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COL PROGETTO BREAKTHROUGH LISTEN, L’INAF ALLA RICERCA DI VITA EXTRATERRESTRE: ECCO I PRIMI RISULTATI DEL SARDINIA RADIO TELESCOPE

In occasione del Congresso Internazionale di Astronautica (IAC) in corso a Milano fino al 18 ottobre 2024, la collaborazione tra l’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF) e il progetto Breakthrough Listen presenta i primi risultati scientifici ottenuti con le osservazioni dedicate al programma Search for Extra Terrestrial Intelligence (SETI) effettuate con il Sardinia Radio Telescope (SRT) dell’INAF in Sardegna. Lo studio, in cui sono state investigate nuove frequenze di osservazione, è stato condotto a partire dal 2022 da un team di quattro giovani studenti di Cagliari e Bologna.

Breakthrough Listen, Sardinia Radio Telescope: una immagine artistica (crediti: Danielle Futselaar / Breakthrough Listen)
Breakthrough Listen, Sardinia Radio Telescope: una immagine artistica (crediti: Danielle Futselaar / Breakthrough Listen)

Con la sua parabola di 64 metri di diametro, il Sardinia Radio Telescope è uno dei dieci radiotelescopi più grandi del pianeta posizionandosi, inoltre, tra i più performanti e tecnologicamente avanzati in quanto in grado di ricevere un ampio spettro di frequenze radio, da 300 MHz a 116 GHz. Caratteristiche che lo rendono ideale anche per la ricerca di vita intelligente. Da qui la nascita di una specifica partnership tra INAF e Breakthrough Listen, che ha portato alle prime osservazioni, effettuate durante il 2021.

Il team che nel 2022 ha analizzato questi dati è composto da Lorenzo Manunza, Monica Mulas, Luca Pizzuto e Alice Vendrame, quattro studenti delle Università di Cagliari e di Bologna che nell’estate di due anni fa – sotto la supervisione degli esperti INAF Andrea Melis e Maura Pilia e di alcuni colleghi americani – hanno condotto uno studio (il primo congiunto tra INAF e Breakthrough Listen) intitolato “The First High Frequency Technosignature Search Survey with the Sardinia Radio Telescope”, sottomesso alla rivista Acta Astronautica.

Il contributo del radiotelescopio italiano è stato quello di osservare a particolari frequenze – in banda C (6,5 GHz) e in banda K (18 GHz) – la regione centrale della nostra Via Lattea, in cui si concentra una grande quantità di stelle e relativi sistemi planetari, oltre a 72 stelle designate come “sorgenti di interesse” dalla missione TESS (Transiting Exoplanet Survey Satellite) della NASA.

“Ci sono buone ragioni per pensare che un ingegnere extraterrestre possa conoscere e utilizzare la tecnologia radio, ma non possiamo fare ipotesi sulle frequenze a cui potrebbe farlo”, spiega Lorenzo Manunza, primo autore del nuovo articolo. “Ecco perché è fondamentale che copriamo quanti più canali radio possibile utilizzando una gamma quanto più variegata di strutture osservative”.

“Il Breakthrough Listen ha precedentemente pubblicato i risultati delle osservazioni di target TESS e del Centro Galattico utilizzando altri telescopi”, afferma il Project Scientist responsabile delle relazioni internazionali di Breakthrough Listen Vishal Gajjar, coautore del nuovo studio. “Le nuove osservazioni SRT sono complementari, coprono alcune delle frequenze precedentemente scansionate, ma si estendono anche a nuove parti dello spettro radio, attorno ai 18 GHz”.

Con sede presso l’Università di Oxford, le ricercatrici e i ricercatori che lavorano al progetto Breakthrough Listen hanno l’obiettivo di portare avanti la più massiccia ricerca di “tecno-firme” – o segnali di vita intelligente nell’Universo – mai condotta prima. Strutture in tutto il mondo collaborano al progetto, tra cui molti dei più potenti radiotelescopi, nonché osservatori all’avanguardia che operano in altre regioni dello spettro elettromagnetico. L’obiettivo è esaminare un milione di stelle vicine, l’intero piano galattico e 100 galassie circostanti.

“È emozionante vedere le ricerche di tecno-firme espandersi a nuove strutture ed è fantastico che i ricercatori all’inizio della loro carriera abbiano l’opportunità di lavorare sulle importanti sfide scientifiche e ingegneristiche per rendere queste ricerche una realtà”,

osserva Karen Perez, ricercatrice che lavora con Breakthrough Listen presso la Columbia University. Perez, anche lei co-autrice della pubblicazione, ha guidato l’analisi dei dati del Centro Galattico osservati con SRT, ed ha fatto da mentore formando gli studenti italiani grazie proprio alla sua esperienza come ex stagista estiva Breakthrough Listen.

“La ricerca di intelligenza extraterrestre fornisce notevoli ritorni scientifici” – aggiunge l’astrofisica dell’INAF di Cagliari Maura Pilia, co-autrice dell’articolo nonché responsabile scientifica dei tirocinanti SETI presso SRT – “Ma oltre ad aiutarci a rispondere alla profonda domanda: ‘Siamo soli?’, possiamo utilizzare gli stessi set di dati per fare scienza ausiliaria quasi gratuitamente. Ciò potrebbe includere ricerche di sorgenti radio transitorie come i lampi radio veloci, così come studi di esopianeti, che non sono stati sufficientemente esplorati a queste alte frequenze radio fino a oggi”.

“Nonostante non siano stati rilevati segnali extraterrestri confermati nelle nuove osservazioni”, conclude il coordinatore SRT SETI e coautore dello studio, Andrea Melis, dell’INAF di Cagliari, “SRT sta contribuendo a ridurre le incertezze sulla potenza che dovrebbero avere eventuali trasmettitori extraterrestri per poterci raggiungere nelle frequenze finora osservate. I risultati saranno un prezioso contributo alla letteratura scientifica”.

L’interesse internazionale per il programma SETI sta indubbiamente crescendo. Solo pochi giorni fa si è concluso a Cagliari il terzo SETI Italy Workshop 2024, che ha riunito oltre cento ricercatori da tutto il mondo compresi i vertici di INAF, Breakthrough Listen e SETI Institute. Ora, anche al Congresso Internazionale di Astronautica sarà dedicata un’intera giornata alla ricerca di intelligenza extraterrestre.

Testo e immagine dall’Ufficio Stampa INAF

Progetto ASCenSIon: veicoli orbitali che utilizzano propellenti “verdi”, ecco il futuro delle esplorazioni spaziali

Lo studio dell’Università di Pisa pubblicato sulla rivista Acta Astronautica realizzato nell’ambito del progetto europeo ASCenSIon

Pisa, 12 giugno 2024 – La sostenibilità può arrivare anche nello spazio grazie ad uno studio su nuova classe di veicoli orbitali che per muoversi nello spazio utilizzano propellenti “verdi”. La notizia arriva da uno studio del Dipartimento di Ingegneria Civile e Industriale dell’Università di Pisa pubblicato sulla rivista Acta Astronautica e realizzato nell’ambito di ASCenSIon, un progetto europeo che ha visto la partecipazione di molti partner nazionali e internazionali, tra cui il Politecnico di Milano e Università La Sapienza di Roma in Italia, e numerose altre realtà in Germania, Francia, Belgio e Spagna. La ricerca pubblicata nell’articolo è stata svolta da Alberto Sarritzu sotto la supervisione del professore Angelo Pasini; il team del progetto all’Università di Pisa include anche la dottoranda Lily Blondel-Canepari.

“I nuovi propellenti “verdi” potranno certamente sostituire i propellenti tossici oggi prevalentemente usati – spiega Alberto Sarritzu – Questo permetterà da un lato di migliorare l’efficienza della propulsione e rendere possibili missioni che al momento non lo sono, dall’altro di semplificare le operazioni a terra in preparazione dei veicoli orbitali, che oggi sono lunghe, complicate e costose”.

Lo studio di propellenti verdi è uno sforzo internazionale che va avanti da decenni, con l’Università Pisa che negli anni ha ricoperto un ruolo chiave. I propellenti verdi sono generalmente composti chimici a basso impatto ambientale e tossicità, come acqua ossigenata ad alte concentrazioni o protossido d’azoto, comunemente conosciuto come anestetico. Rientrano tra questi anche il comune cherosene e altri idrocarburi, che rappresentano comunque un enorme passo avanti rispetto ai tradizionali composti utilizzati che invece contengono idrazina o tetrossido di azoto, sostanze estremamente tossiche e dannose per l’ambiente e la salute umana. La gestione di questi componenti è non solo potenzialmente dannosa per il personale coinvolto, ma anche estremamente costosa, per cui il settore da anni cerca di trovare delle valide alternative.

L’Ateneo, nell’ambito del progetto ASCenSIon, si è occupato di studiare sistemi propulsivi compatibili con i propellenti “verdi”. I sistemi propulsivi sono uno degli elementi più cruciali per il corretto funzionamento dei veicoli orbitali ed hanno un ruolo chiave per il successo delle missioni, regolando sia il movimento dei veicoli in orbita che il controllo d’assetto.

“La nuova classe di veicoli spaziali che abbiamo studiato promette di portare innovazioni che possono avere ricadute per tutti noi – sottolinea Angelo Pasini– come ad esempio un accesso più facile e sostenibile allo spazio, la rimozione attiva dei detriti spaziali causati da decenni di utilizzo incontrollato delle nostre orbite e lo sviluppo di nuove missioni per l’esplorazione spaziale”.

Progetto ASCenSIon foto del team di ricerca propellenti verdi per veicoli orbitali da sinistra verso destra Lily Blondel-Canepari, Alberto Sarritzu, Angelo Pasini
il team del Progetto ASCenSIon, appena uscito con uno studio su una nuova classe di veicoli orbitali che per muoversi nello spazio utilizzano propellenti “verdi”: da sinistra verso destra Lily Blondel-Canepari, Alberto Sarritzu, Angelo Pasini

Alberto Sarritzu sta terminando il suo dottorato all’Università di Pisa. Ha preso parte al progetto ASCenSIon dopo diversi anni di lavoro in multinazionali all’estero. Ha deciso di intraprendere la ricerca per avere un impatto sull’industria, in particolare per provare a rendere più sostenibile e attraente un ambito in forte crescita come quello dello spazio. Lily Blondel-Canepari è una studentessa di dottorato all’Università di Pisa. È laureata in fisica alla EPFL di Losanna in Svizzera e ha preso parte al progetto ASCenSIon dopo aver lavorato presso il CERN e precedentemente l’Agenzia Spaziale Europea. Il suo lavoro è improntato sulla ricerca di una nuova definizione all’aggettivo “verde” per quanto riguarda i propellenti spaziali in modo da valutare il reale impatto delle scelte future. Angelo Pasini è ricercatore di propulsione aerospaziale al dipartimento di ingegneria civile e industriale dell’Università di Pisa dal 2016. Prima di intraprendere la carriera accademica, ha lavorato per oltre dieci anni nel settore della propulsione verde, inizialmente presso l’azienda ALTA, spin-off dell’università, e successivamente presso l’azienda Sitael.

 

LInk articolo scientifico: https://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S0094576524000407

 

Testo e foto dal Polo Comunicazione CIDIC – Centro per l’innovazione e la diffusione della cultura
dell’Università di Pisa.