quantità di informazioni contenute nelle immagini ottenute dai disegni, i ricercatori del MPS e di INAF chiedono il prezioso aiuto dei cittadini attraverso il portale Zooniverse. Si tratta infatti di passare al setaccio oltre 15.000 immagini estratte dai disegni delle osservazioni del Sole effettuate da Secchi e dai suoi collaboratori e contare il numero di macchie presenti, talvolta collocate in regioni ampie e complesse oppure in regioni molto piccole, a gruppi o isolate. Le immagini saranno accessibili sulla piattaforma per un anno.

Esempio di una pagina del registro delle osservazioni che contiene il disegno realizzato da Angelo Secchi il 22 giugno 1872 alle 8:50 ora locale. Il disegno mostra le macchie, i pori e le facole osservate nella fotosfera, la superficie del Sole, e i getti e le protuberanze cromosferiche osservate in proiezione al lembo solare. Oltre alle regioni osservate, sono presenti annotazioni che indicano la durata e le condizioni metereologiche durante l’osservazione, etichette identificative assegnate alle regioni osservate, conteggi relativi alle macchie osservate e linee di riferimento che consentono di definire la loro posizione sul disco solare. Il disco solare nel disegno originale ha un diametro di circa 24,3 cm.
Esempio di una pagina del registro delle osservazioni che contiene il disegno realizzato da Angelo Secchi il 22 giugno 1872 alle 8:50 ora locale. Il disegno mostra le macchie, i pori e le facole osservate nella fotosfera, la superficie del Sole, e i getti e le protuberanze cromosferiche osservate in proiezione al lembo solare. Oltre alle regioni osservate, sono presenti annotazioni che indicano la durata e le condizioni metereologiche durante l’osservazione, etichette identificative assegnate alle regioni osservate, conteggi relativi alle macchie osservate e linee di riferimento che consentono di definire la loro posizione sul disco solare. Il disco solare nel disegno originale ha un diametro di circa 24,3 cm. Crediti per l’immagine: INAF

Il Sole nel passato

“Quando guardiamo il Sole oggi, abbiamo una sua istantanea, una piccola parte della sua vita iniziata 4,6 miliardi di anni fa”, spiega Theodosios Chatzistergos, ricercatore MPS e associato INAF, che ha ideato il progetto Zooniverse “Sunspot Detectives”. “Solo uno sguardo nel passato del Sole può aiutarci a valutare quale comportamento può avere la nostra stella e cosa possiamo aspettarci da lei in futuro”, aggiunge.

Il Sole segue cicli di attività della durata di circa 11 anni, alternando fasi di attività più debole e più forte. A tali cicli si sovrappongono variazioni dell’attività solare anche su scale temporali significativamente più lunghe del ciclo undecennale. Durante le sue fasi attive, il Sole è una vera fucina di fenomeni tanto spettacolari quanto energetici: le eruzioni di particelle e radiazioni si fanno frequenti, il vento solare – ovvero il flusso costante di particelle cariche provenienti dal Sole –  “soffia” con particolare forza. Ma il segnale più appariscente di questa attività è dato dalla grande presenza di macchie solari, regioni magnetiche scure che appaiono sul disco della nostra stella spesso raccolte in gruppi, che insieme ad altre regioni magnetiche possono occupare una frazione significativa della superficie della stella. Nelle fasi tranquille, al contrario, non si verificano fenomeni eruttivi e le macchie appaiono raramente o sono del tutto assenti.

Le macchie solari svolgono un ruolo centrale nella “ricerca del Sole del passato”. Poiché possono essere osservate anche con telescopi di piccole dimensioni, esistono registrazioni del numero e dell’evoluzione delle macchie solari che sono state studiate regolarmente da più di quattro secoli.

“Il numero di macchie solari è la misura storica più importante dell’attività del Sole nell’era moderna, perché è l’unica misura diretta di cui disponiamo dell’attività della nostra stella negli ultimi quattro secoli”, afferma Chatzistergos. “Questa informazione ci permette di ricostruire il comportamento del Sole nei secoli passati e di confrontarlo con lo stato attuale”, aggiunge.

Un Sole, molti osservatori

Per conoscere la storia dell’attività del Sole è fondamentale poter disporre di dati osservativi precisi del numero delle macchie solari apparse nel tempo. A tale scopo, i disegni prodotti al Collegio Romano da Angelo Secchi tra il 1853 e il 1878 promettono di essere particolarmente utili.

La maggior parte delle altre serie di osservazioni dello stesso secolo, effettuate ad esempio a Dessau, Palermo, Potsdam o Surrey, coprono periodi più brevi, sono meno dettagliate o contengono solo il numero delle regioni viste riassunto in tabelle.

“I disegni prodotti da Secchi e collaboratori contengono molti dettagli delle macchie solari e delle altre regioni quiete e magnetiche presenti sulla superficie del Sole in quel periodo” spiega Ilaria Ermolli, ricercatrice INAF. “Infatti, oltre alle informazioni sulla posizione e l’area delle le macchie e dei pori (regioni di macchia senza zone di penombra), molti disegni riportano anche dati delle regioni facolari, dei getti e delle protuberanze osservate insieme alle macchie e ai pori, e informazioni sull’evoluzione delle regioni esaminate. Alcune annotazioni a lato dei disegni documentano inoltre eventi storici e naturali, come ad esempio gli scontri in atto nel giorno della Breccia di Porta Pia che portò alla presa di Roma, e l’osservazione di spettacolari aurore boreali e tempeste geomagnetiche”, aggiunge Ermolli.

Il tesoro di informazioni scientifiche conservato nei disegni è enorme, come enorme è l’impresa necessaria per analizzarli, e non solo per il gran numero di disegni della collezione con migliaia di immagini dell’intero disco solare. I disegni realizzati da Secchi e dai suoi collaboratori mostrano infatti anche i segni del tempo: macchie di inchiostro o altro materiale e annotazioni di vario genere rendono difficile talvolta l’identificazione delle macchie. Inoltre, i vari osservatori che hanno realizzato i disegni – se ne possono riconoscere almeno cinque oltre a Secchi – raffigurarono le macchie in modo diverso. In particolare, Secchi era solito rappresentare le macchie esaminate in modo piuttosto schematico, mentre alcuni dei suoi collaboratori mostrarono maggiore attenzione (e forse anche maggior talento artistico) nel riportare i dettagli delle regioni osservate. Utilizzando sottili tratti di matita, hanno tracciato con grande dettaglio sulla carta la struttura fine di ogni regione.

I tentativi di automatizzare questo riconoscimento con l’applicazione di tecniche avanzate di analisi di immagini e machine learning finora non hanno prodotto risultati soddisfacenti, a causa dell’estrema varietà del contenuto dei disegni della collezione. Per questo motivo è nata l’idea di chiedere aiuto a ciascuno di noi con il progetto “Sunspot Detectives”:

“Riconoscere tutte le macchie solari presenti nei disegni della collezione richiede uno sguardo attento e, soprattutto, degli esseri umani”, conclude Chatzistergos.

Per ulteriori informazioni:

La pagina web del progetto “Sunspot Detectives”: https://www.zooniverse.org/projects/teolixx/sunspot-detectives

 

 

Testo dall’Ufficio stampa – Struttura per la Comunicazione di Presidenza dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF)

LA TEMPESTA GEOMAGNETICA PERFETTA DEL 1872. COSA SUCCEDEREBBE SE CAPITASSE OGGI?

Un team internazionale composto da fisici solari, geofisici e storici ha analizzato le osservazioni e i documenti che descrivono una tempesta geomagnetica che si è verificata nel febbraio 1872. I risultati dello studio pubblicato oggi su The Astrophysical Journal mostrano che un gruppo di macchie solari di moderate dimensioni ha innescato una delle più grandi tempeste geomagnetiche mai registrate, che ha prodotto aurore osservate anche a basse latitudini in entrambi gli emisferi terrestri. Se una tempesta simile si verificasse oggi danneggerebbe gravemente le infrastrutture tecnologiche della società moderna, arrecando ingenti perdite economiche e notevoli disagi.

Nei primi giorni di novembre sono stati osservati fenomeni atmosferici associati all’aurora boreale a latitudini sorprendentemente basse, anche nelle regioni meridionali dell’Italia e del Texas. I fenomeni osservati manifestano le relazioni Sole-Terra che si stabiliscono quando un’espulsione di massa coronale del Sole produce effetti sul campo magnetico e l’atmosfera della Terra. I fenomeni osservati lo scorso novembre, seppur spettacolari, sono stati di piccola entità rispetto a quelli prodotti da una tempesta geomagnetica che si è verificata nel febbraio 1872. Gli effetti di quella tempesta riguardarono l’intero globo terrestre, con aurore osservate anche in località prossime all’equatore, quali Bombay e Khartum. Un gruppo di ricerca internazionale composto da 22 ricercatori di 16 istituti in 9 nazioni e a cui ha partecipato anche Ilaria Ermolli dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF), ha analizzato osservazioni e documenti dell’epoca per ricostruire l’origine nell’atmosfera solare e gli effetti a terra della tempesta del febbraio 1872.

Quella tempesta danneggiò le reti telegrafiche e disturbò le comunicazioni per molte ore, ad esempio tra Bombay (Mumbai) e Aden, tramite il cavo sottomarino posizionato nell’Oceano Indiano, e nelle linee a terra tra Il Cairo e Khartum. Oggi tempeste simili produrrebbero danni e malfunzionamenti alle infrastrutture tecnologiche della società moderna, in particolare alle reti di distribuzione elettrica a terra, ai sistemi di comunicazione e navigazione, ai satelliti nello spazio, arrecando ingenti perdite economiche e notevoli disagi.

tempesta geomagnetica 1872 mappa delle aurore nel 1872
mappa delle aurore nel 1872

Alla luce delle conoscenze scientifiche attuali, i ricercatori hanno analizzato dati di macchie solari provenienti da archivi di osservazioni storiche del Sole, effettuate in Italia da Angelo Secchi, Francesco Denza e Pietro Tacchini e in Belgio da Gustave Bernaerts, al fine di ricostruire l’origine solare della tempesta. Per valutare l’evoluzione e l’intensità degli effetti a terra della tempesta hanno inoltre analizzato misure del campo magnetico terrestre registrate in varie località, tra le quali Bombay (Mumbai), Tiflis (Tbilisi) e Greenwich. Hanno infine esaminato anche centinaia di resoconti di aurore osservate durante la tempesta, conservati nelle biblioteche, negli archivi e negli osservatori di tutto il mondo.

tempesta geomagnetica 1872 disegni del Sole di Angelo Secchi
disegni del Sole di Angelo Secchi

Uno degli aspetti più interessanti emerso dallo studio riguarda l’origine solare della tempesta, individuata nell’evoluzione di un gruppo di macchie di modeste dimensioni osservato vicino al centro del disco solare. Per quanto modesto, quel gruppo di macchie è stato in grado di innescare una delle tempeste geomagnetiche più estreme della storia.

“I risultati ottenuti mostrano che la tempesta del febbraio 1872 è tra le più estreme avvenute nella storia recente. Le sue caratteristiche sono paragonabili a quelle della tempesta Carrington del settembre 1859 e della tempesta della New York Railroad nel maggio 1921”

afferma Hisashi  Hayakawa, assistente professore designato dell’Università di Nagoya e primo autore dello studio.

“Ora sappiamo che negli ultimi due secoli si sono verificate tre tempeste geomagnetiche estreme e queste sono avvenute nell’arco di soli sei decenni: la minaccia per la società moderna legata a queste tempeste è reale” aggiunge Hayakawa.

Ilaria Ermolli, ricercatrice dell’INAF a Roma e parte del team che ha condotto lo studio ricorda che

“L’INAF, con strumentazione dedicata in funzione presso vari osservatori a terra e in orbita, è molto attivo nel monitoraggio continuo del Sole, dell’eliosfera, della magnetosfera e della ionosfera terrestre, con l’obiettivo di migliorare le conoscenze dei processi che determinano lo Space Weather, cioè le caratteristiche di quegli ambienti, e sviluppare competenze e modelli utili a mitigare gli effetti di eventi simili alla tempesta del febbraio 1872. L’INAF, che coordinerà l’attività relativa allo Space Weather nel programma PNRR SPACE IT UP, conserva inoltre nei suoi archivi osservazioni storiche uniche per avanzare la conoscenza degli eventi estremi di Space Weather”.

Il Sole si sta avvicinando al massimo del Ciclo Solare 25, previsto nel 2024-2025. A seguito della maggiore attività solare nei prossimi anni sarà possibile osservare più facilmente regioni instabili nell’atmosfera del Sole e fenomeni aurorali nell’atmosfera terrestre.

Per ulteriori informazioni:

L’articolo The Extreme Space Weather Event of 1872 February: Sunspots, Magnetic Disturbance, and Auroral Displays di Hisashi Hayakawa, Edward W. Cliver, Frédéric Clette, Yusuke Ebihara, Shin Toriumi, Ilaria Ermolli, Theodosios Chatzistergos, Kentaro Hattori, Delores J. Knipp, Séan P. Blake, Gianna Cauzzi, Kevin Reardon, Philippe-A. Bourdin, Dorothea Just15, Mikhail Vokhmyanin, Keitaro Matsumoto, Yoshizumi Miyoshi, José R. Ribeiro, Ana P. Correia, David M. Willis, Matthew N. Wild, e Sam M. Silverman è stato pubblicato online sul sito web della rivista The Astrophysical Journal.

 

Testo e immagini dall’Ufficio stampa – Struttura per la Comunicazione di Presidenza dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF)