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Advanced Functional Materials

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Stampare l’elettronica a due dimensioni: da una collaborazione tra l’Università di Pisa e l’Università di Manchester passi avanti nella ricerca che porterà al computer su carta

Pubblicato uno studio sulla rivista “Advanced Functional Materials” a firma del team di ricerca composto da scienziati degli atenei di Pisa, Manchester, Salerno e L’Aquila
Forse, in un futuro non troppo lontano, potremmo arrivare a stampare da soli il nostro ipad o il nostro smartphone, con una semplice stampante a getto di inchiostro e un foglio di carta. Questo grazie all’evoluzione della ricerca nel campo dell’elettronica stampata basata su materiali bidimensionali, nella quale l’Università di Pisa e l’Università di Manchester rappresentano due eccellenze assolute. Da un lato, l’esperienza dell’Università di Manchester nello studio e nella manipolazione del grafene, materiale al centro di ricerche premiate con il Nobel nel 2010; dall’altro, il contributo dell’Università di Pisa, che da anni porta avanti attività riconosciute a livello europeo nel campo dell’elettronica flessibile e delle tecniche di stampa basate su materiali avanzati, grazie anche ai progetti finanziati dall’European Research Council (ERC) coordinati da Gianluca Fiori, docente di Elettronica presso il Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione.

Ora un altro passo avanti è stato fatto grazie a uno studio che ha visto ancora una volta la collaborazione tra Pisa (Dipartimento di Fisica e Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione) e Manchester (Dipartimento di Chimica), assieme alle Università di Salerno e l’Aquila, e che è stato pubblicato su Advanced Functional Materials, una delle principali riviste del settore.

“Il lavoro nasce da una sinergia tra teoria ed esperimenti – spiega Damiano Marian, ricercatore al Dipartimento di Fisica dell’Università di Pisa – che ha permesso di affrontare uno studio di rilievo nel campo dell’elettronica stampata basata su inchiostri di materiali bidimensionali, una tecnologia chiave per lo sviluppo di dispositivi flessibili e indossabili. Il lavoro si concentra sulla comprensione della conducibilità di questi inchiostri, con particolare attenzione alle transizioni indotte da variazioni di temperatura e da processi di annealing”.

“L’elettronica stampata tramite inchiostri bidimensionali – aggiunge Alejandro Toral-Lopez, ricercatore al Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione dell’Università di Pisa – oltre a garantire leggerezza, flessibilità e costi contenuti, offre anche il vantaggio di poter essere realizzata con infrastrutture minimali, permettendo la produzione in ambienti non industriali avanzati, come piccoli laboratori o aziende locali. Assumerà quindi un’importanza sempre più strategica anche nell’industria di prossima generazione, la cosiddetta “industria 5.0”, sulle cui tecnologie abilitanti stanno lavorando diversi gruppi di ricerca nel nostro Dipartimento. Comprendere a fondo i meccanismi di trasporto di questi materiali è diventato quindi sempre più urgente, e disporre di un modello flessibile e versatile, capace di riprodurre accuratamente i dati sperimentali, risulta di fondamentale importanza.”

“Capire come si comporta la corrente elettrica in dispositivi stampati realizzati con materiali bidimensionali non è semplice – afferma Alessandro Grillo, Research Fellow nel Dipartimento di Chimica dell’Università di Manchester – è un po’ come cercare di seguire il percorso dell’acqua in un intricato labirinto di canali microscopici. Con questo studio siamo riusciti a fare luce su questi meccanismi complessi, fondamentali per trasformare in realtà dispositivi elettronici flessibili, leggeri e a basso costo. Il nostro modello descrive con precisione ciò che osserviamo sperimentalmente, portando la comprensione di questi materiali a un nuovo livello e avvicinando sempre di più la ricerca alle applicazioni concrete.”

Un piccolo passo verso un futuro ancora lontano, ma affascinante, in cui potremo usare un personal computer che un giorno potremo usare e appallottolare, e poi smaltire nella carta.
Stampare l’elettronica a due dimensioni: da una collaborazione tra l’Università di Pisa e l'Università di Manchester passi avanti nella ricerca che porterà al computer su carta
Stampare l’elettronica a due dimensioni: da una collaborazione tra l’Università di Pisa e l’Università di Manchester passi avanti nella ricerca che porterà al computer su carta
Testo e immagine dall’Ufficio comunicazione di Ateneo dell’Università di Pisa

Dalla Sapienza primi microrobot programmabili con la luce

Un nuovo studio coordinato dal Dipartimento di Fisica della Sapienza Università di Roma rivela la possibilità di avere microrobot programmabili con la luce, da muovere e utilizzare in campo biomedico e diagnostico. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Advanced Functional Materials.

L’intelligenza artificiale ha raggiunto un livello di prestazioni tale da poter sostituire l’attività umana in un’ampia gamma di lavori, dalle catene di montaggio ai laboratori di ricerca biomedica. In quest’ultimo campo negli ultimi anni si è assistito a un grande sforzo verso la miniaturizzazione dei processi mediante strumenti avanzati, specifici per la diagnostica e la terapia a livello delle singole cellule.

microrobot programmabili con la luce
Un nuovo studio rivela la possibilità di avere microrobot programmabili con la luce, da muovere e utilizzare in campo biomedico e diagnostico

Parallelamente le moderne tecniche di microfabbricazione consentono di costruire complessi meccanismi tridimensionali di dimensioni confrontabili con quelle cellulari. Tuttavia, oltre a un telaio meccanico, un microrobot ha bisogno di motori controllabili in modo indipendente per poter eseguire un compito complesso.

Un nuovo studio, coordinato dal Dipartimento di Fisica della Sapienza, dimostra la possibilità di creare robot bioibridi e di programmarne il movimento mediante luce strutturata.

Dalla combinazione di esperimenti e modelli matematici è emerso che, non solo questi microrobot possono sfruttare il nuoto dei batteri per muoversi, ma che il loro movimento può essere controllato a distanza sfruttando delle specifiche proteine che agiscono come nano pannelli solari.

“I nostri microrobot– spiega Nicola Pellicciotta della Sapienza – somigliano a dei carri armati microscopici, che al posto dei cingoli hanno due unità propulsive alimentate dalla rotazione di flagelli batterici. La velocità di rotazione può essere controllata dalla luce grazie a modifiche genetiche. In questo modo siamo riusciti a controllare la direzione del movimento di questi microbot illuminando le due unità propulsive con luce di diversa intensità.”

“Come nei magazzini di Amazon – aggiunge Roberto Di Leonardo della Sapienza – centinaia di questi microrobot potrebbero un giorno navigare all’interno di un micro-deposito dove gli articoli da organizzare e distribuire sono le singole cellule in un campione biologico.”

La ricerca apre la strada alla possibilità di utilizzare i microbot all’interno di laboratori biomedici miniaturizzati e in particolare nei compiti di organizzazione e trasporto di singole cellule in vitro.

Riferimenti:
Light Controlled Biohybrid Microbots, Nicola Pellicciotta, Ojus Satish Bagal, Viridiana Carmona Sosa, Giacomo Frangipane, Gaszton Vizsnyiczai, Roberto Di Leonardo, Advanced Functional Materials, 2023, DOI: https://doi.org/10.1002/adfm.202214801

 

Testo e immagine dal Settore Ufficio stampa e comunicazione Sapienza Università di Roma