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Litigare o fare pace? Le scimmie gelada lo capiscono solo ascoltando

Uno studio coordinato dall’Università di Pisa e pubblicato sulla rivista PLoS ONE dimostra che queste scimmie hanno una capacità di “ascolto” orientata alla comprensione delle relazioni sociali nel gruppo.

I gelada, primati che vivono sugli altopiani dell’Etiopia, sono capaci di riconoscere e interpretare le interazioni vocali dei propri simili collegando i versi a dinamiche sociali di conflitto o riconciliazione, anche senza vedere la scena, solo dal suono. È questo quanto emerso da una ricerca internazionale pubblicata sulla rivista PLoS ONE, coordinata dall’Università di Pisa in collaborazione con l’Università di Rennes e l’Università di Addis Abeba.

Durante gli esperimenti, condotti sul campo, i ricercatori hanno fatto ascoltare ai gelada vocalizzazioni aggressive seguite da altre consolatorie (sequenza naturale), e poi l’opposto (sequenza anomala). Le scimmie mostravano maggiore attenzione – misurata dalla durata dello sguardo verso la fonte del suono e dall’interruzione di ciò che stavano facendo – nei confronti dello stimolo “anomalo”, ovvero quando le vocalizzazioni consolatorie precedevano l’urlo dell’aggressione.

Secondo i ricercatori, questo comportamento indica che i gelada non percepiscono i segnali acustici come semplici eventi isolati, ma li interpretano come risultato di interazioni sociali legate alla risoluzione dei conflitti e al conforto. In altre parole, la loro capacità di “ascolto” implica un’elaborazione cognitiva, orientata alla comprensione delle relazioni sociali nel gruppo.

“I nostri risultati suggeriscono che i gelada possiedono una forma di intelligenza sociale che si manifesta anche attraverso l’ascolto degli altri – spiega Elisabetta Palagi, professoressa associata al Dipartimento di Biologia dell’Università di Pisa e responsabile del progetto – Sono in grado, attraverso la percezione e la decodifica delle sequenze vocali, di comprendere, interpretare e reagire alle dinamiche sociali in modo appropriato anche senza avere davanti la scena di ciò che sta accadendo. Un’abilità che getta luce sulle basi evolutive delle nostre stesse capacità empatiche”.

Litigare o fare pace? Le scimmie gelada lo capiscono solo ascoltando. Gallery

Lo studio, durato 15 mesi, è stato finanziato dalla Leakey Foundation attraverso il progetto “Science for reconciliation” e da numerosi zoo e fondazioni europee nell’ambito del progetto BRIDGES dell’Università di Pisa. In particolare, per l’Università di Pisa, hanno partecipato allo studio Luca Pedruzzi, dottorando in cotutela con l’Università Rennes, che si occupa dei comportamenti a base empatica e alla complessità comunicativa in diverse specie di primati. Martina Francesconi e Alice Galotti, dottorande presso il Dipartimento di Biologia, che studiano il comportamento sociale in diverse specie animali. Infine, Elisabetta Palagi, professoressa associata al Dipartimento di Biologiada anni impegnata a far luce sul comportamento sociale in varie specie animali, uomo incluso, in particolare la comprensione dell’evoluzione di alcuni comportamenti come il gioco, i meccanismi di risoluzione dei conflitti e le capacità empatiche alla base della vita sociale. Nel 2020, Palagi ha ricevuto il premio dall’Animal Behavior Society per i risultati conseguiti grazie ai suoi studi sul comportamento animale.

Riferimenti bibliografici:

Pedruzzi L, Francesconi M, Galotti A, Bogale BA, Palagi E, Lemasson A, Wild gelada monkeys detect emotional and prosocial cues in vocal exchanges during aggression, PLoS ONE (2025) 20(5): e0323295, DOI: https://doi.org/10.1371/journal.pone.0323295

 

Testo e immagini dall’Ufficio comunicazione di Ateneo dell’Università di Pisa

I pesci zebra sbadigliano e si contagiano a vicenda: una scoperta che riscrive l’evoluzione del comportamento sociale

La ricerca coordinata dall’Università di Pisa pubblicata su Communications Biology

Per la prima volta, un team di ricerca delle Università di Pisa ha dimostrato che anche i pesci zebra (zebrafish, Danio rerio, piccoli pesci d’acqua dolce noti per le loro capacità sociali e le somiglianze genetiche con l’uomo) sono in grado di “contagiarsi” a vicenda sbadigliando. Un comportamento che finora era stato documentato solo in mammiferi e uccelli, lasciando credere che fosse esclusivo degli animali a sangue caldo con sistemi sociali evolutiLo studio pubblicato su Communications Biology apre così nuovi scenari sull’origine di questa “risonanza motoria” e suggerisce che le radici del contagio dello sbadiglio potrebbero risalire a più di 200 milioni di anni fa.

I ricercatori hanno osservato che, in risposta ai video di altri zebrafish che sbadigliano, i pesci protagonisti dell’esperimento tendevano a fare altrettanto, con una frequenza quasi doppia rispetto ai video di controllo, in cui si mostravano normali comportamenti respiratori. Un effetto del tutto paragonabile a quello osservato nell’essere umano. Non solo: i pesci coinvolti sbadigliavano spesso accompagnando il gesto a una sorta di “stiracchiamento” – la pandiculazione – un comportamento noto in uccelli e mammiferi, utile per ripristinare l’attività neuromuscolare e precedere un cambiamento motorio, come un cambio di direzione nel nuoto.

Ma perché i pesci dovrebbero sbadigliare “in gruppo”? La domanda potrebbe trovare una risposta nella loro natura sociale di questi piccoli pesci. 

La sincronizzazione tra individui è fondamentale per i banchi di pesci – spiega la professoressa Elisabetta Palagi del dipartimento di Biologia dell’Università di Pisa – coordinarsi significa aumentare la vigilanza, migliorare la ricerca del cibo e difendersi meglio dai predatori. In quest’ottica, il contagio dello sbadiglio si configura come un raffinato strumento di coesione sociale”.

“L’aspetto forse più sorprendente della scoperta riguarda però l’evoluzione di questo comportamento – aggiunge Massimiliano Andreazzoli del dipartimento di Biologia dell’Ateneo pisano – e in questo caso due sono le ipotesi possibili. Il contagio dello sbadiglio è un tratto ancestrale, emeros nei primi vertebrati sociali e mantenuto da alcune linee evolutive fino a oggi. L’altra possibile interpretazione è che si tratti di un meccanismo emerso in modo indipendente in diverse specie, a testimonianza del ruolo cruciale che la coordinazione sociale ha avuto – e ha tuttora – nella sopravvivenza”.

Insieme ad Elisabetta Palagi e Massimiliano Andreazzoli ha lavorato un team di giovani ricercatori e studenti, come Alice Galotti e Matteo Digregorio, dottorandi in Biologia, e Sara Ambrosini, studentessa magistrale. La parte legata all’IA è stata invece sviluppata dal professore Donato Romano, esperto di robotica bioispirata, e Gianluca Manduca, dottorando presso la Scuola Superiore Sant’Anna. Grazie a un sofisticato modello di deep learning da loro sviluppato all’Istituto di BioRobotica è stato possibile distinguere con precisione i veri sbadigli dai semplici atti respiratori, rendendo oggettiva l’osservazione e replicabili i risultati.

La ricerca è stata finanziata dal National Geographic Meridian Project OCEAN-ROBOCTO e dal Dipartimento di Biologia dell’Università di Pisa nell’ambito del programma Dipartimenti di Eccellenza.

Riferimenti bibliografici:

Galotti, A., Manduca, G., Digregorio, M. et al. Diving back two hundred million years: yawn contagion in fish, Commun Biol 8, 580 (2025), DOI: https://doi.org/10.1038/s42003-025-08004-z

pesci Femmina di pesce zebra (Brachydanio rerio). Foto di Marrabbio2, in pubblico dominio
I pesci zebra sbadigliano e si contagiano a vicenda: una scoperta che riscrive l’evoluzione del comportamento sociale. Femmina di pesce zebra (Brachydanio rerio). Foto di Marrabbio2, in pubblico dominio

Testo dall’Ufficio comunicazione di Ateneo dell’Università di Pisa