La salute mentale è politica?
«Riuscirà il principio di libertà a scalzare quello di autorità?»
A chiederselo nel 1964 fu Franco Basaglia, al preludio della comunità terapeutica che negli intenti più nobili avrebbe dovuto distruggere l’ospedale psichiatrico, o almeno la sua istituzione totale, per dirla con le parole di Erving Goffman, e non invece riformare, o anche riadattare il malato di mente a quella stessa realtà che gli procurava sofferenza.
Di fatto – come racconta lo psichiatra Piero Cipriano nel suo ultimo libro “La salute mentale è politica”, edito da Fuoriscena – non ha nulla a che vedere con la cura o con la restituzione di un’umanità per troppo tempo oppressa. L’ospedale così inteso che voleva imbellire il manicomio, ancora alienante, diventa invece la roccaforte del controllo in cui la natura del folle è schernita e violata. Cipriano, minotauro gentile (come egli stesso si definisce), lo scrive senza mezzi termini:
“(…) gli oltre trecento SPDC (Servizio Psichiatrico di Diagnosi e Cura, ndr.) attuali, nel novanta percento dei casi, non sono che piccoli manicomi: come altro potremmo definire l’unico reparto in un ospedale generale in cui le porte sono sempre chiuse (contenzione amnbientale), dove i farmaci vengono dati a scopo contenitivo più che terapeutico (contenzione chimica) e le persone più indomite sono «gestite» attraverso il legamento a letto (contenzione meccanica)?”
Il taglio critico dell’autore è noto, ampiamente indagato nei suoi libri precedenti (ricordiamo la cosiddetta trilogia della riluttanza: La fabbrica della cura mentale, Il manicomio chimico, La società dei devianti; tutti pubblicati da Elèuthera).
In questo suo ultimo lavoro, con una lucidità che mai si presta ad essere complice del sistema, si spinge oltre la storia del passato solitamente narrata per arrivare ad una nella quale viviamo e in cui, a partire da pensieri agiti ed etici, ci è possibile cambiare lo stato delle cose. Nell’auspicio che nel prossimo futuro si possa voler creare un luogo in cui la custodia dell’altro non abbia come fine quello della sorveglianza sociale, bensì quello del prendersi cura. Non un’utopia, ma una realtà fatta di evoluzione, cultura, democrazia, dove la paura non sarà assorbita ma evasa, dove le porte potranno restare aperte.

Piero Cipriano, La salute mentale è politica, ed. Fuoriscena 2025, pp.192, Euro 17.