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Università di Milano-Bicocca

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Prevenire il deterioramento cognitivo: una sfida possibile – Un nuovo ambulatorio dedicato al decadimento cognitivo soggettivo presso l’IRCCS San Gerardo – Università di Milano-Bicocca

Immagine di Colin Behrens 

 

Monza,  5 dicembre 2023 – Con il progressivo invecchiamento della popolazione generale ci troviamo di fronte ad un preoccupante scenario di incremento – nel futuro vicino – della prevalenza dei disturbi cognitivi e delle demenze a carattere neurodegenerativo. Per questo motivo la European Academy of Neurology ha recentemente varato una iniziativa globale per promuovere la salute cerebrale (Brain Health), con l’obiettivo della prevenzione della demenza.

Partendo da queste considerazioni, presso la Fondazione IRCCS San Gerardo dei Tintori – Università degli Studi di Milano-Bicocca è in fase di avvio l’attività di un nuovo ambulatorio dedicato al decadimento cognitivo soggettivo (SCD). Il decadimento cognitivo soggettivo è una condizione, molto frequente dopo i 55-60 anni, in cui il soggetto ha la sensazione che le proprie performance cognitive (spesso nell’ambito della memoria, ma non solo) siano peggiorate rispetto ad uno stato precedente, mentre i test neuropsicologici non evidenziano differenze significative rispetto a quanto atteso per età e scolarità. È fondamentalmente una condizione in cui il soggetto è sano, ma che può rappresentare un campanello d’allarme, potendo essere in alcuni casi la spia di un processo patologico per cui i test di cui disponiamo non sono ancora abbastanza sensibili.

L’accesso a tale ambulatorio sarà possibile unicamente a seguito di una prima valutazione da parte dell’ambulatorio UVA (Unità Valutativa Alzheimer) del Centro per i Disturbi Cognitivi e le Demenze (CDCD) già da lungo tempo operativo presso la Clinica Neurologica del San Gerardo.

Nell’ambito di questo nuovo servizio la visita si svolge partendo da un’anamnesi accurata volta a caratterizzare precisamente il disturbo e stimare i fattori di rischio per decadimento cognitivo. Viene quindi stimata, laddove possibile, la percentuale di rischio di sviluppare demenza, e vengono infine proposti interventi preventivi personalizzati volti a ridurre questo rischio, o prescritti nuovi accertamenti qualora indicato. Qualora venga riscontrato un decadimento cognitivo oggettivo, per quanto lieve (mild cognitive impairment o MCI), alla persona viene offerta la possibilità di proseguire il percorso nell’ambulatorio UVA.

L’ambulatorio come gli altri settori della UO di Neurologia è anche coinvolto in attività di ricerca promosse da Università ed IRCCS. Tra queste è in corso un’importante progettualità nell’ambito del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR). Infatti, il Ministero dell’Università e della Ricerca ha finanziato l’ampio Progetto Age-It (Ageing Well in an Ageing Society), coinvolgente 27 centri di ricerca italiani. Nell’ambito di tale progetto, l’Università di Milano-Bicocca coordina, col Prof. Carlo Ferrarese, una complessa attività (studio IN-TEMPO) che mira alla prevenzione del declino cognitivo mediante interventi multidimensionali (dieta, esercizio fisico, stimolazione cognitiva, stretto controllo dei fattori di rischio vascolari), in linea con analoghi studi internazionali.

In questo contesto generale nascono altri studi coordinati da Milano-Bicocca come lo studio CAPE, che valuta le potenzialità di nuove metodiche di Risonanza Magnetica per l’analisi del flusso ematico cerebrale, paragonate all’analisi del metabolismo cerebrale effettuata mediante PET, con l’obiettivo di validare nuove metodiche di diagnosi precoce di malattie neurodegenerative e di studiare la progressione biologica di questi disordini. Lo studio CogniChess ha invece l’obiettivo di valutare se imparare giochi da tavolo tradizionali in gruppo (scacchi e go, un gioco molto popolare in estremo oriente) può migliorare le prestazioni cognitive di soggetti SCD o MCI, oltre che avere benefici su depressione e qualità di vita.

Per contatti e maggiori informazioni: brainhealthservice@gmail.com

Testo dagli Uffici stampa dell’Università di Milano-Bicocca e dell’IRCCS San Gerardo dei Tintori

Al progetto Polocalc di Federico Nati, Università di Milano-Bicocca, un ERC Advanced Grant da 2,4 milioni di euro per ricerche di cosmologia

Con il finanziamento europeo vinto dal professore del dipartimento di Fisica Federico Nati si realizzerà un sistema di sorgenti artificiali in volo su droni e palloni aerostatici, per calibrare i telescopi del Simons Observatory nel deserto di Atacama in Cile e ottenere misure di frontiera per scoperte fondamentali sugli albori dell’Universo.

Milano, 17 novembre 2023 – Il progetto Polocalc (POLarization Orientation CALibrator for Cosmology) di Federico Nati, professore di Experimental Cosmology del dipartimento di Fisica dell’Università di Milano-Bicocca, è stato appena premiato dall’Unione Europea con un ERC Advanced Grant da 2,4 milioni di euro. L’obiettivo è realizzare in cinque anni una costellazione di sorgenti luminose di calibrazione, in volo su droni e palloni a quasi seimila metri di quota nel deserto di Atacama in Cile, per fornire un sistema di riferimento assoluto ai telescopi del Simons Observatory. Un metodo innovativo che permetterà di scoprire fenomeni finora mai osservati, come le onde gravitazionali nell’universo primordiale, per gettare luce su alcuni dei punti meno chiari della nascita del cosmo e della natura della materia oscura e dell’energia oscura.

Gli ERC Advanced Grant vengono assegnati dall’European Research Council a quei ricercatori che abbiano già una carriera consolidata alle spalle e che siano leader riconosciuti nel proprio settore, con un progetto di ricerca eccellente, particolarmente visionario e innovativo. È questo il primo ERC Advanced Grant ospitato direttamente presso Milano-Bicocca.

«I segnali astrofisici vengono normalmente calibrati usando sorgenti celesti conosciute – spiega Federico Nati – ma non sempre queste esistono o sono state osservate con sufficiente accuratezza da poter essere usate per tarare una scala di riferimento. Questo purtroppo è proprio il caso dei segnali cosmologici che potrebbero essere scoperti misurando la polarizzazione della luce proveniente dall’Universo primordiale, la radiazione cosmica di fondo. Questa radiazione fossile potrebbe contenere segnali di luce polarizzata previsti dalla teoria del Big Bang».

«Si tratta di segnali debolissimi – continua il professore di Milano-Bicocca – finora mai osservati che proverebbero l’esistenza di onde gravitazionali primordiali. I telescopi sono via via diventati sempre più sensibili per cercare di scoprirli, ma mancano di un riferimento assoluto per la calibrazione, in quanto nessuna sorgente celeste risulta attualmente adeguata allo scopo. Il progetto propone quindi di crearne di artificiali trasportate da droni e palloni aerostatici, portando così nel cielo sopra ai telescopi nel deserto di Atacama in Cile degli emettitori di luce polarizzata che saranno costruiti e finemente caratterizzati nei laboratori di Cosmologia Sperimentale dell’Università Bicocca. I telescopi del Simons Observatory, che iniziano quest’anno a operare a 5200 metri di quota, costituiscono il più grande programma di misura della radiazione cosmica di fondo per i prossimi anni, e grazie a questo progetto si renderanno possibili obiettivi scientifici altrimenti irraggiungibili, come per esempio la scoperta della birifrangenza cosmica, un effetto per ora solo ipotizzato teoricamente che potrebbe renderci sensibili alla presenza di materia oscura e di energia oscura».

Federico Nati
Federico Nati

A Polocalc, sotto la guida di Federico Nati lavoreranno 6-7 tra ricercatori, assegnisti e dottorandi di Milano-Bicocca.

Negli ultimi dieci anni, l’Ateneo milanese ha ricevuto finanziamenti per 16 progetti ERC: 5 Starting Grant, 7 Consolidator Grant, 1 Proof of Concept, 2 Synergy Grant) e, ora, l’Advanced Grant di Nati.

«Per il nostro Ateneo questo finanziamento costituisce il coronamento di un impegno che da anni ci spinge ad incoraggiare i nostri ricercatori a “pensare in grande” – afferma il prorettore alla Ricerca dell’Università di Milano-Bicocca, Guido Cavaletti – spingendosi verso limiti sempre più ambiziosi e con un orizzonte internazionale sempre più qualificato ed impegnativo. È un successo che ci indica chiaramente che la via che stiamo perseguendo è corretta e siamo quindi molto fiduciosi, oltre che nell’esito positivo di questa specifica ricerca, anche riguardo la possibilità per altri colleghi di ottenere analoghi risultati nelle call europee dove abbiamo dimostrato di poter essere molto competitivi».

Testo e immagini dall’Ufficio Stampa dell’Università di Milano-Bicocca

A Milano-Bicocca e Politecnico un ERC Synergy Grant per il progetto NEMESIS
sui metodi numerici di nuova generazione per le sfide della sostenibilità

Il progetto di ricerca internazionale NEMESIS è stato finanziato per quasi 8 milioni di Euro dal programma Europeo per 6 anni. Coinvolti anche l’Università di Montpellier e il Centre National de la Recherche Scientifique

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Immagine di 51581 

Milano, 26 ottobre 2023 – Sviluppare metodi numerici di nuova generazione per le sfide tecnologiche del XXI secolo, principalmente sul fronte della sostenibilità. È l’obiettivo su cui si fonda NEMESIS (NEw GEneration MEthods for Numerical SImulationS), progetto di ricerca internazionale, che coinvolge l’Università di Milano-Bicocca e il Politecnico di Milano, al quale è stato assegnato oggi dal Consiglio europeo della ricerca (ERC) uno dei 37 Synergy Grant. Le proposte arrivate sono state in tutto 395. Gli ERC Synergy Grant finanziano ricerche condotte su tematiche ambiziose e complesse tali da richiedere la creazione di un intero gruppo, da due a quattro ricercatori che agiscono in forte sinergia.

Il team di ricercatori formato da Lourenco Beirao da Veiga, professore di Analisi Numerica all’Università degli Studi di Milano-Bicocca, Paola F. Antonietti, professoressa di Analisi Numerica e Responsabile del Laboratorio di Modellistica e Calcolo Scientifico MOX del Dipartimento di Matematica del Politecnico di Milano, Daniele A. Di Pietro, professore di Analisi numerica all’Università di Montpellier e Jérôme Droniou, direttore di Ricerca al CNRS – Centre National de la Recherche Scientifique, ha ricevuto 7,8 milioni di euro per una durata di 6 anni.

Il progetto NEMESIS si colloca nell’ambito della matematica applicata e computazionale e si propone di sviluppare una nuova generazione di metodi numerici, partendo dai fondamenti teorici fino alla loro implementazione computazionale. Affronta inoltre la sfida di validare il loro utilizzo in applicazioni rilevanti in tema di sostenibilità come la geofisica (ad esempio nella mitigazione degli effetti delle attività antropiche nel sottosuolo e nei problemi di transizione energetica) e i processi manifatturieri avanzati.

Nello specifico, un metodo numerico sarà in grado di simulare i rischi sismici e per l’ambiente legati alle operazioni di stoccaggio – passato e futuro – della CO2 nel sottosuolo, indicando possibili movimenti tellurici o infiltrazioni di sostanze inquinanti di un dato territorio sottoposto a questo processo. Un’altra applicazione, sul versante della Industria 4.0, potrà riguardare i sistemi di estrazione dell’alluminio tramite fusione (smelting). I modelli matematici saranno in grado di simulare fasi di produzione del metallo dalla bauxite a basso impatto ambientale.

Questa metodologia, rispetto alle precedenti avrà una migliore capacità di approssimazione dei dati e del dominio geometrico, permetterà l’integrazione diretta di leggi fisiche specifiche nell’ambito numerico, consentendo di rispecchiare la reale struttura del problema fisico in esame, e sarà più efficiente nell’elaborazione computazionale.

«Il finanziamento del progetto NEMESIS – spiega Guido Angelo Cavaletti, Prorettore alla Ricerca dell’Università di Milano-Bicocca – che permetterà un importante miglioramento nella gestione delle complesse sfide che ci attendono nel campo della sostenibilità, rappresenta una ulteriore dimostrazione di come solo un lavoro di squadra che coinvolga ricercatori con diverse competenze, anche appartenenti a Enti diversi, possa affrontare tematiche così rilevanti, Questo approccio collaborativo e multidisciplinare che caratterizza da sempre l’Università di Milano-Bicocca è stato ancora una volta vincente».

«Il progetto NEMESIS è il secondo Synergy Grant vinto dal Politecnico di Milano – afferma Alberto Guadagnini, Vicerettore alla Ricerca del Politecnico di Milano – e affronta tematiche affascinanti e di importanza critica nell’ambito dello sviluppo sostenibile. È un risultato unico, che consolida la capacità dell’Ateneo di condurre ricerca di eccellenza e di avanguardia in importanti contesti scientifici internazionali».

Testo dall’Ufficio Stampa dell’Università di Milano-Bicocca

La prognosi dei pazienti con lesioni cerebrali acute? È nelle loro pupille 

Un recente studio coordinato dall’Università di Milano-Bicocca dimostra per la prima volta l’efficacia della pupillometria automatizzata nel monitorare la progressione delle lesioni cerebrali acute

Milano, 25 ottobre 2023 – Una delle prime valutazioni che il medico fa su un paziente in stato di incoscienza è controllare come reagiscano alla luce le sue pupille. Una reattività pupillare anomala o assente può essere infatti il segnale di un’emergenza neurologica dato che ci dà informazioni sulla funzionalità delle vie profonde del tronco encefalico.

Se fino a qualche tempo fa questa procedura si faceva con una lampadina tascabile, negli ultimi anni ha fatto il suo esordio il pupillometro che consente una misurazione più oggettiva e affidabile (ad adottarlo per la prima volta in Italia è stato, nel 2015, il reparto di NeuroRianimazione dell’Ospedale San Gerardo di Monza). Ora un nuovo studio, coordinato dall’Università di Milano-Bicocca e pubblicato sulla rivista Lancet Neurology, conferma che la pupillometria automatizzata ha un valore significativo nella prognosi di pazienti con lesioni cerebrali acute.

Lo studio – denominato ORANGE, Outcome Prediction of Acute Brain Injury Using the Neurological Pupil Index – ha coinvolto 514 pazienti in 13 ospedali di otto Paesi tra Europa e Stati Uniti, tra cui proprio la Fondazione IRCCS San Gerardo dei Tintori di Monza, ed è stato intrapreso per chiarire l’associazione tra le valutazioni della pupilla nei primi sette giorni di ricovero e l’esito neurologico a sei mesi. La pupillometria quantitativa ha consentito di standardizzare la valutazione delle anomalie e di tenere traccia di sottili cambiamenti nel tempo che potrebbero fornire un allarme precoce di lesioni evolutive potenzialmente catastrofiche.

La telecamera a infrarossi del pupillometro acquisisce 90 immagini in 2,7 secondi, registrando l’intera risposta pupillare e fornendo il cosiddetto indice neurologico della pupilla (Neurological Pupil index o NPi) con valori da 0 con reattività assente a 5, dove valori minori di 3 sono considerati anormali. «Il monitoraggio del punteggio dell’indice neurologico della pupilla di un paziente predice dinamicamente il suo esito neurologico e la sua mortalità in un periodo di 6 mesi», precisa Giuseppe Citerio, Principal Investigator e docente di Anestesia e Rianimazione presso il dipartimento di Medicina e Chirurgia dell’Università di Milano-Bicocca. «Valori bassi di NPi sono un grave allarme e sono associati a esiti sfavorevoli. Quando, invece, l’NPi rientra in un range di valori considerato normale, il rischio di esiti sfavorevoli diminuisce. Questo studio dà prova per la prima volta che l’NPi svolge un ruolo cruciale nel monitoraggio dinamico della progressione delle lesioni cerebrali acute».

Questi risultati rappresentano un passo significativo nella standardizzazione dell’uso del pupillometro in terapia intensiva, riducendo la soggettività nelle valutazioni manuali delle pupille.

pupillometria cerebrali
Foto di Klausi Shippe

Testo dall’Ufficio Stampa dell’Università di Milano-Bicocca

Un orologio interno che spacca il secondo lo si può ottenere grazie al nuoto e alla corsa

Uno studio pubblicato sulla rivista Psychology of Sport & Exercise, frutto di una collaborazione tra Università di Milano-Bicocca e Università di Pavia, dimostra come il cervello dei nuotatori (ma anche di chi pratica la corsa) abbia elevate capacità di percepire e misurare il tempo.

Milano, 19 ottobre 2023 – Bracciata dopo bracciata, vasca dopo vasca, i nuotatori sviluppano un’eccezionale capacità di cronometrare il tempo. Come ci riescono, immersi come sono in un ambiente ovattato come l’acqua? Lo spiega una ricerca intitolata “Temporal perception in closed-skill sports: An experimental study on expert swimmers and runners”, coordinata da Luisa Girelli, insieme a Simona Perrone del Dipartimento di Psicologia dell’Università di Milano-Bicocca, in collaborazione con Daniele Gatti e Luca Rinaldi del Dipartimento di Scienze del sistema nervoso e del comportamento dell’Università di Pavia.

Magari non ce ne accorgiamo, ma il nostro cervello misura continuamente il tempo grazie a una sorta di orologio interno: succede, per esempio, quando pianifichiamo o eseguiamo i movimenti necessari ad attraversare la strada oppure quando siamo alla guida di una macchina. Questa abilità cognitiva ha un ruolo chiave anche in ambito sportivo, non solo perché la prestazione sportiva dipende sempre anche da una perfetta calibrazione temporale dell’azione, ma anche perché in alcuni sport è il fattore tempo a determinare il successo.

È il caso degli sport closed skills: si tratta di discipline – come appunto il nuoto o la corsa – che si svolgono in un contesto stabile e prevedibile, dove la prestazione si basa sulla ripetizione ciclica dello stesso gesto motorio e in cui vince chi fa il miglior tempo.

«In acqua il nuotatore può controllare la performance e cronometrare l’andatura solo basandosi sulla propria percezione interna. Si tratta di un’attività molto diversa rispetto agli sport open skills, dove il contesto è mutevole e imprevedibile», spiega Luisa Girelli. «Pensiamo agli sport di squadra, come il calcio o il basket, dove l’atleta deve di continuo tenere conto delle situazioni esterne e dalle azioni degli altri giocatori in campo per decidere come agire. È sempre stato riconosciuto come queste discipline siano allenanti per funzioni cognitive come l’attenzione, l’abilità decisionale, la pianificazione e l’anticipazione motoria».

Che cosa accade invece a chi pratica a livello intensivo gli sport closed skills?

 «La nostra ipotesi di ricerca era che anche questi sport potenziassero determinate competenze cognitive, in particolare, le abilità di percepire e stimare il tempo, facendo ampio conto sul proprio ritmo interno»,

dice Girelli. E le conferme sono arrivate. I partecipanti allo studio – divisi in due gruppi di atleti, nuotatori e corridori, e un gruppo di controllo di non sportivi – sono stati sottoposti a compiti per valutare la loro capacità di stimare durate temporali e tenere il tempo. Gli sportivi sono risultati più abili, in particolare i nuotatori, abituati a sfidare il cronometro in acqua, dove gli stimoli uditivi e visivi sono attenuati e quindi meno rilevanti per mantenere il ritmo e tenere traccia dello scorrere del tempo. Ecco perché, tra una virata e l’altra, il nuotatore controlla al meglio il proprio “orologio” interno, affinandolo sempre di più.

nuoto orologio interno
Un orologio interno che spacca il secondo lo si può ottenere grazie al nuoto e alla corsa. Foto Flickr del Consell Comarcal del Baix Empordà, CC BY-SA 2.0

Testo dall’Ufficio Stampa dell’Università di Milano-Bicocca

NEUROSCIENZE: UTILIZZARE LA REALTÀ VIRTUALE IMMERSIVA PER ESAMINARE LE BASI NEUROCOGNITIVE PER LA RIDUZIONE DEI PREGIUDIZI RAZZIALI

Per la prima volta, integrando la tecnica della Realtà Virtuale Immersiva (RVI) e l’Elettroencefalogramma (EEG) ricercatori e ricercatrici dell’Università di Torino e Milano-Bicocca hanno esaminato le basi neurocognitive sottese alla riduzione dei pregiudizi razziali.

Sulla prestigiosa rivista iScience è stata recentemente pubblicata una ricerca  innovativa dal titolo “Behavioral and neurophysiological indices of the racial bias modulation after virtual embodiment in other-race body”. Lo studio, condotto dalla ricercatrice dell’Università di Torino Maria Pyasik e coordinato dai Proff. Lorenzo Pia (Università di Torino) e Alice Mado Proverbio (Università di Milano-Bicocca) ha, per la prima volta, integrato la tecnica della Realtà Virtuale Immersiva (RVI) e l’Elettroencefalogramma (EEG) allo scopo di esaminare le basi neurocognitive sottese la riduzione dei pregiudizi razziali.

I pregiudizi, che siano di genere, di religione o di razza, sono una delle questioni più problematiche nelle società moderne. Infatti, avendo una natura recondita ed inconsapevole, sono largamente immuni alla manipolazione e, quindi, vincolano presentemente il nostro comportamento diventando, de facto, il nucleo della discriminazione sociale. Tuttavia, recenti sviluppi nel campo delle neuroscienze cognitive hanno portato in auge un particolare fenomeno che è possibile ottenere tramite la Realtà Virtuale Immersiva (RVI). In dettaglio, tramite specifiche procedure è stato mostrato come sia possibile indurre l’illusione (Full Body Illusion) di ‘indossare’ un corpo virtuale (avatar) diverso dal proprio. Questo ‘diventare qualcun altro’ impatta radicalmente e automaticamente il comportamento al punto da cambiare atteggiamenti, credenze e attitudini implicite, come sono i pregiudizi.

pregiudizi razziali realtà virtuale immersiva

La ricerca ha indagato i marker comportamentali e neurofisiologici della riduzione di pregiudizi razziali determinati dal sentirsi in un corpo di etnia diversa. I partecipanti hanno embodizzato (indossato) un avatar appartenetene alla propria etnia (caucasica) o ad un gruppo etnico diverso (di colore) dopo la registrazione della attività cerebrale sottesa ad un compito che rileva i pregiudizi razziali. I risultati hanno mostrato che il pregiudizio razziale negativo risultava significativamente ridotto solo dopo l’embodiment dell’avatar di colore e che anche il marker elettrofisiologico del pregiudizio stesso (Onda N400 dei potenziali evocati dell’EEG) diminuiva, seppure in maniera non statisticamente significativa.

Nonostante la necessità di acquisire nuove evidenze, in particolare sull’aspetto neurale, lo studio arricchisce notevolmente gli orizzonti relativi al ruolo del corpo nel nostro comportamento. Inoltre, è forse ancor più rilevante il fatto che mostri come la manipolazione sperimentale nota come Full Body Illusion (FBI) possa essere uno strumento in grado di modificare plasticamente i pregiudizi impliciti negativi e, forse, di ridurli. In altre parole, questo modo di utilizzare la RVI potrebbe essere utilizzato per promuovere l’inclusività sociale.

“Questo studio è importante – dichiara la ricercatrice Maria Pyasik  perché è il primo che esamina i correlati neurocognitivi alla base della riduzione dei pregiudizi razziali determinati dalla Full Body Illusion. Lo studio ha permesso di comprendere il fenomeno più in profondità in modo da essere più informati nello sviluppare applicativi d’intervento in contesti sociali. Se si pensa che la RVI è oggi progressivamente più accessibile ed utilizzato, risulta evidente quale possa essere il suo enorme potenziale applicativo e il suo possibile valore sociale”.

“I prossimi passi – aggiunge il Prof. Lorenzo Pia – saranno la convalida dei dati neurofisiologici, ovvero identificare con maggiore certezza i possibili marker corticali (e non) della riduzione del pregiudizio nei confronti di una diversa etnia a seguito del ‘sentirsi’ in un corpo di quella etnia. Inoltre, sarebbe importante esaminare a fondo i meccanismi sottesi il pregiudizio analizzandone altri quali quello relativo al genere, all’età o alle credenze religiose. Ciò consentirebbe di immaginare procedure standardizzate e protocolli che co sentano la riduzione del pregiudizio e, quindi, la promozione della inclusione sociale”.

“La tecnica elettrofisiologica, ed in particolare l’osservazione della N400 – spiega la Prof.ssa Alice Mado Proverbio – viene usata nella Neuroscienze Sociali, oltre che per i pregiudizi etnici, nella misurazione dei pregiudizi di sesso e di genere impliciti. L’attività bioelettrica riflette la presenza di stereotipi inconsapevoli rappresentati nell’area cerebrale prefrontale mediale.  La possibilità di esperire un corpo virtuale diverso da sé nella realtà immersiva (VR) offre interessanti prospettive nel campo della sensibilizzazione alla disabilità, e a coloro che ci appaiono diversi”.

 

Testo dall’Ufficio Stampa dell’Università di Milano-Bicocca e dall’Ufficio Stampa Area Relazioni Esterne e con i Media Università degli Studi di Torino

Nasce ASCETIC, l’algoritmo per ricostruire modelli di evoluzione tumorale

Grazie a questo nuovo sistema di analisi, basato sulle “firme evolutive” che caratterizzano i tumori, sarà possibile migliorare le nostre capacità di prevedere come questi evolveranno. La ricerca di Milano-Bicocca è appena stata pubblicata su Nature Communications.

Simulare l’attività cerebrale con l’intelligenza artificiale ASCETIC algoritmo evoluzione tumorale
Nasce ASCETIC, l’algoritmo per ricostruire modelli di evoluzione tumorale. Immagine di Ahmed Gad

 

Milano, 3 ottobre 2023 – Migliorare la nostra capacità di prevedere come evolverà un tumore, superando le limitazioni delle analisi che considerano solo le singole mutazioni genetiche. Questo è l’obiettivo possibile grazie al nuovo metodo chiamato ASCETIC (Agony-baSed Cancer EvoluTion InferenCe), sviluppato da Milano-Bicocca, capace di ricostruire modelli di evoluzione tumorale per ciascun paziente e successivamente identificare modelli evolutivi che si ripetono in diversi pazienti.

Il metodo, illustrato nell’articolo “Evolutionary signatures of human cancers revealed via genomic analysis of over 35,000 patients”, appena pubblicato sulla rivista Nature Communications, è stato sviluppato da un gruppo multidisciplinare guidato da Daniele Ramazzotti, docente di informatica presso il Dipartimento di Medicina e Chirurgia dell’Università degli Studi di Milano-Bicocca, in collaborazione con Alex Graudenzi (Dipartimento di informatica), Luca Mologni (Dipartimento di Medicina e chirurgia) e le ricercatrici Diletta Fontana, Ilaria Crespiatico e Valentina Crippa, per le attività di valutazione e validazione dei risultati.

In questo studio, ASCETIC è stato applicato a dati derivati da oltre 35.000 tumori, inclusi pazienti con diverse malattie del sangue, pazienti con tumore al polmone in fase precoce o avanzata e molti altri. Inoltre, è stata condotta una validazione dei risultati ottenuti su dataset indipendenti per garantirne l’affidabilità e la capacità di generalizzazione.

Il cancro è un processo evolutivo complesso che coinvolge grandi popolazioni di cellule nel corpo umano. Queste cellule subiscono mutazioni genetiche e modificazioni epigenetiche, alcune delle quali possono conferire un vantaggio alle cellule tumorali. Questo vantaggio può tradursi in una maggiore capacità di proliferazione e sopravvivenza delle cellule cancerogene, che alla fine può portare all’invasione dei tessuti circostanti e alla formazione di metastasi. Tuttavia, non tutte le mutazioni contribuiscono al processo di sviluppo della malattia. Infatti, solo una piccola frazione di esse, chiamate “mutazioni driver”, svolge un ruolo funzionale, mentre la maggior parte delle mutazioni sono neutrali, dette “mutazioni passenger”.

ASCETIC si basa sull’osservazione che, nella maggior parte dei casi, l’accumulo di mutazioni passenger durante la progressione del cancro segue una dinamica casuale. Tuttavia, per le mutazioni driver, che sono responsabili della progressione del tumore, l’evoluzione può portare ad un ordine coerente osservato in pazienti diversi.

ASCETIC affronta questo problema complesso suddividendolo in tre passaggi chiave. Inizialmente, sfrutta modelli di evoluzione per stabilire un ordine tra le mutazioni genetiche driver nei singoli pazienti, consentendoci di comprendere la sequenza in cui queste mutazioni si sono verificate nel corso della storia evolutiva degli specifici tumori. In seguito, utilizzando approcci di intelligenza artificiale, individua il modello più adatto per spiegare tutte le singole evoluzioni, offrendoci una mappa di come il cancro si sviluppa globalmente per un particolare tipo di tumore. Infine, categorizza i pazienti in base alle loro evoluzione e verifica se questi gruppi presentano curve di sopravvivenza differenti.

Grazie alla crescente disponibilità di dati biologici provenienti da esperimenti di sequenziamento genetico su pazienti affetti da cancro e ai progressi nel campo della scienza dei dati e dell’intelligenza artificiale, siamo ora in grado di valutare la presenza di specifici modelli evolutivi per i diversi tipi di cancro. Questi modelli, che possiamo definire come “firme evolutive”, rappresentano i percorsi preferenziali di acquisizione di mutazioni driver, cioè quelle funzionali, durante l’evoluzione del cancro e possono essere ricorrenti in pazienti con prognosi simile.

«Nonostante questo studio non sia definitivo – conclude Ramazzotti – esso rappresenta un passo significativo verso la creazione di un “catalogo” di firme evolutive del cancro, che potrebbe aiutare a comprendere meglio la complessa natura del tumore e a migliorare le previsioni sulla sua progressione e prognosi. Infatti, essere in grado di classificare i pazienti affetti da cancro in base alla loro evoluzione molecolare potrebbe consentire la previsione dei futuri passi nella progressione della malattia e di conseguenza l’attuazione di trattamenti ottimali e personalizzati

 

Testo dall’Ufficio Stampa dell’Università di Milano-Bicocca

Stipendi, carriera e livelli di stress: la fotografia della qualità del lavoro in Italia con l’indagine di Italian Lives

Nuovi dati dall’indagine longitudinale e pluriennale “Italian Lives”, promossa dal dipartimento di Sociologia e ricerca sociale dell’Università di Milano-Bicocca

Milano, 21 settembre 2023 – Più della metà dei lavoratori italiani lamenta scarse prospettive di carriera e livelli di impegno fisico e di stress troppo elevati sul posto di lavoro. Mentre la maggioranza degli intervistati percepisce come abbastanza adeguati: retribuzione, orari, riconoscimento del merito e supporto relazionale. Emerge una qualità disuguale del lavoro italiano. Per le donne delle generazioni X e Millennials, l’ingresso nel mondo occupazionale avviene tre anni in ritardo rispetto ai maschi. E impiegano un mese in più a uscire dal primo episodio di disoccupazione.

Sono alcuni degli ultimi dati restituiti da “Italian Lives” (Ita.Li), l’indagine longitudinale e pluriennale quanti-qualitativa promossa dall’Istituto IASSC del dipartimento di Sociologia e Ricerca sociale dell’Università di Milano-Bicocca, che si basa su un campione di 5mila famiglie, per un totale di 9mila individui che appartengono a 280 Comuni di tutta Italia. Un sondaggio realizzato nel 2019 per ricostruire il corso di vita di tutti i membri delle famiglie selezionate dal momento della nascita a quello dell’intervista, in relazione a diversi ambiti, tra i quali la mobilità geografica, l’istruzione, la carriera lavorativa, la costituzione delle unioni e la nascita dei figli.

I dati sono stati presentati nel pomeriggio di oggi, 21 settembre 2023, all’Università di Milano-Bicocca durante l’incontro di inaugurazione della settima edizione del Festival delle Trasformazioni, la rassegna di eventi, dibattiti e mostre organizzata dal dipartimento di Sociologia e ricerca sociale dell’ateneo milanese e da Rete Cultura Vigevano, che quest’anno ha come tema principale “Vita & lavoro: gli orizzonti del domani” e continuerà fino al 1° ottobre. L’incontro è stato aperto dai saluti della rettrice dell’Università di Milano-Bicocca, Giovanna Iannantuoni, e della direttrice del dipartimento di Sociologia e ricerca sociale, Sonia Stefanizzi.

Dalle domande di Ita.Li dedicate alla qualità del lavoro, rivolte a circa 4mila soggetti

«emergono gli aspetti ritenuti meno attraenti – spiega Serafino Negrelli, docente dell’Ateneo, direttore dell’Istituto IASSC e direttore scientifico del Festival – che potrebbero essere all’origine del crescente mismatch tra domanda e offerta, ovvero di scelte di rifiuto, dimissioni e/o cambiamento da parte dei lavoratori. Il Bollettino Excelsior di settembre, realizzato da Unioncamere con Anpal riporta che dei 531mila profili di offerte di lavoro, ben il 48 per cento resterà vacante».

E così, dai dati raccolti si ricava che il 54,4 per cento del campione ritiene scarse le prospettive di carriera. Il 56,2 per cento ritiene che il lavoro lo impegni molto fisicamente e il 59,3 per cento si sente sotto pressione per ritmi e scadenze temporali.

«Un dato confermato purtroppo da livelli ormai intollerabili di infortuni e morti»,

sottolinea Negrelli. Il 60 per cento del campione concorda invece che la retribuzione sia adeguata, che il lavoro svolto abbia un adeguato riconoscimento, che gli orari di lavoro, al di là dei ritmi stressanti, si concilino abbastanza con gli impegni familiari e sociali e il 58,2 per cento degli intervistati sostiene di ricevere supporto e aiuto da colleghi e vertici.

Dalle analisi condotte sempre sui dati Ita.Li da Mario Lucchini, Davide Bussi, Carlotta Piazzoni, rispettivamente professore e ricercatori del dipartimento di Sociologia dell’Università di Milano-Bicocca, emerge

«un innalzamento progressivo dell’età di completamento degli studi e un conseguente ritardo dell’ingresso nel mercato del lavoro, della costituzione delle unioni matrimoniali e della genitorialità».

Le donne nelle generazioni più recenti, X e Millennials

«studiano di più rispetto ai coetanei maschi ed entrano più tardi nel mercato del lavoro. Più nello specifico, le donne appartenenti alle ultime generazioni mostrano un’età mediana di ingresso nel mercato del lavoro che si attesta a 24 anni, tre anni in più rispetto ai coetanei uomini».

Tale differenza di genere è da imputare alla persistenza di stereotipi, norme, modelli culturali e carenza di domanda di lavoro che penalizzano in primo luogo le donne meridionali. Va comunque sottolineato che nelle generazioni più recenti l’età mediana delle donne al Sud si è ridotta significativamente, segno di un profondo cambiamento culturale e di un allentamento della specializzazione dei ruoli di genere».

Anche in riferimento al fenomeno della disoccupazione si delinea

«un divario di genere: la durata mediana di fuoriuscita dal primo episodio di ricerca di lavoro è di un mese in più per le donne rispetto ai coetanei uomini. Il divario si attesta a due mesi per gli episodi di disoccupazione successivi al primo. La mobilità di lavoro cresce nel volgere delle coorti, segno che le traiettorie lavorative diventano più differenziate e incerte. Classe sociale e area geografica continuano ad essere importanti fattori di eterogeneità nel condizionare i tempi delle transizioni e i pattern di mobilità di lavoro e di carriera».

Milano Piazza Duomo qualità del lavoro Italia Italian Lives
 Stipendi, carriera e livelli di stress: la fotografia della qualità del lavoro in Italia con l’indagine di Italian Lives. Foto di lolsanches 

Testo dall’Ufficio Stampa dell’Università di Milano-Bicocca

 Importanti novità sulla sospensione della terapia della leucemia mieloide cronica (LMC)

Alla vigilia della Giornata Mondiale della leucemia mieloide cronica, arrivano importanti novità dal team di ricerca coordinato dal professor Gambacorti Passerini di Milano-Bicocca e Fondazione IRCCS San Gerardo dei Tintori di Monza.

Milano, 21 settembre 2023 – La Leucemia Mieloide Cronica (LMC) è una forma di leucemia che grazie all’avvento di farmaci specifici (inibitori di tirosino chinasi) è passata da una aspettativa di vita di 2-3 anni ad una identica a quella della popolazione generale. Questo fatto ha determinato un continuo aumento del numero dei pazienti affetti da questa malattia, che è stimato a circa 2 milioni nei paesi sviluppati.

In presenza di una risposta ottimale, definita come almeno 4 anni di terapia e presenza di un residuo minimo di cellule leucemiche (meno di 1/10.000) è usuale proporre al paziente di sospendere la terapia. È noto che circa la metà dei pazienti devono riprendere la terapia a causa della recidiva della LMC, ma la pratica della sospensione è comunque sicura in quanto la ripresa della terapia porta ad una nuova remissione in praticamente tutti i pazienti. Sono stati tuttavia descritti alcuni casi in letteratura nei quali la sospensione della terapia si è associata ad una progressione della LMC, alla sua evoluzione in una leucemia acuta, ed in alcuni casi anche alla morte del paziente. Queste descrizioni di singoli casi non permettono però di quantificare il rischio di questo drammatico evento.

Sono stati recentemente pubblicati sulla rivista American Journal of Hematology i risultati dello studio “Risk of progression in chronic phase-chronic myeloid leukemia patients eligible for tyrosine kinase inhibitor discontinuation: Final analysis of the TFR-PRO study”.

Questo studio, iniziato nel 2017 e coordinato dal professor Carlo Gambacorti Passerini, Professore di Ematologia presso l’Università Milano-Bicocca e direttore della UOC di Ematologia presso la Fondazione IRCSS San Gerardo dei Tintori di Monza, ha arruolato 906 pazienti affetti da LMC seguiti in centri italiani, francesi, tedeschi, spagnoli e canadesi.

I pazienti dovevano essere candidabili alla sospensione della terapia e sono stati seguiti indipendentemente dalla loro decisione se sospendere o no la terapia stessa. Circa il 40 per cento di essi non ha in effetti sospeso la terapia mentre il 60 per cento lo ha fatto. Dopo un tempo di monitoraggio mediano dei pazienti superiore a 5 anni e oltre 5000 anni-persona di follow up disponibili, è stato registrato 1 unico caso di progressione di malattia in un paziente tedesco di 45 anni: una frequenza di circa 1 caso su 1000, e che per di più si è verificato nel gruppo di pazienti che non aveva sospeso la terapia.

Questi dati permettono di concludere che nei pazienti con risposta ottimale, la progressione della LMC rappresenta un evento molto raro ma possibile, nell’ordine tra 1/10.000 e 1/1.000, ma che non è legato alla sospensione della terapia.

Questi risultati inoltre indicano la grande importanza della assunzione regolare della terapia prima della sua sospensione, e di un monitoraggio ottimale da parte del medico dopo la sospensione.

Un piccolo megacariocita con nucleo ipolobato in un aspirato di midollo osseo di un paziente affetto da leucemia mieloide cronica
Un piccolo megacariocita con nucleo ipolobato in un aspirato di midollo osseo di un paziente affetto da leucemia mieloide cronica. Foto di Difu Wu, CC BY-SA 3.0

Testo dall’Ufficio Stampa dell’Università di Milano-Bicocca sulla ricerca relativa alla sospensione della terapia nella leucemia mieloide cronica (LMC).

Lo smartphone precoce riduce l’apprendimento degli studenti di età 10-14 anni più esposti agli schermi da bambini

Un gruppo di ricercatori di Milano-Bicocca e SUPSI, grazie allo studio dei dati longitudinali offerti dagli INVALSI, ha confermato che l’uso precoce degli smartphone prima dei 12 anni, non apporta benefici, anzi può ridurre le performance scolastiche degli studenti.

smartphone apprendimento studenti
Lo smartphone precoce riduce l’apprendimento degli studenti di età 10-14 anni più esposti agli schermi da bambini. Foto di natureaddict

Milano, 11 settembre 2023 – L’uso intensivo e precoce degli smartphone nei ragazzini non favorisce l’apprendimento, anzi, riduce le performance scolastiche di una parte consistente della popolazione studentesca. E ora, una ricerca di Milano-Bicocca e SUPSI sui dati INVALSI lo conferma, andando oltre le semplici correlazioni.

La ricerca dal titolo “Earlier smartphone acquisition negatively impacts language proficiency, but only for heavy media users. Results from a longitudinal quasi-experimental study”, condotta da Tiziano Gerosa, ricercatore della Scuola universitaria professionale della Svizzera italiana (SUPSI) e Marco Gui, direttore del Centro Benessere Digitale di Milano-Bicocca (dipartimento di Sociologia e Ricerca sociale) ha testato le principali ipotesi teoriche sul ruolo dello smartphone nei processi di apprendimento, sia quelle che ipotizzano benefici sia quelle che si attendono impatti negativi.

La ricerca ha riguardato il range di età 10-14 anni, confrontando chi riceve il dispositivo prima dei 12  anni – a 10 e 11 anni –  quindi nel passaggio tra primaria e secondaria di I grado, e chi lo riceve negli anni successivi, cioè 12, 13 e 14 anni. Il campione totale era composto da 1672 studenti delle scuole secondarie di primo grado e le informazioni amministrative recuperate sugli stessi studenti nel tempo dall’Istituto Nazionale di Valutazione del Sistema Istruzione (INVALSI).

I risultati non mostrano benefici al termine della secondaria di primo grado, per coloro che sono entrati in possesso precocemente dello smartphone, neppure per gli studenti più motivati allo studio. Tuttavia, i partecipanti che avevano abitudini intense di utilizzo dei media prima di possedere uno smartphone (più di due ore al giorno tra Tv e videogiochi) sperimentano un impatto negativo e significativo sull’apprendimento in italiano. Al momento della rilevazione dei dati, gli studenti con uso intensivo degli schermi – e quindi soggetti al possibile effetto negativo dello smartphone – erano il 23,5 per cento della popolazione studentesca italiana.

«Questo risultato conferma un’ipotesi che sta emergendo nella letteratura internazionale – dice Marco Gui -: l’uso autonomo dei “media mobili” durante l’infanzia può nuocere in particolare a coloro che presentano fragilità preesistenti, in questo caso una ridotta capacità di limitare l’uso degli schermi legata al contesto familiare o a specifiche caratteristiche psicologiche».

Da tempo è in corso un grande dibattito sull’impatto dell’uso dei media digitali sulla crescita dei minori. La letteratura già ha individuato una relazione negativa tra precocità d’uso – e quantità d’uso – dello smartphone e risultati scolastici, ma spesso si lamenta l’assenza di evidenze scientifiche più solide delle semplici correlazioni.

«Questo studio è il primo in Italia che va alla ricerca dell’impatto dello smartphone sui livelli di apprendimento con metodologie più sofisticate – dice Tiziano Gerosa – Si tratta infatti di uno studio quasi-sperimentale che utilizza dati longitudinali INVALSI su bambini e preadolescenti nel passaggio dalla primaria alla secondaria di I grado. Questa metodologia permette di avvicinarsi – pur con alcuni assunti – ad una interpretazione causale dei risultati.»

Altre ricerche sono in corso da parte del Centro “Benessere Digitale” di Milano-Bicocca su questo tema. In particolare, il progetto EYES UP, finanziato da Fondazione Cariplo, analizzerà l’impatto di un insieme di dispositivi ed esperienze online precoci sui livelli di apprendimento nel corso della carriera scolastica degli studenti dalla primaria alla secondaria di II grado.

Testo dall’Ufficio Stampa dell’Università di Milano-Bicocca.