News
Ad
Ad
Ad
Tag

Angelino Carta

Browsing

Banche dei semi: una nuova metodologia indica quali specie conservare per salvare le piante dall’estinzione (e ridurre i costi)

La ricerca dell’Università di Pisa pubblicata sulla rivista New Phytologist

Circa due specie di piante su cinque nel mondo potrebbero sparire. Per questo motivo, è importante capire quali specie sono più a rischio e trovare i modi efficaci per conservarle.

È questa la sfida raccolta da un gruppo di ricercatori coordinato dal professore Angelino Carta del Dipartimento di Biologia dell’Università di Pisa. Il risultato è stata una nuova metodologia basata sulla rilevanza evolutiva delle specie grazie alla quale sarà possibile integrare le collezioni attualmente conservate nelle banche dei semi. Lo studio pubblicato sulla rivista New Phytologist promette inoltre anche dei risparmi in termini economici. Al progetto hanno partecipato ricercatori della Stazione Biologica Doñana (Spagna), degli Orti Botanici di Ginevra (Svizzera), Meise (Belgio) e Kew (Regno Unito).

L’analisi ha riguardato un imponente set di dati provenienti da 109 banche dei semi comprendente oltre 22.000 specie relative a tutta la flora d’Europa. È così emerso che le banche custodiscono una ricca varietà di piante, ma ancora non coprono completamente tutta la diversità evolutiva possibile. In pratica, alcuni “rami” dell’albero genealogico delle piante europee non sono rappresentati nelle collezioni. Le specie attualmente non conservate, ma il cui campionamento e stoccaggio in banca sarebbe fondamentale, sono sopratutto quelle che rappresentano un unicum evolutivo perché mostrano delle strategie riproduttive singolari o sono confinate ad aree geografiche limitate.

“Si tratta di un metodo che può essere personalizzato per adattarlo a diversi obiettivi di conservazione, fino all’esaurimento del budget disponibile – sottolinea Carta – La nostra ricerca rappresenta quindi un passo fondamentale per future azioni di conservazione, i risultati possono servire come base di discussione per promuovere nuove politiche, incluso la salvaguardia delle specie in via di estinzione, la resilienza dei sistemi agroalimentari e l’identificazione delle specie più adatte al restauro degli habitat in uno scenario di cambiamenti climatici”.

Il cortile del Palazzo della Sapienza dell’Università degli Studi di Pisa. Foto di Antonio D’Agnelli, in pubblico dominio

Testo dall’Ufficio Comunicazione di Ateneo dell’Università di Pisa.

L’influenza dei cambiamenti climatici sulle strategie riproduttive delle piante: uno studio dell’Università di Pisa traccia l’evoluzione dei semi negli ultimi 150 milioni di anni

La ricerca pubblicata sulla rivista New Phytologist

Uno studio dell’Università di Pisa ha tracciato l’evoluzione dei semi negli ultimi 150 milioni di anni evidenziando una relazione diretta tra evoluzione, cambiamento del clima terrestre e comparsa di innovazioni riproduttive nelle angiosperme, le piante a fiore maggiormente diffuse sul nostro pianeta. La ricerca condotta dal professore Angelino Carta dell’Ateneo pisano e da Filip Vandelook del Giardino botanico Meise in Belgio è stata pubblicata sulla rivista New Phytologist.

L’analisi ha riguardato i semi di 900 specie rappresentative di tutte le famiglie di angiosperme di cui è stato valutato il rapporto fra dimensioni dell’embrione e riserve nutritive. Dai risultati è emerso che i cambiamenti del clima della Terra hanno portato a un’ampia diversificazione, permettendo alle angiosperme di esplorare nuove strategie riproduttive e di adattarsi a habitat sempre più vari.

“Non sappiamo se i nuovi tipi di semi hanno favorito tale diversificazione oppure se i nuovi tipi di semi son comparsi in conseguenza di essa. Certamente però, ed è la cosa più affascinante – spiega Carta – l’innovazione evolutiva dei semi, coincide con la comparsa dei principali modelli strutturali dei fiori contribuendo a spingere la biodiversità moderna verso cambiamenti epocali denominati Rivoluzione Terrestre delle Angiosperme”.

La condizione ancestrale delle piante era quella di avere semi con embrioni relativamente piccoli, tendenza che ha avuto poche variazioni sino a quando le temperature medie globali sono state alte, sopra i 25 °C. Quando le temperature globali sono diminuite, con temperature intorno ai 15 °C, l’evoluzione ha favorito semi con embrioni più grandi che tendono infatti a germinare più rapidamente, un vantaggio in ambienti secchi o soggetti a condizioni imprevedibili. E tuttavia, come è emerso dallo studio, questo sviluppo non esaurisce la storia evolutiva dei semi che piuttosto ha avuto un andamento “a salti”. Semi con maggiori riserve nutritive e minori dimensioni dell’embrione mantengono infatti il vantaggio di ritardare la germinazione e aumentare le possibilità di sopravvivenza, soprattutto in ambienti come le foreste e gli habitat umidi.

“Questa ricerca è stata una sfida materiale e virtuale che non solo aiuta a comprendere il passato evolutivo delle piante a fiore, ma potrebbero anche fornire informazioni importanti su come risponderanno ai cambiamenti climatici futuri – conclude Angelino Carta, del Dipartimento di Biologia – la sfida materiale è iniziata diversi anni fa quando abbiamo iniziato, guidati da Filip Vandelook ad assemblare il più grande dataset relativo alle caratteristiche dimensionali e strutturali dei semi, utilizzando sia a materiale vivo ma anche valorizzando materiale conservato in erbari e banche semi; la sfida virtuale è stata gestire e analizzare questa mole di informazioni per ricostruire gli ultimi 150 milioni di anni di storia evolutiva dei semi attraverso sofisticati approcci analitici e le risorse del centro di calcolo dell’Ateneo pisano”.

Link articolo scientifico: https://doi.org/10.1111/nph.20445

Immagine di mxwegele

Testo dall’Ufficio Stampa dell’Università di Pisa.

Nasce MedGermDB, la prima banca dati che raccoglie le informazioni sulle condizioni per far germinare oltre 300 piante native del Mediterraneo

L’Università di Pisa ha coordinato il lavoro, l’obiettivo è conservare la biodiversità di questo fragile hotspot

 

È nato MedGermDB, la prima banca dati che raccoglie le informazioni sulle condizioni sperimentali per far germinare i semi di oltre 300 piante native del Mediterraneo. Il lavoro coordinato dall’Università di Pisa ha come obiettivo la conservazione di questo fragile hotspot di biodiversità.

“Questo strumento ci consente di predire la germinazione di piante nel bacino Mediterraneo – racconta Angelino Carta, professore di Botanica sistematica nel dipartimento di Biologia dell’Università di Pisa – la sua creazione è un passo fondamentale per comprendere il rischio di estinzione delle specie native e per prevenire gli inconvenienti che possono derivare dalla perdita di questo capitale naturale”.

Le informazioni raccolte nella banca dati riguardano oltre 4500 esperimenti di germinazione, in parte ricavati da un’analisi sistematica della letteratura esistente, in parte frutto di esperimenti ad hoc condotti dal gruppo di Pisa. A livello generale, la germinazione delle piante mediterranee è favorita da temperature fresche e da un periodo di post-maturazione in ambiente secco prima della germinazione. Il database è consultabile liberamente mediante una applicazione che consente di visualizzare le informazioni disponili per ogni specie.

“In questi mesi stiamo calibrando i modelli per predire la rigenerazione delle piante da seme in uno scenario di cambiamenti climatici e identificare quelle più adatte al restauro di ecosistemi mediterranei”,

aggiunge Diana Cruz, dottoranda presso il Dipartimento di Biologia che ha seguito tutte le fasi del lavoro.

Lo studio su MedGermDB è stato pubblicato sulla rivista Applied Vegetation Science. Al progetto hanno partecipato Alessio Mo collaboratore presso il Dipartimento di Biologia ed alcuni esperti internazionali: Eduardo Fernández-Pascual dell’Università di Oviedo (Spagna) ed Efisio Mattana dei Royal Botanical Gardens, Kew (UK). MedGermDB è parte integrante dell’archivio globale di dati della germinazione che è stato lanciato un paio di anni fa da un team internazionale che include anche Angelino Carta.

Lavandula stoechas. Foto di Sten, CC BY-SA 3.0

Testo dall’Unità Comunicazione Istituzionale dell’Università di Pisa.